La componente narrativa nei videogiochi negli ultimi anni ha raggiunto un livello di complessità così elevato da necessitare una cura certosina di tutti gli altri elementi nella creazione di un prodotto videoludico. In alcuni casi, tuttavia, l’architettura digitale si è rivelata una semplice cornice della storia, dunque un elemento sufficiente, ma non necessario per la creazione di un rapporto emotivo con il giocatore (cfr. Bittanti, 2004). Su questo aspetto è importante ragionare quando si parla di Life is Strange 2, uscito il 27 settembre 2018, ma in generale dell’intera saga. Categorizzabile come un interactive drama dalle tematiche adolescenziali, questa esperienza videoludica si dimostra essere anche un viaggio dentro l’esistenza, una carezza data senza permesso, un crogiuolo di sensazioni ed esperienze che la Dontnod Entertainment ci propone ormai da diversi anni con Life is Strange (2015) il primo titolo per ordine d’uscita, e Life is strange: Before the Storm (2017) il secondo titolo per ordine d’uscita ma dal punto di vista cronologico della narrazione il prequel, e ora più che mai col suo terzo titolo, che di fatto sancisce un cambio di luoghi e personaggi.
Una caratteristica che rende la saga di Life is Strange particolarmente interessante è il costante dubbio in cui il giocatore si trova ogniqualvolta viene intrapresa un’azione all’interno della storia. Essa infatti ha le proprie ripercussioni sul mondo del gioco in quanto le scelte compiute dal protagonista nelle fasi di dialogo e negli avvenimenti più importanti delle vicende possono stravolgerne l’esito. Questo è il leitmotiv a cui i giocatori della saga sono abituati dal primo episodio e che ha reso la saga tanto celebre da farle guadagnare nel 2017 il premio miglior storia ai BAFTA Game Awards. Aldilà della componente decisionale, delle fratture etiche e morali che i giocatori sono chiamati a compiere in modo non dissimile ai giochi di David Cage, ciò che viene portato alla luce fin dalle prime vicissitudini dei protagonisti di turno è l’universo inquieto giovanile coi suoi drammi e i suoi eccessi come droga, alcol e bullismo, in altre parole la devastazione (un termine non utilizzato a caso) sentimentale ed emotiva portata agli estremi da chi scopre, si riscopre e afferma nell’adolescenza.
Life is Strange è un’opera romantica per giovani in cui sussiste la lotta dell’essere umano contro la crudeltà del fato e lo struggimento che deriva dal potere di condizionare il destino, ma soprattutto è una storia di amicizia, di coraggio, di ribellione, di creatività (cfr. Hebdidge, 2000).
I protagonisti del primo Life is Strange (Chloe e Max) e di Life is Strange 2 (Daniel e Saen). L’amicizia e la famiglia, i due valori più importanti della serie.
È rottura di schemi, disvelamento di mostruosità e distruzione di tabù, tuttavia mai superficiale, mai banale. È ricerca del proprio posto nel mondo, è lotta costante con la solitudine. In particolare nel secondo titolo della serie, Life is Strange: Before the storm (2017), si denota proprio questo aspetto specifico, nonché il suo sviluppo attraverso le protagoniste Chloe e Rachel, che viene proposto come l’esigenza nell’instaurare rapporti ingenui, puri, che vanno a crearsi nel corso delle interazioni ma che inevitabilmente si scontrano con la cruda realtà del mondo. Complice forse il carisma e la sfacciataggine di Chloe che si relaziona in modo simile anche con Max, l’altra protagonista del primo titolo, ci si trova di fronte a un identico sentire tra le due protagoniste che va oltre i linguaggi consuetudinari (cfr. Peters, 2005) e che viene perpetuato poi, nel resto della serie. Esso confonde, affascina, tocca, coinvolge spiritualmente e muta la relazione tra le protagoniste e il giocatore stesso. L’empatia che si crea attraverso lo schermo snocciola e ricostruisce in forme diverse l’amicizia e, sempre in base alle nostre decisioni, quest’ultima può diventare altro, vero amore. Un amore turbinante, coinvolgente e irrequieto, il tabù dell’omosessualità depotenziato, rinarrato con gentilezza per sconfiggerlo (cfr. Frazer, 2012), che più della carne è il riflesso e l’espressione di una libera ricerca dell’anima gemella che attraverso le prove assurde cui la vita ci sottopone, si vivacizza, si rafforza e trova nuovi spazi del divenire, per dirla con Roger Caillois, proprio nell’ilinx della contemporaneità, la vertigine sensoriale che si proporrebbe, oggigiorno, come l’unica costante intelligibile (cfr. Caillois, 2000).
Il bacio saffico tra Chloe e Rachel è il risultato della maturazione dell’amicizia tra le protagoniste, nonché una delle scelte narrative possibili che infrangono un tabù.
In Life is Strange 2 gli attori in gioco cambiano come i temi principali che li riguardano. I protagonisti sono Daniel e Sean Diaz, due fratelli di origini messicane che per una serie di circostanze nefaste e fraintendimenti dovuti anche a una certa dose di pregiudizio e razzismo che portano alla morte del padre, sono costretti a fuggire iniziando di fatto un viaggio di formazione e di scoperta.
La prima parte delle cinque attualmente giocabile, Roads, racconta proprio l’inizio di questo viaggio, questi due ragazzi che si ritrovano loro malgrado nomadi e solitari come lupi (una simbologia che si ritrova per tutta la durata della narrazione) fianco a fianco, proteggendosi a vicenda. L’introduzione nel gioco della tematica delle discriminazioni razziali dovuta alle attuali politiche del presidente Trump, si affianca ancora una volta alla tematica della solitudine giovanile, che stavolta viene affrontata da un altro punto di vista, prendendo in considerazione un legame consuetamente ritenuto più stretto, cioè quello fraterno. La differenza d’età dei due protagonisti può portare a un allontanamento da parte di uno dei due sia per istinto di protezione che per esigenze di autonomia, tuttavia è grazie alla nostra peculiare posizione di osservatori (e attori) onniscienti che possiamo decidere il percorso di vita dei due ragazzi.
Attraverso la lettura dei loro pensieri e la creazione di un carattere più o meno coerente grazie alle risposte che decideremo loro di dare, quest’avventura adolescenziale diviene qualcosa di più, e come i suoi predecessori si fa carico si messaggi molto più seri di quanto si pensi, rendendosi non più un prodotto per soli videogiocatori ma esperienza mediale per riflettere sui problemi del nostro tempo.
- Matteo Bittanti (a cura di), Per una cultura dei videogames. Teorie e prassi del videogiocare, Unicopli, Milano, 2004.
- Roger Caillois, I giochi e gli uomini, la maschera e la vertigine, Bompiani, Milano, 2000.
- James Frazer, Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione, Bollati Boringheri, Torino, 2012.
- Dick Hebdidge, Sottocultura. Il fascino di uno stile innaturale, Costa & Nolan ed., Milano, 2000.
- John Durham Peters, Parlare al vento. Storia dell’idea di comunicazione, Meltemi, Roma, 2005.