“È mansione del pignone fare la rivoluzione,
Portare il movimento in ogni direzione,
In costante acrobazia irradia l’energia
Dal centro fino alla periferia”
(Frankie hi-nrg mc).
Sarà giusto parlare di rivoluzione? In fondo il movimento è dato da una forza che agisce su una leva, solidale a una corona e trasmesso al pignone da una catena. Da lì lo sforzo finisce alla periferia del cerchio e poi via, accelerando costantemente su una superficie fino a raggiungere la giusta velocità. Ma qual è la velocità della rivoluzione? E quella della deriva ufociclistica? Della scoperta di nuovi punti di vista emozionali all’interno delle città? La velocità della luce è il riferimento limite per noi umani. Più di lì, non c’è ancora dato sapere. Ben più bassa, invece, è quella ideale per identificare una UDA, l’Unità d’Ambiance, e cioè la “corrispondenza fra la morfologia del luogo e l’emozione che esso diffonde” (Atlante UC) durante una deriva ufociclistica. Proprio così, non la camminata, non la moto o l’auto o i mezzi pubblici, ma la velocità di una curiosità turistica su due ruote a propulsione umana con il naso all’insù, per carpire i riferimenti spaziali dei quartieri che compongono le città. Per capire i nessi architettonici fra gli edifici e lo spazio e quelli logici fra la teoria e la società. E per realizzare incontri o alleanze con alieni.
L’ufoCiclismo, infatti, è la disciplina che prendendo spunto dalla deriva psicogeografica di debordiana memoria, e non solo, si promette di indagare il territorio, per tessere nuovi legami emozionali e quindi trovare nuove prospettive e significati, rigorosamente in sella a una bicicletta.
Cobol Pongide (musicista e scienziato) e Daniele Vazquez (antropologo, urbanista, psicogeografo e scrittore) hanno realizzato l’ambiziosa grammatica ufficiale dal titolo Ufociclismo – Atlante tattico ad uso del ciclista sensibile. A loro dire, però, questo testo raccoglie solo le basi della materia che è ancora in via di definizione ed esplorazione -per restare in tema-, quindi del tutto disponibile a dare cittadinanza a novità, implementazioni e modifiche.
E così, all’interno di una deriva ufociclistica, che cos’è una Piattaforma girevole? E una Cuspide? E un Tonal? Sono elementi, più o meno fisici, che compongono il bagaglio tecnico conoscitivo dell’ufociclista, una figura definibile in trasparenza, proprio come un oggetto non del tutto identificato all’orizzonte durante il tramonto. L’ufociclista è qualcuno interessato al contatto con altre forme di vita, che siano terrestri o extra; indaga lo spazio urbano alla ricerca di riferimenti quadridimensionali, preferibilmente la sera, con la copertura del buio, in gruppetti misti. E divide la sua pratica fra le Ricognizioni, cioè il ripercorrere una mappa, e le Esplorazioni, che invece permettono di costruirne una. Non da meno, e in assoluto ossequio alla ricerca di incontri ravvicinati del terzo tipo, l’ufociclista è antifascista, antirazzista e antispecista e pratica costantemente la condivisione. Per valorizzare adeguatamente i dettami dell’Atlante, la ricognizione classica non può dirsi completa se non comprende un banchetto esoplanetario aperto a tutte le forme di vita intelligente.
Ma, quindi, l’UfoCiclismo?
Alzi la mano chi dopo aver sentito il termine UfoCiclismo per la prima volta non abbia associato mentalmente al significato l’immagine del bambino di ET che pedala nel cielo con lo sfondo di una luna piena gigante e il simpatico visitatore nel cestino fissato davanti al manubrio. Questa associazione con il volo in bicicletta scaturito dall’immaginazione di Steven Spielberg, che è stata persino eletta dai fan come l’immagine più rappresentativa di un secolo di prodotti cinematografici della Universal Picture, è francamente inevitabile. Serve perciò un cestino con all’interno una creatura di origine e definizione sconosciuta per dare vita a una deriva ufociclistica?
Certo che no (o almeno così pare …), si può però affermare che l’agire uno stato d’animo di curiosità attiva come quello del giovane Eliott aiuti a predisporsi nella maniera corretta alla buona riuscita della ricognizione urbana a pedali.
In particolare, l’Atlante tattico è incentrato sul tessuto urbano di Roma, città di elezione dei due autori e del primo nucleo di ufociclisti, che si rivela un terreno oltremodo fertile per la ricognizione. Gli spunti urbani, antropici e storici offerti dalla città eterna non sono solo numerosi ma soprattutto ricchi per la loro portata semantica.
La bicicletta buca la trama spazio tempo della città, per ritrovarsi alle prese con oggetti-sequenza. Può capitare, per esempio, di fermarsi alla ricerca di informazioni topografiche utili alla redazione di una nuova mappa e di dare vita a un’osservazione partecipante, ovvero una chiacchierata con un gruppo di autoctoni fieramente mostranti simbologia fascista, all’interno di un bar periferico, gestito da un indiano, nella zona di Torre Maura.
L’UfoCiclismo è dunque una pratica salutare, grazie al moto fisico e al basso impatto ambientale, che favorisce la scoperta e l’analisi di elementi quadridimensionali.
Secondo la visione dell’antropologo Giorgio de Finis contenuta nella prefazione dell’Atlante tattico, “l’ufociclismo è allora l’ultima trovata per lasciare l’angusto cortiletto di casa ed entrare in quella «stanza smisurata e superba» che si apre sopra di noi, ma è anche una pratica (ludica e politica) per immaginare e realizzare un Pianeta diverso, il nostro”.
Sarà che, come canta Frankie hi-nrg mc in Pedala: