C’è chi racconta una storia secondo cui
dopo soli due numeri di assestamento, Diabolik cambia completamente
marcia. E lo fa con l’arrivo in scena di Lady Eva Kant. E
c’è chi crede invece, come l’estensore
di queste note, che Eva, allo stesso modo delle migliori donne che ai
più fortunati di noi è toccato in sorte
d’incrociare, si sia fatta volutamente aspettare. Il
y a une femme dans toute les affaires, aveva ragione Dumas
padre, per cui bisogna sempre chercher la femme.
È
il caso di dirlo anche per Diabolik.
Chissà cosa
immaginavano le sorelle Angela e Luciana Giussani quando hanno messo
accanto a uno spietato assassino, solitario e che nei primi episodi i
lettori avevano imparato a conoscere anche come abile manipolatore del
gentil sesso, una donna che così repentinamente lo fa
innamorare. E ci riesce perché, innanzitutto, è
in grado di tenergli testa. Di certo il Diabolik dell’avvento
di Eva sembra un uomo alquanto diverso da quello dei primi due episodi
della serie, che quest’anno, come è noto, compie
mezzo secolo di vita editoriale. Il re del terrore
(novembre 1962) e L’inafferrabile criminale
(febbraio 1963) sono difatti palesemente mutuati da Fantômas,
il truce personaggio letterario di Pierre Souvestre e Marcel Allain,
modello princeps di Diabolik non solo nell’immaginario di
background ma innanzitutto in quanto le prime storie sono esemplate, al
limite del plagio, sugli esoscheletri diegetici del famosissimo,
all’epoca certo più di oggi, feuilleton francese.
Non a caso la leggenda vuole che Luciana Giussani abbia trovato un
romanzo di Fantômas su un treno pendolare. Da
quell’episodio sarebbe nata la voglia di emulare il marito
editore (Gino Sansoni, patron della C.E.A., Casa Editrice Astoria),
dando vita a una casa editrice alla quale, per modestia, aveva dato
come nome la diminutio di quella del compagno di vita: nasceva
così l’Astorina. Vincente fu poi l’idea
di un formato user friendly per chi si doveva
intrattenere per la durata di un viaggio in treno: un fumetto di un
centinaio di pagine dal formato tascabile 12x17 cm, facile anche da
riporre in borsa una volta terminata la lettura.
Angela e Luciana Giussani, le diabolike sorelle milanesi,
diedero una nuova vita al loro personaggio, inizialmente tentennante, a
partire dunque dal numero 3 della serie.
Diabolik
(ri)comincia da tre. E (ri)comincia da Eva Kant, che appare di
soppiatto nel marzo del 1963 su L’arresto di
Diabolik (su cui si sofferma, in questo speciale, Laura
Pasotti). Il suo remake, poi, uscito nello stesso mese a partire da cui
è on-line questo numero di Quaderni
d’Altri Tempi, dà conto, attraverso una
struttura in flashback, di una serie di interessanti informazioni che
si potevano solo inferire dai buchi inevitabili dello script originario
delle Giussani, allora ancora inesperte sceneggiatrici. Il volume
appartiene alla collana dei Grandi Diabolik, dal
formato più ampio (16,5 x 21cm) e dalla maggiore foliazione
(170 tavole contro le 120 di un albo regolare), e ricostruisce non solo
la storia dell’incontro tra i due, ma riscrive anche
l’episodio successivo, Atroce vendetta,
strettamente legato al primo e che segna insieme a quello il nuovo
punto di partenza della serie.
Oltre alla nascita di un
inossidabile sodalizio criminal-sentimentale.
Si
rivelerà perciò errata, a uno sguardo
retrospettivo, la previsione di Ginko, che al termine
dell’avventura esclama: “Diabolik ha fatto il primo
errore: non è più solo! Se scoveremo Eva Kant lui
non sarà lontano!”. Altro che punto debole della
coppia: sin dalla prima impresa Eva dimostra la sua forza, evitando la
ghigliottina al suo innamorato.
Più
avanti poi toccherà anche a Ginko avere una compagna, Altea
di Vallenberg, se non altrettanto forte e indipendente quanto Eva, di
certo altra donna di spessore. E come l’ispettore rappresenta
l’alter ego, e non la nemesi di Diabolik, Altea diventa
quello di Eva. Le due poi, in un episodio davvero fuori dal comune come
L’ombra della morte, si alleano perfino
(vedi qui l’analisi di Susanna Scrivo).
Diabolik, si diceva, riparte, e lo fa anche graficamente.
È storia nota: il numero 1, il mitico Il re del
terrore, venne disegnato in gran parte da un altrettanto
mitico disegnatore, e fumettista improvvisato, un pittore di nome
Zarcone, presumibilmente di origine siciliana, e concluso dal tuttofare
della casa editrice Brenno Fiumali. Il secondo venne
anch’esso realizzato graficamente da una non professionista,
Calissa Giacobini, che per l’occasione si firmò
Kalissa, modista di fiducia di Angela Giussani. Anche Calissa, al pari
di Zarcone, non si ripeté più. Il risultato in
entrambi i casi è assai modesto, e ben presto i due numeri
vengono ridisegnati vignetta per vignetta da colui che
prenderà in mano da quel momento in avanti e per un paio di
decenni le redini grafiche di Diabolik, Luigi Marchesi, per tutti
Gino.
Quando Eva Kant arriva provvede anche a
rompere un patto implicito con il lettore, un caposaldo della
narrazione seriale a fumetti: un eroe solitario che per quello che fa
non dovrebbe mai avere una compagna – pensiamo a personaggi
paradigmatici come Tex Willer o Corto Maltese, o per il lettore
più scaltro, a Ken Parker – e invece qui cambia
tutto. L’incontro con Eva segna drasticamente il destino di
Diabolik. Da eroe solitario, solo contro tutto e tutti, spietato
assassino, tutto nero, senza sfumature, a uomo che segue
ineluttabilmente il suo destino, con una ragione di vita sempre bene in
mente: dividere la vita avventurosa con la propria compagna. Il
criminale tutto d’un pezzo dei primi due episodi non si
sarebbe poi mai arreso. E invece più di una volta, nel corso
dei quasi ottocento episodi, Diabolik è sul punto di
lasciarsi catturare convinto che Eva sia morta. La sua vita non ha
senso senza la sua compagna. Ed è solo a partire dal
rapporto con Eva che Diabolik acquista una sfera emotiva che nei due
episodi iniziali è lasciata nel fuori campo del personaggio.
E che gli conferisce quell’umanità indispensabile
a far scattare il più banale dei meccanismi di
identificazione. Non è un caso dunque che gli avversari
più pericolosi che il Re del Terrore si è trovato
di fronte hanno fatto leva non tanto, banalmente, sulle minacce alla
sua compagna (non mancano e non sono pochi nella serie i tentativi di
colpire Eva: si pensi a titoli come Il rapimento di Eva,
La morte di Eva, Il suicidio di Eva,
Non c’è scampo per Eva), quanto appunto
sui suoi pochi affetti. Valga per tutti La vendetta ha la
memoria lunga, albo speciale del 1998 in cui un piano
diaboliko mira a uccidere tutti i pur pochi amici della coppia, per
costringere i due a uscire allo scoperto. Il finale sarà
chiaramente atroce per chi ha ordito il malefico piano...
Eva e Diabolik stanno insieme contro le convenzioni
dell’Italia di oggi, figuriamoci di quella di
cinquant’anni fa: sono una coppia di fatto che funziona ben
al di là della comune morale (e che ha avuto i suoi momenti
difficili, per cui si legga l’articolo di Nicoletta
Montella). Tra i due progressivamente s’instaura un
invidiabile equilibrio che definire complice sarebbe fin troppo facile.
Non si può non stare dalla loro parte, è
evidente: alla fine l’amore vince sempre.
Eva
è un personaggio che nel fumetto italiano, e non solo, non
ha eguali. Per la sua forza e indipendenza anticipa Julia di Giancarlo
Berardi (il creatore del summenzionato Ken Parker) di ben 35 anni.
Certo Julia è ancora più indipendente della sua
bionda “collega”, ma la criminologa di Garden City
nasce appunto nel 1998 e soprattutto non nasce come personaggio
comprimario... Nessun personaggio femminile della sua epoca
può rivaleggiare con Lady Kant: del suo stesso anno
è l’inglese Modesty Blaise, di Peter
O’Donnel e Jim Holdaway, una sorta di James Bond al femminile
che termina però le sue avventure già nel 2002.
Esemplata, come più volte è stato detto, sul
modello di femminilità di Grace Kelly, Eva è una
donna dalla grande autonomia. Per inciso va ricordato che è
abitudine del fumetto italiano modellare i propri personaggi sui divi
del cinema internazionale. La summenzionata Julia è
l’alter ego grafico di Audrey Hepburn. D’altra
parte lo stesso Diabolik ha le fattezze e lo sguardo di Robert Taylor,
e soprattutto di uno Sean Connery ante litteram (Dr. No,
il primo film della serie dedicata a 007, esce difatti in Italia solo
nel 1963, e in Inghilterra nell’ottobre del 1962).
L’autonomia di Eva è quella della sua creatrice,
di Angela, donna assai più moderna dei suoi tempi.
Quest’anno poi, ci fa piacere ricordarlo, ricorrono anche i
90 anni dalla sua nascita. Dopo la morte di Angela, avvenuta nel 1987,
è Luciana a prendere le redini del personaggio. E a
proposito di Eva Luciana amava dire: “Io non ho mai sognato
di assomigliare a Eva. Ma di essere lei, sì”. La
giovane Giussani viene così coadiuvata, manco a dirlo, da
un’altra donna: Patricia Martinelli, già
sceneggiatrice nel passato, nel 1992 viene chiamata come direttrice
editoriale, ruolo ricoperto fino al 1999. È grazie
soprattutto a quest’altra coppia femminile che la testata
modernizza le proprie tematiche, affrontando argomenti complessi e non
certo frequenti nel fumetto come la violenza sulle donne e la
dipendenza dalla droga. Nel 2001, infine, si ha l’ultimo
cambio al vertice. Scomparsa anche Luciana, il timone
dell’Astorina viene preso per la prima volta da un uomo,
Mario Gomboli, collaboratore prima saltuario e poi fisso delle storie
della coppia criminale, e oggi direttore editoriale.
Eva, da sempre così importante per le sorti della casa editrice, è oggi al centro di un nuovo rilancio da parte della casa editrice. Protagonista anche di un romanzo fondamentale, ad opera di Andrea Carlo Cappi, Eva Kant - Il giorno della vendetta, del 2009: con il coevo Diabolik - L’ora del castigo Cappi costituisce un dittico di storie parallele, in cui i due amanti sono costretti a separarsi e ad agire ognuno per proprio conto. Pur non avendo ancora una testata regolare tutta sua, Eva ha avuto per tempo uno spin-off che vide la luce addirittura nel 1976, sulle pagine della rivista Cosmopolitan, per mano del vulcanico Alfredo Castelli (autore anche del remake del numero 1), affiancato da Mario Gomboli e Giancarlo Alessandrini (creatore grafico del personaggio più noto di Castelli, Martin Mystère, di cui, anche se solo in questa parentesi, ricordiamo che quest’anno ricorrono i trent’anni di vita editoriale). Si tratta di otto racconti brevi ricchi di ironia, che si contrappongono al tenore non certo scanzonato degli albi regolari di Diabolik. Non è particolarmente difficile rintracciarle, queste storie, sia nel formato originale (nell’edizione pubblicata nel 2000 da Lo Scarabeo, Eva Kant) sia nella versione rimontata e rimodernata a colori (re-intitolata Eva Kant - Lontano da Diabolik, pubblicata da Mondadori nel 2006). Come ricorda in una recente intervista Gomboli, le storie ebbero un successo enorme, ma fu Angela Giussani in persona a mettere un freno all’operazione: la mamma di Diabolik temeva che Eva potesse oscurarlo... All’epoca la maggiore delle Giussani aveva senz’altro ragione, ma oggi Eva ha giustamente conquistato una maggiore autonomia. E siamo sicuri che ne avrà sempre di più. Non si tratta più di indebolire l’altro: come nella loro vita, editoriale e non (si pensi all’enorme impatto di merchandising collegato ai due personaggi, e non solo all’uomo dagli occhi di ghiaccio), i due si spalleggiano, e si rafforzano vicendevolmente. Uno degli albi in assoluto più apprezzato e ancora oggi richiesto, forse il secondo di sempre – ricorda ancora Gomboli – è proprio lo speciale del 2003 dedicato a ricostruire il suo passato: Eva Kant – Quando Diabolik non c’era (su cui si concentra Nadia Riccio).
Chiudiamo le nostre note introduttive mettendo in luce il
fuori campo della relazione tra Eva e Diabolik. Non
c’è mai niente di esplicito
nell’intimità dei due, la sfera del sesso
è completamente rimossa: ferrea vige la regola della
dissolvenza (un po’ come nei film di Ernst Lubitsch) tra
quando Eva si abbandona tra le braccia di Diabolik e quando si
risveglia, con i capelli sciolti, tra le lenzuola. Se questo si deve
senz’altro alla pudicizia delle sorelle Giussani, non
è da sottovalutare la precisa scelta di differenziarsi da
quella che le diabolike sorelle amavano definire “la banda
dei K”, gli epigoni di Diabolik (Satanik, Kriminal, Zakimort,
Sadik, senza dimenticare Fantax, poi Fantasm, o Genius, dove
esordì tra gli altri anche Milo Manara), che come scelta di
marketing intrapresero la via dell’efferato e
dell’erotico spinto. Figurarsi che le Giussani rinunciarono
perfino ai disegni di Armando Bonato per l’eccessiva carica
erotica che il disegnatore milanese non riusciva a non infondere ai
suoi personaggi...
Quando non sono impegnati in
qualche rutilante colpo, Diabolik ed Eva vivono quindi una normale vita
domestica, lontana dal lusso e dalle ricchezze, che accumulano
più per il gusto della sfida che non per il desiderio di una
vita dagli alti standard. Una vita normale, piccolo borghese, con cui
è facile identificarsi, ed è questa senza dubbio
un’altra ragione dell’enorme successo della serie.
Ma una vita fatta di amore sincero e intesa profonda. “Sei la
prima che vede il mio vero volto. Forse sto per commettere
l’errore più grave della mia vita. Ma tu sei la
donna più affascinante che abbia mai incontrato”.
Così Diabolik nel paradigmatico numero 3 della
serie.
Un errore di valutazione che non
c’è stato. Per sua e nostra fortuna.