Io sono leggenda da cinquant'anni, ma qualcosa è cambiato di Roberto Paura
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Diversamente da quanto avviene nel film, e anche in 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra
(prima trasposizione americana del romanzo), Neville non cerca una cura
per invertire il processo e ricreare l’umanità. Egli sa che questo è
largamente al di là delle sue limitate ed umane competenze. Si getta
quindi nella ricerca pura, disinteressata, apparentemente inutile:
Neville stesso a un certo punto si sente frustrato dalla consapevolezza
di aver raggiunto la verità troppo tardi. Eppure sono queste verità, o
meglio la verità, a distinguere Neville dalla nuova umanità che
si sta sviluppando. Ruth, la giovane donna che appartiene al gruppo
degli umani-vampiri – coloro che riescono a convivere col male senza
trasformarsi in folli ma mantenendo salde le proprie identità – viene
inviata da Neville proprio allo scopo di strappargli le conoscenze che
questi ha acquisito nel tempo. Pur convivendo col problema, i nuovi
umani di Ruth restano nell’ignoranza, senza alcuna intenzione di
ampliare i propri orizzonti e cercare, volendo, una cura definitiva che
possa restituire all’umanità la vita di un tempo. Così facendo rompono
del tutto con il passato che Neville rappresenta, con la civiltà nel
senso che conosciamo; alla civiltà si sostituisce definitivamente la
barbarie. È la stessa barbarie che Neville ricorda di aver incontrato,
nel periodo della diffusione del contagio, in un grosso tendone sotto
il quale si riuniva una folla ormai priva di ogni umanità, un branco
senza volontà in preda ai deliri religiosi di un predicatore. La
religione, a cui disperatamente si abbandonano tutti nel momento in cui
crolla ogni certezza, è non a caso anche una delle debolezze mortali
dei vampiri: convinti che il trasformarsi in non-morti sia una
punizione divina, i vampiri muoiono alla sola vista di una croce o di
una torah. La rottura che Matheson realizza nel romanzo tra la
superstizione religiosa e la luce della conoscenza è completa.Questo tema è stato al centro delle riflessioni del regista e degli sceneggiatori del film Io sono leggenda.
Intervistato a tale proposito, Will Smith ha affermato: ”Abbiamo
dedicato centinaia di ore a parlare delle idee alla base del film. Ci
siamo accostati al rapporto tra scienza e fede che individua il fisico
Fritjof Capra, il quale elabora il concetto secondo il quale la scienza
sta da una parte, la religione dall'altra. Secondo Capra la verità è un
cerchio, scienza e fede si rincorrono e finiscono sempre col
sovrapporsi. I fisici subatomici e i mistici capiscono veramente il
mondo solamente quando si incontrano e si confrontano”. Conciliante a
tale riguardo lo stesso regista, Francis Lawrence: “Una delle cose che
ci è piaciuta di più nel realizzare questo film è stata la ricerca su
come gli esseri umani combattano per andare avanti. Nel film la
speranza del protagonista sta nella scienza, mentre quella di Alice
nella fede. Alla fine le due cose si fondono perché è giusto che sia
così”. Infine lo sceneggiatore, Akiva Goldsman, si sbilancia di più tra
le due parti in gioco: “Abbiamo fatto tante ricerche per il film e gli
scienziati che abbiamo contattato ci hanno detto che il motore
all'interno dei virus è spesso un mistero e un virologo un giorno ci ha
detto che là, nel centro, c'è Dio. È molto affascinante questa idea di
trovare Dio nella scienza” (ved. intervista cinema.castlerock.it).
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