ASCOLTI / THE OFFICIAL BOOTLEG SERIES, VOL. 1
di Tangerine Dream / Esoteric Records, 2015
La notte che incoronò
i re del
cosmo
di Camilla Neri
Se in uno spazio che può contenere al massimo tremila persone se ne stipano il doppio, probabilmente qualcosa di anomalo sta accadendo; se il luogo dove ciò avviene è una cattedrale dove per secoli è avvenuta l’incoronazione dei re di Francia e le seimila persone sono ragazzi che si fanno un mucchio di canne, pisciano negli angoli, si baciano, indossano abiti non proprio da cerimonia, si abbracciano stretti l’un l’altro, allora qualcosa di veramente strano sta succedendo. Un fatto del genere accadde davvero, nella cattedrale di Reims (risalente al XII secolo), la sera del venerdì 13 dicembre 1974. La storia è nota agli appassionati. L’occasione del raduno era il doppio concerto per la manifestazione Music Action Reims, organizzata da Assaad Debs e Gérard Drout, che aveva in cartellone quella sera Nico, l’ex chanteuse dei Velvet Underground e i Tangerine Dream, un trio di musicisti tedeschi (all’epoca Edgar Froese, Chris Franke e Peter Baumann) da poco ingaggiato dalla Virgin, l’etichetta faro delle musiche di frontiera di quei primi anni Settanta. La registrazione del concerto dei Tangerine Dream era nota finora grazie a edizioni non ufficiali, una lacuna colmata oggi dalla Esoteric Recordings, che lo pubblica insieme a un altro concerto della band tenuto alla Mozartsaal di Mannheim il 31 ottobre del 1976. Il box contenente quattro dischetti (due per concerto) parrebbe inaugurare una nuova serie dedicata all’attività concertistica dei Tangerine Dream, essendo sottotitolato Bootleg Series Volume One. Sarà da vedere quanto verrà ripreso del materiale già pubblicato in una precedente uscita dell’etichetta Castle di qualche anno fa: The Bootleg Box (2003). In quella scatola avevano trovato posto le registrazioni di cinque concerti, tenuti a Sheffield (il 29 ottobre 1974), a Londra (il 2 aprile del 1975), a Croydon (il 23 ottobre 1975), a Bilbao (il 31 gennaio del 1976) e a Berlino (il 27 giugno 1976).
Un secondo volume contenente le registrazioni di altri cinque concerti aveva fatto seguito l’anno successivo. Qui l’arco temporale si estendeva dal 1976 (a Nottingham) a Francoforte (1983), includendo anche concerti a Washington (aprile 1977), Amburgo (febbraio 1978) e Newcastle (ottobre 1981). La stagione migliore però è quella fotografata dal Vol. 1 della serie The Bootleg Box, la stessa che viene ora documentata con i concerti di Reims e Mannheim, per i quali, però, la qualità del suono ottenuto in seguito alla rimasterizzazione della Esoteric Recordings è decisamente superiore.
Torniamo a Reims, in quella fredda sera d’inverno che fece registrare il pienone nella cattedrale gotica impregnata di storia altisonante. I tre schieravano un set da fantascienza per l’epoca: Edgar Froese pilotava un sintetizzatore VCS 3 e un mellotron che utilizzò per riprodurre gli archi, Chris Franke si destreggiava con organo, moog e sequencer, mentre Peter Baumann era alle prese con organo, piano elettrico (il classico Fender Rhodes) e mellotron (impiegato per riprodurre il suono del flauto). Una foto del booklet allegato ci restituisce l’atmosfera tipica dei Seventies, partecipazione, iconoclastia o semplice ammucchiata strafottente se non vogliamo ammantare di valori altrettanto altisonanti tutta la faccenda. Un pienone anche mediatico, perché erano della partita circa cinquecento giornalisti (!), prova remota del senso per gli affari e per la comunicazione di Richard Branson, il boss della Virgin (e poi di tante altre cose). A far entrare nella piccola grande storia della musica pop quella serata ci pensò in modo decisivo il Vaticano che tornò, in un certo senso, a occuparsi di musica giovanile dopo il giudizio drasticamente negativo sul brano Je t’aime… moi non plus espresso tramite l’Osservatore Romano (in Italia venne censurato e le copie sequestrate) della coppia formata da Serge Gainsbourg e Jane Birkin. Infatti, dopo il concerto di Reims, arrivò dalla Santa Sede la proibizione di suonare nelle cattedrali cattoliche e così intorno al concerto continuò a risuonare l’eco di una leggenda. In effetti, anche sul piano musicale il 1974, chiuso da quella serata a Reims, fu l’anno chiave della band formata nel 1967 da Edgar Froese, scomparso il 20 gennaio 2015 dopo aver guidato la sua navicella fino all’anno prima; cosicché l’uscita è anche un degno omaggio – dichiarato esplicitamente nelle note di copertina – a un musicista rigoroso e visionario nei suoi anni belli. Froese era uno studente dell’Accademia di Belle arti dell’allora Berlino Ovest che nel 1965 iniziò a prendere confidenza con la musica formando una band che si divertiva a fare R&B: gli Ones. Riuscirono a pubblicare nel 1967 un 45 giri (Lady Greengrass / Love Of Mine) che nessuno giustamente ricorda. In seguito Froese se ne andò in vacanza in Spagna e qui avvenne la svolta: conobbe Salvador Dalì, tramite un suo compagno di corso alla Accademia. Avida Dollars, come lo anagrammò André Breton, stava organizzando un evento per l’esposizione di una sua nuova opera, una scultura di Cristo, e chiese a Froese di suonare per l’occasione. Lo sguardo surrealista e i profumi della sorgente psichedelia si accasarono nella mente del ragazzone tedesco che tornato in patria nel settembre del 1967 fondò un proprio gruppo: i Tangerine Dream. Il nome fu suggerito da una strofa della beatlesiana Lucy in the Sky with Diamonds (“With tangerine trees and marmalade skies”) collocata nel Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. Quella che Froese partorì allora era tutt’altra formazione rispetto alle successive che ne hanno fatto la storia maggiore. Ne facevano parte: Volker Hombach (sax e violino), Kurt Herkenberg (basso), Lanse Hapshash (batteria) e Charlie Prince (voce). Non funzionò.
Froese cercava gente con cui condividere l’idea di aprire nuove porte della percezione grazie agli strumenti elettronici di cui aveva iniziato ad appassionarsi. Dovranno passare due anni. È il 1969 quando incontra un batterista che suonava in coppia con un organista in un localino berlinese. I due si facevano chiamare Psy e il batterista era Klaus Schulze. In vista di un festival a Francoforte dove avrebbero suonato Frank Zappa, i Jefferson Airplane e i Byrds, Froese arruolò Schulze cominciando a ridisegnare la sua creatura. Sempre bazzicando spazi dedicati alla ricerca, alla sperimentazione, Froese si imbattè in Conrad Schnitzler che si dava un gran daffare allo Zodiac Free Art Lab, vero tempio dell’underground berlinese che lo stesso Schnitzler aveva fondato insieme a un altro futuro protagonista della scena elettronica tedesca: Hans Joachim Roedelius. Le arti visive accomunavano il recente passato di Froese a quello di Schnitzler, che aveva studiato a Francoforte con Joseph Beuys. Artista inclassificabile Schnitzler sarebbe diventato negli anni uno sperimentatore ancor più radicale, un vero cyberpunk ante-litteram. Nacquero a quel punto i secondi Tangerine Dream, in un tempo, il 1968, favorevole alle rivoluzioni in ogni ambito, figuriamoci quanto in un luogo, lo Zodiac Free Art Lab, frequentato dalla crema dell’avanguardia musicale berlinese. Era nel giro del locale anche Dieter Moebius che aveva con Schnitzler e Roedelius un gruppo denominato Kluster. In seguito diverrà Cluster senza Schnitzler. I due (Roedelius e Moebius) nei Settanta avranno anche un felice ménage à trois con Brian Eno. C’erano anche Manuel Göttsching, fondatore degli Ash Ra Temple, altra formazione di primo piano di quella scena e gli Agitation Free, gruppo già abbastanza collaudato, tra i primi a contaminare rock psichedelico, elettronica e musiche orientali. C’erano ancora: Klaus D. Müller, tuttofare della scena, tecnico per Ash Ra Temple e Agitation Free, futuro manager di Klaus Schulze e soprattutto Rolf-Ulrich Kaiser, giornalista che di lì a poco inventerà la fortunata espressione “Kosmische Musik” e la sua naturale declinazione: “Kosmische Kuriere”. Kaiser si dà da fare per l’etichetta indipendente Ohr e sarà lui a produrre il primo album dei Tangerine Dream: Electronic Meditation.
L’album venne registrato nell’autunno del 1969 e uscì nel giugno del 1970 e, nonostante il titolo, non è un disco di musica elettronica, perché il trio Froese/Schnitzler/Schulze non utilizzò alcuno strumento elettronico. All’opera per mano di Froese ci sono le chitarre, il pianoforte, l’organo, gli effetti e i nastri che si intrecciano con violino, violoncello di Schnitzler e con l’addiator utilizzato proprio da Schnitzler (un’addizionatrice, in pratica una piccola calcolatrice per eseguire addizioni e sottrazioni) e la batteria e le percussioni suonate da Schulze. L’elettronica era evocata dalla bizzarra copertina con un bambolotto attraversato da fili elettrici e spinotti, mentre la musica cercava un punto d’incontro tra psichedelia pinkfloydiana (quella del disco in studio del doppio Ummagumma) e musica concreta, confluendo in un art rock ancora in cerca di equilibrio. Il disco chiudeva riprendendo dall’attacco del primo brano, Genesis; una circolarità analoga a quella connaturata ai nastri dei registratori a bobine. L’equilibrio fra i tre durò poco, questione di personalità ognuna ingombrante per le altre. Molla per primo Schulze, rimpiazzato da Christopher Franke che arrivava dagli Agitation Free. Di lì a poco anche Schnitzler lascia ed entra Steve Schroyder e con questa line-up i Tangerine Dream pubblicano Alpha Centauri, dando inizio al vero viaggio interstellare. Entrano in scena i primi sintetizzatori, le composizioni si dilatano ulteriormente, il suono è austero e profondo a iniziare dalla maestosa Sunrise In The Third System e il vuoto dello spazio riecheggia in Fly And Collision Of Comas Sola; in entrambi i brani fluttua un flauto proveniente dal nulla. Il disco esce nel 1971 e fu allora che Kaiser battezzò questa musica come cosmica, complici gli effetti d’eco e il maestoso ondeggiare dell’organo che colorano il sound come fino a quel momento si era ascoltato solo nelle soundtrack dei film di fantascienza. Il tutto condito con atmosfere che richiamano alla mente e non per caso, le ricerche sonore, le astrazioni di compositori colti come Karlheinz Stockhausen, Iannis Xenakis e György Ligety, quest’ultimo giunto anche al grande pubblico per il gettone di presenza nella colonna sonora di 2001, Odissea nello spazio. Nella nuova edizione rimasterizzata della Esoteric Recordings sono incluse tre bonus track: l’inedita Ozillator Planet Concert, brano incluso originariamente in Ossiach Live, che documentava l’omonimo festival di musiche di confine e i due lati del singolo Ultima Thule.
I Tangerine Dream si fanno notare, per ora, solo in patria: Alpha Centauri è disco dell’anno secondo il referendum tra i lettori della rivista tedesca Sounds. Era solo l’inizio, mancava ancora un tassello, la perfezione della formazione, che nel frattempo aveva subito una nuova fuoriuscita, quella di Schroyder, che preferiva l’aria più freakettona degli Ash Ra Temple. Froese fece quadrare il cerchio ingaggiando Hans Peter Baumann e passando a una strumentazione elettronica semi integrale, con la quale i Tangerine Dream fabbricarono i successivi Zeit (doppio uscito nell’agosto del 1972) e Atem (1973) pubblicato l’anno dopo, album che irrobustirono le fondamenta della Kosmische Musik. O meglio, due autentici monoliti che indicavano la via dello spazio, come Stanley Kubrick aveva mostrato nel citato 2001, Odissea nello spazio. In realtà, in questi due dischi sono ancora presenti strumenti acustici, ma sono forniti da diversi ospiti. In Zeit, “largo in quattro movimenti” come recita il sottotitolo, è all’opera un quartetto di violoncelli e ritorna all’organo Schroyder e a rafforzare l’armamentario elettronico si aggiunge Florian Fricke, leader di un’altra band centrale nella scena musicale tedesca di quegli anni: i Popol Vuh con i quali firmerà non poche colonne sonore per i film di Werner Herzog, da Aguirre (1972) a Cuore di vetro (1976), da Nosferatu (1978) a Fitzcarraldo (1982). Il quartetto di corde è esemplare nell’apertura, Birth of Liquid Plejades, dove risuona la lezione dei maestri sopra citati, Xenakis in primis, mentre dal gelo siderale della successiva Nebulous Dawn prende forma il punto più oscuro dell’intera produzione firmata Tangerine Dream. La terza facciata, Origin of Supernatural Probabilities, è inizialmente intrisa di malinconia, Froese imbraccia di nuovo la chitarra nelle prime battute ricamando delicati arpeggi, poi torna protagonista la voce delle macchine e il ritmo inizia ad agitare i viaggi metafisici della band. Il brano eponimo sulla quarta facciata, congela il pallido ritmo avvolgendo l’ascoltatore in una bruma stellare. Un album coraggioso a dir poco, che ha fatto da manuale a innumerevoli repliche, anche inutili, di epigoni sparsi in tutto il pianeta, un disco che ha fatto scuola, anche con gli effetti collaterali negativi che ciò comporta. Inizieranno da qui anche i contrasti con Kaiser, con tanto di battaglie legali, ma il capitolo extra musicale qui poco importa. I Tangerine Dream ora danno più concerti, l’esito del pool di Sounds ha fatto un po’ da trampolino e l’anno si chiude con altri concerti, come quello tenuto il 25 novembre a Colonia, che l’edizione rimasterizzata della Esoteric Recordings aggiunge come bonus; radio performance che testimonia la permanenza della band nella medesima porzione di universo occupata dai dischi in studio, una zona buia, avvolta in nuvole sonore spiraliformi. L’attrezzatura impiegata si è ulteriormente evoluta: alla Grossen Sendesal des Rundfunkhauses di Colonia vengono inpiegati due sintetizzatori di nuova genererazione (EMS Synthi-A) e questa sarà una costante della storia della band, che specialmente in quegli anni intreccerà la propria ricerca con l’evoluzione della tecnologia applicata in musica. Il 1973 si apre a passo marziale: sono i tamburi di Atem (suonati da Franke) che marciano verso l’apocalisse sonora. Il brano eponimo del nuovo album, che occupa l’intera prima facciata, ha un inizio maestoso, poi prosegue convulso e precipita vertiginosamente nel silenzio degli abissi cosmici. Il secondo lato ha gemme ancor più preziose. Fauni-Gena è una sorta di exotica spaziale con il flauto che ritorna protagonista circondato da una selva di versi di animali sconosciuti, quasi il celebre dipinto di Henri Rousseau L’incantantrice di serpenti tradotto in musica. A rendere più inquietante ancora il paesaggio è il progressivo insinuarsi del suono del mellotron. Il successivo ipnotico Circulation of Events è probabilmente il vero atto di nascita della ambient music. Nel finale compare l’intuizione ritmica che farà la fortuna di Phaedra e dei Tangerine Dream. Infine, Wahn è un’esplosione inusitata di voci che si dissolvono in un mesto scorrere di detriti elettronici.
È l’ultimo album per la Ohr, e visti i rapporti ormai degenerati con Kaiser non poteva essere altrimenti. Il DJ John Peel che impazzava nel Regno Unito alla BBC lo segnala come suo disco dell’anno, creando un ponte solido sulla Manica. Peel aveva già fatto conoscere ai suoi connazionali la band, trasmettendo qualcosa da Zeit e ora consacrava la portata innovativa del loro lavoro. Anche in questo caso la Esoteric Recordings ha arricchito la nuova edizione rimasterizzata con un secondo disco contenente la registrazione di un concerto tenuto a Berlino il 29 novembre del 1973, che testimonia dei lavori in corso, della maggiore dinamicità della loro musica. Sono i giorni in cui la band registra Phaedra. I lavori si svolgeranno tra novembre e dicembre alla corte della neonata Virgin, che procedeva sistematicamente all’arruolamento del meglio della scena avantgarde (a volte pubblicando con la sotto etichetta Caroline): Henry Cow, Hatfield and The North, Faust, Lol Coxhill, per fare qualche nome, e il gioiello Mike Oldfield, che con il suo Tubular Bells farà compiere il salto aziendale di qualità. Phaedra, si è detto, esce nell’aprile del 1974 e fa subito il botto, piazzandosi in classifica nella top ten degli ellepì più venduti secondo l’autorevole Melody Maker, in compagnia di Pink Floyd (i maestri di un tempo) e di Oldfield. Il suono reso più liquido, l’emersione del ritmo, il sound segnato dalla presenza consistente, mai come fino a quel momento, dei sequencer, crearono un sound assolutamente unico, nella cui forza si annidava il proprio grande limite: la reiterazione infinita. Intanto la strumentazione si aggiorna, arrivano i sintetizzatori Arp 2600, la campagna mediatica della Virgin si intensifica, inizia un giro di concerti di tre settimane nel Regno Unito nell’autunno del 1974, nella primavera successiva parte un tour per l’Australia dove Phaedra sarà disco d’oro. Qui momentaneamente il trio si modifica, Baumann lascia la formazione ed entra Manuel Hoenig proveniente dagli Agitation Free. Non era la prima fuoriuscita di Baumann, che si era in un certo senso messo in ferie già l’anno prima dopo la registrazione di Atem. Rimasti in due, prima di approdare alla Virgin, Froese e Franke trovarono il tempo di registrare una suite, Green Desert e altri tre brani più brevi, rimasti inediti fino al 1986, ma che poco o nulla modificavano lo stato dell’arte della band. La sua militanza proseguì ancora per un po’, giusto il tempo di suonare a Londra, alla Royal Albert Hall, il 2 aprile del 1975 in un concerto incluso nel citato The Bootleg Box Vol.1, che inaugurava il tour inglese.
Da quel momento in avanti i Tangerine Dream furono on the road in continuazione, pur trovando il tempo di registrare in studio un nuovo album, Rubycon (1975), suite in due parti che accentuava l’accelerazione ritmica della band, nella quale intanto era rientrato Baumann.
In parallelo, Froese inizia la sua carriera solistica, pubblicando due album che volano nella stessa orbita: Aqua nel 1974 e l’anno dopo Epsilon in Malaysian Pale, sempre per la Virgin. I concerti si tengono in altre sedi non proprio ortodosse, come quello nell’anfiteatro romano di Orange di fronte a circa 14.000 persone, o nelle cattedrali di Coventry e Liverpool (non cattoliche, dunque) e in un museo di Monaco. Dal montaggio di parti dei vari concerti tenuti nel 1975 nacque Ricochet, primo live ufficiale dei Tangerine Dream, ma fabbricato in studio grazie a un certosino lavoro di cut up.
Oltre all’attività concertistica, la band avviò allora anche una proficua produzione di colonne sonore, iniziando da un lavoro con il produttore e regista cinematografico William Friedkin, lo stesso de L’esorcista, ovvero la pellicola che aveva fatto la fortuna della Virgin con il ricorso alla musica di Tubular Bells. Ne scaturì un disco intitolato Sorcerer, come il film che era un remake di Le Salaire de la peur firmato da Henri-Georges Clouzot (il film in Italia si intitolò ugualmente Il salario della paura). Il cinema ha impegnato i Tangerine Dream fino al nuovo millennio. Degna di nota è la sonorizzazione realizzata nel 2004 per Inferno (1911), di Francesco Bertolini, Adolfo Padovan (registi) e Giuseppe De Liguoro (collaboratore alla regia). In parallelo, Dante (cfr. "Quaderni d'Altri Tempi" n. 57) è stato anche oggetto di un loro trittico musicale, The Dante Trilogy, pubblicato in tre album corrispondenti alle tre cantiche: Inferno (2002), Purgatorio (2004), Paradiso (2006).
Nel 1976 è il turno di Stratosfear, primo loro disco per la Virgin non registrato nel famoso castello di Manor, ma a Berlino. È l’età dell’oro dei Tangerine Dream che chiudono l’anno ancora on the stage, come testimonia il secondo concerto della nuova Bootleg Series della Esoteric Recordings. Il concerto di Mannheim, ultimo di un tour in dieci tappe in Germania, dove i Tangerine Dream tornavano a suonare dopo essere stati quattro anni in giro per il mondo. La performance è decisamente più strutturata che a Reims. Nelle sue quattro parti ci sono anticipazioni e citazioni di album in studio. Proprio su un brano di Stratosfear, Invisible Limits, si basa il piano solo di Froese che apre la seconda parte, e nella terza parte (il primo Manneheim Encores) c’è un accenno a Cherokee Lane che uscirà per esteso l’anno dopo sul nuovo live della band, Encore; compare anche la melodia di Betrayal, ovvero il tema di Sorcerer sul finire del secondo Manneheim Encores. La chitarra di Froese ingaggia singolar tenzone con il moog di Franke e il piano elettrico di Baumann (il classico Fender Rhodes), nella seconda e quarte (irresistibile) parte sprigionando energia ai massimi livelli.
Anche nel concerto di Reims l’improvvisazione è intrecciata con spunti che provengono dai brani in studio, da Phaedra, ovviamente, come è percepibile nella seconda parte del concerto quando affiora qualcosa da Movements of A Visionary. A Reims, in ogni caso, i Tangerine Dream lasciarono il segno, il loro inconfondibile segno, si auto incoronarono, in un certo senso. Qualcuno gli attribuì anche qualcosa in più, andando oltre la semplice regalità.
Il giorno dopo il giornalista del New Musical Express, Chris Salewicz, scrisse dopo aver parlato con Padre Bernard Goureau che la cattedrale necessitava di una purificazione. Punti di vista. In quegli anni il critico musicale statunitense Lester Bangs, freelance anarchico anch’egli impegnato con New Musical Express, ma anche con Rolling Stone, The Vilage Voice e un nugolo di fanzine sotterranee, dichiarò di aver visto Dio al concerto dei Tangerine Dream. Punti di vista. Punti di fuga verso lo spazio profondo.
LETTURE
— Tangerine Dream, Electronic Meditation, Esoteric Recordings, 2012.
— Tangerine Dream, Alpha Centauri, Esoteric Recordings, 2011.
— Tangerine Dream, Zeit, Esoteric Recordings, 2011.
— Tangerine Dream, Atem, Esoteric Recordings, 2011.
— Tangerine Dream, Green Desert, Esoteric Recordings, 2011.
— Tangerine Dream, Sorcerer, Esoteric Recordings, 2011.
— Tangerine Dream, Sunrise in the Third System - The Pink Years Anthology 1970 – 1973 (comprende: Phaedra, Rubycon, Ricochet, Stratosfear, Cyclone), Esoteric Recordings, 2011.