Thomas Carnacki entrò in scena nel 1910 sotto i migliori auspici. Sul vecchio continente i fasti della Belle Époque parevano destinati a non finire mai e non si era affatto esaurita l’onda lunga sollevata da quei colpetti misteriosi avvertiti in casa Fox nel fatale 1848, messaggi dall’aldilà forieri di innumerevoli sedute a base di medium, ciarlatani, studiosi e curiosi d’ogni genere. Nulla nel 1910 faceva presagire la grande carneficina in agguato e prossima a manifestarsi. Tanto meno nell’impero britannico entrato nell’età edoardiana condividendo l’incosciente festa prebellica e la passione per le cose oscure e inquietanti dello spiritismo, sottacendo le sperequazioni e le ingiustizie sociali.
In questa cornice, Carnacki avviò e concluse le sue indagini, un pugno di racconti, nove per la precisione, scritti da William Hope Hodgson, penna visionaria dai trascorsi marinari. Sulla scia di altri investigatori seriali (e quanti ne sarebbero seguiti!), Carnacki si cimentò nell’esplorazione di zone ed entità sconosciute, inclusa la zavorra che si trascinava con sé, ricca di casi truffaldini, o autentici ma spiegabili razionalmente perché alla portata delle conoscenze scientifiche dell’epoca. Sei di quei racconti furono pubblicati sulle riviste The Idler e The New Magazine (uno soltanto), fra il 1910 e il 1912. I restanti apparvero postumi, due anch’essi su riviste e un terzo (La scoperta) pubblicato direttamente nell’edizione complessiva edita con il titolo Carnacki, the Ghost Finder dalla Arkham House nel 1948.
Le illustrazioni di Florence Briscoe corredano la nuova edizione dei racconti di Carnacki pubblicata da Il Palindromo.
Apparsi in vario modo in Italia, inclusa una parallela edizione realizzata dall’editore Fanucci, ora sono entrati a far parte della collana dedicata al fantastico, I tre sedili deserti, dell’editore Il Palindromo, nella quale Hodgson era già apparso con il romanzo Il sogno di X, quindi diventando il primo autore a esservi presente con due titoli. La nuova edizione, inoltre, si fregia delle illustrazioni realizzate da Florence Briscoe per le cinque storie originariamente pubblicate da The Idler e del consueto ricco apparato critico che distingue la collana.
Acchiappa presenze e cattura l’attenzione
Carnacki è un personaggio che, seppure solo accennato nei tratti e nel carattere, si fa ricordare per il suo singolare modus operandi. Non c’è mistero che tenga quando lui entra in azione, di solito convocato da conoscenti diretti o indiretti, ma la soluzione del caso non lo accontenta: deve riferire, narrare lo svolgimento del caso. Racconta a un gruppo di amici e al lettore che si accomoda invisibile in un angolo per seguire le sue avventure. Tutto ciò richiede metodo e Carnacki è metodico, non soltanto quando dispone a seconda dei casi la sua attrezzatura per indagare nell’ambiente infestato, o sede di un varco tra la nostra dimensione e l’altro, oppure soltanto teatro di una messa in scena truffaldina, ma c’è un procedere metodico anche nella cerimonia del narrare. Difatti Carnacki invita i suoi quattro amici a cena, fa seguire il racconto dell’indagine e infine congeda tutti piuttosto bruscamente con un secco “E ora fuori”, seppur cordiale. Non potrebbe fare altrimenti in un mondo che vedeva parimenti l’inarrestabile ascesa della scienza e della tecnica e il ritorno parallelo di cose oscure e inquietanti che dopo aver dato la sensazione di arretrare di fronte alla ragione illuministica, rispuntavano da tutte le parti. Scaltra e impertinente, la Storia si diverte spesso a sparigliare le carte, cosicchè ai tempi l’elettricità illuminò l’oscurità che smise di manifestarsi qui e là e presenziando in massa ai fasti della Modernità. Come ha annotato Erik Davis:
“A partire dal diciassettesimo secolo, l’immaginario elettromagnetico si è insinuato nella religione, nella medicina e nella tecnologia, e da allora ha ispirato probabilmente più speculazioni metafisiche, affermazioni eretiche e aggeggi stravaganti di ogni altra forza naturale”
(Davis, 2023).
Qualche regola affidabile, un procedimento reiterabile all’infinito, tutto ciò forniva garanzie di ordine di fronte al caos insorgente. Eppure Carnacki così facendo, paradossalmente, si propone egli stesso come un enigma e difatti della sua vita noi ignoriamo tutto. Educazione, formazione, famiglia, attività, relazioni, amori: nulla. Conosciamo il suo domicilio: risiede al numero 472 di Cheyne Walk, Chelsea, Londra. Sappiamo che ha quattro amici, ma oltre ai loro nomi, Dodgson (il narratore), Jessop, Arkright e Taylor, e alla loro curiosità sempre viva riguardo alle vicende che occorrono al loro ospite, non ci è dato di conoscere altro. Siamo edotti, ma soltanto in parte, sui suoi strumenti di lavoro, a partire dall’indispensabile macchina fotografica, prolungamento dell’occhio che meglio scruta nel buio quando le sue storie entrano nel vivo. Niente di diverso da quanto gli indagatori dell’occulto andavano facendo a caccia di ectoplasmi di solito fuoriusciti da naso o bocca della medium di turno, piuttosto che di spettri vaganti tra chiese, cimiteri e manieri in rovina, avvolti in sudari o semplici veli. Carnacki è anche armato, porta con sé sempre una pistola, ma vi ricorre in una sola storia, Il cavallo dell’invisibile, ed è sul punto di farlo in un altro caso, quello narrato nel racconto Il maiale. Fin qui però Carnacki non si discosta da un detective dell’ordinario.
Armamentario magico/scientifico
Le cose cambiano quando si passa ai marchingegni dedicati allo sconosciuto, a iniziare da un sistema di difesa a forma di pentacolo. Arma misteriosa perché a parte Carnacki nessuno sa in che cosa effettivamente consista. Ci è noto che funziona, perché lo salva a più riprese. Ci viene detto qualcosa in più di più sulla sua origine, ma soltanto per inscenare un gioco letterario. Carnacki sostiene di averlo concepito partendo da un testo esoterico del XIV secolo denominato Manoscritto Sigsand, regalandoci in pratica uno pseudobiblia, non l’unico a cui fa cenno nei suoi racconti. Esiste una variante elettrica del pentacolo e per realizzarla Carnacki si è rivolto a un altro testo misterioso, Esperimenti con un medium di un tale Professor Garder, del quale il dotto indagatore dell’occulto suggerisce anche la lettura di un secondo studio: Le vibrazioni astrali confrontate con le vibrazioni materico-involute sotto la soglia dei sei miliardi.
Il Pentacolo made in Carnacki entra subito in scena nel primo racconto, Il varco del mostro, dando prova di efficacia contro una delle tante cose sovrannaturali in agguato nell’altrove. Un altrove che Hodgson svelò con potenza impressionante nei suoi romanzi, La terra dell’eterna notte e soprattutto nel suo capolavoro, La casa sull’abisso, di cui Howard P. Lovecraft, ammirato, scrisse che ovunque nel romanzo “si manifesta l’abilità dell’autore nel suggerire orrori vaghi e latenti nello scenario naturale” (Lovecraft, 2011). Quelle forze maligne e ultraterrene che fanno capolino anche nelle storie di Carnacki, e in una si fa esplicitamente cenno a una cosmologia poco rassicurante. Il racconto è il suddetto Il maiale, a conclusione del quale vengono forniti diversi dettagli riguardo alle “Mostruosità dell’Altrove”. In buona sostanza, spiega Carnacki, queste creature dimorano in un’altra dimensione, un “Cerchio esterno” di natura gassosa, posta ai margini del nostro universo, il quale si compone di una serie di cerchi concentrici, l’ultimo dei quali è abitato dalle mostruosità. Capita, ahinoi, che un varco si apra, talora accidentalmente, favorendo l’ingresso di queste creature malintenzionate nel nostro mondo e lui spesso si imbatte in incidenti di tal fatta. Ciononostante, le sue storie non piacquero a Lovecraft, che pure si vide però costretto ad ammettere che “certi episodi, tuttavia, sono innegabilmente efficaci e vi balenano lampi del peculiare genio dell’autore” (ibidem). Fatto sta che le cronache delle sue investigazioni lasciano ampio spazio all’immaginazione, tant’è che le dettagliate, meticolose descrizioni del suo agire in realtà rimangono del tutto avvolte nella nebbia del non detto, come si evince dal passo seguente tratto dal succitato Il varco del mostro,
“Intorno a questo circolo ne tracciai poi uno più ampio strofinandovi dell’aglio, e, appena terminato, presi dalle mie scorte un vasetto con una certa acqua. Ruppi il sigillo di ceralacca e tirai via il tappo. Quindi, immergendovi l’indice sinistro, mi mossi nuovamente attorno al circolo, tracciando sul pavimento, proprio all’interno della linea del gesso, il Secondo Segno del Rituale Saamaaa, unendo con molta attenzione ciascun Segno con la Mezzaluna sinistra”.
Ecco un altro misterioso alleato di Carnacki: il Rituale Saamaaa. Viene citato in diversi racconti con varianti (Il varco del mostro, La casa tra i lauri, La stanza che fischiava, Il cavallo dall’invisibile, Il “Jarvee” infestato) ed è legato a un incantesimo da maneggiare con cura chiamato Raanee, forse il nome di un’entità, chissà. Un’altra protezione dai pericoli provenienti dall’altrove arriva poi dalla contro-vibrazione, o vibrazione reattiva, come si legge nel racconto Il “Jarvee” infestato, e qui il libro su cui si basa la pseudoscientifica contromisura è la monografia di un certo Hazam Infestazioni indotte. C’è poi un aggeggio composito, a metà strada tra uno strumento steampunk e quelli che agiscono come molta tecnologia fa nelle storie di Philip K. Dick. Appare sempre Il maiale. SI tratta di una sorte di registratore di ricordi composto da una macchina fotografica e un fonografo “modificato” collegabile alla testa di una persona tramite un elettrodo. Dalle immagini impresse sulla pellicola, il fonografo legge i suoni sottesi la rievocazione.
L’armamentario di Carnacki non termina qui: oltre a oggetti di uso comune ma utili alla bisogna, c’è da ricordare una struttura di cerchi probabilmente posti uno dentro l’altro, ma spiegazioni eloquenti non vengono fornite, una struttura, sorta di difesa a spettro, composta da sette tubi a vuoto emananti ciascuno un colore dello spettro solare, poiché ciascun colore possiede proprie caratteristiche di pericolosità o di capacità difensiva. Colpisce non soltanto che Carnacki non fornisca un granché di spiegazioni, ma che neppure i suoi amici ne facciano mai richiesta, cosicchè al padrone di casa è sufficiente ogni tanto rimandare alla vasta bibliografia (immaginaria) sul singolo tema toccato. Agli pseudobiblia, inoltre, andrebbero poi aggiunti i racconti inesistenti di Carnacki, ovvero alcuni altri suoi casi ai quali egli accenna ma che Hodgson non scrisse mai, rendendo il gioco dei rimandi, veri e falsi, ancora più gustoso. I guai però sono anche di natura terrestre, seppure sovrannaturali. Se non provengono dal Cerchio esterno, le presenze, per quanto in numero circoscritto, sono di origine terrestre, sono spettri di defunti in circostanze oscure, spesso tragiche. Carnacki ha un debito di riconoscenza nei loro confronti, in un certo senso gli deve la vita, come spiega ai suoi amici:
“Molti di noi non sanno mai quanto credere a faccende riguardanti l’Ab-umano e l’Ab-naturale, né di solito hanno occasione di apprenderlo. E in effetti, come sapete, sono assai scettico sui racconti di fantasmi, come ogni uomo che probabilmente incontrerete; tuttavia, sono quello che si definirebbe uno scettico senza pregiudizi. Non credo, né mi rifiuto di credere, a certe cose per principio, come molti sciocchi solitamente fanno e, quel che è peggio, come fanno alcuni di loro che non si vergognano di vantarsi della loro idiozia. Vedo tutte le presunte infestazioni come non dimostrate finché non le ho messe sotto esame e sono costretto ad ammettere che nel novantanove per cento dei casi si rivelano fantasiose sciocchezze. Ma il centesimo caso! Bè, se non fosse per questo avrei poche storie da raccontarvi, non trovate?”
Schietto e faceto, Carnacki resta alla fin fine il vero mistero da risolvere e in fondo è l’umano la sede di tutti gli enigmi. Di lui addirittura non conosciamo bene neanche l’aspetto. Un’idea se la fece l’illustratrice delle sue storie, Florence Briscoe, che disegnò per le prime cinque storie apparse su The Idler. La giovane Briscoe si ispirò a Hodgson per tratteggiare la figura dell’indagatore dell’ignoto, anche se non risulta accertato alcun incontro diretto tra i due. Tutte le sue illustrazioni oggi arricchiscono l’edizione de I tre sedili deserti, ma invece di far luce sul misterioso Carnacki, aggiungono un altro mistero alle sue vicende, come se un varco si fosse creato tra la nostra dimensione e la finzione letteraria. La carriera di illustratrice di Florence Briscoe terminò lì e che cosa abbia fatto in seguito è tuttora un mistero, come segnala il curatore della collana Giuseppe Aguanno nella nota biografica che le dedica. È nota la data della sua morte, o almeno, wikidata si sbilancia dichiarando che scomparve l’11 marzo 1961, ma quel mezzo secolo della sua vita che c’è di mezzo è ignoto. Fine misteriosa come quella di Ambroise Beirce, di cui si persero le tracce quando prese la via del New Mexico ai tempi di Pancho Villa. O meglio ancora quella di Phil Yost, un musicista statunitense, polistrumentista, autore di tre album di cui l’ultimo nel 1972, di cui tutto quello che è dato sapere si ferma in pratica qui, perché non ve n’è più traccia, essendo svanito nel nulla. Un caso degno di X-Files e ci vorrebbero Murder e Scully per capirci qualcosa, loro, loro, alcuni dei tanti nipotini di Thomas Carnacki.
- Erik Davis, Techgnosis, Nero Edizioni, Roma, 2023.
- Howard Philipps Lovecraft, I romanzi fantastici di William Hope Hodgson, in Teoria dell’orrore, Bietti, Milano, 2011.