Nel 2013 il testo La rivincita del paganesimo: una teoria della modernità di Riccardo Campa propose l’idea secondo cui le radici profonde della cultura europea, invece che nel cristianesimo, sono da ricercarsi principalmente nelle forme religiose pagane.
I germi della democrazia, della mentalità scientifica, della libertà di commercio, delle belle arti, dell’edonismo e di tante altre libertà caratteristiche della modernità, sarebbero più facilmente rintracciabili nella filosofia greca, nella scienza alessandrina e nel diritto romano.
È a partire da queste riflessioni che il testo Della bellezza dei corpi prende forma, sviluppando alcune questioni relative al corpo, la sua cura e mantenimento, la sua valutazione estetica e rappresentazione iconografica. In quattro saggi raccolti nel volume pubblicato da D Editore nella collana Libreria di Neoantropologia, Campa evidenzia nuovamente la rinascita delle idee e dei comportamenti pagani in seno alla società europea.
La religione dei corpi perfetti
Nel primo saggio, La religione dei corpi perfetti. Osservazioni sulla dimensione estetica dello zoroastrismo, Campa adotta il metodo della storia delle idee, cercando non solo di comparare Cristianesimo e Zoroastrismo individuando gli elementi che hanno poi determinato la visione indoeuropea del mondo, ma indicando gli elementi per la costruzione delle più mature religioni monoteiste.
L’argomento centrale del testo, che connette tutti i saggi, consiste nella ricerca degli elementi più disparati che possono collegare la paganitas ad alcuni tratti della modernità, attraverso una disamina attenta e precisa dell’evoluzione socio-storica dell’idea e della rappresentazione dei corpi umani. Infatti si pone l’attenzione sulla bellezza dei corpi così com’è stata codificata nell’Avesta, ossia l’insieme dei testi sacri della religione iranica fondata dal profeta Zarathustra, che condivide molti aspetti dottrinali con il Cristianesimo, distinguendosi tuttavia da quest’ultimo proprio per la diversa concezione della corporeità del divino, nonché del rapporto che si stabilisce con esso.
Se nel Cristianesimo delle origini e in quello medioevale si egemonizzò la cultura con il contemptus mundi, ossia una radicale svalutazione della libertà d’azione, la visione della corporeità come luogo della tentazione che svia, secondo Sant’Agostino, dall’amore di Dio, nel credo iranico il regno spirituale equivale a quello mentale, che sopravvive alla morte del corpo, ma acquista potere solamente nel mondo materiale.
Non esiste, in questa religione, contrapposizione tra materia e spirito (quindi corpo e anima) ma un reciproco riconoscimento di “sorgente di felicità”. In questa prospettiva, il corpo di Dio si identifica con i corpi celesti e in particolare con il sole, l’“occhio del cielo”, che rinfranca e dona la vita, ma al contempo è potenziale fonte di passione e distruzione.
Dio è l’incarnazione della bellezza a tutto tondo, assomma tutte le virtù, con tutte le relative contraddizioni. Per Campa l’eventuale redenzione umana si concretizzerebbe nell’imitatio dei, cioè nella continua aspirazione dell’uomo nel voler emulare la divinità: se Dio è onnisciente l’uomo deve aspirare alla conoscenza, se Dio è misericordioso l’uomo deve aspirare alla tolleranza, e via discorrendo. Dio si manifesta nelle bellezze del creato dal punto di vista materiale, ma si manifesta dal punto di vista spirituale attraverso ipostasi che incarnano valori morali.
Ciò che tuttavia caratterizza lo Zoroastrismo e lo avvicina forse a credi di matrice cristiana come il calvinismo, è l’esortazione al miglioramento del benessere e della felicità.
Una qualità superiore dei corpi umani in termini di forza, bellezza, longevità e salute, va desiderata, lodata e conseguita. Gli esseri umani non sono concepiti come inermi in attesa delle grazie divine, ma divengono co-creatori di sé stessi, e grazie alle unioni carnali, si moltiplicano le caratteristiche positive del mondo.
In altre parole, in una prospettiva che può ricordare il celebre proverbio “aiutati che il ciel ti aiuta”, gli esseri umani fanno il bene di Dio facendo innanzitutto il proprio bene.
Sociologia dei corpi femminili
Per capire quali sono i modelli estetici capaci di influenzare i comportamenti e per quale motivo sono presenti nell’immaginario sociale contemporaneo, secondo Campa, bisogna ragionare con i crismi della sociologia storica.
Infatti, nel secondo saggio, La bambola, la madre e l’amazzone. Risvolti sociologici del rimodellamento dei corpi femminili, si propone una tesi che rientra a pieno titolo in questa prospettiva. L’autore, per ragioni di semplicità, ragiona per idealtipi, proponendo tre tipologie di Donne.
La prima, la “donna bambola”, è solitamente di costituzione fragile, dai tratti gentili, passa il suo tempo a curare l’aspetto esteriore e il suo scopo è quello di essere ammirata e protetta dall’uomo, in altre parole, si tratta dell’archetipo della dea Venere romana. Nel medioevo in particolare, si afferma una moralità diversa da quella pagana, che grazie alla devozione cavalleresca, al mito dell’amor cortese e al culto mariano, attribuisce alla donna bambola un ulteriore ruolo, rendendola di fatto sia una figura dotata di potere sia una figura succube del partner.
Essa infatti viene vista come entità a cui si deve devozione assoluta (come alla Madonna, simbolo di purezza), ma anche un ornamento, una figura subordinata al benessere dell’uomo, della famiglia e della società. Oggi, dopo tante evoluzioni, la donna bambola vive una situazione paradossale, in quanto, “la libertà sessuale acquisita è stata al contempo crudelmente distorta dall’imposizione di rigidissime diete (regimens of starvation), chirurgia e di una strana mistura di adolescenza e illusione di eterna giovinezza” (cfr. Suitton, 2009). Questo perché:
“La donna-bambola è il modello estetico dominante nel mondo della moda e ha, perciò, un’influenza notevole su tutta la società. Gli stilisti tendono a selezionare le proprie modelle sulla base di questo idealtipo. Quante volte abbiamo sentito dire che Barbie, la famosa bambola prodotta dalla Mattel, è causa della frustrazione di milioni di donne nel mondo? […] Molti dati sembrano confermare che il modello Barbie è quello al quale molte donne aspirano, anche se raramente lo ammettono”.
La seconda tipologia, la “donna madre”, si origina nelle tribù a organizzazione matriarcale e con culti basati sull’idea della dea madre, dove viene rimediata e riproposta nella storia a partire dalle statuine dalle forme prosperose come la Venere di Willendorf, per passare poi alle cortigiane di palazzo, fino ad arrivare, nella sua forma più palese, alle ancheggianti e sinuose casalinghe degli anni Cinquanta del Novecento.
La terza tipologia, definita la “donna amazzone”, è la donna muscolosa, tonica, costruita con il fitness e la chirurgia estetica, una donna che osa, che vuole riappropriarsi di quelle libertà che tanto gli sono state negate, facendosi portavoce e apripista di uno dei diritti più sentiti del nostro tempo, ossia il diritto alla libertà morfologica, che travalica il semplice abbellimento del proprio look e assume una notevole importanza per le comunità LGBT (acronimo di Lesbian, Gay, Bisexuals, Transgender). Sottolinea Campa:
“Il ricorso al piercing, ai tatuaggi, alle diete, agli integratori alimentari, alle cure ormonali, alle a ività sportive, agli interventi di chirurgia plastica, o a particolari tagli e colorazioni dei capelli e della barba, produce una varietà di tipi umani, sotto il profilo somatico, che non si lascia ricondurre ad una sola categoria o narrazione”.
Biopolitica liquida e pedagogia dei corpi
In relazione a queste tre tipologie femminili sopracitate, Campa riflette sulla questione identitaria contemporanea nel terzo saggio, Il culto del corpo. Una prospettiva genealogica e biopolitica, dove riprende alcune riflessioni di sociologi e filosofi come Zygmunt Bauman e Michel Foucault facendo un breve excursus sull’immaginario relativo al corpo dall’antica Grecia fino al fascismo. Seguendo principalmente l’impostazione del sociologo della liquidità, per Campa il corpo vivrebbe oggi una condizione particolare, subordinata e fondamentale allo stesso tempo. È altresì qualcosa che ha bisogno di essere mantenuto in buona salute per conferire alla sua controparte adibita alla vetrinizzazione un aspetto più desiderabile, poiché, in una cultura dominata dall’apparenza e dall’impressionabilità dell’immagine, il nostro corpo è il modo più efficace con cui ci interfacciamo nel mondo (cfr. Featherstone, 1982).
Essendo questo una sorta di biglietto da visita di ogni persona, lo strumento socializzante attraverso il quale non solo è possibile definirsi ma farsi definire in una comunità, esso necessita una cura maniacale, un controllo biopolitico che passa su diversi “stadi di rappresentanza”, ossia “essere” un corpo (io in quanto essere umano unico e irripetibile che ha delle funzioni e delle esigenze specifiche), “avere” un corpo (l’immagine della medicina che tratta i corpi come pezzi di carne, quindi la separazione netta tra corpo e coscienza) e “fare” un corpo (io sono io solo se riesco a essere coerente con l’idea che ho di me e con l’idea che gli altri hanno di me) (cfr. Turner, 1992).
Eppure, in mancanza di narrazioni e consumi che diano sufficiente soddisfacimento ai desideri dell’individuo contemporaneo e nonostante esso si presenti come un involucro con una data di scadenza, il corpo è l’oggetto degli interessi e delle cure attuali. Vivendo questo ripiegamento, l’individuo ripristinerebbe, secondo l’autore, quel desiderio arcaico del raggiungimento della pura bellezza e potenza dei tempi antichi, ma al contempo il corpo diverrebbe effettivamente il “più bell’oggetto paradossale dei consumi” (cfr. Codeluppi, 2008) incatenando le persone in un loop consumistico frenetico che terminerebbe solo con la morte dei soggetti stessi.
L’ultimo saggio, La cura del corpo nella pedagogia umanistica di Vittorino da Feltre, conclude questo discorso, presentando il metodo pedagogico dell’educatore come paradigma della riemersione pagana nell’età rinascimentale.
In tale approccio educativo il corpo era centrale: la cura, i regimi alimentari, condizionavano l’andamento scolastico. Una Mens sana in corpore sano che secondo Campa ritorna oggi con una nuova sensualità, nonché con il piacere edonistico e spirituale della ricerca di sé stessi che dall’età classica riappare ai giorni nostri, in forma ri-mediata con un corretto stile di vita, per provare a sciogliere, seppur in maniera illusoria e temporanea, i nostri dubbi identitari.
- Riccardo Campa, La rivincita del paganesimo: una teoria della modernità , D Editore, Ladispoli, 2013.
- Vanni Codeluppi, Il biocapitalismo. Verso lo sfruttamento integrale dei corpi, cervelli, emozioni, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.
- Mike Featherstone, Mike Hepworth, Bryan S. Turner (a cura di), The body. Social process and cultural theory, Sage, Londra, 1982.
- Denise H. Sutton, Globalizing ideal beauty: women, advertising and the power of marketing, Palgrave Mcmillan, Basingstoke, 2009.
- Brian S. Turner, Regulating bodies. Essays in Medical Sociology, Routledge, Londra, 1992.