VISIONI / MEMENTO (Special Edition)
di Christopher Nolan / Eagle Pictures, 2011
Tempo fermo e identità in movimento
di Nunzia Falco Simeone
Memento (Nolan, 2000) è la storia dell’invenzione di una vendetta quasi impossibile: Leonard Shelby ha il solo obiettivo di trovare e punire John G., l’uomo che si è introdotto in casa sua e ha stuprato e ucciso sua moglie. La sua missione sembra resa però impraticabile dall’amnesia anterograda di cui è affetto. Leonard, infatti, perde la memoria ogni quindici minuti e non riesce ad immagazzinare nuove informazioni dal giorno dell’incidente.
L’immagine della moglie stuprata e uccisa è l’ultimo ricordo fissato nella sua memoria: Leonard
non riesce a ricordarsi di dimenticarla. E, contemporaneamente, non riesce a dimenticare di ricordare. Si “spegne” e si “riaccende” ogni quarto d’ora, come il protagonista di un videogioco che, dopo il “game over”, resuscita e riprende la sua missione daccapo (cfr. Pecchinenda, 2003, pp. 84 e segg.). Con una differenza sostanziale, però: Leonard non è un oggetto virtuale, è vivo e reale, è un individuo e ha bisogno, quindi di un’identità, di ricordi che lo facciano riconoscere a se stesso, che gli permettano di
conoscere se stesso.
Come può un uomo affetto da amnesia investigare su un crimine, se non può ricordare ciò che scopre passo dopo passo attraverso la sua indagine? La soluzione è quella di prendere costantemente appunti, fotografare con la Polaroid le persone coinvolte, tatuarsi sul corpo gli avvenimenti e i dati più importanti della sua ricerca, uno su tutti: Find him and kill him, la frase che riassume lo scopo della sua nuova vita. Ogni volta che Leonard non ricorda più il suo scopo, tutto ciò che deve fare è guardarsi allo specchio, “leggersi”, seguire quelle istruzioni tatuate al contrario. L’indagine condotta da Leonard Shelby è narrata in modo tale che lo spettatore viene portato a provare le conseguenze di una vita senza memoria, con lo stesso spaesamento, le stesse sensazioni. L'intera storia non è infatti raccontata in modo lineare, ma attraverso un apparente caos che incarna il punto di vista del personaggio principale.
Il montaggio è proprio uno degli elementi più significativi di Memento, quello che ne fa un film quasi unico. La pellicola si apre con una sequenza composta di scene montate al contrario. Il racconto prosegue seguendo due linee temporali che si alternano, una a colori e una in bianco e nero. Le sequenze in bianco e nero sono in ordine cronologico e mostrano eventi precedenti a quelli a colori, con Leonard Shelby in una stanza d’albergo che parla a telefono con qualcuno (non ricorda più chi) e gli racconta lo strano caso di Sammy Jankis, un uomo su cui Leonard aveva investigato per conto della Società di assicurazioni per cui lavorava, anche lui affetto da una forma di amnesia anterograda. Le scene a colori ci mostrano la ricerca di John G. in ordine cronologico inverso, dall’ultima alla prima, dall’omicidio alla fase iniziale della ricerca. La vicenda inizia con Leonard che, dimenticatosi il motivo per cui sta correndo, o nascondendosi, o parlando, si chiede continuamente Che cosa sto facendo? Il mistero viene svelato alla scena successiva, che mostra cosa è successo prima e riprende (e ripete) l’inizio della precedente. La scena finale del film è quella cronologicamente centrale, che rappresenta il punto di scioglimento dell’intreccio.
I ricordi di Leonard, così come le sequenze mostrateci da Nolan, sono come i file di un disco rigido: salvati in modo casuale e recuperati non secondo un ordine (crono)logico ma randomizzato, come se il lettore della sua memoria fosse bloccato sull’impostazione “riproduzione casuale”. In questo modo, Leonard deve costantemente riempire quei vuoti, riordinare le informazioni a sua disposizione, e lo fa costruendosi una memoria artificiale – “solida” – costituita da appunti, fotografie e tatuaggi che sono gli unici elementi a cui si affida per ricostruire gli eventi. Ma senza lucidità e capacità di analisi, una fotografia non rappresenta nulla, se non un insieme di colori, volti, oggetti a cui necessita fornire una spiegazione, dare un significato, collocarli in un flusso di fatti, eventi, emozioni. Essa è solo un mezzo per la conservazione della memoria, per cui ogni dettaglio è essenziale per la classificazione delle persone che gli stanno intorno.
Nel corso dell’indagine, il giovane incontrerà Teddy e Natalie, due personaggi misteriosi e controversi, il cui ruolo sarà messo in discussione da Leonard stesso, che modificherà, mentendo a se stesso, le didascalie scritte sulle loro foto. Leonard arriva a non scrivere tutta la verità, ma solo ciò che vuole far ricordare a se stesso. Proprio come il Ragle Gumm di Philip Dick (1959), Leonard costruisce attorno a sé una realtà fittizia concepita intorno alla sua vendetta. Alla fine del film scopriamo che Shelby stesso decide di non ricordare che la sua vendetta è stata già compiuta, e si tatua false informazioni per garantirsi un nuovo bersaglio, un nuovo modo per andare avanti, per continuare a dare senso alla sua vita, vuota da quando la moglie è stata uccisa: ormai Leonard è la ricerca della vendetta, si identifica con questa, ne fa il suo nucleo identitario più profondo. Ecco perché Leonard decide di non tatuarsi sul corpo la frase “John G. è morto”, ma al suo posto un indizio che lo porterà a credere che Teddy sia John G. fornendo a se stesso un giusto movente per ucciderlo – e continuare ancora nella sua ricerca della vendetta. Se Leonard accettasse il fatto che ha già ucciso il vero John G. e che ha già ucciso altri in nome della sua vendetta, allora dovrebbe affrontare il fatto che il suo sistema non funziona, che i suoi “ricordi” non erano altro che bugie – e, aspetto ancor più cruciale, non saprebbe più cosa fare.
Perdere la memoria vuol dire perdere la propria storia, perdere la capacità di interagire con l’altro e, di conseguenza, di costruire se stessi, di definire il proprio ruolo nel mondo. La memoria è il legame che unisce presente e passato, che ci permette di “tornare indietro nel tempo”, che regola i rapporti tra noi e gli altri esseri umani, ed è necessaria all’uomo per orientarsi nella vita (Pecchinenda, 2008). Come il personaggio stesso afferma dopo aver “riavviato” la sua memoria: “Tutti abbiamo bisogno di ricordi che ci rammentino chi siamo, io non sono diverso... Allora, a che punto ero?” Il concetto di identità riguarda il modo in cui l'individuo considera e costruisce se stesso come membro di determinati gruppi sociali. Un individuo che non ha rapporti con ciò che gli succede intorno, che non partecipa alla vita sociale, che non comunica con il prossimo non è in grado di agire. Leonard Shelby rappresenta l’uomo post-moderno in crisi con se stesso e con gli altri, incapace di definire persino la propria identità, che viene messa in discussione man mano che la sua storia si intreccia con quella di Sammy Jenkins. Questi trascorreva le sue giornate davanti alla Tv e, pur non riuscendo a seguire i programmi, si divertiva a vedere le pubblicità, le uniche storie di cui riusciva a ricordare l’inizio e la fine. Quella di Sammy Jenkins era un’esistenza priva di significato. Per salvare se stesso dal fato di Sammy, Leonard ha disperatamente bisogno di agire e, soprattutto, di una ragione per agire nel mondo.
È per questo che si affida ciecamente al suo sistema, apparentemente infallibile. Ma il successo del suo sistema si basa su ciò che le persone gli raccontano su se stessi e sul loro rapporto con lui, si tratta di informazioni che possono essere facilmente manipolate. In effetti, tutti noi lo facciamo. La memoria non va concepita come una scatola in cui vengono custoditi e recuperati ricordi sempre fedeli alla realtà e isolati da altri processi mentali. Tutti i nostri ricordi sono manipolati, le nostre verità sono mezze verità, la nostra visione del mondo è solo il modo in cui noi lo vediamo, e quando chiudiamo gli occhi esso continua ad esserci, ma non è lo stesso. Il senso di colpa di Leonard Shelby per la morte della moglie lo porta a sabotare la sua ricerca della verità, ad ingannare se stesso proprio attraverso i suoi fidati appunti. Il film di Nolan si allontana dallo schema classico della narrazione contemporanea di investigazione in cui il soggetto ricerca la verità lottando con un contesto che cerca di nascondergliela, mentre Shelby fa l’esatto opposto, costruendo attorno a se stesso una realtà basata sull’inganno.
LETTURE
× Dick P., Time Out of Joint, 1959, trad. it. Tempo fuor di sesto, Fanucci, Roma, 2007.
× Pecchinenda G., Videogiochi e cultura della simulazione. La nascita dell'homo game, Laterza, Bari, 2003.
× Pecchinenda G., Homunculus, Liguori, Napoli, 2008.