Tra le dieci peggiori idee di business votate in un sondaggio nel 1999, gli esperti dell’epoca inserirono PayPal e la sua idea – esplicitata da uno dei suoi fondatori, Peter Thiel – di “creare una nuova moneta per Internet che avrebbe sostituito il dollaro americano” (Thiel, 2015). Di lì a poco, PayPal avrebbe rivoluzionato il mondo dei sistemi di pagamento digitali, avrebbe reso Elon Musk sufficientemente ricco (fino a diventare vent’anni dopo l’uomo più ricco del mondo) da decidere di investire nel mercato dei razzi spaziali, e permesso a Thiel di trasformarsi nell’uomo più influente della Silicon Valley. PayPal non aveva realizzato il suo sogno, ma era solo questione di tempo. Uno dei romanzi che i fondatori di PayPal divorarono in quegli anni era Cryptonomicon (1999), un monumentale romanzo di fantascienza scritto da Neal Stephenson, che partiva dalla vicenda storica di Alan Turing e del computer che decifrò il codice nazista Enigma e si concludeva con la nascita di una valuta digitale indipendente e anarchica, potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri mondiali. Il romanzo strizzava l’occhio, oltre ovviamente al Necronomicon di lovecraftiana memoria, al Cyphernomicon, un testo pubblicato nel 1994 sui gruppi online della comunità dei “cypherpunk”, sostenitori dell’esigenza di un’Internet fondata sulla crittografia per garantire l’anonimato degli utenti, in un periodo in cui il governo americano lanciava la crociata contro gli hacker (descritta tra gli altri dello scrittore cyberpunk Bruce Sterling in Giro di vite contro gli hacker). L’autore si chiamava Timothy May, già autore del Crypto-Anarchist Manifesto, e fondatore del movimento cripto-anarchico. Anche May era cresciuto a pane e fantascienza, aveva letto il romanzo breve di Vernon Vinge Il vero nome (1981), opera pionieristica del cyberpunk che propugnava la necessità dell’anonimato degli utenti del futuro cyberspazio, e si era convinto che il movimento dovesse darsi, tra i suoi obiettivi, uno in particolare: creare una valuta indipendente, fondata sulla crittografia, in grado di scardinare il concetto di sovranità monetaria. Dovette attendere a lungo prima che qualcuno raccogliesse la sfida: a proporre la soluzione fu, nel 2008, un cripto-anarchico coperto dallo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, che la espose sulla Cryptography Mailing List in un documento intitolato Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System. Era iniziata una nuova era.
A ciascun messia la sua Bibbia
Questa storia oggi è nota a tutti gli evangelisti del Bitcoin, che nel misterioso Satoshi Nakamoto – la cui identità mai è stata rivelata – hanno trovato un nuovo messia e nel suo documento, il cosiddetto white paper, la nuova Bibbia. Non a caso la neonata casa editrice Timeo ha scelto di pubblicare il testo di Satoshi nell’edizione critica curata da Ben Vickers in una veste provocatoria: una copertina rigida nera, su cui campeggia il simbolo dorato del Bitcoin, che ricorda le bibbie che è possibile trovare talvolta nei comodini degli alberghi. Non è la prima volta che il culto delle criptovalute viene accostato a una vera e propria nuova religione, e nella sua introduzione il brillante intellettuale britannico James Bridle enfatizza questo aspetto, quando, riprendendo un’osservazione dell’antropologo David Graeber sul fatto che il concetto di “redenzione” al centro del messaggio cristiano significhi in origine “riottenere qualcosa che si era dato in pegno per un prestito”, nota che anche Satoshi, avendo rinunciato alla sua dotazione iniziale di Bitcoin per rendere possibile la diffusione della valuta, abbia compiuto qualcosa di simile alla salvezza cristiana riportandola al suo originario significato finanziario. Ma in realtà, se si prova ad andare al di là del proselitismo d’accatto e del delirio esegetico della comunità di entusiasti investitori di Bitcoin – che sta alla rivoluzione di Satoshi come le prime comunità cristiane tutte prese dalla loro esaltata convinzione di un’imminente fine del mondo stavano alla rivoluzione di Gesù – si può comprendere che la rivoluzione delle criptovalute non è che l’ultima e più radicale tappa del grande disegno tecno-fideistico che punta a sostituire al vecchio sistema del mondo uno completamente nuovo, fatto a immagine e somiglianza della Silicon Valley. Questo moribondo ordine westfaliano che si aggrappa con gli artigli al suo antico potere nella penisola di Crimea o nello Stretto di Formosa vede infatti da tempo vacillare i tre grandi pilastri su cui ha potuto fondare il suo edificio nei secoli: il monopolio dell’uso legittimo della forza, il rapporto tra popolo e territorio e la sovranità monetaria.
→ Il primo, nonostante il ritorno in auge di carri armati e missili balistici, è stato messo in crisi dalla crescita geometrica del cyberwarfare, al punto che oggi piccole comunità di hacker sono in grado di paralizzare i centri di comando, controllo, comunicazione e intelligence di ogni Stato, e possono ottenere sul terreno di combattimento virtuale più successi di intere brigate meccanizzate.
→ Il secondo pilastro è stato eroso dalla costante, incessante digitalizzazione del mondo, fino al salto di livello vagheggiato dai tecno-titani con il metaverso, che punta a mandare definitivamente in soffitta il concetto di territorialità fisica sostituendolo con una virtualità globale.
→ Il terzo, infine, è oggi messo a repentaglio dalla rivoluzione delle criptovalute, che punta a realizzare il sogno di Thiel e della comunità cripto-anarchica, non certo realizzando una “cripto-utopia democratico ed egualitaria” – osserva Bridle – quanto piuttosto l’ambigua utopia libertariana e anarco-capitalista fondata sul motto the winner takes all,
“per guidare la creazione di una nuova classe di monopolisti, per securizzare le strutture patrimoniali esistenti, per produrre anidride carbonica e per incidere nella pietra un regime di sorveglianza e controllo senza precedenti nei sogni degli autocrati”.
Piuttosto che un nuovo Cristo, Satoshi appare dalla lettura del White Paper come un novello Adamo: decidendo di inserire nel mondo digitale il concetto di scarsità, conditio sine qua non per costruire un sistema valutario, attraverso il procedimento sempre più oneroso di mining dei bitcoin che passa per un crescente fabbisogno di capacità di calcolo (e a cascata produce enormi costi ambientali e una vera e propria corsa alle materie prime critiche), Satoshi vi ha introdotto il peccato originale, mettendo fine al sogno primigenio di un cyberspazio di opportunità infinite per chiunque, sostituendolo con l’incubo distopico di un mondo digitale dove tutte le disuguaglianze del mondo reale sono replicate su scala esponenziale. L’aspetto realmente fideistico – e quindi la componente davvero religiosa – dietro tutto ciò sta essenzialmente nella convinzione che sia possibile sostituire alla politica la computazione, alla democrazia la matematica. “Non mi fido dei politici, ma mi fido della matematica” è una frase che Jaya Klara Breeke, nella dettagliata Guida al White Paper inclusa nel volume, ha raccolto da un esponente della comunità di Bitcoin. La proof-of-work su cui si basa il sistema di estrazione delle criptovalute – un problema matematico che richiede crescenti capacità di calcolo per essere risolto – realizza il sogno tecno-soluzionista di sostituire alla discrezionalità dell’economia politica un metodo fondato sull’esattezza rigorosa della logica matematica. Come scrive il gruppo Ippolita nel saggio conclusivo del volume:
“L’idea che la crittografia sia la panacea è una forma di suprematismo nerd in cui il soggetto della rivoluzione digitale è l’hacker come eroe reazionario. Nessuna idea di giustizia sociale; solo una primula rossa che usa il proprio potere tecnico a vantaggio della propria élite”.
È questo che rende il Bitcoin una sorta di anticipazione del futuro possibile: in esso, i nuovi dominatori del mondo hanno trasfuso, come in un moderno Anello del Potere, il loro sfrenato sogno tecnocratico, la loro inesauribile volontà di dominio e il proposito di estendere il modello siliconiano all’intero universo.
- Timothy May, The Cyphernomicon, 1994, ora su Satoshi Nakamoto Institute.
- Neal Stephenson, Cryptonomicon, 1999, Rizzoli, Milano, 2000.
- Bruce Sterling, Giro di vite contro gli hacker, Mondadori, Milano, 2004.
- Peter Thiel, Da zero a uno, Rizzoli, Milano, 2015.
- Vernon Vinge, Il vero nome, 1981, Editrice Nord, Milano, 2003.