Essere Isaac Asimov:
l’uomo oltre il mito

Isaac Asimov
Io, Asimov
Traduzione di Chiara Beltrami

Il Saggiatore, Milano, 2024
pp. 720, € 34,00

Isaac Asimov
Io, Asimov
Traduzione di Chiara Beltrami

Il Saggiatore, Milano, 2024
pp. 720, € 34,00


Racconta Janet Jeppson, l’amata seconda moglie di Isaac Asimov, nel poscritto all’autobiografia Io, Asimov, di un episodio accaduto qualche settimana prima della sua morte. Asimov era quasi sempre assopito, ma una volta “si svegliò terribilmente in ansia”.

“Mi disse: «Voglio… voglio…».
«Cosa c’è, Isaac?» domandai.
«Voglio… voglio…»
«Cosa vuoi, tesoro?»
Parve esplodere. «Voglio… Isaac Asimov!»
«Sì» dissi. «Sei tu.»
Poi, con meraviglia e trionfo, disse: «IO SONO Isaac Asimov!»”

Per tutta la sua vita, Asimov amò essere sé stesso. A chi gli chiedeva se fosse stato un bambino prodigio, rispondeva: “A dirla tutta sì, e lo sono ancora”. Ironico, istrionico, dotato di una innaturale facilità di scrittura, di una curiosità insaziabile e di straordinaria immaginazione, Isaac Asimov fu prima ancora di essere uno dei più celebri scrittori di fantascienza una personalità nel senso autentico del termine. Ed era questo che amava di più, molto più del fatto di essere stimato come autore di fantascienza.

Vita e destino di un enfant prodige
È quello che ci rivela la lettura di Io, Asimov, la sua autobiografia pubblicata nel 1994 – due anni dopo la sua morte, avvenuta il 6 aprile 1992 – alla quale aveva lavorato negli ultimi anni di vita, e ora finalmente tradotta in italiano da Chiara Beltrami per il Saggiatore, editore che di Asimov ha pubblicato le sue due raccolte Visioni di robot e Sogni di robot, che contengono i racconti più tardi della sua produzione dedicata ai robot positronici. Il titolo è naturalmente un omaggio alla sua celebre raccolta di racconti robotici Io, robot, pubblicata per la prima volta nel 1950. Non è, tuttavia, la prima autobiografia di Asimov: tra il 1979 e il 1980 apparvero infatti i due grossi volumi In Memory Yet Green e In Joy Still Felt in cui lo scrittore raccontava quasi giorno per giorno – grazie ai diari tenuti dall’età di diciott’anni e a una prodigiosa memoria – la sua vita fino ad allora, e di cui in Italia apparve solo il primo volume con il titolo Io, Asimov edito da Armenia. Era un’opera singolare, come il suo autore non faticava a rendersi conto:

“Un lettore una volta mi disse, entusiasticamente, dopo che l’autobiografia fu pubblicata, che aveva letto il libro con estremo interesse e che non era riuscito a evitare di girare le pagine e ridere di continuo, dall’inizio alla fine. Gli dissi, incuriosito: «Non hai notato che non succedeva nulla?».
«L’ho notato» disse «ma non mi interessava».”

In effetti, la vita di Asimov fu straordinariamente monotona. Cosa raccontare di un uomo che passava anche dodici ore al giorno alla macchina da scrivere, che non prendeva l’aereo, che d’estate andava al massimo – di malavoglia – in qualche villaggio turistico dell’entroterra e che all’apice della sua carriera cercava di non lasciare mai non solo New York ma anche il quartiere di Manhattan dove viveva? Del viaggio che aveva portato la sua famiglia in America dall’Unione sovietica, quando aveva tre anni, ovviamente non ricordava niente, ma ci teneva a chiarire che non ebbe nulla di avventuroso. Pur essendo ebrei e quindi soggetti ai periodici pogrom del governo zarista prima e comunista poi, gli Asimov (anzi, gli Azimov: il cognome con la “s” fu, come spesso capitava, il risultato di un errore di trascrizione a Ellis Island) non avevano mai avuto reali problemi e l’emigrazione fu una scelta principalmente economica. A Brooklyn, dove trascorse la sua infanzia e giovinezza, Isaac lavorò nel candy store del padre e fece una rapida carriera scolastica, grazie alla sua intelligenza precoce, che però gli precluse molte opportunità successive: troppo giovane e non sufficientemente formato per entrare ai corsi di medicina dell’università, dovette risolversi a studiare chimica, materia per cui certo era portato ma che non lo attirava veramente. La carriera accademica non fu affatto facile: portato all’indipendenza e ostile alle gerarchie, non andò mai d’accordo con l’ambiente universitario e concluse a fatica il dottorato, trovando poi un posto alla Scuola di Medicina a Boston. La ricerca non fu mai il suo pallino e l’università non era interessata al suo talento di scrittore e divulgatore, anche se le sue lezioni erano le più frequentate e apprezzate. Alla fine gli fu fatto capire che doveva togliersi dai piedi, e Asimov non se lo fece ripetere due volte, mantenendo però il titolo di professore.

Fantascientista per caso
Poteva farlo perché già allora guadagnava più dalla scrittura che dall’insegnamento universitario. Il suo primo racconto venduto fu del 1939, quando aveva appena diciannove anni. Negli anni Quaranta uscirono su Astounding Science Fiction e altre riviste pulp le sue storie più celebri: quelle che andarono a costituire la Trilogia della Fondazione, quelle sui robot positronici, Notturno – considerato uno dei suoi racconti più iconici – e molti altri. Ma in realtà, attraverso questa autobiografia, Asimov ci rivela tra le righe un fatto importante: anche se oggi come allora il suo nome è considerato sinonimo di fantascienza, la fantascienza non fu mai così centrale per lui. Iniziò a scrivere fantascienza per caso. Da ragazzino divorava romanzi e saggi nella biblioteca pubblica, ma adocchiava con interesse le riviste pulp vendute nel negozio del padre, che non gli permetteva di leggerle, considerandole di bassa qualità, come in effetti erano. Fece un’eccezione solo per quelle testate che riportavano “Science” nel titolo, ed erano ovviamente testate di fantascienza. Non per questo Asimov, lettore accanito di fantascienza e fan della prima ora – scriveva regolarmente lettere alle riviste per commentare questo o quel racconto, in un’epoca in cui la posta dei lettori era una rubrica fondamentale – intendeva diventare anche uno scrittore di fantascienza. Voleva essere uno scrittore, e basta. Di qualsiasi cosa. Ovviamente, a diciannove anni non aveva molti margini di manovra: avrebbe voluto cimentarsi nei romanzi storici, ma occorreva troppo studio preparatorio per poterlo fare; e per i saggi scientifici, la sua età era certamente un problema. La fantascienza risolveva entrambi i problemi, perché permetteva di trattare di scienza e storia del futuro, cosa che in effetti Asimov fece con i racconti della Fondazione, che rispondevano al suo bisogno di scrivere di storia ma in chiave fantascientifica.

Sapevamo già che molte delle idee importanti della sua produzione letteraria Asimov le aveva ricevute da altri. Io, Asimov ce ne dà la conferma: fu John Campbell, il suo maestro e editore di Astounding, a dargli l’idea della psicostoria, una scienza in grado di prevedere il futuro (Campbell era un lettore appassionato di Oswald Spegner e Arnold Toynbee, convinto che una “scienza del futuro” potesse essere presto scoperta); sempre Campbell gli diede l’idea di partenza per Notturno; quella per Abissi d’acciaio, romanzo che apre il ciclo dei robot, fu di Horace Gold, l’editore di Galaxy, rivista per la quale Asimov scriveva negli anni Cinquanta: un romanzo ambientato in un futuro dove i robot rubano il lavoro agli esseri umani e in cui un robot funge anche da spalla dell’investigatore principale; anche molti anni dopo, l’idea di partenza per Neanche gli dèi, il romanzo con cui Asimov, nel 1972, tornò alla fantascienza dopo anni di produzione esclusivamente saggistica, fu di Robert Silverberg, che lo stimolò a immaginare un universo in cui può esistere l’isotopo plutonio-186, che Silverberg aveva usato come esempio (sbagliato) durante una conversazione.

Fabbricante di best seller ma riluttante
Non solo: Io, Asimov ci rivela anche come, nonostante il grande successo delle sue storie dell’Età dell’Oro della fantascienza, Asimov non fu mai un autore di best-seller fino agli anni Ottanta, quando il suo editore Doubleday lo costrinse a rimettersi a scrivere romanzi e apparve così L’orlo della Fondazione (1982), che scalò la classifica del New York Times restandoci per venticinque settimane. Asimov era già, ovviamente, un nome notissimo e sufficientemente ricco grazie ai proventi delle sue opere (del resto, ne aveva scritte quasi quattrocento fino ad allora e la maggior continuava a generare diritti d’autore, per non parlare dei proventi degli articoli e delle conferenze); ma con L’orlo della Fondazione divenne un autore da best-seller e negli anni Ottanta i suoi successivi romanzi (I robot dell’alba, I robot e l’impero, Destinazione cervello, Nemesis, Fondazione e Terra, Preludio alla Fondazione) raggiunsero picchi di vendite superiori alla sua immaginazione. Non per questo fu felice di scriverli. Fatta eccezione per I robot dell’alba, che mantenendo l’impostazione gialla dei precedenti romanzi del ciclo (Abissi d’acciaio e Il sole nudo) si divertì molto a scrivere, non si può dire lo stesso per gli altri. Per L’orlo della Fondazione gli occorsero nove mesi, che dal nostro metro di giudizio può sembrare molto poco (era comunque il più lungo romanzo che avesse scritto fino ad allora, di circa quattrocento pagine), ma da punto di vista di Asimov era un’eternità, se considera che nello stesso lasso di tempo era in grado di scrivere nove volumi di saggistica.
A pieno ritmo, Asimov ci rivela che in quarto d’ora poteva scrivere una cartella di testo. Questo vuol dire quattro cartelle in un’ora e, se si considera la sua giornata-tipo (inizio del lavoro alle sette del mattino, chiusura alle dieci di sera, con tre ore di stacco per pranzo, cena e qualcosa da vedere in TV), ogni giorno poteva sfornare quaranta cartelle, terminando così un libro di quattrocento pagine in appena dieci giorni.
La stesura dei best-seller degli anni Ottanta si ripercosse sul suo umore. Come racconta in Io, Asimov, il periodo della stesura di L’orlo della fondazione fu

“un momento difficile non solo per me, ma per Janet, perché la mia incertezza riguardo la qualità del romanzo si rifletteva sul mio umore. Quando avevo la sensazione che il romanzo non stesse andando bene, rimuginavo in un odioso silenzio, e Janet ammise che bramava i giorni in cui scrivevo solo saggistica, quando non avevo alcun problema letterario, e quando il mio umore era generalmente solare”.

Più avanti racconta di come si divertì piuttosto a redigere una delle sue ultime opere di saggistica, la Cronologia delle scoperte scientifiche, apparsa nel 1989. Un’opera tipicamente asimoviana, di taglio enciclopedico, ricca di aneddoti e con largo spazio lasciato alle vicende storiche, oltre che a quelle scientifiche, poiché la passione di Asimov per la storia lo portò negli anni a scrivere decine di libri di divulgazione storica, nessuno dei quali, per inciso, tradotto in Italia, e in generale nessuno di grande successo, ma che ad Asimov piaceva scrivere:

“Cercai di scriverlo assieme a Nemesis quando giunse il momento di fare quel romanzo, alternando i due. Usai Nemesis come un’esca e La cronologia del mondo [la traduzione del titolo qui è errata] come una ricompensa. Se fossi stato in grado di fare dieci pagine di Nemesis, mi sarei sentito libero di farne venti di La cronologia del mondo e così via. Il vantaggio era tutto dalla parte di La cronologia del mondo. Sapevo che Nemesis avrebbe fatto dieci volte più soldi […], ma il mio cuore era con la saggistica”.

“Io”, Asimov
Può sembrare un’ingenuità, considerando che oggi quasi nessuno dei titoli di saggistica di Asimov è ancora in commercio. Fanno eccezione quelli più iconici, come In principio (la rilettura “scientifica” della Genesi) o Civiltà extraterrestri, e un’opera che Asimov disconobbe perché in parte riscritta dall’editor che gli fu affidato, la Intelligent’s Man Guide to Science, che anche in Italia ha avuto diverse edizioni in due volumi (Il libro di fisica e Il libro di biologia) e di recente una prima edizione in volume unico (Il libro della scienza, 2021). Ma che forse, proprio perché riscritta da un editor di Scientific American, ha avuto il successo che ha avuto, rispetto a quelle “purosangue”, dove l’ego dello scrittore ha spesso il sopravvento sul resto. Ma è per questo che Io, Asimov è un libro così appassionante, divertente, e rivelatorio. Perché osserviamo l’uomo dietro lo scrittore e scopriamo che lo scrittore non è che un paravento. Asimov aveva l’abitudine di far debordare il suo “io” in ogni suo scritto. Ben presto le introduzioni che faceva ai suoi racconti raccolti in antologia divennero iconiche, essendo infarcite di aneddoti non sempre legati al racconto o al contesto in cui fu scritto, ma a vicende che magari erano capitate all’autore qualche giorno prima.

Il successo dei volumi della serie Le grandi storie della fantascienza, raccolte da Asimov insieme a Martin H. Greenberg, si deve proprio a questo tipo di introduzioni personali con cui Asimov accompagnava i racconti. I suoi editoriali settimanali sulle riviste per cui scriveva, in particolare il Magazine of Fantasy & Science Fiction per cui tenne una rubrica settimanale fissa dal 1958 a tre mesi prima di morire, erano così personali che i lettori erano convinti di conoscerlo come si conosce un amico, e come tale lo trattavano. Le persone lo riconoscevano per strada per via delle sue basette, gli scrivevano a migliaia e affollavano le convention alle quali partecipava. Era un oratore richiestissimo, naturalmente non senza compenso: come racconta, arrivò a guadagnare anche 20.000 dollari per una conferenza, che al potere d’acquisto attuale sono quasi il doppio di quelli di allora. Ma quei soldi valevano sempre la spesa, perché era lì che appariva il vero Isaac Asimov, che i suoi romanzi tanto letti non restituivano: l’appassionato sostenitore del progresso scientifico e sociale (i due aspetti erano sempre strettamente intrecciati nei suoi ragionamenti), il visionario futurologo in grado di discettare del prossimo millennio, il tuttologo enciclopedico in grado di spaziare dalla fisica alla Bibbia, da William Shakespeare alle barzellette yiddish, dalla storia romana a Gilbert e Sullivan. Solo un’altra voce, in quegli anni, ebbe altrettanta influenza sulla società americana: Carl Sagan, che di Asimov fu amico sincero e che morì quattro anni dopo di lui, volto televisivo notissimo per il suo Cosmos, nel quale la passione per la curiosità scientifica si legava, come nei saggi di Asimov, all’apertura mentale, alla difesa della ragione senza scadere nel culto razionalista, di una scienza senza scientismo.

Oggi ci si imbatte spesso in critiche alla scarsa qualità della sua scrittura, all’ingenuità delle sue trame – cosa che in Io, Asimov egli non ha difficoltà ad ammettere, e che ammetteva anche in precedenza, per esempio nella premessa che accompagna Nemesis, in cui ricorda di aver sempre voluto scrivere per farsi capire e non per vincere il Pulitzer –, al peso eccessivo del suo nome: una sorta di Benedetto Croce della fantascienza, a cui si rimprovera di aver tenuto il genere imbrigliato nei cliché degli anni Trenta; accusa ingenerosa, perché i best-seller di Asimov apparvero negli anni d’oro del cyberpunk e dopo la grande stagione della New Wave, quando cioè la fantascienza era già stata completamente rivoluzionata. Di recente si è insistito, sull’onda del fenomeno me too, sull’atteggiamento disinvolto che Asimov aveva con le donne, ai limiti della molestia. Sono apparse testimonianze di colleghi che lo frequentavano durante le convention e che ricordavano come poteva essere sgradevole la sua abitudine di abbracciare, baciare, toccare ogni donna che gli passava sottomano: anche di questa abitudine, peraltro, Asimov non ha mai taciuto, benché certo all’epoca dovesse essere più socialmente tollerata. Ma seppure finisse vittima del revisionismo o addirittura della cancel culture, Asimov potrà stare tranquillo: anche se il desiderio di essere ricordato a lungo dopo la morte non gli era estraneo, come ammette nell’autobiografia, era consapevole che il suo lascito più importante non sono stati i quasi cinquecento libri o l’impronta nella storia della fantascienza, ma egli stesso, il personaggio Isaac Asimov, l’uomo dietro lo scrittore, la cui influenza sul mondo in cui visse è stata, quella sì, indelebile.

Letture
  • Isaac Asimov, Io, Asimov, Armenia, Milano, 1980.
  • Isaac Asimov, Nemesis, Mondadori, Milano, 1990.
  • Isaac Asimov, Cronologia delle scoperte scientifiche, PAN, Milano, 1991.
  • Isaac Asimov, Civiltà extraterrestri, Mondadori, Milano, 2020.
  • Isaac Asimov, In principio. Il libro della Genesi interpretato alla luce della scienza, Mondadori, Milano, 2020.
  • Isaac Asimov, L’orlo della Fondazione, in Fondazione III. Il Ciclo delle Fondazioni, Mondadori, Milano, 2020.
  • Isaac Asimov, Il libro di scienza, Mondadori, Milano, 2021.
  • Isaac Asimov, Io, robot, Mondadori, Milano, 2021.
  • Isaac Asimov, Neanche gli Dei, Mondadori, Milano, 2021.