Vice Capo Brenda Leigh Johnson, Crimini maggiori. In questa breve descrizione riportata su un fascicolo personale della polizia di Los Angeles, sono contenuti in forma ristretta i caratteri di un personaggio che dal 2005 al 2012 ha fatto la fortuna di una serie televisiva di enorme successo non solo negli Stati Uniti, ma anche laddove è stata distribuita, Italia compresa: The Closer.
Brenda Leigh è una donna, e non per caso. Anzi, come indica chiaramente il suo nome, doppio e un po’ old fashioned, è doppiamente donna, marcatamente donna, intenzionalmente donna, con uno stile tutto suo che se non proprio old fashioned è sicuramente al di fuori e al di là delle mode. E donna lo è ancora di più in opposizione al suo ruolo professionale: vice capo. Un termine pensato al maschile che non dà minimamente conto delle competenze professionali di Brenda Leigh, che è un vice capo molto più acuta, intelligente e perspicace del suo capo Pope e per questo è soprannominata “the closer”, colei che chiude a ogni costo e con successo tutte le indagini. Ma vice capo è un termine che non dà conto nemmeno delle sue caratteristiche personali, perché il vice capo Johnson ha lunghi capelli biondi, non porta i pantaloni (se non nelle poche occasioni cerimoniali in cui è obbligata a indossare la divisa), ma gonne e abiti colorati, una borsa immensa, eccentrici e raffinati cappelli, e soprattutto scarpe con tacchi alti, sempre.
Inoltre, Brenda Leigh è una donna che lavora alla Crimini maggiori, un dipartimento di polizia durissimo che si occupa esclusivamente di omicidi particolarmente efferati, e in questo contesto maschile, alla guida di una squadra composta quasi esclusivamente da uomini (unica eccezione: un’agente di colore), è proprio la specificità femminile del vice capo Johnson che caratterizza l’impostazione delle indagini così come le strategie d’azione, la linea degli interrogatori e la decisione degli arresti, ma anche i rapporti con gli uomini della sua squadra, improntati dal forte contrasto tra la perentorietà del contenuto e la gentilezza della forma: Brenda Leigh ringrazia sempre sorridendo i suoi collaboratori.
Specificità femminile e non stereotipo femminile, mediale o reale che sia, se è ancora possibile fare la differenza tra queste due dimensioni. Infatti, la protagonista di The Closer non ricorda in alcun modo i personaggi femminili protagonisti di serie analoghe (poche in verità), crime o legal crime come vengono definite: non è giovane, bella e super sportiva, come Jane Rizzoli (Rizzoli & Isle), né intellettuale algida e un po’ snob, come la dottoressa Temperance Brennan (Bones), nemmeno la professionista dedita completamente al suo lavoro con una vita privata non propriamente felice o inesistente, come Olivia Benson (Law & Order: Unità vittime speciali) o Angie Flynn (Motive).
Il personaggio di Brenda Leigh non riproduce nessuno degli stereotipi di cui potrebbe facilmente essere oggetto: è bella, ma non vistosa; elegantissima, ma non stucchevole; giovane, ma non giovanissima. E se parlare di personaggio a tutto tondo a proposito di una serie televisiva può sollevare qualche perplessità, poiché esso deve necessariamente presentare delle caratteristiche che lo rendano facilmente identificabile e in un certo senso prevedibile, coerente per tutta la durata della serie, possiamo però indicarlo senza timori come un personaggio ad alta specificità nei suoi caratteri, che sono visivamente costellati da oggetti che costruiscono anch’essi l’identità del personaggio.
Vizi privati e pubbliche virtù: il mix del successo
Brenda è golosissima di Ding Dong, irresistibili dolcetti newyorkesi al cioccolato di cui sono riempiti i cassetti della sua scrivania e la sua borsa e di cui non deve mai rimanere senza; nei momenti di relax o per scaricare la tensione beve vino rosso, versato esclusivamente in calici adatti. Brenda ama l’eleganza, emblematicamente rappresentata dai suoi trench di differenti colori, di cui forse il più famoso è quello rosa confetto indossato in una pericolosa operazione, e in un’indimenticabile l’inquadratura in cui Brenda in rosa impugna la pistola intimando al criminale di turno di arrendersi. Per non dire delle sue scarpe coi tacchi alti che indossa con disinvoltura in ogni situazione: tranne in un episodio, quando prima di ispezionare il luogo del delitto estrae dalla borsa e indossa un paio di snickers, ma al solo a scopo protettivo, per non rovinare le scarpe coi tacchi in un terreno particolarmente accidentato.
Brenda ha una vita privata: un fidanzato e in seguito marito, Fritz, agente del FBI con cui ha un rapporto molto intenso e condivide spesso situazioni di lavoro; dei genitori che ama molto, senza che ciò le impedisca di mostrarsi insofferente nei loro confronti quando vengono in visita da Atlanta, città d’origine della famiglia. Niente è perfetto in lei: perde facilmente la pazienza, ama imporre il suo punto di vista, usa l’arte della blandizie per ottenere ciò che vuole, ha una menopausa precoce. Eppure, ci affascina e ci inchioda letteralmente allo schermo quando interroga sospettati e colpevoli nelle sale interrogatorio, quando aziona microfoni nascosti, soprattutto quando con la sua vis argomentativa incalza l’interrogato, lo trae in inganno, lo aggredisce verbalmente e lo costringe a confessare, grazie alla sua specificità femminile che nemmeno in questi momenti si eclissa: lei è lì, a fare il duro lavoro del vice capo, con occhi saettanti e rossetto impeccabile.
Sviluppata attorno alla figura del vice capo Johnson, The Closer è stata, ed è ancora (il canale Mediaset TopCrime la ripropone periodicamente) una serie di grande successo.
Un successo che non dipende dalla struttura della serie e degli episodi, che in sé non presentano alcun elemento di rilievo o di novità. The Closer infatti rispetta in pieno i canoni del genere crime, un tempo meglio noto come poliziesco, con un plot (quasi sempre) convincente: un delitto compiuto in circostanze misteriose, diversi sospettati, un referente istituzionale che con le proprie esigenze o le proprie anomalie talvolta ostacola le indagini, una squadra preparata e unita che riesce sempre a scoprire il colpevole e, quasi sempre, ad assicurarlo alla giustizia usando se necessario stratagemmi investigativi e metodi non totalmente ortodossi, senza mai oltrepassare però la soglia dell’illecito o fare ricorso alla violenza. Un successo che non dipende nemmeno dalla presenza di tematiche, secondarie ai fini della narrazione principale, ma altamente significative, che ci forniscono una rappresentazione della realtà “secondo The Closer“ con la presenza nella squadra delle principali comunità di migranti negli Stati Uniti: messicana del tenente Sanchez, italiana del tenente Provenza, cinese del tenente Tao, senza dimenticare la comunità afroamericana rappresentata dal sergente Gabriel e la detective Nichols.
Ma allora, cosa fa di The Closer e soprattutto di Brenda Leigh, una delle serie di maggior gradimento degli ultimi anni e sicuramente la preferita di chi scrive? Indubbiamente il personaggio del vice capo Johnson esercita un forte potere d’identificazione. Piace perché è una donna di successo sia nella vita professionale sia nella vita privata, un successo raggiunto senza nessun bisogno di assomigliare a un uomo per dimostrare il proprio valore. Le scelte che quotidianamente affronta per svolgere il suo lavoro, i risultati che ottiene nelle sue indagini, a dispetto dell’ostruzionismo e della burocratizzazione presenti nel suo dipartimento, mostrano, ma potremmo dire confermano, che l’intelligenza di una donna non è inversamente proporzionale all’altezza dei suoi tacchi, ed è questo a piacerci. Tuttavia, Brenda Leigh non è l’incarnazione della completa realizzazione di una donna, e ciò contribuisce a rinforzare il gradimento nel pubblico, a farla sentire vicina, poiché se il successo può giocare un ruolo importante nel processo di identificazione che può mettere in atto nel pubblico, la condivisione di qualche imperfezione rinforza e completa questo processo.
Emancipazione vs discrimimazione: un conflitto seriale
Le sue vicende raccontano anche, in modo del tutto realistico, quanto al di là dei riconoscimenti professionali ottenuti, la condizione professionale della donna sia ancora difficile e discriminata, a parità di condizioni, rispetto a quella dell’uomo: candidata alla successione del suo capo, Brenda Leigh, a dispetto delle sue capacità e della sua competenza, si vedrà preferire un uomo, il cui valore è indubbiamente inferiore, ma il cui carattere è decisamente più consono a seguire le linee imposte dalla dirigenza del dipartimento.
Probabilmente, uno dei motivi che ha reso Brenda Leigh un personaggio così amato dal pubblico consiste nel fatto che è al tempo stesso un modello a cui fare riferimento, per i suoi successi e le sue qualità, e una donna esattamente come noi, di cui condividiamo le piccole manie e le debolezze. Non solo, la sua capacità di trasformare la normalità della routine in eccezionalità, in espressione della propria personalità, produce nelle spettatrici la sensazione di potere oltrepassare i limiti della propria quotidianità anonima per trasformarsi certamente non in personaggi eccezionali, ma in donne speciali, con caratteristiche proprie, uniche, come unica è Brenda Leigh. Quindi, non “Brenda Leigh, una di noi” ma “anche noi come Brenda Leigh”, e questo perché l’identificazione con il personaggio non si gioca, se non in minima parte, in riferimento al contesto nel quale è inserito, il mondo del crimine e dell’investigazione, ma dipende dalle sue caratteristiche personali.
Detto altrimenti: Brenda Leigh ci piacerebbe ugualmente anche se non fosse il vice capo Johnson della Crimini Maggiori, ma un giudice o un direttore di una testata giornalistica, poiché è la sua specificità femminile che ci attira, tanto esteriore quanto interiore. Piacciono i suoi abiti, le sue scarpe, la sua inconfondibile borsa, diventata quest’ultima un oggetto del desiderio di molte fans al punto da spingere un’azienda, la Maxx New York, a inserire nella sua linea di produzione la The Closer Tote Bag (rigorosamente made in China), la borsa di Brenda Leigh Johnson; ma altrettanto ci piace il suo modo di essere, di provare emozioni, di arrabbiarsi, di commuoversi, di soffrire e anche, quando capita, di vendicarsi. Ecco il commento di una fan in uno dei molti blog dedicati alla serie:
“Di Brenda ho amato tutto, la sua risolutezza, la sua voglia infinita di compiere il suo dovere fino in fondo, la sua forza ma anche la sua fragilità, la sua voglia di sentirsi amata dal marito, la sua dolcezza nei confronti dei genitori e la sua passione per i gatti!”.
Ma non possiamo trascurare il fatto che Brenda Leigh è soprattutto Kyra Sedgwick, l’attrice che la interpreta. Non è importante, e del resto sarebbe impossibile, stabilire fino a che punto l’attrice s’è impossessata del personaggio o il personaggio ha catturato dentro di sé l’attrice. La storia del cinema e più recentemente della fiction offrono molti esempi di questo rapporto simbiotico (che non sempre si realizza) in cui l’attore fa la fortuna del personaggio e il personaggio quella dell’attore (cfr. Morin, 1995). Nè vogliamo entrare nel dibattito sull’arte della recitazione relativo all’opposizione tra la tecnica gestita razionalmente e la sensibilità, introdotto già nel XVIII secolo da Denis Diderot con il Paradosso sull’attore (cfr. Diderot, 1993). Molto più pragmaticamente sosteniamo che è impossibile separare la specificità del personaggio da quella del suo interprete.
Si tratta di una specificità di cui si sono resi perfettamente conto anche il regista e i produttori quando nel 2012 Kyra Sedgwick, attrice principale ma anche produttore esecutivo della serie, decide di porre fine a questa esperienza. Infatti, di fronte all’esigenza di non chiudere una serie di grande successo, è stato realizzato lo spin-off Major Crimes (diventato anch’esso una serie di successo) conservando intatti il contesto e i personaggi (così come il cast) ma cambiando completamente le caratteristiche del personaggio principale, il capitano Sharon Raydor, poiché come osserva l’autrice del blog poc’anzi citato “…nonostante ami il personaggio del Capitano Sharon Raydor (Mary McDonnell), nessuno sarà mai come Brenda Leigh Johnson”.
A ben vedere, c’è nell’attaccamento delle fans a Brenda Leigh, l’espressione del legame che si sviluppa a partire dalla fruizione di un immaginario mediale, in questo caso il personaggio e le vicende di una serie televisiva, e che è origine comune, ancorché ambigua, di realtà e fantasia. Lungi dall’essere semplice evasione nell’irrealtà, vale a dire semplice tentativo di staccarsi per qualche istante dal quotidiano, ma piuttosto esattamente come descrive Edgar Morin nell’introduzione di quell’opera insuperabile che è Il cinema o l’uomo immaginario, questo legame può essere usato per comprendere la complessa unità dell’uomo. Ebbene, questo legame tra immaginario e realtà, condensato in Brenda Leigh, può anche essere usato per comprendere la complessa unità della donna.
Letture
- Denis Diderot, Il paradosso sull’attore, Angelo Signorelli, Verona, 1993.
- Edgar Morin, Le star, Edizioni Olivares, Milano, 1995.
- Edgar Morin, Il cinema o l’uomo immaginario, Raffaello Cortina, Milano, 2016.