Ray Davies (The Kinks), Tony Knight’s Chessmen (popolare rhythm’n’blues band degli anni Sessanta in Inghilterra)), Rufus Thomas, Otis Spann, Champion Jack Dupree, Rico Rodrigues (il più noto trombonista reggae), Alexis Korner, Zoot Money, Carol Grimes, Delivery, Spontaneous Music Ensemble, Shirley Collins and the Albion Country Band, Caravan, Robert Wyatt, Hugh Hopper, Kevin Ayers, Mike Oldfield, Steve Miller, Lindsay Cooper, Andrea Centazzo, Derek Bailey, Steve Beresford, Chris McGregor’s Brotherhood of Breath, Steve Lacy, Brian Eno, Keith Tippett, Fred Frith, Evan Parker, Giancarlo Schiaffini, The Damned, Ultramarine. Questo (incompleto) elenco di musicisti e gruppi ha in comune un nome: Lol Coxhill, sassofonista, attore, improvvisatore e tante altre cose.
L’eterogeneità dell’elenco è probabilmente il tratto distintivo della grande apertura mentale nonché musicale di Coxhill, a suo agio veramente con ogni tipo di musica, eppure sempre in grado di mantenere una sua forte e distintiva personalità, oltre le presunte barriere stilistiche. Nato il 19 settembre 1932 a Portsmouth, nell’Hampshire, George Lowen Coxhill è stato un personaggio bizzarro, fuori dagli schemi, un battitore libero che ha raggiunto nel corso degli anni una sorta di alone leggendario, con il suo sassofono soprano a spasso tra rhythm’n’blues, jazz, busking, improvvisazione libera, addentellati canterburiani e irruenze punk. All’interno della triade Sidney Bechet/Steve Lacy/John Coltrane, Coxhill è riuscito a costruirsi una sua personale visione del sassofono soprano, caratterizzata da un suono caldo e gioioso, sghembo, ricco di elementi inconsueti e sempre avventuroso.
“Il sassofonista Lol Coxhill ha sempre percorso strade tortuose nella musica: a volte è geniale, meno spesso è scontroso, apparentemente autoironico, con un umorismo asciutto che sembra essere a suo agio in un gruppo rock o nell’esibirsi con i più rispettati improvvisatori del mondo. Lol è un originale non categorizzabile, il cui atteggiamento aperto a musiche di ogni tipo ha preannunciato una tendenza di spicco nella musica improvvisata degli anni Settanta… Nessun musicista jazz britannico esemplifica meglio di Lol Coxhill lo spirito dell’errante solitario”
(Wickes, 1999).
Così, nelle efficaci e appropriate parole di John Wicks nel suo fondamentale libro Innovations in British Jazz Volume One 1960-1980, la figura di Coxhill è delineata, inquadrando nel migliore dei modi la sua carriera e, in estrema sintesi, anche la sua estetica musicale. In questo mare magnum di collaborazioni dove certo è difficile trovare un minimo comun denominatore se non il franco piacere del suonare, alcuni punti fermi, sorta di approdi sicuri e ampiamente riconoscibili, possono essere individuati. Il primo è certamente la confidenza con il mondo di Canterbury: dalla collaborazione con i Caravan di Waterloo Lily, loro quarto album uscito nel 1972, il primo con Steve Miller in luogo di David Sinclair, quasi a infrangere l’egemonia del fiatista titolare Jimmy Hastings (comunque presente anche in questo album) alla formazione dei Whole World di Kevin Ayers nella realizzazione di quel piccolo capolavoro che è Shooting At The Moon del 1970, oltre che nei concerti alla BBC e ad Hyde Park, passando per l’esordio solista nel 1973 di Hugh Hopper 1984 (altro eccellente album) fino alla proficua collaborazione con Steve Miller, conosciuto già ai tempi dei Delivery e con il quale pubblica due notevoli album (in seguito riuniti su cd dalla Cuneiform), Coxhill/Miller Miller/Coxhill del 1973 e The Story So Far… …Oh Really? (un album in comproprietà, con la facciata A di Miller e la B di Coxhill), nei quali si fa strada una sorta di singolare jazz rock dalle atmosfere stravaganti, dovute soprattutto alle eccentricità del sassofonista. Altro punto di riferimento di Coxhill è la sua assidua attività nell’area della libera improvvisazione: qui, probabilmente, risiede la sua maggiore riconoscibilità, essendo stato uno dei personaggi di maggior spessore di quel mondo, forte di una capacità improvvisativa di altissimo livello.
Lol Coxhill ripreso durante una sua incursione al festival di Sant’Anna Arresi, dove si esibì con Steve Beresford e Tony COe, ovvero il trio Melody Four (foto ©Agostino Mela).
Basti solo fare riferimento, per esempio, alle due Company Sessions organizzate da Derek Bailey nel 1977 e poi pubblicate (solo in parte) negli album Incus Company 6 e Company 7, oltre a Fictions, frutto di un’ulteriore session con Bailey, Misha Mengelberg, Steve Beresford e Ian Croll. Nelle due Company del 1977 Coxhill suona con, tra gli altri, Steve Lacy, Evan Parker e Anthony Braxton, in un consesso che comprende forse i tra i migliori sassofonisti dediti all’improvvisazione libera. Ma vanno anche sottolineate le collaborazioni avute in precedenza con lo Spontaneous Music Ensemble (SME), la partecipazione nei primi Novanta alla Dedication Orchestra in memoria dei jazzisti sudafricani residenti in Inghilterra e alla Mike Westbrook’s Brass Band, il trio con Keith Tippett e la presenza nell’ultimo concerto dei Centipede al Rainbow Theatre nel dicembre del 1971, i duo con Alan Gowen e con Veryan Weston, il suo importante ruolo nella London Improvisers Orchestra e persino l’organizzazione di corsi di improvvisazione per i giovani di Bradford.
Ovviamente è solo una piccola parte delle sue innumerevoli partecipazioni e collaborazioni, ma forse basta per inquadrare il suo fondamentale ruolo in questi ambiti. Altro importante angolo visuale per tentare di dare un quadro un minimo organizzato sulla figura e sull’opera di Lol Coxhill sono le sue sortite soliste, i lavori (pochi) a suo nome. Qui non si può non partire dal suo mitico doppio album Ear Of Beholder, pubblicato dalla Dandelion Records di John Peel nel 1971 e che vede la presenza, tra gli altri, di Robert Wyatt, Kevin Ayers (a nome Kirwin Dear), David Bedford e Mike Oldfield. Il nostro è qui presente ai sassofoni soprano e tenore, al flauto e alle percussioni oltre che alla voce.
“Ear era un album molto eclettico per l’epoca, con quello che oggi verrebbe definito un programma postmoderno. Un mix stravagante di jazz, cabaret, melodie da salotto, ska, liberi scrosci, assoli (registrazioni low-fi su Hungerford Bridge), includeva anche contributi di Bedford, Wyatt e di un Mike Oldfield pre-Tubolar Bells. Suona un po’ come una registrazione della seconda generazione di improvvisatori di qualche anno dopo – una versione di I Am The Walrus dei Beatles (che gli Oasis hanno a loro volta coverizzato 24 anni dopo) eseguita da un piccolo coro di scolari (otto anni prima di The Wall), improvvisazioni di sax tenore (diversi anni prima di David Murray) e un libero scambio con i colleghi olandesi, il tutto mescolato in uno stufato sperimentale”
(Barre, 2017).“Nella Whole World Band di Kevin Ayers, Lol Coxhill formò un duo con il pianista David Bedford per una tournèe di recital tra il 1970 e il 1972. Alcuni dei lavori del duo Coxhill-Bedford sono apparsi nell’album di debutto di Lol, Ear Of Beholder, esecuzioni in stile cabaret di brani di Bedford, standard jazz e interpretazioni di dimenticate canzoni da salotto presentate in modo tale da lasciare il pubblico a chiedersi se prenderle sul serio. A Lol è stato concesso il controllo completo su Ear Of Beholder e l’album è stato realizzato con l’aiuto di John Peel di Radio 1. Questo doppio LP documenta in forma di istantanea il carattere ampio della vita musicale del sassofonista, che implicitamente propone una musica senza barriere artistiche, stilistiche o sociali. Ci sono monologhi di sax soprano registrati in modo amatoriale su Hungerford Bridge e a Piccadilly, liberi e stridenti ska strumentali, il tutto eseguito in situazioni live e in studio con David Bedford, Robert Wyatt, Mike Oldfield e altri. I Am The Walrus e altri brani suonati con gli scolari di Brixton; un’interpretazione in stile cocktail lounge di Insensatez con Ed Speight; improvvisazioni in solo di sax tenore con sovraincisioni; e session di improvvisazione libera con musicisti dall’Olanda”
(Wickes, 1999).
Nelle parole dei due critici inglesi c’è l’esatta fotografia di quello che può benissimo considerarsi un lavoro di culto, un oggetto non identificato che vaga nel tempo, assolutamente irripetibile e colmo di idee e sorprese, da affiancare senza nessuna esitazione a Trout Mask Replica di Captain Beefheart. Altro fondamentale lavoro è il doppio cd della Emanem uscito nel 2002, Spectral Soprano, che raccoglie esecuzioni con vari musicisti e ensemble dal 1954 al 1999: London Improvisers Orchestra, The Melody Four con Tony Coe e Steve Beresford, John Edwards, in solo con soprano e voce, i succitati Chessmen di Tony Knight, Pat Thomas, Steve Miller, Veryan Weston, un multiforme quadro di jazz, improvvisazione, elettronica, rhythm’n’blues e bizzarrie, divertissement, un viaggio sonoro senza confini. Ancora da segnalare, è assolutamente Fleas In Custard, pubblicato nel 1975 dalla Virgin Caroline e purtroppo mai ristampato, un album che vede Coxhill alle prese con sassofoni synthesized (soprano e contralto), in un lavoro nel quale il sassofonista, tra i primi a sperimentare con effetti elettronici applicati ai sassofoni, riversa su vinile la sua estrema versatilità e l’eccentrica comunicativa costruendo percorsi e traiettorie inusuali. In questa breve e assolutamente incompleta trattazione e disamina del personaggio e musicista Lol Coxhill, è stato omesso volutamente un progetto, anch’esso alquanto bizzarro, portato avanti dal 1982 al 2010: The Recedents, con evidente riferimento ai Residents, un trio di improvvisazione formato dal nostro sassofonista insieme al chitarrista Mike Cooper e dal batterista Roger Turner e che ci dà modo di introdurre l’altro personaggio fondamentale del nostro racconto. Se c’era uno spirito libero, errante, fuori dalle classificazioni e privo di barriere stilistiche, vicino agli approcci musicali ma soprattutto filosofici di Lol Coxhill, questo non poteva essere altro che Mike Cooper, nato a Reading il 24 agosto 1942. Partito come chitarrista e cantante country blues, agli inizi degli anni Sessanta Cooper suona con i massimi rappresentanti del blues afroamericano quali Mississippi Fred McDowell, Howlin’ Wolf, John Lee Hooker, Bukka White, diventando rapidamente uno dei più influenti e dotati musicisti del British Blues.
Al contrario di Lol Coxhill, pubblica numerosi album a suo nome, dai primi lavori improntati all’estetica blues come Oh Really!? (Pye Records, 1969), via via allargando il suo campo d’azione nei territori del jazz e della libera improvvisazione, coinvolgendo artisti come il contrabbassista sudafricano Harry Miller (Do I Know You? Dawn Records, 1970) o i sassofonisti Mike Osborne, Alan Skidmore e Geoff Hawkins (Trout Steel Dawn Records 1970), arrivando a collaborare con Steve Beresford, Keith Rowe, David Toop, Eddie Prevost, Paul Lovens, Phil Minton, ma anche Chris Abrahams dei Necks (Ocean Feeling-Like Room40, 2008 e Praxis, sempre stessa etichetta, 2020), i nostri Roberto Bellatalla e Fabrizio Spera (l’affascinante Truth In The Abstract Blues Rai Trade, 2009), in un crescendo di multiformi progetti, band, album e concerti, sperimentando a tutto campo, fino a elaborare pienamente quell’estetica assolutamente libera che incorpora in modo omogeneo e creativo blues, folk, suggestioni hawaiane, rebetiko, elettronica, low-fi, improvvisazione, jazz e che ne contraddistingue, in un unicum, la personalità artistica oltreché umana. Innegabile la sua vicinanza, nell’approccio artistico e musicale, al sassofonista Coxhill: ambedue tesi a creare molteplici connessioni, incuranti degli stili e delle correnti, ma pronti ad influenzare e farsi contaminare in maniera proficua, spontanea e originale da mille suggestioni. E in questo loro errare, delineano un affresco sonoro unico, un mix di suoni e note inebriante, e certamente inconsueto. Non stupisce più di tanto, quindi, l’omaggio che il chitarrista ha voluto fare al suo vecchio amico Lol Coxhill scomparso ormai più di dieci anni fa, il 9 luglio 2012.
“Lol e io ci siamo incrociati durante gli anni ’60 e i primi anni ’70 in molti festival in cui suonavamo entrambi, come navi che si incrociano sull’oceano. Mi piace pensare che tutti e due sapessimo, d’istinto, che prima o poi sarebbe arrivato il momento giusto per suonare qualcosa assieme, quando sarebbe stato il momento giusto per fare musica. Le nostre radici erano simili. Io suonavo un country blues acustico e lui di solito era con una band blues o R’n’B. “Watcha Mike” era il suo saluto e questo valeva molto per me all’epoca. Sentivo che eravamo «amici». Alla fine, nei primi anni Ottanta, insieme al batterista/percussionista Roger Turner, abbiamo formato il trio di improvvisazione The Recedents. Era il momento giusto e quel momento è durato più di 20 anni. Per me lui era lo sciamano, il mutaforma, il burlone, colui che «…mostra un alto grado di intelletto o di conoscenza segreta e lo usa per inventarsi qualcosa o per disobbedire alle normali regole e sfidare le convenzioni». Naturalmente lui avrebbe negato tutto questo e accusandomi di dire «un mucchio di stronzate», cosa che faceva spesso e che spesso era ed è ancora vera”
(Cooper, 2024).
L’affettuosa e intima presentazione di Mike Cooper per Soprano-An Homage To Lol Coxhill edito solo in digitale dalla Room40 dà la giusta cornice al lavoro, con quel tratto un po’ intimista che vive tra persone che condividono ideali e pratiche artistiche. Undici musicisti da tutto il mondo ai quali sono stati inviati dei brani, composti dallo stesso Cooper, e su queste hanno interpretato, creato e improvvisato il loro personale omaggio a Coxhill, facendo del disco in questione un piccolo caleidoscopio di emozioni sonore, affreschi musicali intensi e multiformi. I brani di Cooper, basati su flussi elettronici nei quali si incastonano rumori, echi blues e soffi improvvisativi, non forniscono solo una base sulla quale improvvisare ma creano un tessuto connettivo che permette di avere un vero e proprio interplay come se i protagonisti suonassero in presenza. Si parte dal sassofonista inglese John Butcher, con una Warp And Weft materica e densa, nella quale l’estetica butcheriana fatta di suoni multipli, frullati e silenzi in questo caso è arricchita da incisivi e a tratti melodici fraseggi, per passare, con Mr. Butterfly, al soprano del francese Michel Doneda, misterioso, con linee tenute, silenzi e suoni non convenzionali assolutamente intersecati alla base di Cooper.
Sorprendente è Koko Monteti, con il soprano di Elliott Sharp che si produce in un esercizio di sibili ed effetti noisy, mentre Aimlessly, con il sassofonista dei Roots Magic Errico De Fabritiis qui in una eccellente e inusuale prova al soprano, è caratterizzata da un’atmosfera eterea, meditativa, un dialogo con Cooper fatto di silenzi, lunghe note inframezzate da brevi passaggi veloci e nel finale un notevole lavoro sul registro acuto. Il sassofonista di Valencia Josep Galiana è il protagonista di Eternal Breath, dove evocative pennellate elettroniche sorreggono un’unica nota tenuta dalla respirazione circolare che poi si espande in armonici e fraseggi nervosi. A tratti commovente, con un suono caldo e limpido, alternato a slap e suoni multipli, è il ritratto dipinto da Gianni Gebbia in The Cox On The Hill, nel quale la movimentata base di Cooper, tra elettronica e delicate note di tastiera sporcate da effetti noisy fornisce una appropriata cornice alla straordinaria interpretazione del musicista siciliano.
Dings, astratta e inquieta, silente, vede la partecipazione del sassofonista viennese Max Nagl, uno degli esponenti di punta della scena jazz austriaca e continentale nonché con precedenti assieme a Coxhiil anch’egli e Requiem For One quella dell’inglese Aaron Hawkins, con il suo sax obliquo e colmo di fraseggi insoliti in contrasto con un Cooper dai suoni alieni. Ricca, lirica, con brevi tratti lacyani, talvolta sporca e nervosa, di concerto con l’esuberante traccia base, è l’interpretazione del membro del Rova Saxophone Quartet Jon Raskin in Above Water Sax a cui fa seguito una Downtown Rank estrema, ruvida, nevrotica nella quale uno dei massimi esponenti del jazz inglese, Larry Stabbins, elabora un quadro evocativo della figura di Coxhill, reintepretandolo nella sua essenza. Chiude il disco il veterano della free improvisation inglese, sassofonista, poeta e visual artist Terry Day, che in Shimmer lancia scorribande sonore, irruenza e vigore intrecciati al flusso effettistico di Mike Cooper, concludendo nel migliore dei modi il viaggio musicale in memoria di Lol Coxhill. Pur nella varietà dei musicisti presenti, il lavoro assume dei connotati omogenei, in una composita rappresentazione di un’estetica free che esalta l’effettismo, l’inconvenzionalità, la sperimentazione ma che non rifugge allo stesso tempo pennellate e spazi di lirismo e calore, rievocando in maniera originale la figura di Coxhill. Gli undici brani mostrano altresì la vulcanica inventiva del musicista inglese, che elabora in piccoli racconti sonori intimi e poliedrici, una sorta di musica totale dove sono racchiuse le mille storie vissute da Cooper atte a includere e a contagiare le visioni degli altri musicisti coinvolti. In un quadro di alto livello generale, vanno sicuramente segnalate, non certo per mero spirito patriottico, le interpretazioni di Gianni Gebbia e Errico De Fabritiis, così come quelle di John Butcher, Larry Stabbins e Michel Doneda.
“Lo conoscevo e lavoravo con lui dal 1971 e mi sentivo privilegiato a suonare con una persona che era allo stesso tempo un musicista virtuoso e una persona unica, divertente, originale e generosa. Quando è morto, nel 2012, ho provato la tristezza di perdere il contatto con un uomo davvero straordinario. Nel mio blog ho scritto: “Non faceva che cercare situazioni complicate. Per me questa è la misura di un improvvisatore: un musicista che si muove al di là della propria zona di confort, che cerca di sgretolare la propria estetica e i propri tic, che era anche disposto a passare da stupido e rischiare di fallire, ma che costruisce spazi operativi in ogni situazione, per quanto risaputa o ridicola. Gli altri sono solo stilisti. Dico questo sapendo che Lol non è mai stato insignito dello status di autentico improvvisatore dai giudici di gara, metaforicamente parlando; i suoi margini erano il suo centro, i suoi modi da girovago, l’ombra del suo soprano calvo, le sue convoluzioni e le sue pieghe, i suoi sviluppi serpentini nell’oscurità impercettibile. Era perseguitato dall’eccentricità, dal fatto di suonare per strada, dal suo aspetto, dai suoi vestiti, dalla sua calvizie, dal suo lato comico, eppure non si sottraeva mai alla pesante responsabilità di alleggerire le situazioni”
(David Toop, 2019/2024).
- Chris Abrahams & Mike Cooper, Oceanic Feeling-Like, Room40, 2008.
- Chris Abrahams & Mike Cooper, Praxis, Room40, 2020.
- Kevin Ayers And The Whole World, Hyde Park Free Concert 1970, Reel Recordings, 2014.
- Kevin Ayers And The Whole World, Shooting At The Moon, Parlophone, 2016.
- Kevin Ayers And The Whole World, BBC Radio 1 Live In Concert, Not On Label, 2018.
- Caravan, Waterloo Lily, Deram, 2019.
- Company 6 & 7, Incus, 1991.
- Company, Fictions, Incus, 1981.
- Mike Cooper, Do I Know You?, Strange Days Records, 2006.
- Mike Cooper, Trout Steel, Paradise Of Bachelors, 2014.
- Mike Cooper, Oh Really!?, Trading Places, 2019.
- Lol Coxhill, Fleas In Custard, Caroline Records, 1975.
- Lol Coxhill, Spectral Soprano, Emanem, 2002.
- Lol Coxhill, Ear Of Beholder, Radiation Reissues, 2016.
- Hugh Hopper, 1984, CBS, 2020.
- Steve Miller, Lol Coxhill, Miller/Coxhill Coxhill/Miller “The Story So Far…” “…Oh Really?”, Cuneiform, 2007).
- The Recedents, Zombie Bloodbath On The Isle Of Dogs, Nato, 1995.
- The Recedents, Wishing You Were Here, Freeform Association, 2014.
- Truth In The Abstract Blues, Truth In The Abstract Blues, Rai Trade, 2009.
- Trevor Barre, Convergences, divergences & affinities. The second wave of Free Improvisation in England, 1973-1979, Compass Publishing, United Kingdom, 2017.
- Mike Cooper, A Note from Mike Cooper, su Room40.bandcamp/Soprano – An Homage to Lol Coxhill, 2024.
- Barbara Schwarz, The Sound of Squirrel Meals: The Work of Lol Coxhill, Blackpress, Hamburg/London, 2006.
- David Toop, Flutter Echo: Living Within Sound, Omnibus Press, (estratto riportato su Room40.bandcamp/Soprano – An Homage to Lol Coxhill, 2024), Londra, UK, 2019.
- John Wickes, Innovations in British Jazz. Volume One 1960-1980, Soundworld Publishers, Chelmsford, 1999.