Il libro dei morti è una raccolta di testi funerari dell’antico Egitto, conservati su supporti diversi (dalle pareti della camera funeraria al papiro), che avevano la funzione di accompagnare il defunto nel suo viaggio nell’aldilà e fargli superare, tramite le formule e i racconti in esso contenuti, il giudizio cui l’avrebbe sottoposto il dio Osiride.
Il libro dei morti digitali, scritto da Giovanni Ziccardi e pubblicato dalla casa editrice UTET, tramite un’ampia raccolta di esempi passa in rassegna i punti più attuali e più importanti di un aspetto sempre più presente nelle nostre società: la presenza della morte nei nostri ambienti e nelle nostre interazioni digitali. Che si tratti di forme di lutto, di dati da gestire, di memorie da costruire, di oblio da garantire, di rappresentazioni digitali della morte, dalla morte in diretta al “selfie col morto”, morte e morti nella Rete non possono più essere ignorati e questo da diversi punti di vista: non solo quello tecnicamente digitale, ma anche quello antropologico e sociale, senza dimenticare l’aspetto giuridico.
Si potrebbe osservare che dall’attenzione e dalla preoccupazione per la vita dopo la morte, espressa nel libro dei morti degli antichi egizi, si sia passati all’attenzione e alla responsabilità per la vita oltre la morte, che Il libro dei morti digitali documenta con precisione. Non si tratta di una novità dei nostri tempi, poiché dei morti e della morte gli esseri umani, i sopravvissuti se ne sono sempre dovuti occupare, in primo luogo per questioni sanitarie, religiose, etiche e sociali (cfr. Thomas, 1976), ma anche e soprattutto per superare quel trauma (cfr. Morin, 2014) che la morte provoca in tutti gli uomini (una condizione antropologica) e che tutte le attività simboliche, più o meno ritualizzate o più o meno razionalizzate, aventi come oggetto la morte e i morti sono un modo, come ha ben analizzato Louis Vincent Thomas, di assicurare la “pace dei viventi”, vale a dire di riportare ordine, equilibrio, senso, nella vita delle comunità, anche quelle digitali, dopo il passaggio destabilizzante della morte (cfr. Thomas, 1996). Naturalmente Ziccardi, grazie alle sue competenze professionali (insegna Informatica giuridica all’Università Statale di Milano), inserisce queste tematiche antropologiche generali nel contesto specifico del digitale.
Attraverso una scrittura dallo stile scorrevole, l’autore fornisce al lettore, anche al meno esperto, gli strumenti necessari per comprendere e valutare sfide, contraddizioni e rischi che la relazione morte-digitale comporta. Risulta così particolarmente interessante il capitolo dedicato alla gestione delle tracce digitali degli utenti, che non si estinguono automaticamente con la morte dei loro possessori e produttori, e che possono generare problemi legali legati sia alla commercializzazione dei dati da parte dei provider sia alla privacy degli utenti, benché deceduti (capitolo 4: L’eredità digitale). Non mancano nel libro i riferimenti a nuove pratiche digitali legate alla morte, le quali, al di là delle controversie che possono sollevare, sono senza dubbio segno del nostro modo contemporaneo di affrontare, in modi e con implicazioni molto diversi, il trauma della morte.
Le nuove iscrizioni mortuarie deposte in Rete
Il merito del libro sta proprio nel portare il lettore a riflettere sull’esistenza di interazioni digitali con la morte che in alcuni casi forse non sono del tutto condivisibili, ma di cui sicuramente non si può ignorare l’esistenza: dai diari e i blog sul dolore, al suicidio in diretta, dalla trasmissione in streaming della cerimonia funebre ai selfie durante il funerale. Ma è soprattutto la seconda parte del libro, dove si tratta della contrapposizione tra immortalità e oblio, che introduce il lettore alla tematica forse più interessante sul tema e che sicuramente anima maggiormente il dibattito attuale, non solo sul destino e la destinazione dei dati dopo la morte del loro possessore, nell’ottica di una Digital Afterlife che ormai da qualche anno interessa un numero crescente di ricercatori, ma anche sul destino dell’uomo strictu sensu, sul suo (immemorabile) desiderio di immortalità e sugli strumenti digitali per soddisfare tale desiderio. Essere ricordati o essere dimenticati è, in parte, una scelta personale: ma soprattutto il risultato della convergenza, spesso problematica, come avverte l’autore, di dispositivi e di ambienti digitali da un lato e di disposizioni legislative dall’altro, che subiscono trasformazioni continue.
Il libro digitale dei morti è un libro da leggere per non dimenticare un aspetto della tecnologia che l’autore sottolinea in chiusura: portare beneficio all’essere umano.
- Edgar Morin, L’uomo e la morte, Erickson, Trento, 2014.
- Louis-Vincent Thomas, Antropologia della morte, Garzanti, Milano, 1976.
- Louis-Vincent Thomas, Rites de mort. Pour la paix des vivants, Fayard, Paris, 1996.