di Gennaro Fucile
Si chiama Ces, ovvero Consumer
Electronics Show, la più importante fiera al mondo dedicata
all’elettronica di consumo, all’hi-tech che sbriga
le nostre noiose faccende quotidiane, che ci libera tempo e ce lo
occupa con intrattenimenti di ogni tipo. Qui sono stati lanciati i
blu-ray, ad esempio.
Si svolge a Las Vegas, non luogo quasi concepito e
architettato per poter un giorno ospitare questa Disneyland del gadget.
Non luogo in una terra di nessuno, il Nevada, nel cui deserto migrano
le più strambe, inquietanti e folgorate tribù
tecno-gnostiche del pianeta, ritrovandosi all’appuntamento
del Burning Man in quel di Black Rock City. A modo
suo, tra antica psichedelia e follia contemporanea, una fiera ludica,
dove i partecipanti, i Burners “cannibalizzano
sistematicamente cristianesimo, satanismo, buddismo, sciamanesimo,
occultismo occidentale, tantra, giudaismo, wicca, e altre aree a
tematica spirituale”, come ha annotato Erik Davis in Nomad
Codes e riportato nell’estratto pubblicato da
Quaderni d’altri tempi con il titolo S'i fosse
fuoco, arderei 'l mondo (traduzione e cura di Rosarita Crisafi
www.quadernidaltritempi.eu/numero43).
A fare da elegante e bizzarro contrappunto, nella città dei giochi si svolge il Ces. In questo mega sogno lungo quattro giorni, migliaia e migliaia di prodotti cercano la buona sorte, sfidando tutti i concorrenti in quella eterna lotta senza quartiere che il mercato impone. Quest’anno, tra dispositivi intelligenti indossabili e altrettanti dedicati alla costruzione di una casa similmente vispa, tutti tra loro connessi in creativo ossequio alle leggi della domotica e facendo fare un bel passo avanti all’internet delle cose, ne emerge un quadro attendibile del prossimo futuro; almeno di quello che possono permetterselo, un futuro: dalle élite alle quali sono destinate automobili favolose e pensanti al cui confronto quelle concepite da Q per 007 sono giocattolini per l’infanzia, a coloro che sono almeno in grado economicamente di redistribuire il proprio reddito in hi-tech spicciolo a prezzi non esorbitanti.
Rientrando a casa, ad esempio, eccoci di fronte a serrature
intelligenti che si sbloccano solo quando dal nostro smartphone si
inviano, in modalità wi-fi, i dati corretti che il sistema
richiede. Al contrario, prima di uscire di casa, vestendoci potremo
disporre di un cintura che si autoregola a seconda del
girovita… almeno sappiano subito quanto ci sono costate in
centimetri le recenti abbuffate, magari con grandi grigliate e la regia
di un grill intelligente. Niente paura: ci sono dei robot domestici
specializzati proprio nella pulizia delle griglie. Ovunque il nostro
sguardo si posi, possiamo fare stampe tridimensionali di ciò
che vediamo/desideriamo, dai dolci di cioccolato ai biscotti, alle
decorazioni per torte e a prodotti di confetteria. Tutto si connette a
tutto. Nella cucina proposta da un grande gruppo industriale, la Interactive
Kitchen of the Future 2.0 fa parlare tra di loro device,
social media e social network, garantendo pietanze prelibate.
L’attenzione
ai denti è comunque garantita, anch’essi si
possono stampare in 3D… Dal Ces arrivano conferme sempre
più fondate del nostro ingresso nell’era degli spime
(space+time), per usare il neologismo
coniato qualche anno fa da Bruce Sterling (cfr. La forma del
futuro, Apogeo, 2006). Gli spime: “[…]
iniziano e finiscono come dati. Sono progettati sullo schermo,
fabbricati con mezzi digitali […] oggetti eccellenti per
l’applicazione di tecniche di data-mining. Le persone
all’interno di un’infrastruttura di spime sono
Intermediari”.
Gli Intermediari mangiano, giocano e
sorseggiano anche un buon caffè. Ce lo prepara la Smarter
Coffee Machine di un’azienda inglese,
sincronizzabile con una app iOS/Android: la prima macchina da
caffè wi-fi che va dal chicco alla tazza. Non si accontenta
di fare la caffettiera (anche le cose sono disponibili alla
flessibilità). Il rito del caffè quotidiano
prende le mosse da quello del mattino e una sveglia ben ponderata segna
positivamente il seguito della giornata, cosicché la nostra
caffettiera può essere programmata per funzionare da
sveglia. Non solo: calibra la dose della miscela sulla base dei dati
relativi alla qualità della nottata che abbiamo trascorso,
in base ai dati trasmessi dal solito braccialetto smart (cfr.
www.quadernidaltritempi.eu/numero49)…
Già, in qualche modo “Adda passà 'a nuttata”, come recita la celebre battuta da Napoli milionaria! di Eduardo De Filippo. Una storia che nulla c’entra con questa, però De Filippo sì, perché autore anche di un celeberrimo monologo, quello intorno alla preparazione del caffè.
Succede in Questi fantasmi. Il protagonista Pasquale Lojacono si affaccia al balcone e si rivolge al professor Santanna, suo dirimpettaio e gli illustra la sua regola del metodo per fare un buon caffè: "Sul becco io ci metto questo coppitello di carta... Pare niente, questo coppitello, ma ci ha la sua funzione... E già, perché il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi è il più carico, non si disperde”.
Puro colpo di teatro, questo monologo è travestito da dialogo con un invisibile (e muto per lo spettatore) interlocutore, al quale Pasquale Lojacono rivolge domande e dal quale ne riceve:
“Pure voi, professo'?... E fate bene... Perché, quella, poi, è la cosa più difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore... A manto di monaco... Color manto di monaco”.
Pur essendo immateriale, (De Filippo lo presenta come “anima utile ma che non compare mai”) il professor Santanna è percepibile ai nostri sensi, così come il profumo del caffè. I due danno vita a una conversazione memorabile, uno spaccato di vita semplice, di quotidianità, relazioni umane mediate da un oggetto.
Diversamente la conversazione tra cose (mediante dati) che si potrà svolgere tra la Smarter Coffee Machine e i vari dispositivi collocati in cucina e sul corpo del proprietario dei vari gadget è a somma zero sul piano esistenziale. Relazioni tra oggetti mediate da un essere umano. Un rapporto ribaltato, forse per questo pericoloso.
Torniamo a Lojacono, che conclude così:
“Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo: una tazzina di caffè presa tranquillamente qui, fuori... con un simpatico dirimpettaio...".
Come possiamo far sì che un flusso di dati possa sembrarci un simpatico dirimpettaio? Anzi, come possiamo immaginarlo senza abbandonare l’idea dell’umano così come si è consolidato prima dell’avvento del digitale? Non possiamo. Il simpatico dirimpettaio all’ombra della Cloud è necessariamente oltreumano, un biote, per dirla sempre con Sterling, che ne ha previsto l’avvento nel 2070: “Un biote aprirà e gestirà i processi vitali attivi al suo interno… le regole saranno cambiate come mai prima, perché limiti posti da lunga data alla condizione umana sono stati superati” (ibidem).
Dove ci conduce questo concionare? Da nessuna parte, nella civiltà digitale siamo immersi e dobbiamo solo renderla più civiltà che digitale, pronunciandoci senza riserve a favore dello stato di cose presenti senza tuttavia nutrire su di esso alcuna illusione, secondo il vecchio dettato benjaminiano.
Almeno, però, sarà del tutto chiaro perché gli anglosassoni fanno e continueranno a fare una schifezza il caffè.