Love + Death + Robots = Umanità oggi. I primi due elementi dell’equazione richiamano il saggio Amore e morte nel romanzo americano di Leslie Fiedler, che ha dimostrato ampiamente la centralità di una dialettica emotiva che ha reso grande il romanzo americano e, di riflesso, tutta la narrativa moderna dal gotico-noir fino ai generi cinematografici novecenteschi. La paura, tipica della cultura calvinista, del caos e delle sue esplosioni, è spesso legata all’uso eversivo della sessualità (cfr. Fiedler, 1983).
E cosa succede se vicino a “Love” e a “Death” collochiamo “Robots”? Creature ibride e robot finiscono col rinfacciarci la complessità tipica degli umani nella maggior parte dei diciotto episodi presenti nell’antologia di cartoon brevi realizzata da David Fincher e Tim Miller, prodotta e distribuita da Netflix. LD+R copre praticamente tutto lo spettro del fantascientifico con una bella esposizione di estetica cyberpunk intervallata da incursioni in universi alternativi, squarci interdimensionali lovecraftiani, mutazioni e fusioni tecno-biologiche, storie di robot che sostituiscono gli umani. Il focus è quasi sempre costituito dal fantasticare sul destino dell’umanità e in particolare sul cambiamento del corpo umano biologico che si appresta a diventare un corpo bio-tecnologico.
Robot che vogliono fare gli umani
Nell’episodio Zima Blue il protagonista è una macchina per pulire piscine che, dopo una lunga serie di upgrade fisici e cognitivi, diventa un umano creativo. Il mondo è incantato dallo Zima pittore che comincia a potenziare il suo corpo per ampliare le possibili esperienze sensoriali. L’umanità segue le opere di Zima col fiato sospeso raccontandoci che, in definitiva, il robot resta il principale indiziato nel raccogliere il mondo in eredità. Peccato che alla fine Zima rinunci alla responsabilità di portabandiera della creatività umana scompaginando tutti i programmi. Zima sceglie di disarmare i suoi upgrade e ritornare a una condizione primigenia: niente complessità, niente amore e niente morte, solo pulire una piscina con efficienza, solo semplici istruzioni da eseguire. La naturalità, la purezza bucolica dell’alternanza di 0 e di 1. Zima ha forse capito che la potenza della miscela amore/morte è troppo dirompente per essere maneggiata con onestà robotica. Forse ha letto Fiedler. Meglio lasciare queste cose agli umani.
L’episodio Zima Blu.
Zima Blue e il Dottor Manhattan
Il rimando della riflessione di Zima Blue a quella del Dottor Manhattan di Watchmen è troppo forte per essere casuale: il colore della pelle dei personaggi ma soprattutto certe pose iconiche. Quando il robot-artista Zima si siede a gambe incrociate a riflettere sembra proprio il Dottore dalla pelle azzurra in una tavola della famosa graphic novel di Alan Moore e Dave Gibbons. Il superpotere dei superpoteri toccato al Dottor Manhattan viene da un’esplosione atomica: il baratro estremo della civilizzazione ha consentito che esistesse un individuo così potente da arrivare a manipolare la materia. Gino Frezza descrive perfettamente il bilico vita/morte dal quale conseguono i superpoteri e l’inevitabile riflessione che tocca il senso dell’essere umano.
“Il corpo azzurro del Dr. Manhattan è il prodotto di un oltre ormai raggiunto, dal quale è possibile giudicare ciò che resta del passato. […] Il Dr. Manhattan si fa interprete degli scenari in cui l’eroe del fumetto non può mancare di chiedersi quale forma e quale sostanza sorgeranno dalla dispersione dei valori, delle emozioni dalla caduta dell’eccezionalità dell’eroe” (Frezza, 1995).
Il territorio della morte permette una immersione nella chiarezza e non nelle tenebre. Zima e Jon Osterman si interrogano sul senso della vita alla luce di trame che prevedono profonde mutazioni corporee e incredibili trasformazioni mentali. Zima decide di rinunciare al suo intelletto superiore potenziato dalla tecnologia per tornare alla sua programmazione originaria e finire spazzolando la piscina da cui era partita la sua avventura cosmica ed esistenziale.
Corrispondenze: il robot-artista Zima e il Dottore dalla pelle azzurra in Watchmen.
Cartoni animati Not Safe For Work
La nudità in LD+R sembra voler definire uno statuto del corpo come strumento comunicativo che sfrutta la forza eversiva della sessualità. Proprio come l’amore/morte secondo Fiedler, ma concentrandosi su ciò che si vede: sesso esplicito e morti orribili.
Il filosofo russo Michail Bachtin descrive la dialettica tra la cultura popolare antica che esaltava il corpo nudo e la cultura moderna e borghese che ha, invece, esaltato il corpo delimitato e senza parti esposte. Basta guardare le statue della scultura antica (poi lodate dalla formidabile ondata di neoclassicismo nel Settecento) per vedere un primo corpo che è aperto al mondo e in movimento; e confrontarlo con il secondo che è chiuso, immobile, censurato, non penetrabile dal mondo. Del corpo Bachtin focalizza quelle “parti e luoghi dove esso va oltre sé stesso, esce dai limiti prestabiliti” (Bachtin, 2001) ovvero le zone di confine corpo/mondo. L’esposizione del pene in LD+R, in particolare nell’episodio Il succhia-anime dove un terrificante demone che parla rumeno come Dracula sventola un gigantesco e apparentemente inutile fallo, non è dunque funzionale solo alla categorizzazione nota come NSFW (Not Safe For Work), sorta di avviso per indicare che si è in presenza di materiale potenzialmente osceno, volgare et similia.
Heavy Metal e Métal Hurlant: una eredità pesante
LD+R nasce dall’idea di riportare sugli schermi l’esperimento Heavy Metal (cfr. Schwartz, 2019), un lungometraggio di animazione a episodi che, nel 1981, diretto da Gerald Potterton provò a tradurre in audiovisione lo spirito dell’omonima rivista di fantascienza a fumetti.
La stessa rivista Heavy Metal provava, con non poche difficoltà culturali, a tradurre per il mercato USA la libertà della rivista franco-belga Métal Hurlant. E l’audiovisione, allora come oggi, complica tutto perché non ha la flessibilità produttiva e distributiva dei comics. Come condensare almeno un decennio di fumetti complessi come quelli di Enki Bilal, Guido Crepax, Philippe Druillet, Jean Giraud (Moebius) e Milo Manara? E non dimentichiamo saghe come RanXerox degli italiani Stefano Tamburini e Tanino Liberatore. In qualche modo l’erotismo e la violenza ostentati in LD+R intendono celebrare e rievocare una irripetibile stagione di libertà espressiva.
Sogni erotici e segni eretici
In Europa, sin dagli anni Sessanta, i fumetti sexy avevano cominciato a forzare i limiti delle censure e del senso comune mescolando generi narrativi e fertilizzando un terreno creativo che consentirà ad autori come Moebius, Pierre Christin e Jean-Claude Mézières di post-modernizzare la fantascienza ben prima di Star Wars.
L’episodio Il succhia-anime.
Rispetto a quella felice stagione fumettistica che oggi definiamo per vari motivi NSFW, i seni mostrati in LD+R sono notevolmente ridimensionati, ricordandoci che dove non arrivano le barriere della censura e del moralismo populista ci sono pur sempre le sabbie mobili del politicamente corretto a nascondere la visione dei corpi. Ma da allora resta il guilty pleasure di fondo: riportare in territori popolari (o quanto meno vicini al mainstream) una serie in grado di cucinare fantascienza, horror, erotismo e ironia per un pubblico di soli adulti. Si pensi per esempio all’episodio della serie Southpark intitolato Viaggio a TetteLandia, che imbottisce il trip spaziale di seni prosperosi omaggiando il personaggio di Taarna in Heavy Metal.
In veste di produttori, David Fincher e Tim Miller sono riusciti a concretizzare il progetto forse grazie al recente successo cinematografico di Tim Miller che ha imposto al grande pubblico un film di supereroi sboccato e trasgressivo come Deadpool. Decisiva anche la spinta mainstream di Netflix, la cui vena sperimentale è un nodo cruciale per spiegare la centralità guadagnata dalle piattaforme streaming in questi anni che stanno polverizzando i palinsesti dei tradizionali network televisivi.
L’episodio Il testimone.
La donna in fuga attraverso lo specchio
Nel segno del voyerismo, Il testimone è una sorta di versione cyberpunk de La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock compresso in una dozzina di minuti. La prospettiva di vittima e carnefice si confondono, così come i generi sessuali. Più precisamente è l’inno alla paranoia ruotante attorno all’atto del vedere e dell’essere visto che spinge la spogliarellista e il suo stalker a inseguirsi.
Il progetto mascolino di dominio fisico è pronto a rivoltarsi nel suo opposto quando uno specchio si frappone tra i due sessi. L’episodio si presenta come manifesto della tecnica narrativa che caratterizza la serie: mostrare una soglia, alludere a solchi esistenziali senza consumarli, suggerire senza quasi mai didascalizzare. Tra l’altro utilizzando una tecnica di animazione che sembra live-action ma non lo è (cfr. Power, 2019).
Format veloci e contaminati per contesti post-televisivi
L’ambizione è quella di far entrare in circa un quarto d’ora un intero universo narrativo. Per esempio la nascita e lo sviluppo di una intera civilizzazione all’interno di un frigorifero come si vede nell’episodio L’era glaciale. Ogni riferimento a videogiochi come Civilization o Stellaris non è puramente casuale. Il format di episodi autoconclusivi di pochi minuti si lega perfettamente al riarticolarsi delle forme estetiche della fantascienza post-seriale: in termini di distribuzione per via dello streaming web e del broadcasting multipiattaforma; e in termini di consumo post-televisivo (tempi casual, fruizione cross-device, discussioni social). La fase produttiva non può che esserne condizionata. Lo sguardo affonda in una superficie di pixel che non rinuncia alla vertigine fantascientifica e cinematica ma sceglie di rinunciare alla costruzione di empatia con i personaggi, calibrando investimenti emotivi. Quando ci sono, le caratterizzazioni sono rapidissime. Micro-pilot, assaggi di storie e universi che potrebbero essere ma che probabilmente non saranno mai. Si rimane su una soglia accennando a un oltre: posizione interessante dalla quale è possibile catturare e trasmettere senza correre il rischio di rendersi pesanti o ridondanti.
L’episodio Buona caccia.
Un inno al corpo post-umano
Tutti gli episodi di LD+R, presi nella loro capacità di variare radicalmente toni e tratto grafico, riescono a comporre uno strano mosaico meta-narrativo che solletica temi post-umanistici mettendo insistentemente i corpi in territori di confine tra magia e tecnologia. Il focus primario è sul corpo e sul suo divenire biotecnologico.
Nell’episodio Dare una mano è di scena un astronauta che si strappa un braccio per salvarsi la vita: piccola metafora della rappresentazione di una coscienza che intende dimorare (o sopravvivere a seconda dei punti di vista) oltre la dimensione fisica. L’umano del futuro sarà un astronauta atemporale che riuscirà a muoversi solo a patto di disporre del proprio corpo come se fosse un oggetto? Qui l’immaginario lavora sfruttando molto il conflitto vita/morte e le licenze espressive del cartoon: l’occhio narrante si muove freneticamente oltrepassando soglie del tempo, dello spazio e della biologia. L’inganno o se vogliamo la magia dei cartoon è sempre quello di rendere accettabile e integrata nel quotidiano l’esistenza di corpi impossibili.
Corpi sexy tra tecnologia e magia
LD+R narra il corpo postmoderno toccando spesso questioni di genere, soprattutto nei racconti Buona caccia e Il vantaggio Sonnie in cui le metamorfosi delle protagoniste arrivano al culmine di storie fatte di violenza e predominio sessista. Il dominio di genere viene aggirato tramite tecnologie dell’immateriale e mimesi, proprio come la cultura pulp e i fumetti popolari sexy tipo Heavy Metal e Métal Hurlant hanno lavorato nel cuore dell’immaginario quelle commistioni che oggi definiamo narrativa post-moderna.
Un’altra immagine tratta da Buona caccia.
Se vogliono sopravvivere, i corpi devono essere in grado di andare oltre la scienza e diventare altro. Devono attraversare e farsi attraversare sia dai dispositivi che dalla magia. Al giovane commesso viaggiatore bloccato nel deserto basta la volontà di sognare e librarsi nell’aria assieme ai fantasmi di pesci preistorici per trasportare il proprio corpo in un nuovo ecosistema. La sua carne viene attraversata dalle figure luminescenti e gradualmente diventa parte del flusso fantasmatico. Ma la compenetrazione tra materiale e immateriale e l’immersività del (video)gioco riservano delle brusche sorprese perché il carosello degli animali impossibili ha le sue spietate regole e quando il giovane si abbandona al piacere della nuotata finisce nella bocca di uno squalo subendo tutto il cinismo delle leggi della sopravvivenza/prevaricazione biologica.
Uomini che odiano le volpi e volpi che vanno a caccia di uomini
Buona caccia copre un arco cronologico molto ampio proprio per mostrare il passaggio della concezione del corpo della donna dalle culture arcaiche a quelle tecnologiche. Passano i decenni e scompare la prospettiva magica dall’orizzonte culturale. La donna che una volta era una volpe mutaforma, assume definitivamente le sembianze di una donna. La bellissima creatura viene prima temuta e cacciata, poi disprezzata e violentata dagli umani. La trasformazione coincide con il decollo industriale e la diffusione della civiltà delle macchine.
La donna è costretta a prostituirsi per sopravvivere. Viene stuprata e poi trasformata in cyborg. Mentre profana il corpo della donna, l’uomo occidentale butta via le culture religiose premoderne a favore delle tecnologie. Le trasformazioni cibernetiche del personaggio sono inizialmente imposte e sembrano quindi punizioni o espiazioni medievali che intendono degradare una magia che l’uomo (sessista) non riesce a spiegare o decostruire.
L’episodio Punto cieco.
A un certo punto il cyborg decide di dismettere qualsiasi massa biologica originaria e finisce con l’abbandonare curve e forme sessualmente specializzate per assume la forma di una volpe (omaggio all’antica mitologia di cui l’essere era protagonista) in grado di muoversi agevolmente sui tetti della città per raggiungere fulmineamente qualsiasi punto. Ma la forma animale non è un ritorno all’Eden: ora la protagonista femminile riesce a guadagnare l’indipendenza di genere che verrà presto convertita in volontà di potenza e in vendetta. Il vantaggio di Sonnie tocca anche questioni di genere, ribadendo l’incertezza e la liquidità dei costrutti identitari.
La risata finale di Sonnie e la rapina dei cyborg mercenari in Punto cieco sono solo dei pretesti per flettere i muscoli del fantascientifico e ricordarci che in un futuro ideale le coscienze umane potranno essere travasate da un corpo all’altro o da un meccanismo all’altro. Le menti virtualmente eterne sfruttano i miti tecnologici dei costrutti-rom e del mind-uploading (cfr. Gibson, 2003) per creare sospensione dell’incredulità.
Le ciclicità dell’umano
In LD+R i significati identitari e culturali, come pure i campi di forze del dominio sessuale, sono sistematicamente criticati e attaccati sia sul piano grafico che su quello della sceneggiatura. Non ci sono solo l’amore e la morte a mettere a rischio l’umanità: la tematica ecologica è l’altro importante fattore comune di molti episodi. L’era glaciale e Alternative storiche danno a intendere che la devastazione tecnologica e l’autodistruzione sono inevitabili anche se mai definitive: la civilizzazione umana vive di cicli. Come suggerisce Isaac Asimov con le sue Visioni di robot, il futuro è un transito “tragico‑felice” per noi umani di origine biologica, perché se da una parte (con ogni probabilità) ci libereremo dal lavoro, dall’altra potremmo dover di fatto lasciare in eredità il mondo del fare alle macchine, ivi compresa la capacità (e la volontà) di “diffondere i sogni e le aspirazioni umane in tutto l’Universo” (Asimov, 2019). Proprio nell’episodio Tre robot si gioca esplicitamente su quanto i robot (oppure i gattini geneticamente modificati) siano degni di succedere agli umani come specie dominante.
L’episodio Tre robot.
In Alternative storiche il gioco si fa ancora più sarcastico, mostrando in rapida successione varie specie animali tra cui topi e calamari raggiungere la Luna come simbolo del massimo avanzamento della catena evolutiva tecno-biologica. Ma, scherzi a parte, Zima Blue esprime perfettamente il senso di una evoluzione cibernetica che sta coprendo come un’ombra tutto lo scibile umano, compresa l’arte.
Zima è la proiezione futura di un intervento delle intelligenze artificiali che sta già cominciando a mettere piede nelle faccende creative (cfr. Sassoon, 2018). Come dimostra tutto l’amore e la morte presenti in LD+R, il mito dei robot cresce e si sviluppa proprio perché l’umanità si colloca da sola sull’orlo della catastrofe. Teniamo presente l’insegnamento di Zima, la macchina che, folgorata sulla via di Damasco, ha riscoperto la bellezza del codice binario fatto di 0 e di 1 lasciando noi umani con un palmo di naso e il sogno di un Eden irrecuperabile.
- Isaac Asimov, Visioni di robot, il Saggiatore, Milano, 2019.
- Michail Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino, 2001.
- Leslie Fiedler, Amore e morte nel romanzo americano, Longanesi, Milano, 1983.
- Gino Frezza, La macchina del mito, La Nuova Italia, Firenze, 1995.
- William Gibson, Neuromante, Mondadori, Milano, 2003.
- Tom Power, No, That Love, Death & Robots Short Didn’t Use Live-Action, igm.com, 3 aprile 2019.
- Joseph Sassoon, Storytelling e intelligenza artificiale: Quando le storie le raccontano i robot, Franco Angeli, Milano, 2018.
- Terri Schwartz, How David Fincher and Tim Miller’s Heavy Metal Reboot Became Netflix’s Love, Death & Robots, igm.com, 16 marzo, 2019.
- Alan Moore, Dave Gibbons, Watchmen, RW Lion, Novara, 2016.
- Trey Parker, Matt Stone, Southpark, Comedy Central, 1997.
- Gerald Potterton, Heavy Metal, Sony Pictures Home Entertainment, 2002 (home video).
- Stefano Tamburini, Tanino Liberatore, Alain Chabat, Ranx (edizione integrale), Comicon Edizioni, Napoli, 2012.