Il corpo quindi, produttore e ricettore ad un tempo di vibrazione;
passando dalla vibrazione alla voce al suono, che pur
provenendo dal corpo se ne distanziano con un vero e proprio passaggio
attraverso lo specifico strumento musicale, in una continua relazione
simmetrica tra corpo e strumento, quindi tra corpo e musica. Lugo
stesso, ponendo l’accento su quello che chiama il
“tema dell’innesto2” dove
“è la vibrazione sonora – o meglio il
vibratile – che si ri-alloca all’interno come
celato effetto collaterale del proiettare il suono musicale
all’auditorio…ed è il suono che invade
il carnale e lo sussume a sé3”, sottolinea che
“tra tutti gli strumenti a fiato il saxofono è il
più invasivo delle cavità orali dello
strumentista (assai meno il cugino clarinetto, quasi per nulla oboi e
fagotti, del tutto esteriori flauti e ottoni). Nel caso del sax noi
vediamo solo la parte esterna e inorganica del vero strumento, che si
realizza pienamente solo dalla fusione tra il fusto d’ottone
forato e il sistema delle cavità interne del suonatore.
Queste hanno una parte cruciale nella caratterizzazione del
timbro4.”
E a proposito di condotto oro-faringeo, tra
i general remarks all’interno del
genialmente bizzarro Findings di Steve Lacy figura
la sua esplicita raccomandazione ai saxofonisti di aver cura dei propri
denti e gengive, con regolare frequenza dal proprio dentista, per il
buon morso richiesto dallo strumento5. Se poi sul
piano individualmente strumentale il cavo fonico nasconde
l’abilità dello strumentista:
“L’evidenza delle mani impegnate nella
manipolazione dell’ordigno – come il Bagatto gioca
le sue carte – cela la vera technos del
saxista. Tutta intimamente orale, celata agli sguardi, agisce nel cavo
fonico; la bocca, le labbra, certo, anche il soffio.. ma è
l’indicibile della lingua tattile, umida, la sua
abilità occulta (famosa anche tra le giovin signore bene
della NYC di fine anni ’40, che andavan cercando golose
quell’abilità tra i boppers – Bird al
top – come si cerca un gadget
‘up to date6’)”, sul piano
letteralmente socioculturale: “L’utopia
contro-riformistica del suono puro e perfettamente/universamente
omologato che informa tutto il processo evolutivo della musica colta
occidentale trova nel sax – tra tutti gli strumenti
– l’infrazione più eclatante e sfuggente
(d’altro canto la sua forma è un punto
interrogativo capovolto…). È singolare che negli
anni trenta, proprio quando Marcel Mule e i suoi allievi sdoganavano la
‘pipa di nichel’ presso il Conservatorio Superiore
di Musica di Parigi come ultimo ritrovato tra gli strumenti
‘classici’ e ‘colti’, lo sbarco
‘extracomunitario’ del jazz afroamericano invadeva
le caves della loro città con bande
munite dello stesso oggetto ricurvo ma armate di suoni sfacciati e
impresentabili.
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