Nel 1931 Victoria Ocampo fonda a Buenos Aires la rivista Sur, prodotto editoriale piuttosto eclettico sulle cui pagine sono comparsi scritti (tra articoli, saggi, poesie e racconti) di autori assai importanti per la letteratura argentina del tempo nonché per quella universale: per citare soltanto un titolo, nel maggio del 1939 venne lì ospitata la prima stesura del racconto Pierre Menard, autore del «Chisciotte» di Jorge Luis Borges, poi definitivamente raccolto nel 1944 all’interno del volume Finzioni e letto con ecumenica cupidigia ai quattro e più angoli dell’Orbe. Tra gli imperativi della rivista, che intendeva in maniera programmatica porsi come veicolo di connessione tra mondi letterari e sociali dissimili, vi era non soltanto la promozione della letteratura nazionale d’Argentina: vi era, inoltre, anche la necessità di portare a conoscenza dei lettori di tutta l’America latina ispanofona quanto veniva scritto nel Nord del mondo, ossia quanto dava nel frattempo vita alle letterature europee e a quella statunitense, tanto distanti dalle periferie sud e centro americane. Così, per i trent’anni della sua attività più intensa ed esemplare (la rivista uscirà con regolarità fino agli anni Settanta, con una coda di numeri speciali che si protrarrà fino agli anni Ottanta, avendo tuttavia un riscontro più modesto già a partire grosso modo dalla fine dei Cinquanta), Sur diventa una vera e propria “macchina di importazione culturale”, per usare le parole dello studioso Sergio Waisman, argentino anch’egli ma ora di stanza nell’accademia nordamericana. Grazie a essa, numerose traduzioni di testi del Nord, ovvero della cosiddetta Metropoli, presero finalmente una strada australe virando verso il Meridione del mondo e lì facendosi conoscere e apprezzare (sulle pagine di Sur, per esempio, comparvero scritti di Albert Camus, George Orwell, Virginia Woolf e alcuni versi di E.E. Cummings, questi ultimi tradotti dallo stesso Borges con il sodale Adolfo Bioy Casares). Dalle nostre parti, citando espressamente siffatta fondamentale esperienza letteraria ormai quasi centenaria, da un fianco delle edizioni romane Minimum Fax nasce nel 2011 una casa editrice che prende lo stesso nome della rivista fondata da Ocampo e che intende importare in Italia la produzione letteraria ispanoamericana, con un occhio particolarmente attento a quanto succede ed è successo in Argentina, luogo in cui le lettere sono davvero di casa.
È così che accanto a nomi dalla collocazione già consolidata nel panorama editoriale italiano (come Ernesto Sábato, Roberto Bolaño e Julio Cortázar), Sur ha finora proposto pubblicazioni di autori del Novecento dall’evidente valore che già in passato sono stati tradotti nella nostra lingua, ma che purtroppo, per un motivo o per un altro, sono stati dimenticati, sottostimati o comunque non giustamente apprezzati lungo il corso degli ultimi tre/quattro decenni (si prendano Roberto Arlt, Juan Carlos Onetti e Antonio Di Benedetto) e infine autori molto contemporanei, nel pieno delle forze o passati a miglior vita davvero da poco, che in tempi recenti e attuali hanno dato e stanno dando nuovo lustro alle letterature ispanoamericane (è il caso di José Emilio Pacheco, Alan Pauls e Ricardo Piglia). A riprova della fedeltà al modello della rivista fondata da Victoria Ocampo, nella loro inversa opera di importazione boreale i libri pubblicati da Sur prevedono talvolta scritti di pre o postfazione a firma di narratori italiani (come Giorgio Vasta, Giuseppe Genna, Tommaso Pincio e Nicola Lagioia, con le loro narrative già frequentatori di Minimum Fax, e in particolare della giovane collana di letteratura italiana contemporanea Nichel).
Tra gli autori latinoamericani che popolano l’ultima categoria sopra citata, quella degli scrittori dei giorni nostri, vivi o morti da poco, le edizioni Sur hanno finora proposto al lettore italiano anche una minima parte dell’opera del breve-romanziere super-prolifico e molto metodico che risponde al nome di César Aira, sessantacinquenne argentino assai fluviale, autore di un numero formidabile di romanzi, come diremo fra poco. Il secondo volume nel catalogo generale delle edizioni Sur, infatti, è il visionario romanzo di ambientazione gotico-edile I fantasmi, in cui alcuni muratori cileni e le loro rispettive famiglie festeggiano un bizzarro capodanno bonaerense nel cantiere in cui abitano per il tempo dei lavori, un cantiere-residenza condiviso con coinquilini immateriali cosparsi di calce: fantasmi impudichi, faceti e a loro modo piuttosto spiritosi. La seconda opera dell’argentino Aira tradotta qui da noi dalle edizioni Sur, su cui ci soffermeremo maggiormente, è il romanzo universale Il marmo (ottimamente portato in italiano da Raul Schenardi, già traduttore de I fantasmi). Un romanzo universale nella misura in cui crea e popola universi dissimili eppure identici, paralleli e incommensurabili nonostante la loro impeccabile similitudine; universi che (forse) esistono in cui albergano extraterrestri con fattezze da cinesi, o cinesi con capacità da extraterrestri.
Questa, in breve, la storia raccontata ne Il marmo: un uomo argentino di mezza età, marito non impeccabile, uomo qualsiasi delle nostre città, si ritrova in un bazar cinese di Buenos Aires per acquistare qualcosa. Non avendo resto in monete da dargli, il cassiere gli offre però la possibilità di scegliere all’interno del novero metafisico (per dimensioni e qualità) di piccole chincaglierie e suppellettili in plastica scadente che sono in vendita nello stesso bazar. Così l’argentino si metterà in tasca una serie di paccottiglie e cineserie di dubbio gusto e incerta utilità che gli serviranno tuttavia una volta cominciata la sua singolare avventura in un altro supermercato cinese, nascondiglio di alieni che sono anch’essi cinesi o che semplicemente sono travestiti da cinesi. In quest’avventura l’uomo sarà accompagnato da un giovane a sua volta cinese (molto probabilmente non extraterrestre) che, con il suo lessico stentato quasi totalmente ignaro dello spagnolo, gli farà capire quanto va succedendo, offrendogli così, più o meno consapevolmente, la chiave per interpretare i fatti: i cinesi-extraterrestri desiderano tornare a casa perché soffrono di nostalgia (nonostante il loro mondo sia quasi certamente identico al nostro), e per farlo hanno bisogno dell’aiuto del nostro protagonista argentino, un aiuto che sarà ben ripagato. Forse.
Come capita normalmente nella letteratura di Aira, Il marmo visita in maniera più che originale le sponde del fantastico, innestandolo sulle più comuni pratiche della nostra quotidianità (come prendere il resto in un bazar cinese, nel caso de Il marmo; o come lavorare alla costruzione di un palazzo a Buenos Aires, nel caso de I fantasmi) dando in tal modo vita a una narrativa continua ed essenziale, sostanzialmente priva, nella sua brevità comunque romanzesca, di quelle pagine che Borges chiamerebbe “inerti” che invece affollano i grandi romanzi.
In quest’ottica, Il marmo rispetta in tutto e per tutto il principio fondamentale cui l’autore Aira sottostà per suo stesso mandato. Come sottolineato nella prefazione del volume da Giuseppe Genna (il quale cita Tommaso Pincio), Aira è infatti uno scrittore piuttosto metodico, potremmo anche dire viepiù monastico, perché scrive i suoi libri seguendo uno schema rigido e sempre uguale, ineludibile a quanto pare. Ogni santissima mattina della sua vita, egli prende posto in un bar, lì si siede e si mette a scrivere: una pagina al giorno, soltanto una pagina al giorno. In tal modo, passati due/tre mesi e raggiunte le cento/centoventi pagine, Aira mette il punto definitivo sul taccuino, soprassiede sulle frustranti e normalizzatrici necessità odierne di editing e revisione, sicché presenta il romanzo appena concluso agli editori. Ecco che ogni anno vedono la luce, in media, tre romanzi dell’argentino, il quale finora è arrivato a scriverne una settantina, dopo gli esordi vissuti per così dire col freno tirato (dal 1975, anno del suo primo romanzo Moreira, all’inizio dei Novanta, Aira pubblica infatti soltanto sette titoli). La sua letteratura è così, evidentemente, un pullulare vertiginoso di mondi e di universi generati a ciclo continuo; perché se soltanto ne Il marmo ci troviamo davanti a più dimensioni parallele, a riprova del fatto dunque innegabile che di dimensioni ve ne sono innumerevoli, chissà quante se ne possono visitare in circa settanta…
- César Aira, I fantasmi, Sur, Roma, 2011.
- Jorge Luis Borges, Finzioni, Milano, Adelphi, 2003.
- Sergio Waisman, Borges e la traduzione. L’irriverenza della periferia, Salerno, Arcoiris, 2014.