Un amore nuovo, n. 25, 1974, disegno da pag. 26.
Soggetto e sceneggiatura: Angela e Luciana Giussani, matite e china: Franco Paludetti - Glauco Coretti
03. MA ADESSO BASTA!!
di Nicoletta MontellaAmbientazione interna di un appartamento, salotto: l’uomo, in primo piano ma in ombra, legge il giornale comodamente seduto sul divano, mentre la donna, in piedi, prende una boccata d’aria alla finestra. È più arretrata rispetto all’uomo, ma la figura a fuoco, illuminata, è quella di lei e sempre a lei toccherà riempire di parole il primo dei balloon di questa storia.
Sin dalla tavola iniziale, dunque, si stabilisce il primato.
Per i lettori di Diabolik, l’albo numero 25 del 1974 segna una svolta importante: a poco più di dieci anni dalla nascita, la figura di Eva Kant, che avevano iniziato a conoscere e a concepire come frutto della costola di Diabolik a partire dal terzo numero della serie, chiede di essere affrancata dal ruolo subalterno rispetto al suo uomo in calzamaglia.
Di fatto, sin dalla sua prima apparizione tra le chine del fumetto, nel 1963, l’identità del personaggio di Eva non è autonomamente definita: Eva esiste solo in relazione al suo uomo, è uno degli accessori che caratterizzano il personaggio Diabolik.
In Un amore nuovo, per la prima volta, la leggendaria co-protagonista della serie assume consapevolezza di sé come individuo, con desideri e scelte da compiere autonomamente, guadagnando da questo momento in avanti il ruolo di complice attivo e non più subalterno nelle malefatte criminose del suo amato ladro. In questa storia, la reiterazione del pronome personale io nei balloon della Kant è un chiaro marcatore di questo cambiamento.
L’avventura da affrontare, il colpo che costituisce lo spunto della trama dell’episodio, è assolutamente complementare all’auto-proclamazione di indipendenza di Eva, non più una ragazzina da proteggere, “ma una donna che si chiama Eva Kant”.
La costruzione della trama dell’episodio è articolata in due motivi fondamentali che si amalgamano strettamente tra loro: c’è il furto, con tutti gli elementi caratteristici delle altre storie autoconclusive della serie (Diabolik raccoglie informazioni sulla sua vittima, ordisce l’agguato, lo compie e, in questo caso, lo fallisce); e c’è la “crisi dell’undicesimo anno” della coppia “di carta” Diabolik ed Eva che per la prima volta si umanizza, assumendo molte delle caratteristiche di una comune coppia “di carne” in crisi (dialoghi tesi, incomprensioni, separazione con invaghimento nei confronti di un terzo da parte di uno dei coniugi – la donna –, riconciliazione e rinvigorimento della coppia).
Il colpo, stavolta, consiste nella sottrazione di una preziosa collezione di monete antiche allo scrittore Franco Regan; Diabolik decide di appropriarsene ed Eva, alla richiesta di collaborazione ricevuta dal compagno, risponderà seccamente: “Quel colpo lo faremo insieme, e metà delle monete mi spetterà di diritto!!”. Il povero Diabolik, così, dovrà fare i conti non solo con l’acidità della sua compagna, neo-femminista che non perderà occasione di ricordargli quanto gli sia indispensabile, ma anche con l’antagonista di questa storia che risulterà molto più pericoloso del previsto: Regan, infatti, tenterà di privare Diabolik stesso del suo bene più prezioso, Eva, facendola invaghire di sé attraverso l’espediente dell’ipnosi. Alla fine, nessuno dei due tentati furti giungerà a buon fine: Regan perderà Eva, conservando le sue monete, e Diabolik non recupererà l’agognato bottino, salvaguardando, però, l’amore di Eva.
Con questo numero irrompe nella trama della finzione narrativa del fumetto l’eco della società italiana di quegli anni, seguendo un processo simile a quello che vedrà, in quel caso, l’irruzione della vera e propria cronaca peninsulare nella struttura del racconto noir coevo (si pensi ai romanzi d’ambientazione milanese di Giorgio Scerbanenco).
L’Italia degli anni Settanta, con cortei e gruppi di pacifisti, da una parte, e con piombo e attentati, dall’altra, tentava la muta, il rinnovamento della pelle che non raggiungerà mai fino in fondo, ma che porterà ad una nuova consapevolezza del ruolo del cittadino rispetto alla società e alle istituzioni (il fatto che, poi, anche alla luce di quella nuova consapevolezza non si siano mai fatti i conti con il rimosso, è un’altra storia).
Le donne, per la prima volta, si riunivano in collettivi, gruppi di autocoscienza nei quali ci si sentisse libere dai tabù imposti dalla morale imperante, cattolico-maschilista, e si interpretasse criticamente il ruolo femminile nella società.
Solo un paio di anni prima dell’uscita di questo albo, nel 1972, un grandioso corteo di donne italiane si era riunito all’ombra della statua di Giordano Bruno a Campo de’ Fiori, a Roma, donne che rivendicavano il proprio diritto di esistere come esseri di pari autonomia e dignità costituzionale rispetto agli uomini, ma ad essi non subordinate né tantomeno omologabili, consapevoli di vivere in una società ancora fortemente maschilista capace di abrogare la legge sul delitto d’onore (che prevedeva esclusivamente la punizione della moglie adultera) solo nel 1981.
Le sorelle Giussani, donne dall’olfatto sopraffino in grado di percepire e riversare in formato 12x17 i fermenti della società e del costume italiani, capirono così, a partire da questo albo, di dover smussare l’omocentrismo di Diabolik, tingendo di rosa le chine di Franco Paludetti e Glauco Coretti che in Un amore nuovo prestarono le proprie matite all’impresa.
Ed ecco che Eva si fece forte, sebbene le sue parole si muovessero sempre sulla falsa riga delle frasi stereotipate, forse per dare un tono di icastica perentorietà al cambiamento in atto (valga da esempio questa esclamazione: “Finora gli ho perdonato certi atteggiamenti di superiorità, ma adesso basta!!”, con tanto di reduplicazione del punto esclamativo e marcatura in grassetto del verbo, se ancora il senso non fosse stato abbastanza esplicito).
Così, mentre in Italia si discuteva sull’abrogazione della legge sul divorzio con il famoso referendum del 1974 che vide quasi il 60% degli italiani concorde nel conservarsi la possibilità di annullare l’istituzione del matrimonio, Eva e Diabolik superavano le loro crisi coniugali, fedeli e dediti amorevolmente l’uno all’altra, ancorandosi ancora più saldamente, da quel momento in poi, all’immaginario collettivo nazionale che li voleva criminali, sì, ma compagni fedeli.