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VISIONI / TEX IL GRANDE!


di Guido Buzzelli, Claudio Nizzi / NPE, Roma, 2012 / pp. 246, € 24,00


 

Ubik? No, Aquila della notte

di Adolfo Fattori

La serialità è virale. Perché oltre ad aver impregnato di sé – in superficie o sottotraccia – l’intera produzione culturale del Novecento, si fertilizza da sé, moltiplicando i suoi canali e formati per liberare le sue energie e i materiali che produce.

Discorso che vale – in epoca di post-serialità, e della sua testa d’ariete, la fiction televisiva (Brancato, 2011) – anche per il fumetto, “…un medium in sé, compiutamente strutturato e codificato, capace di evolversi in maniera autonoma e tuttavia di continuare a dialogare con gli altri linguaggi dell’industria culturale” (Brancato, 2008, corsivo nostro, ndr).

E quale esempio migliore del bonelliano Tex potremmo citare, a riprova di queste considerazioni, grazie alla sua longevità (vedi "Quaderni d'Altri Tempi" n. 28) e alla capacità di moltiplicare, pur rimanendo nel suo canale tradizionale, la pubblicazione periodica su carta? Passando dall’ormai tradizionale albo mensile, a ben due, poi quattro pubblicazioni annuali (Tex speciale, MaxiTex, Almanacco West, e, ultimo arrivato, Color Tex), separate dalla collana principale e sempre con storie inedite?

Così, a sottolineare questa forza creativa, a ventiquattro anni di distanza dalla sua pubblicazione originale esce in libreria, sull’onda lunga delle celebrazioni dei sessant’anni dell’eroe bonelliano, questo splendido omaggio che l’editore Nicola Pesce dedica ad Aquila della notte in occasione di Lucca Comics & Games 2012, proponendo un’edizione cartonata, elegante, impreziosita da alcune tavole originali di Guido Buzzelli e due brevi saggi inediti introduttivi alla narrazione.

Tex il grande!, pubblicato in origine nel 1988, inaugurò la collana degli albi Speciali, i “texoni” pre-estivi, per offrire agli appassionati un gradevole ingresso nella stagione delle vacanze, e per arricchire l’epopea del più durevole e famoso eroe western di carta italiano.

Questa nuova collana annuale rispondeva – riteniamo – a tre esigenze: dare spazio a un immaginario texiano cui evidentemente cominciava a stare stretta la sola pubblicazione nel tradizionale albo mensile, offrire storie che si concludevano in un unico volume – come dei film, insomma, in alternativa alle pubblicazioni a puntate – e ospitare disegnatori di rilievo, anche internazionale, che aggiungessero la loro interpretazione dell’universo visivo del ranger a quelle più consuete degli autori in forza stabilmente alla Bonelli. Tanto che qualche anno dopo fu appunto seguita da un’altra collana annuale, quella dei MaxiTex, del formato degli albi mensili, ma di circa trecento pagine, anche questi con un’avventura completa, in uscita a dicembre, a fare quasi da contrappunto invernale agli albi estivi.

L’avventura su cui si cimenta Buzzelli per sceneggiare i testi di Nizzi è delle più classiche: Tex e il fidatissimo Capelli d’argento affrontano il lungo viaggio verso Nord – sottolineato dai brontolii di Carson per la scomodità dei viaggi in treno – per raggiungere il vecchio amico Pat McRyan, l’ex-pugile irlandese, che ha chiesto il loro aiuto. La situazione è tipica: due fratelli, imprenditori di legname senza scrupoli, cercano con tutti i mezzi di scacciare dalle foreste circostanti i boscaioli che vi lavorano per impadronirsi dell’intero mercato del legname: ricatti, intimidazioni, violenze, rapimenti, utilizzando come succede sempre nelle avventure dei due pard gruppi di tagliagole che però, nel confronto con i due ranger, sono inevitabilmente destinati ad avere la peggio. Un invito a nozze per i due pard, che a cazzotti e fucilate avranno alla fine la meglio, sventando intrighi e imboscate.

Una storia “classica”, insomma, in cui vengono mescolati tutti gli ingredienti più tipici del repertorio bonelliano, per inaugurare la collana. L’interpretazione che Buzzelli dà di Tex e del suo universo narrativo, grazie al tratto apparentemente sbrigativo ma decisamente incisivo, si presta benissimo all’interpretazione dei personaggi e delle vicende: la dinamicità con cui vengono disegnati i personaggi ne rende in pieno personalità e carattere, l’elaborazione di paesaggi e sfondi – affollata, a volte oscura – rimanda a molte delle prime tavole di Tex, quelle disegnate da Aurelio Galleppini, l’indimenticabile Galep. Un Tex molto filologico, per certi versi, che si aggiunge alle interpretazioni dei disegnatori che hanno prima affiancato, poi sostituito Galleppini. E che fa da avanguardia per gli altri artisti che verranno coinvolti nella redazione dei Tex “giganti” successivi, giunti ormai al numero 27, visto che per un paio di volte a novembre ha raddoppiato. Fra questi, Magnus (Roberto Raviola), Alberto Giolitti, José Ortiz, Fabio Civitelli.

Insomma, l’universo texiano, collocato in quello spazio-tempo a cavallo fra il reale e l’immaginario che è il West – l’Ovest americano fra il 1850 (il decennio precedente alla Guerra di secessione) e il 1890 (qualche anno dopo la resa del guerriero apache Geronimo, l’ultimo dei grandi combattenti contro il governo dei bianchi) – stava troppo stretto ad Aquila della notte e ai suoi pard per essere confinato negli albi mensili. Aveva bisogno di espandersi. È la stessa natura delle epopee e degli eroi creati dalla cultura di massa che lo rende necessario. Messo da parte l’obbligo di rispettare una qualsiasi continuità storico-biografica dei personaggi, si definisce un continuum in cui non ci si pone più il problema dell’eventuale contemporaneità delle vicende narrate. Un eroe, per sua natura, è ubiquo. È sempre, cioè, al posto giusto nel momento giusto per compiere il suo dovere in difesa dei giusti contro il male.

Certo, può ricordare – e narrare – periodicamente avventure che ha vissuto in passato (un passato precedente al tempo-spazio della sua vita “documentata” nei romanzi, nei film, in questo caso negli albi a fumetti), o far riferimento saltuariamente a storie già condivise con i suoi compagni o col lettore, ma, nella sostanza, è ovunque e in nessun luogo contemporaneamente. È il nucleo fondante stesso della logica della serialità che lo richiede. La stessa leva che ha spinto la Bonelli a moltiplicare il numero delle collane e quello degli artisti che disegnano Tex e il suo West, ognuno con il suo stile, con la propria capacità di prendere spunto dalla storia dei media, dalle sperimentazioni linguistiche messe in opera nel cinema, in televisione, nello stesso fumetto, per arricchire il linguaggio audiovisivo. Ed è significativo come – a riprova del fatto che nessun medium alla sua nascita decreta la morte di quelli precedenti – anche in tempi di esplosione dei media digitali, e di “…narratività perfusa del mondo quotidiano, dove racconti orali, romanzi, fiction cinetelevisive, stringhe fumettistiche […] svolgono una funzione cognitiva essenziale” (Calabrese, 2009), Tex conservi tutta la sua forza creativa, senza temere concorrenze, anzi sfruttando appieno il bisogno di narrazioni che proviene dal mondo.

 


 

LETTURE

Brancato Sergio (a cura di), Il secolo del fumetto, Tunué, Latina, 2008.
Brancato Sergio (a cura di), Post-serialità, Liguori, Napoli, 2011.
Calabrese Stefano (a cura di), Neuronarratologia, Archetipolibri, Bologna, 2009.