Nel
1967 esce una antologia di racconti che segna un importantissimo momento
di passaggio: Dangerous Visions.
La raccolta di racconti – tutti inediti, di autori “estremisti”
come Ballard, Dick, Farmer, ma anche più istituzionali, come Anderson,
Laumer, Leiber, Knight, e con la legittimazione di una prefazione di
Asimov – vuole illustrare come sia possibile utilizzare la science fiction fuori dai canoni ristretti del genere, continuando
ad appassionare e divertire, ma ricercando una cifra estetica più ricca
e matura. Il curatore, infatti, introduce il termine di speculative fiction, per indicare la spinta ad andare oltre la
logica hardware, da
“ferramenta spaziale”, della fantascienza classica, e rivolgersi ad
altri spazi di riflessione e narrazione.
Sono gli stessi anni in cui, attorno alla rivista inglese New
Worlds si sviluppa il movimento della New
Wave, di cui saranno alfieri M. Moorcock e J. G. Ballard.
Significativamente, nell’editoriale di uno dei numeri della rivista si
legge: “New Worlds non è una rivista di fantascienza… La politica della
rivista (è) vitalità, immaginazione, divertimento.” Fatto sta, che
la rivista pubblica la science
fiction di uno dei più grandi autori degli ultimi decenni, J. G.
Ballard, e di altri scrittori significativi della scena inglese.
Scrittori
che, anche sulla scia delle visioni di P. K. Dick, spostano
l’attenzione dallo spazio esterno allo “spazio interno”, agli
incubi e alle nevrosi generati dalle trasformazioni dell’ambiente e
della vita quotidiana.
Solo un anno prima, Susan Sontag aveva pubblicato in Against
Interpretation The Imagination of Disaster, un saggio sul sottofondo
catastrofista e apocalittico che emergeva dai film di fantascienza.
A rifinire il quadro che si sta componendo, nel 1968 esce sugli schermi
del cinema 2001 Odissea nello
spazio, produzione straordinaria, e primo grande esempio di come
anche il cinema assuma la fantascienza non più come genere vicario, ma
come possibile laboratorio di espressione dell’immaginario visivo.
Sono
anni, insomma, di forte catastrofe in campo culturale, in cui tutte le aree in qualche
maniera ai margini o al di fuori dei sistemi istituzionali rivendicano
spazio e dignità.
Siamo anche in piena guerra del Vietnam, cominciata nel 1961, e che
durerà fino al 1975, che produrrà come lascito 50.000 americani morti,
una sconfitta indelebile nella memoria collettiva statunitense, e sarà
una delle concause di quel periodo di conflitti e proteste che durerà
fino ad almeno i primi anni ’70.
Un periodo di forte trasformazione, insomma, in cui anche il mondo della
science fiction comincia a
ribellarsi a se stesso, al suo conservatorismo, alla “serietà”
ritenuta necessaria per assicurarsi il riconoscimento delle accademie
della “Cultura”.
Un’antologia,
insomma, che marca un passaggio fondamentale nella crescita della
autorevolezza della fantascienza nell’immaginario del secolo.
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