VISIONI / AVENGERS: AGE OF ULTRON
di Joss Whedon / Marvel Studios, 2015
La superimpresa del brand Marvel
di Lorenzo Fattori
Il cinema è tuttora il crocevia dei più rilevanti mutamenti e delle più ambiziose innovazioni che si verifichino nell'ambito dell'industria culturale, e per verificarlo è sufficiente recarsi in una sala cinematografica e assistere alla proiezione del più recente prodotto della Marvel Studios, Avengers: Age of Ultron; si tratta del sequel di The Avengers (Whedon, 2012) e dell'ultimo episodio del Marvel Cinematic Universe (MCU), ovvero un multiforme insieme di movies e serie televisive che riprendono i personaggi e l'ispirazione delle storie dai Marvel Comics. Avengers: Age of Ultron mette in scena lo scontro tra gli Avengers, il gruppo dei più potenti eroi della Terra (con un... immigrato asgardiano), e Ultron, un'intelligenza artificiale creata da Tony Stark e Bruce Banner (in pratica Iron Man e The Hulk, due degli eroi Marvel) per fungere da linea difensiva contro eventuali invasioni extraterrestri ed extradimensionali. Come è prevedibile, Ultron, come unica soluzione per la protezione assoluta della Terra, individua l'estinzione dell'umanità; del resto, Terminator (Cameron, 1984) ha lasciato il suo indiscutibile marchio sull'immaginario della fantascienza ma, a differenza di quanto avviene nella serie ideata da James Cameron, nell'ultima opera della Marvel il villain verrà alla fine sconfitto.
Non è possibile analizzare a fondo Avengers: Age of Ultron se non nell'ambito del MCU, un progetto la cui prima fase è iniziata nel 2008 con Iron Man (Favreau), e che costituisce il primo tentativo di costruire un vero e proprio universo cinematografico. Come è stato osservato, “Soprattutto la Marvel ispira la sperimentazione di nuove forme filmiche che riformulano le convenzionali funzioni dello schermo, il senso sociale dell'immagine, le logiche della serialità, l'incidenza estetica e teorica degli effetti speciali” (Brancato, 2010). L’impresa implica che i numerosi lungometraggi (girati spesso da registi diversi, con attori diversi e a volte ambientati in universi differenti) devono condividere un reticolo di mutui riferimenti tra di essi e con le serie televisive che dal 2013 accompagnano le uscite cinematografiche. La riuscita della creazione di questo universo è fortemente debitrice di quella che è stata la costruzione della cosiddetta “nuova trilogia” di Guerre Stellari (1999), i cui tre episodi sono stati accompagnati dalla serie televisiva Star Wars: Clone Wars (Tartakovsky, 2003-2005); va ricordato inoltre che Guerre Stellari (1977) da tempo ha dato vita a un “universo espanso” formato, oltre che dai sei lungometraggi “canonici“ e dalla già citata serie televisiva, da un elevato numero di romanzi e videogame anche di grande successo (e peraltro è opportuno ricordare che sia i diritti sul franchise di Guerre Stellari, sia i Marvel Studios sono di proprietà della Disney, che ne distribuisce i prodotti).
In particolare, con Avengers: Age of Ultron siamo di fronte ad uno dei più complessi e rilevanti esempi di rimediazione che siano attualmente riscontrabili; per rimediazione si intende “La rappresentazione di un medium all’interno di un altro” (Bolter, Grusin, 2002) ed essa “è una caratteristica fondamentale dei nuovi media digitali” (ibidem). Già da questa definizione è chiaramente individuabile il primo livello di rimediazione: i lungometraggi rimediano cinematograficamente, televisivamente e digitalmente le storie a fumetti, recuperandone riferimenti, ambientazioni e protagonisti, e rispettandone la serialità particolarmente interrelata e complessa; inoltre, i prodotti facenti parte del MCU rivendicano le proprie ascendenze a partire dal logo della Marvel che campeggia all'inizio di ogni episodio cinematografico o televisivo. C'è da dire però che questa non è questa la novità, poiché è già da diversi anni che il cinema “rinnova il suo storico sodalizio strutturale con i comics” (Brancato, 2010), mentre il vero cambio di passo compiuto da Avengers: Age of Ultron si situa a un livello di ulteriore complessità. I due episodi di The Avengers incorporano infatti una delle più salienti caratteristiche dei fumetti più maturi, ovvero il crossover, l'incontro (o scontro) tra protagonisti diversi appartenenti a serie separate, che incrociano le rispettive strade con effetti che si riverberano in tutto l'universo narrativo di cui fanno parte i protagonisti stessi. In realtà, mentre The Avengers è stato il primo vero crossover del MCU, che ha riunito Iron Man, Capitan America, Thor, Hulk (tutti già protagonisti di lungometraggi di successo) ed i membri dello S.H.I.E.L.D. (una sorta di servizio segreto mondiale), Avengers: Age of Ultron è un vero e proprio crossover di crossover: esso infatti si collega anche agli eventi di Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D. (Whedon, Whedon, Tancharoen 2013), la serie televisiva che la Marvel ha lanciato subito dopo il successo di The Avengers e che a sua volta è un crossover, in quanto vi compaiono spesso personaggi provenienti dai lungometraggi (a partire dal protagonista della serie, l'agente Coulson, un personaggio secondario in molti degli episodi cinematografici).
In Avengers: Age of Ultron è pertanto possibile individuare il culmine di quel processo per il quale “Il cinema affronta una fase della propria esistenza in cui deve fare i conti con le dinamiche della convergenza tecno-culturale teorizzata da Henry Jenkins” (Brancato, 2014): il mezzo cinematografico affronta la convergenza non soltanto riprendendo storie e protagonisti dai fumetti, ma elevando al quadrato il meccanismo del crossover, mettendo quindi insieme in un'unica opera i protagonisti di serie diverse che si sviluppano su media diversi. Lo stesso Henry Jenkins definisce questo ulteriore sviluppo transmedia storytelling, ovvero “un processo in cui elementi che sono parte di una narrazione vengono sistematicamente dispersi attraverso molteplici canali di trasmissione” (Brook, Patti, 2015 cfr. link).
Questo processo è già in corso da tempo, come è evidente se si pensa al già citato franchise di Guerre Stellari, o anche all'ampio universo di Star Trek (1966), ma ciò che fa la differenza, oltre alla quantità ed alla forza dei legami sviluppati tra le serie che fanno capo al MCU, è la sincronicità con cui la narrazione complessiva viene portata avanti. Dal 2008 ogni anno sono stati lanciati nelle sale uno o due lungometraggi ambientati nel MCU, mentre le puntate di Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D. sono state calendarizzate in modo tale da sincronizzarle perfettamente con gli avvenimenti raccontati in Captain America: The Winter Soldier (Anthony e Joe Russo, 2014) e in Avengers: Age of Ultron.
Per quanto riguarda le serie televisive, è il caso di citare un ulteriore sviluppo dell'universo Marvel, che è rilevante nell'invitarci ad aprire un ragionamento sul mutamento dei modelli di fruizione. Daredevil (Goddard, 2015) è la serie che racconta delle origini e delle avventure dell'omonimo protagonista, un altro storico eroe Marvel, che finora non era ancora apparso nell'universo cinematografico in via di costruzione; la prima stagione di Daredevil è ambientata nella New York sconvolta dagli avvenimenti di The Avengers, ma la cosa più interessante è che è stata pubblicata direttamente su Netflix, canale online sul quale tutte le puntate di una serie vengono rese pubbliche contemporaneamente, cosicché ogni utente possa guardarle quando e come meglio crede. Assistiamo così all'incontro tra il modello produttivo più all'avanguardia, quello dell'universo Marvel, e un modello di consumo rivoluzionario per il mondo dell'industria culturale, che era finora basato su una serialità ben scandita nel tempo. Il fine è della massima rilevanza, poiché: “La varietà dei media utilizzati consente di influenzare e dettare reazioni e comportamenti diversi negli utenti ed offre la possibilità di personalizzare il modo ed il tempo di fruizione di una storia lasciando all’utente la scelta di immergersi nella narrazione attraverso i canali a lui preferenziali” (Brook, Patti, 2015).
Può darsi, per concludere, che sia questa la direzione in cui si svilupperanno le narrazioni seriali nel prossimo periodo; ad oggi, però, non siamo in grado di stabilirlo, anche se è verosimile ipotizzare che la possibilità di una fruizione più personalizzata da parte dei consumatori sia un obiettivo a cui nel medio periodo le case produttrici possano tendere. Inoltre, sarebbe interessante approfondire anche il mutamento della dimensione autoriale: nel MCU si verifica una sorprendente intercambiabilità di registi e sceneggiatori, mentre nonostante ciò sia i lungometraggi, sia le serie televisive riescono a mantenere uno stile estetico e narrativo fortemente comune tra di essi, condividendo come unico punto fermo Kevin Feige (il presidente dei Marvel Studios, vero motore di tutta l'operazione). Sono tutti temi da esplorare e da approfondire, ma con una sana pausa, magari recandosi al cinema più vicino e godere appieno della molteplicità di storie che le narrazioni transmediali hanno da offrire.
LETTURE
— Sergio Brancato, La forma fluida del mondo, Ipermedium, S. Maria C. Vetere, 2010.
— Sergio Brancato, Fantasmi della modernità, Ipermedium, S. Maria C. Vetere, 2014.
— Clodagh Brook, Emanuela Patti (a cura di), Transmedia, Mimesis, Milano-Udine, 2015.
VISIONI
— Jon Favreau, Iron Man, Paramount 2011 (home video).
— Drew Goddard, Daredevil, Marvel Television, 2015.
— Anthony Russo, Joe Russo, Captain America: The Winter Soldier, Marvel Studios, 2014 (home video).
— Genndy Tartakovsky, Star Wars: Clone Wars, Warner Home Video, 2009-2014 (home video).
— Joss Whedon, Jed Whedon, Maurissa Tancharoen, Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D., ABC Studios, 2014 (home video).
— Joss Whedon, The Avengers, Marvel Studios, 2012 (home video).