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Freaky Deaky
di Elmore Leonard
Un poliziotto che ha combattuto in Vietnam e che sta passando
dalla squadra Artificieri alla Reati sessuali. E una improbabile banda
di ex terroristi fricchettoni sopravvissuti ai tempi delle proteste
contro la guerra in Vietnam e contro il capitalismo di Wall Street.
Questi gli ingredienti che Leonard ha messo insieme per questo thriller
del 1988, pubblicato solo oggi in Italia. I materiali del suo successo ci sono tutti, in quella che
risulta quasi una prova generale di romanzi come Get Shorty o
Mr. Paradise: personaggi distanti anni luce
l’uno dall’altro costretti a interagire, trovando
sempre un terreno comune; situazioni paradossali e sopra le righe;
dialoghi micidiali… E comunque un’idea
dell’America come luogo di sottoculture, tempi e spazi
diversi, shakerati con energia e diligenza, così da farne
esplodere le infinite possibilità narrative. Valga come esempio il prologo, il capitoletto iniziale in cui
Chris, ancora nella squadra Artificieri, deve disinnescare con un
collega un ordigno collocato dentro la poltrona su
cui è seduto un grosso e giovanissimo spacciatore,
spaventato a morte e sul punto di farsela addosso. I due dicono a tutti
di allontanarsi, allo spacciatore di avere pazienza perché
devono parlare fra loro, si allontanano e si mettono a chiacchierare di
questioni private. E poi l’appartamento esplode… Pubblicato in Italia a ridosso delle celebrazioni (che ci
saranno, in tutte le salse…) del Sessantotto, questo romanzo
ci regala un punto di vista (americano) a posteriori (di
vent’anni) di come quella stagione fu percepita
dagli americani, e di come la “lotta” fu condita
dal fumo delle canne e dai lampi delle bombe, oltre che dalle chitarre
distorte dei gruppi rock.
Adolfo Fattori |
di Elmore Leonard
Titolo Freaky Deaky
Editore
Einaudi, Torino, 2007 Pagine 294
Prezzo € 13,00
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L’Ingegnere in blu
di Alberto Arbasino
Colpisce nell’”Ingegnere in
blu”, affettuoso ricordo di Carlo Emilio Gadda scritto dal
suo più riuscito epigono, Alberto Arbasino, il racconto
degli ultimi giorni dello scrittore: un ristretto ma fedele
drappello di ammiratori si alternava al suo capezzale per leggergli i Promessi
Sposi. Il Gadda che emerge dal racconto di Arbasino è
innanzitutto un lombardo intriso fino al midollo delle sue origini: e
da qui il continuo ricordo di parole del dialetto perduto, il riandare
a episodi milanesi fin de siecle (l’altro). Come quello
gustosissimo di un trauma infantile: genitori avari che si
fanno convincere a comprare un gelato in Galleria al bimbo Carlo
Emilio, piccione molesto, cono rovinato e non ricomprato. O
anche la ricerca di una continuità stilistica con
altri lombardi illustri, come Delio Tessa o Alberto Dossi, per non
parlare di Alberto Manzoni, che Gadda forse inconsciamente
imitò quando decise di trasferirsi a Firenze. Ma senza mai
sciacquare i panni in Arno. Nel testo c’è certo il gusto tutto
arbasiniano (e troppo compiaciuto) delle enumerazioni infinite, delle
variazioni sul tema, dei giochi di parole, dei pastiches
poliglotti, e forse, opinione di chi scrive probabilmente
poco condivisa, è la parte più debole del libro.
Ma c’è anche la cronaca delle
incomprensioni che fino alla consacrazione del Pasticciaccio prima e
della Cognizione poi accompagnarono per almeno un paio di decenni
(nonostante un Bagutta vinto già nel 1933)
l’attività dell’Ingegnere, misconosciuto
dalla critica ufficiale, con la solitaria eccezione o quasi
di Gianfranco Contini. Un affresco d’epoca e un ritratto di scrittore da
non perdere, con la gustosa appendice del famoso saggio “I
nipotini dell’ingegnere” con cui Arbasino nel 1960
dichiarava il suo debito di giovane scrittore nei confronti di questo
grande outsider delle letteratura. Un debito che però
l’Anonimo lombardo, dell’anno precedente, aveva
già reso esplicito.
Gino Pagliuca |
di Alberto Arbasino
Titolo L’Ingegnere in blu
Editore
Adelphi, Milano, 2008 Pagine 186
Prezzo € 11,00
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Territori mediaeducativi
a cura di Alberto Parola
In una scuola in cui praticamente
ancora il cinema (e la televisione, quando se ne parla, e senza
disprezzo o diffidenza) viene ancora definito, a più di un
secolo dalla sua nascita, “nuovo linguaggio
espressivo”, e i nuovi media vengono guardati con sospetto e
degnazione, un libro del genere ha più di un merito. Prima
di tutto, quello di ragionare su dispositivi e universi di discorso
sempre più presenti nella vita quotidiana e nei processi di
socializzazione senza pregiudizi, anzi, mostrandone le
potenzialità educative. Ancora, quello di fornire esempi
significativi e ricchi di come si possono usare computer e rete per
arricchire e attualizzare l’offerta formativa. Poi, di
offrire la possibilità di replicare i modelli e le
esperienze proposte. Infine, e forse questo è
l’aspetto più significativo, quello di mettere in
evidenza e promuovere il rapporto – sempre più
inscindibile – fra scuola ed extrascuola nello sviluppo delle
strategie e dei modelli formativi, proprio alla luce delle profonde
trasformazioni che viviamo sul piano delle fonti e dei canali della
socializzazione. Alla base, ci sembra ci sia un’idea di formazione, e
di rapporto fra istruzione formale e informale, che condividiamo
appieno, connessa ad una presa d’atto raramente riconoscibile
e condivisa nelle istituzioni educative e negli apparati: la profonda e
ormai inestricabile fusione nella socializzazione dei territori
educativi: quelli, sempre più egemoni connessi ai media,
quelli, sempre meno convincenti, connessi alla scuola
tradizionale.
Adolfo Fattori |
a cura di Alberto Parola
Titolo
Territori mediaeducativi Editore
Erickson, Trento, 2008 Pagine 431
Prezzo € 22,00
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