Il cinquantennale dell’allunaggio ha rivisto lo storico album Apollo di Brian Eno solcare i cieli con un nuovo equipaggiamento: da un lato il disco originale, pubblicato nel 1987, dall’altro un nuovo lavoro, sorta di re-immaginazione del precedente.
A dire il vero, l’epopea di Neil Armstrong e compagni ha fatto piovere omaggi a ripetizione, più numerosi delle stelle cadenti nella notte di San Lorenzo: iniziative, opere video, libri e musica. Quanto a rispettare così scrupolosamente l’anniversario (il 20 luglio) della missione Apollo 11 non ci ha pensato solo Eno.
Nello stesso giorno, anche Jeff Mills ha mandato in orbita un omaggio al nostro satellite, allungando l’elenco delle composizioni dedicate al capitolo Luna nella grande storia delle musiche in qualche modo imparentate con la fantascienza e dunque partecipi del medesimo immaginario, seppure con il proprio linguaggio. Il disco si intitola Moon. The Area Of Influence e si origina da questa considerazione di Mills:
“La Luna ha influenze che possiamo rilevare, quantificare e documentare come fatti scientifici. Volendoli considerare come spiegazioni razionali, sorge un problema: è possibile che gli esseri umani abbiano altri legami invisibili di carattere mentale e metafisico non solo con la Luna, ma anche con tutti gli altri corpi celesti all’interno e all’esterno del nostro sistema solare? D’altro canto, visto che il nostro sole ci fornisce sia la luce sia un ciclo vitale, quale influenza potrebbe avere una forza cosmica ancora più grande, per esempio l’oscurità o il vuoto assoluto? Se consideriamo la Luna uno degli elementi che formano un ampio assemblaggio di parti tra loro connesse, allora l’intuizione potrebbe portarci a comprendere più a fondo l’entità del nostro legame. Questo disco, e la fantasia che ha contribuito a produrlo, andrebbe quindi visto come un enunciato le cui caratteristiche sono l’indeterminatezza e la mancanza di una possibile conclusione. È un’alchimia di circostanze reali e di sensazioni basate sull’ieri, sull’oggi e sull’eternità”.
Si capisce allora perché la copertina dell’album (realizzata da Yoko Ouzumi) riproduca non la Luna ma il suo lucore diffuso su un mare ignoto. Più in generale però, Moon. The Area Of Influence risulta musicalmente parlando un approdo inevitabile per Mills, anzi, un ennesimo ritorno lassù, considerate le storie musicali che lo hanno preceduto, perché nello spazio si avventura da decenni, motivo per cui merita un capitolo a sé stante nella nostra cronaca delle musiche lunari.
Arduo riepilogare vicende, imprese, concetti e pratiche musicali di un artista che è al tempo stesso narratore e personaggio, egli stesso partecipe degli intrecci tra fantascienza, tecnologia (non solo applicata alla musica) e cultura nera, o in una parola, l’afrofuturismo. Mills incarna ed esemplifica il connubio strutturale tra musica elettronica e immaginario tecnologico tout court, il codice genetico che fondendo macchina e suono dona vita a un nuovo soggetto autosufficiente.
Non c’è bisogno di connotare ulteriormente questo corpo elettronico sonoro ricorrendo al repertorio fantascientifico (dai titoli alle illustrazioni dei dischi): la musica che incorpora tecnologia industriale è di per sé composta di futuro, ne condivide la natura e l’immaginazione che ne scaturisce. Ulteriori elementi narrativi ne rafforzano il senso, lo esplicitano, ed è questo il caso di Mills. Sterminata a dir poco la produzione musicale di questo alieno, che muove i primi passi già come protagonista della seconda ondata della Detroit techno (assieme a Carl Craig, Richie Hawtin e gli Octave One). Siamo a metà anni Ottanta e lui all’epoca è già ribattezzato The Wizard, alias che ne indicava l’estro e il virtuosismo nell’arte del DJing, con l’utilizzo di tre giradischi per ottenere mix ad alta densità, ruotandoli, alternandoli ma anche suonandoli in contemporanea per lungo tempo.
Alle soglie del nuovo decennio fonda il collettivo Underground Resistence (insieme a “Mad” Mike Banks e successivamente Robert “Noise” Hood/The Vision). Volti coperti, prese di posizione senza compromessi contro i discografici, elettronica fatta in casa e piuttosto hardcore, suggestioni sci-fi. Da una serie di dischi siglati, costola del progetto inaugurata da X-101, arriva l’album firmato X-102, Discovers The Rings of Saturn, un concept dedicato all’esplorazione dei pianeti del sistema solare (verrà ristampato con modifiche e aggiunte nel 2008 con il titolo Rediscovers The Rings of Saturn). Il viaggio di Mills era iniziato. Dà vita nel 1991 a una propria etichetta, la Axis Record e le spedizioni nello spazio (fa una prima capatina sulla Luna nel 1999 con l’Ep Apollo), le visioni afrofuturistiche, gli omaggi ai classici della fantascienza, le evoluzioni della tecnologia, si intrecciano e si susseguono mentre lo stile musicale recepisce suggestioni ed esperienze che oltrepassano i confini della techno.
Infatti, apre il XXI secolo sonorizzando Metropolis, il capolavoro di Fritz Lang. “Con questa operazione colta, per la prima volta la techno è uscita dal circuito più sotterraneo, per affiancarsi a un classico della storia del cinema” (Attimonelli, 2018), e l’anno successivo crea per il festival Sonar di Barcellona, Mono, la sua prima installazione ispirata al monolite di 2001: Odissea nello spazio.
I suoni si fanno anche atmosferici, le buone e solide vibrazioni, i ritmi incalzanti e ossessivi ora sono una possibilità della lingua musicale di Mills in costante arricchimento. Tra le opere più esplicitamente sci-fi c’è subito Time Machine (2001) schietto omaggio al romanzo di H. G. Wells. Dallo scrittore britannico, Mills prende poi a prestito il titolo di un altro romanzo The Sleeper Awakes (Il risveglio del dormiente) per un’intera collana di album di genere sci-fi, tutti ruotanti intorno al medesimo concept, quello di essere “una storia fantascientifica sulla struttura, la preservazione e i limiti delle specie umane e dell’esistenza”, come ha precisato lo stesso Mills. Una collezione con uscita quasi annuale in cui sono in bella mostra titoli come One Man Spaceship (2006), The Jungle Planet (2013) e Free Fall Galaxy (2016), al momento l’ultimo della serie. In parallelo ci sono altri contributi sonori al cinema di genere.
Nel 2011 escono due di questi lavori. Il primo è 2087, ispirato a Cyborg 2087, oscuro film del 1966, in pratica il nonno di Terminator, diretto da Franklin Adreon (in Italia arrivò con il titolo Cyborg anno 2087 – Metà uomo, metà macchina… programmato per uccidere). Il secondo è l’omaggio indiretto al padre della moderna fantascienza, Isaac Asimov. Il film da cui nacque l’omonimo romanzo è Fantastic Voyage (Viaggio allucinante, anch’esso del 1966, diretto da Richard Fleischer). Dalla suggestione del citato One Man Spaceship nasce un altro disco sulla figura dell’astronauta, ma questa volta reale: Where Light Ends (2013), infatti, è ispirato al viaggio spaziale di Mamoru Mohri, il primo astronauta giapponese.
L’anno successivo è il turno di Chronicles Of Possible Worlds, musiche per una performance scientifico-artistica commissionata dalla Fondazione Vasarely (Aix-en-Provence) e Man From Tomorrow, documentario di Jacqueline Caux che fa definitivamente combaciare la figura di Mills come narratore e personaggio, essendo un lavoro su e con lui. Con un altro film di Lang (Frau im Mond, 1929), Mills si riaccosta al nostro satellite nel 2015 con il triplo Woman in the Moon, facendo seguire l’inevitabile sonorizzazione per lo straclassico Le Voyage dans la Lune di Georges Méliès: A Trip to The Moon (2016). Le avventure sonore di Mills, si fermano qui, solo per rimanere ai principali dischi schiettamente sci-fi, lasciando perdere lo sciame di brani proposti nei singoli.
Resta da aggiungere che questo ultimo ventennio spaziale e (afro)futuristico, ha visto sempre un’alternanza delle varie anime dell’alieno Mills, non solo nelle uscite discografiche, ma anche riguardo alle performance pubbliche con DJ set tradizionali, cinemix (proiezione del film con colonna sonora suonata live), eventi speciali, come i concerti con orchestre (inclusa una sortita con il lavoro sinfonico di Gustav Holst, I pianeti), e di varie sonorizzazioni. Mills è una star ormai, oltre che un uomo delle stelle. Non è un caso che lo scorso anno sia stato anche protagonista di un pesce d’aprile, con la voce circolata sul web di un suo concerto in diretta dallo spazio. Il tutto organizzato grazie a Elon Musk, che avrebbe fornito il razzo Falcon su cui imbracare Mills e i suoi tre giradischi Technics 1210. Balle spaziali, ma verosimiglianza fondata.
In ogni caso, la cura e la sofisticazione crescente dei suoi lavori stanno a indicare una tensione creativa inesausta, forse davvero oltreumana. A riepilogare il suo diario di bordo, fatto come si è visto di innumerevoli viaggi nello spazio, arriverà ai primi di ottobre di quest’anno una sontuosa antologia di ben tre dischi con inediti, per un totale di quarantadue brani, messa a punto da lui stesso, corredata da un sostanzioso volumetto (cinquanta pagine) di note e appunti, pubblicata come sempre dalla Axis: Sight, Sound and Space. Mills vi ha incluso anche Stabilizing The Spin, un brano prelevato da Moon. The Area Of Influence.
È un buon indice dell’intero lavoro il secondo brano in scaletta, preceduta da Control, Sattva and Rama, che dà il via al viaggio con voci campionate prelevate dagli archivi Nasa.
Suoni incalzanti, più inclini a rapire il pubblico della techno, per esempio l’ipnotica Theia, i falsi movimenti di Herratic Human Behaviour, il battito insistito di Lunar Power, l’ossessivo 180-Degree Repositioning Phase, vengono bilanciati da atmosfere inquietanti, come l’andamento sinusoidale, fluttuante di Sleep-Wake Cycles, l’avvolgente The Tides, la dimensione ignota e deforme di cui è eco Decoding the Lunar Sunrise e la citata Stabilizing The Spin, che pare conciliare le due anime atmosferica e pulsante dell’opera, che nel suo complesso appare sintesi del percorso fin qui svolto.
Chiude liquida e diafana Absolute, che ci lascia definitivamente scorgere quanto sia estesa ed efficace l’area d’influenza della Luna abbracciando la techno nuda e cruda con l’ambient, dissolvendone i confini, così come quelli tra natura e artificiale. Almeno questo è quanto pare suggerire Mills adottando idee, storie, concetti, estetica della fantascienza, ovvero del regno del possibile.
- Jeff Mills, Apollo, Axis, 1999.
- Jeff Mills, Metropolis, Tresor, 2000.
- Jeff Mills, Time Machine, Tomorrow, 2001.
- Jeff Mills, One Man Spaceship, Axis, 2006.
- Jeff Mills, Fantastic Voyage, Axis, 2011.
- Jeff Mills, 2087, Axis, 2011.
- Jeff Mills, Where Light Ends, U/M/A/A, 2013.
- Jeff Mills, The Jungle Planet, Axis, 2013.
- Jeff Mills, Chronicles of Possible Worlds, Axis, 2014.
- Jeff Mills, Woman in the Moon, Axis, 2015.
- Jeff Mills, Free Fall Galaxy, Axis, 2016.
- X-102, Rediscovers The Rings of Saturn, Tresor, 2008.
- Claudia Attimonelli, Techno. Ritmi afrofuturisti, Meltemi, Milano, 2018.