Non è un paese per vecchi è il titolo di un romanzo del 2005 di Cormac McCarthy, ma sarebbe adatto anche per I viaggiatori della sera, ossia l’ultima regia delle cinque firmate da Ugo Tognazzi. È una pellicola fantapolitica che narra di un mondo in cui invecchiare non è più tollerato, così come ogni atto di violenza, compresa quella verbale, ma che in realtà ipocritamente cela un disegno abietto, perpetrato da un potere rappresentato dagli uomini e dalle donne dell’Esp (Esercito di salute pubblica), che indossano solo abiti bianchi e sono rigorosamente giovani. Originato da un soggetto che Umberto Simonetta e l’editore televisivo Sandro Parenzo trassero da un romanzo dello stesso Simonetta pubblicato nel 1976, questo film del 1979 ha un titolo insolito per un racconto distopico, ma sintetizza al meglio il destino dei protagonisti, il disc jockey radiofonico Orso (lo stesso Tognazzi) e la giornalista Nicki (Ornella Vanoni): viaggiatori, in quanto costretti a partire per un villaggio/ghetto per anziani; della sera, perché una legge ha ormai stabilito che siano giunti al crepuscolo delle loro esistenze, ovvero ai cinquant’anni. I due sono una coppia sposata, dai modi parecchio giovanili e dal turpiloquio facile, aggravante che li rende invisi ai più, compresi i loro stessi figli e il nipotino, terribilmente allineati al pensiero dominante. In virtù di quest’ultimo, i libri sono ritenuti, se non proibiti come in Fahrenheit 451 (1966), almeno inutili perché di “peso e ingombro non indifferenti”, accusa blanda ma comunque indicativa se a proferirla sono i giovani. Gli spietati avvenimenti di un tempo sono anche rievocati ricorrendo a inquietanti richiami, come l’obbligo della fascia al braccio per i protagonisti e tutti coloro che sono diretti al forzato soggiorno nel Villaggio 27 (la loro destinazione finale) e la diffusione presso gli stessi di marijuana di stato, il cui uso, più che rammentare il dibattito terapeutico attuale, ricorda la somministrazione di droghe prima di quegli ultimi voli in aeroplano organizzati dalle dittature sudamericane.
Tognazzi e il suo doppio dietro la MdP
Il film poggia soprattutto sulle solide spalle di Tognazzi, il cui personaggio sembra nascere da una costruzione antitetica ai ruoli da lui interpretati sotto la direzione di quello straordinario compagno d’avventure che fu Marco Ferreri, con la complicità della penna di Rafael Azcona. Il ribelle Orso, infatti, che detesta il potere costituito che lo ha destituito dal suo lavoro di dj, non è Mitch, la sordida e ambigua guida indiana, il servitore sia del più forte sia del proprio interesse in Non toccare la donna bianca (1974).
Nel villaggio 27, dove tutte le spese sono a carico dello Stato, divertimenti compresi, Orso è di fatto un individuo braccato e con poche speranze, che non può certo godere di quello che appare un Paese dei balocchi anni Settanta, e dunque è ben diverso da Igor, il protagonista de La famiglia felice, quarto e ultimo episodio di Marcia Nuziale (1965), il quale si aggira con movenze sicure in uno scenario spensierato, “tutto proiettato in un prossimo quanto volutamente improbabile futuro […] spazio irreale popolato da uomini e da bambole di plastica” (Grande, 1974). Spiegando al nipote la sorte di alcuni animali impagliati che abitano lo zoo allestito su una zattera (animali che, nella vicenda narrata, non esistono più, al pari di una trama dickiana), Orso è dunque anche lontano da quell’Antonio Focaccia, sciacallo e truffaldino organizzatore di spettacoli basati sulla visione di fenomeni da baraccone, che strappa la semplice e tenera Maria de La donna scimmia (1964) dall’ospizio dove abita e lavora, esclusivamente per esporla come un freak per il proprio tornaconto. In particolare, e soprattutto, Orso non ha scelto di dover morire, come Ugo che, insieme ai suoi amici rinchiusi tra tonnellate di cibo in una villa di Neuilly, decide di suicidarsi mangiando ne La grande abbuffata (1973).
In generale, il film di Tognazzi mette in scena non solo la rappresentazione di un estremo risvolto dell’inevitabile conflitto generazionale, ma anche, attraverso la ripresa di “grandi distese di cielo e [di] interminabili strade [,] strutturate in una contrapposizione di panoramica e primo piano, l’irrisolto rapporto dell’uomo con ciò che lo circonda” (Grossini, 1980). La natura e i paesaggi nella pellicola sono quelli delle Canarie, luogo caro al già citato Ferreri: nelle vesti di produttore, che precedettero quelle di regista, egli avrebbe voluto realizzare un documentario sulle isole verso la fine degli anni Cinquanta, abbandonando poi il progetto per quello che sarà il suo primo lavoro dietro la macchina da presa, ossia El pisito (cfr. Scandola, 2004). Rodolfo, il protagonista maschile di quel film del 1958, è quel José Luis López Vázquez che ne I viaggiatori della sera è il più eccentrico degli ospiti del Villaggio 27, alle cui porte Orso e Nicki vengono accolti da un enorme cartello che anticipatamente rivolge loro un “grazie per il vostro senso civico”. Al di là delle cortesi forme dell’Esp, che sembrano così esorcizzare un qualsiasi atto di sabotaggio da parte degli ospiti, meno ipocrita sarebbe stato porre quella lapide che appare nella prima inquadratura di Porcile (1969), l’unico film di Pier Paolo Pasolini in cui lavora anche Tognazzi e che recita: “Interrogata ben bene la nostra coscienza abbiamo stabilito di divorarti a causa della tua disubbidienza”.
- Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Mondadori, Milano, 2017.
- Giancarlo Grossini, I viaggiatori della sera, in Cinema Nuovo, n. 263, febbraio 1980, Dedalo, Bari.
- Alberto Scandola, Marco Ferreri, Il Castoro, Milano, 2003.
- Umberto Simonetta, I viaggiatori della sera, Arnoldo Mondadori, Milano, 1976.
- Ferreri Marco, El pisito (edizione spagnola), Devisa HV, 2014 (home video).
- Ferreri Marco, Marcia nuziale, Eagle Pictures, 2011 (home video).
- Ferreri Marco, La grande abbuffata, CG Entertainment, 2012 (home video).
- Ferreri Marco, La donna scimmia, CG Entertainment, 2008 (home video).
- Ferreri Marco, Non toccare la donna bianca, CG Entertainment, 2012 (home video).
- Pier Paolo Pasolini, Porcile, CG Entertainment, 2016 (home video).
- François Truffaut, Fahrenheit 451, Universal Pictures, 2003 (home video).