A
Perfect Place
di Mike Patton
Due
balordi si dannano alla ricerca di una soluzione. A terra stecchito, un
terzo uomo, causa di tanto affanno. I due caricano il corpo del
cadavere in una macchina con un portabagagli adatto alla bisogna e
partono nel profondo della notte, dirigendosi fuori dal centro abitato.
Scaricano l’ingombrante bagaglio e se la filano. Il tizio,
però… questa
è quasi tutta la trama di A Perfect Place,
un corto, finto noir
anni Quaranta, girato da Derrick Scocchera, co-fondatore della Fantoma
Films di San Francisco. Patton gli ha cucito addosso una soundtrack su
misura, confezionato il tutto insieme per la sua label Ipecac, ed ecco
cd audio+dvd con il film. Patton, si sa, il cinema lo bazzica spesso (e
che cosa non ha ancora frequentato?) – sue le voci
dei cattivi di Io Sono Leggenda,
per non dire delle cover dei temi da film con i Mr. Bungle –
ma non
aveva ancora scritto una soundtrack. Girato in B/N, il movie ricorre
alla trovata di Orson Welles per L’Infernale Quinlan, con le
musiche di Henry Mancini che erano parte del racconto, ovvero quelle
ascoltate dai personaggi nel corso della storia. Ad esempio, mentre si
allontanano in macchina dalla città, uno dei due cerca
nervosamente una
stazione radio decente e dallo scorrere delle sintonie scaturiscono
microframmenti sonori che danno luogo ad un fantastico brano
“sperimentale”, Car Radio (FM).
Le musiche sono tutte nel loro
insieme un collage di generi, dal crime jazz all’exotica, dal
Bernard
Herrmann hitchcockiano all’immancabile Ennio Morricone (sotto
il suo
segno nasce il tema del film), passando per un twist (A
Perfect Twist) e una romanza in italiano, Il cupo
dolore. Un inno totale al citazionismo.
Gennaro
Fucile | di Mike Patton
titolo A Perfect Place (Cd+Dvd)
etichetta Ipecac
distributore Goodfellas
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The Mandé Variations
di Toumani Diabate
Ci sono
strumenti musicali in grado di farci viaggiare in epoche remote,
tappeti volanti nel tempo come il tenebroso dijeridu australiano che ci
conduce dritti nel dreamtime, o un cordofono africano,
l’ancestrale
kora che non è da meno. Tecnicamente è
un’arpa-liuto con una cassa di
risonanza costituita da una mezza zucca svuotata e ricoperta di pelle
di animale su cui è infisso un manico da cui partono 21
corde. In
realtà è un magico strumento in grado di
sospendere la percezione del
tempo. Diffuso presso tutti i popoli mandinka dell'Africa occidentale,
Senegal, Mali, Guinea e Gambia, la kora è suonata solo da
musicisti che
appartengono a famiglie di griot, ovvero cantastorie. Toumani
Diabate
non fa eccezione, discende da una famiglia di musicisti, addirittura
sua padre, Sidiki Diabate, ha anche fatto la storia moderna,
discografica dello strumento, essendo colui che pubblicò il
primo disco
di kora (Cordes Anciennes, 1970). Toumani
è degno figlio, con
ormai vent’anni di carriera e un Grammy Awards 2006 per il
disco
firmato con lo scomparso Ali Farka Tourè, In The
Heart Of The Moon.
Qui propone otto variazioni mandè (che sono un gruppo
dell’Africa
Occidentale, definito dalla cultura e dalla lingua piuttosto che
dall'etnicità). Otto viaggi in direzione
dell’assoluto, ripercorrendo
anche un bel po’ di storia e geografia musicale, dalla
struttura dei
raga indiani all’improvvisazione di derivazione jazzistica.
Melodie
struggenti, densità ritmica, passaggi di autentico
minimalismo e
momenti di virtuosismo, questo è semplicemente un disco di
una bellezza
disarmante. Con effetto finale morriconiano nell’ultima
traccia, Cantelowes. Gennaro Fucile | di Toumani Diabate
titolo The Mandé Variations etichetta World Circuit
distributore Ird
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Bersarin Quartett
di Bersarin Quartett
Mistero
fitto intorno a questo progetto di colonne sonore immaginarie, come lo
definisce il presunto leader del presunto quartetto, un certo Thomas e
nulla più. La musica è effettivamente
cinematografica, suoni sospesi,
battiti elettronici, archi, molta malinconia, qualcosa a
metà strada
tra il messicano Murcof e il Tied & Tickled Trio (per entrambi
vedi
Quaderni D’Altri Tempi n. X), con cui il quartetto condivide,
apparentemente, la nazionalità tedesca (poi sul cd Bersarin
Quartett è
scritto in cirillico). Chiaro che siamo su territori musicali, dove la
suggestione è tutto e le atmosfere qui sono davvero
affascinanti,
capaci di evocare immagini magari sbiadite dal tempo, che la memoria a
volte confonde, ma poi ritrovandone l’ordine. Così
sembra, ad esempio,
procedere St. Petersburg, struggente sguardo sul
tempo che fu e
che la forza del ritmo riesce a far riemergere per qualche minuto. Dove
si svolgono questi film, in quale quartiere esotico delle nostri menti
albergano, per dirla con James Ballard? La misteriosa Un Die
Welt Steht Still,
con il suo lento incedere che si addensa in un progressivo caos per poi
tornare malinconicamente a distendersi, potrebbe essere il commento di
una vicenda ambientata altrove, non sul pianeta Terra, con i grandi
spazi e l’orizzonte sconfinato che evoca. O forse siamo
“solo” su una
spiaggia di Normandia a inizio autunno come nella brumosa, avvolgente Es
Kann Nicht Ewig Winter Sein.
Dieci tracce, tutte dai suoni estremamente curati e una grande
capacità
di organizzarli o se si preferisce di arrangiarli. Thomas, il regista
dei suoni, è un esordiente che ha classe da vendere, se
è un esordiente. Gennaro
Fucile | di
Nine Inch Nails
titolo Bersarin Quartet
etichetta Lidar
Distributore www.lidar-productions.net/ |
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