Saga, mito e metamorfosi:
le armi di Dragon Ball

Tatsuya Nagamine
Dragon Ball Super: Broly
Soggetto e sceneggiatura:
Akira Toriyama
Produzione: Toei, Fox International
Productions, Shueisha
Distribuzione: Kock Media

Tatsuya Nagamine
Dragon Ball Super: Broly
Soggetto e sceneggiatura:
Akira Toriyama
Produzione: Toei, Fox International
Productions, Shueisha
Distribuzione: Kock Media


Anche se non si è appassionati di cartoni animati giapponesi per sommi capi il nome Dragon Ball rimanda immediatamente al Paese del Sol levante e alla sua cultura. Nato dalla mente dell’autore di fumetti Akira Toriyama, Dragon Ball nasce come manga serializzato sulla rivista Weekly Shōnen Jump nel 1985 ma con il tempo, grazie a un successo di pubblico imprevisto, si sono raccolti i singoli capitoli in quarantadue volumi che sono stati pubblicati da Shūeisha, è stato realizzato un anime prodotto dalla Toei Animation per il canale Fuji Television e sono iniziate le produzioni per lungometraggi con storie e personaggi alternativi, dei veri spin-off della serie animata principale, a partire dall’anno seguente.

Effetto nostalgia
La narrazione delle intricate vicende di Dragon Ball ha accompagnato non meno di due generazioni, marcando la sua presenza in più fasi della crescita degli spettatori: dall’infanzia all’adolescenza e in certi casi influenzando anche l’età adulta. In termini di fandom, Dragon Ball è tra i prodotti transmediali e crossmediali giapponesi più longevi, tuttora vitale, tant’è che quest’anno è uscito nelle sale cinematografiche italiane (e presto anche in home video grazie a Koch Media) un nuovo racconto diretto da Tatsuya Nagamine, uno dei migliori registi e sceneggiatori della Toei Animation, Dragon Ball Super: Broly.

Un lungometraggio che cerca di proporsi come i suoi recenti predecessori, Dragon Ball Z: La battaglia degli Dei e Dragon Ball Z: la resurrezione di F, non più come una storia alternativa ma come un’esperienza nostalgica e spettacolare di puro intrattenimento, che narra eventi canonici dell’opera. In altre parole, si porta sul grande schermo un’avventura che Goku e i suoi amici vivono realmente durante il normale corso degli eventi voluti e previsti dal creatore Akira Toriyama nell’anime e nel manga.

Tre Sayan, un solo destino
L’annuncio del ritorno del personaggio di Broly ha mandato in visibilio gli appassionati e i risultati si sono visti in breve tempo. Il film ha abbondantemente superato i cento milioni di dollari d’incassi nel mondo, e in Italia è risultato essere il film d’animazione più visto negli ultimi mesi. La storia raccontata nel film intreccia due filoni narrativi: il primo riguarda il passato, ossia i tempi in cui la razza aliena dei Saiyan prosperava, mentre il secondo è ambientato “ai giorni nostri” e si concentra fondamentalmente sull’epico scontro tra Broly, Goku e Vegeta.
Nelle prime battute, cioè quando la narrazione si concentra sulle origini dei protagonisti, è possibile rivedere alcuni personaggi iconici della serie, come Bardack il padre di Goku e per la prima volta, anche Gine, la madre. Tornano poi Re Vegeta e persino Re Cold, padre del malvagio Freezer, uno dei villain più iconici di tutta l’opera.
La storia degli ultimi giorni del Pianeta Vegeta viene dunque rinarrata focalizzandosi, per la prima volta in tutta l’opera, innanzitutto sul ruolo dei padri, Re Vegeta, Bardack e Paragas e solo successivamente sul fato dei loro tre figli, Goku, Vegeta e Broly: tutti sono legati dal destino comune di superstiti dello sterminio attuato dal tiranno spaziale Freezer.

Questa prima parte apporta alcuni cambiamenti a quanto era stato narrato negli anni passati, ma senza che nulla vada ad alterare in maniera radicale la storia delle origini già mostratici da Toriyama nella pellicola Dragon Ball Z: Le origini del mito diretto da Mitsuo Hashimoto (1990), storia a cui si fa riferimento in alcune scene iconiche, come quella in cui Bardack affronta Freezer. Tornati al presente inizia la fase dedicata allo scontro vero e proprio, che vede principalmente coinvolti Goku e Vegeta contro Broly e la sua apparentemente infinita potenza. La storia dunque cede il passo completamente all’azione, al combattimento che occupa oltre la metà della pellicola.
Qui regista Tatsuya Nagamine ha creato delle sequenze davvero notevoli per il loro alto tasso di spettacolarità, con una fluidità nei movimenti dei personaggi e la presenza di colori sgargianti che si alternano quasi freneticamente e che seguono lo svolgimento dello scontro segnando quasi un andamento armonioso, che si unisce alle musiche di Norihito Sumitomo e Daichi Miura creando coinvolgimento attivo nello spettatore. In queste scene Nagamine ha osato e si è divertito a sperimentare una fusione di diversi stili di animazione, con cambi di ritmo e di visuale che sottolineano ogni fase del combattimento in maniera sempre più concitante.

Evoluzione mediale di uno Scimmiotto
Dragon Ball è figlio diretto e prediletto di un tipo di narrativa per ragazzi, definita in gergo tecnico shōnen, che accanto al classico canovaccio del viaggio dell’eroe (cfr. Vogler, 2008) e della scoperta, riscontrabili per esempio nella letteratura di Charles Dickens e di Jules Verne, inserisce momenti mistici ed elementi classici della cultura orientale. In questa tipologia di fumetti e cartoni di stampo nipponico è possibile tutt’ora notare come caratteristica principale l’uso di combattimenti acrobatici, danze dai movimenti inumani alimentati da forze eteree (氣, letteralmente il Ki, l’energia interna formalizzata nella filosofia orientale) che donano ai protagonisti poteri di ogni genere.

In particolare, Dragon Ball è il risultato di una ri-mediazione pop di uno dei miti più famosi della cultura cinese, la storia di Sun Wukong (in giapponese Son Goku, un monaco guerriero dalle fattezze scimmiesche) contenuta nel testo Il Viaggio in Occidente pubblicato durante la dinastia Ming. Questo “scimmiotto”, che per via della sua arroganza viene punito dagli Dei, si ritrova a intraprendere un viaggio di redenzione (per la precisione si fa riferimento al concetto di “viaggio di purificazione” tipico della filosofia del Tao di Lao-Tse) un viaggio che Akira Toriyama altera a tal punto da rivisitare la figura stessa del Son Goku classico, mostrandocelo come un eterno giovane con cui empatizzare, per cui fare il tifo.

L’idiot savant cambia pelle
La tipologia di eroe a cui Toriyama e i suoi discepoli fumettisti come Masashi Kishimoto e Eiichirō Oda ci hanno abituato non è nient’altro che una semplificazione e una fusione tra Ercole e Ulisse: un idiot savant dal cuore puro, amichevole ma infantile, che cerca egoisticamente la conoscenza, un perpetuo migliorarsi e affrontare prove sempre più difficili. È un eroe attraversato da una libido essenziale ai limiti del bambinesco, che si esprime in bisogni semplici come mangiare fino a scoppiare e dormire nei momenti e nei posti più improbabili, ma che in caso di bisogno, per esempio quando gli amici sono in pericolo, diventano seri e terrificanti.
La particolarità della razza aliena dei Guerrieri Sayan di cui fanno parte i protagonisti, come ci ricorda a più riprese Toriyama nella sua opera, è quella di potersi trasformare ogniqualvolta si trovano a osservare la Luna (seguendo un processo molto simile alla trasformazione in mannari) in babbuini colossali definiti in lingua originale Oozaru.È interessante notare come questa figura, questa tipologia di eroe risulti essere alquanto anacronistica, rappresentativa di un incontro-scontro tra Oriente e Occidente e venga a definirsi con la trasformazione scimmiesca. Questa tipologia di personaggio infatti parrebbe porsi in conflitto sia con i precetti della filosofia buddhista sia con l’ideologia capitalista, due culture presenti nel Giappone contemporaneo che vive uno tra i capitalismi più aggressivi conosciuti, con il quale si spinge all’esasperazione l’etica del lavoro improntata sul sacrificio (cfr. Tipton, 2008). In Dragon Ball Super: Broly il canovaccio tipico dell’eroe per la prima volta viene applicato al cosiddetto villain di turno, che ha subìto delle modifiche strutturali piuttosto piacevoli, proprio per adattarsi a questo nuovo ruolo.

Innanzitutto, Broly viene presentato in maniera diversa rispetto alle pellicole non canoniche dei primi anni Novanta (prima tra tutte Dragon Ball Z: Il Super Sayan della leggenda del 1993) in cui era la nemesi di turno. Nell’ultimo film infatti ci viene presentato come un personaggio con delle emozioni e un carattere ben preciso, un cambiamento che lo allontana dalla macchietta piena d’odio e cattiveria immotivata della sua prima versione. Se il comportamento classico dell’eroe bambinesco poteva e può risultare stucchevole e stupido per alcuni, con il personaggio di Broly si è operato diversamente, rendendo un giovane dal cuore puro un ingenuo senza educazione, che non è stato socializzato a contesti umani e si abbandona suo malgrado ai suoi istinti ferali. A ben vedere, risulta molto simile al Tarzan di Edgar Rice Burroughs, un riferimento e forse una contaminazione vera e propria della letteratura occidentale che risulta un vero e proprio momento di svolta per questa tipologia di personaggio.

Da King Kong a Oozaru il passo è breve
La scimmia è onnipresente nelle narrazioni di ogni tempo e di ogni cultura, si pensi a King Kong che viene ri-narrato in ogni forma, talvolta in maniera liminale e sottesa. Tuttavia la scimmia può essere considerata quella metamorfosi dell’uomo necessaria tanto a rappresentare il desiderio di un rapporto antisociale, primitivo e sanguinario, quanto un animale straordinariamente adatto alla civilizzazione, nonché il soggetto autentico delle contraddizioni sociali (cfr. Abruzzese, 2008). È, in questo caso, una fotografia del Giappone contemporaneo, abituato tra Kaiju e mostri di ogni genere a vivere e mostrarsi attraverso la mutazione e il disastro, sia come atto di resilienza che come danza liberatoria da quel sistema eccessivamente razionalizzante che è la società giapponese.
Si può parlare dunque della scimmia anche come una sorta di alieno, di estraneo, e più in generale di perturbante, cioè una figura rappresentativa di quella zona di confine dell’uomo che contempla il disvelamento delle arcane pulsioni e la distruzione delle catene sociali.
Questa scimmia giapponese presentataci con i classici vezzi che la contemporaneità riserva a questa tipologia di narrazioni crossmediali (elementi nostalgici e background melenso) parrebbe porsi come l’ennesimo simbolo dell’origine genealogica da cui tutti partiamo e a cui (forse) vorremmo tornare segretamente per liberarci da quei vincoli della realtà quotidiana che molto sommessamente siamo abituati a subire.

Letture
  • Alberto Abruzzese, La grande scimmia. Mostri, vampiri, automi, mutanti. L’immaginario collettivo dalla letteratura al cinema e all’informazione, Luca Sossella editore, Bologna, 2008.
  • Edgar Rice Burroughs, Tarzan delle scimmie. Edizione integrale, Newton Compton, Roma, 2016.
  • Claude Lévi-Strauss, Razza e storia, in Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi, Torino, 1972.
  • Elise K. Tipton, Il Giappone moderno. Una storia politica e sociale, Einaudi, Torino, 2008.
  • Christopher Vogler, Il viaggio dell’eroe. La struttura del mito ad uso di scrittori di narrativa e di cinema, Audino, Roma, 2008.
Visioni
  • Masahiro Hosoda, Dragon Ball Super: La battaglia degli dei, Toei Animation, 2013.
  • Tadayoshi Yamamuro, Dragon Ball Super: La resurrezione di F, Toei Animation, 2015.
  • Shigeyasu Yamauchi, Dragon Ball Z: Il Super Sayan della leggenda, in Dragon Ball Film Collection, Koch Media 2018 (home video).