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Un
episodio dell’estate olimpica: mentre gli atleti di tutto il
mondo
si affrontano in Cina nelle loro specialità, partecipando ad
uno degli
spettacoli – globale da sempre – in cui si dispiega
l’ipocrisia del
mondo in termini di dislocazione simbolica dei conflitti, in Georgia la
gente riprende a scannarsi prosaicamente dal vivo. Sono come sempre in
gioco i “sacri destini”, la democrazia,
l’autodeterminazione. Il
presidente del paese incita i suoi atleti a vincere quante
più medaglie
è possibile per sostenere il proprio popolo contro
l’aggressore russo,
mentre la Cina si esercita a falsificare – virtualizzandola
– dopo le
merci hard che esporta in tutto il mondo, anche la cerimonia inaugurale
delle Olimpiadi. Chissà quanto ne
è stato contento il popolo georgiano,
ammesso che avesse il tempo di godersi in TV le performance dei suoi
campioni, fra un bombardamento e l’altro… Una
rottura, comunque,
della tradizione, rispetto al “tener fuori la
politica” da questa o
quella attività: lo sport, la scuola, l’arte
– la politica stessa? Un
tormentone che periodicamente rispunta, tener fuori la
politica
dalla… vita, come se la politica non fosse una delle
modalità con cui
si dispiega l’azione sociale, l’espressione
dell’agire degli uomini,
insomma. Rigurgiti di “politica” anche
nelle cose di casa nostra. Una nuova offensiva
contro quel poco che rimane dell’ormai archeologica
scuola italiana, organizzata ancora in una dimensione teatrale, con una
platea sempre più insofferente e disorientata e un attore su
un
palchetto a scervellarsi per tirar fuori dal suo repertorio qualcosa di
credibile, in un mondo in cui le forme di comunicazione, i contenuti
del sapere, le modalità dell’apprendere
– il sistema della formazione e
della socializzazione – sono
completamente cambiati. L’archeologia del sapere,
insomma, declinata però in maniera molto più
terra terra di quanto
intendesse Michel Foucault. Il tutto reso opaco da un sistema mediatico
che va per conto suo, e racconta una sua realtà, ampiamente
alternativa
e fungibile.
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Ma questa
volta sono contrari tutti. Non solo gli studenti
– accusati naturalmente di non voler studiare, e i docenti
– loro, di
non voler lavorare. Ma anche le mamme, i parenti: forse
perché vedono i
propri figli dannarsi per trovare un lavoro che non
c’è, oppure buttati
fuori dalle scuole elementari mentre loro sono al lavoro… Intanto,
il “sistema degli oggetti” della
pubblicità televisiva riesuma – altra
operazione archeologica – la musica degli anni Sessanta per
risvegliare
un boom finito da tempo.È sorprendente come –
nonostante la forza
delle tecnologie del controllo, della comunicazione,
dell’informazione
– il “potere” si dimostri così
miope, a volte. Molto più miope di una
vecchia talpa, periodicamente evocata, che forse, se si impadronisse
delle specifiche della “società dello
spettacolo” di cui scriveva Guy
Debord, potrebbe dimostrare una vista molto più lunga, e una
bella voce
tonante, rompendo il silenzio in cui si è rifugiata da anni.
Compiendo
una “mossa del cavallo”, per dirla con Viktor
Šklovskij: i media sono
blindati? Riscopriamo il face to face, lo
spettacolo live: come le lezioni universitarie in
piazza, aperte a tutti. Cambiano le location,
ma, in fondo, lo stesso Foucault, Jacques Lacan, Claude
Lévi-Strauss e
gli altri maestri del secondo Novecento non facevano lezione gratis, a
chiunque volesse assistere, al Collége de France? Altro
scenario: ricordate quella sequenza di Ritorno al futuro in
cui il protagonista “profetizza” che il cameriere
nero del bar in cui
si trova diventerà sindaco? È successo, al
più alto livello possibile.
E l’elezione di un nero a Presidente degli Stati Uniti ha un
valore
simbolico pari a quello dello sbarco sulla Luna: Un nero alla Casa
Bianca! The Times They Are A-Changin’?
Subito si è scatenato
l’entusiasmo dei democratici di tutto il mondo.
Un’eguale gioia ci fu
per il crollo del muro, a Berlino. La pace che
“scoppiò” subito dopo
non ha ancora smesso di fare vittime. E oggi? Che questa possa
diventare la copertura perfetta per i signori del petrolio e della
guerra? Se fosse un altro passo dentro la globalizzazione?
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