Mediocrità della filosofia:
la reazione di Emil Cioran

Emil Cioran
Il crepuscolo dei pensieri
Traduzione di Cristina Fantechi

Adelphi, Milano, 2024
pp. 238, € 20,00

Emil Cioran
Il crepuscolo dei pensieri
Traduzione di Cristina Fantechi

Adelphi, Milano, 2024
pp. 238, € 20,00


Si può iniziare a parlare de Il crepuscolo dei pensieri partendo da un tema prediletto da Emil Cioran insieme ad altri come la morte, Dio, la noia o cafard, ovvero il suicidio. In particolare, quell’aspetto che appare come problema terrificante, individuato giustamente da Cioran nella società borghese e capitalista, che consiste nella mancanza di una cultura del suicidio, al contrario presente nelle civiltà antiche:

“L’unico tipo di obiezione che si può sollevare contro il suicidio è questo: non è naturale porre fine ai propri giorni prima di aver dimostrato fin dove si può arrivare, fin dove si può realizzarsi! […] che un uomo desideri farla finita con la vita non è difficile capirlo. Ma allora perché non scegliere il culmine, il momento più propizio della sua crescita? La propria fine va coltivata. Per gli Antichi il suicidio era una pedagogia; la fine germogliava e fioriva in loro. E quando si spegnevano per libera scelta, la morte era una fine senza crepuscolo. Ai moderni manca la cultura interiore del suicidio, l’estetica della fine. Nessuno muore come si deve e tutti finiscono a caso. Non iniziati al suicidio, poveri diavoli della morte”.

Si rileggano le ultime righe: “Nessuno muore come si deve e tutti finiscono a caso”. Quanto risulta vero, soprattutto in questo periodo storico, ed è inoltre una delle migliori dimostrazioni dell’inesistenza di Dio. Cioran pubblicò la raccolta di aforismi Il crepuscolo dei pensieri (Amurgul gindurilor) nel 1940, a proprie spese. Sempre nel 1940, il 27 novembre, Cioran pronuncia su Radio Bucarest un infervorato discorso in occasione del secondo anniversario della morte di Codreanu, ucciso il 30 novembre sotto la dittatura reale di Carlo II. L’anno successivo uscì la seconda edizione di La trasfigurazione della Romania, un libro ancora inedito in Italia e probabilmente destinato a rimanere tale in Italia, dato il contenuto dichiaratamente di destra, per non dire fascista, dell’opera. È un periodo complicato e contraddittorio quello in cui il pensatore romeno pubblica Il crepuscolo dei pensieri, l’ultimo testo che diede alle stampe nella sua lingua materna, il romeno, prima di adottare. Il pamphlet politico di Cioran è stato definito da Vladimir Tismaneau uno dei “più importanti manifesti del fascismo europeo nella sua versione nazionalbolscevica” (Mattheus, 2019).

Ricordiamo che nel 1937 Cioran si era spostato in Francia, il centro del mondo, secondo una sua definizione. In realtà, il suo ultimo libro scritto in romeno, Il breviario dei vinti, tenuto nel cassetto per un lungo periodo, fu pubblicato per la prima volta solo nel 1993. Il Crepuscolo dei pensieri è un testo che potremmo collocare, sul piano stilistico e dell’impostazione concettuale, tra un libro più sistematico come Al culmine della disperazione e Il manuale di decomposizione, che fu anche il primo libro scritto in francese nella produzione cioraniana. È meno frammentario e zibaldonesco dei Quaderni, ma assai più lirico-poetico di saggi più classici del filosofo romeno. Ma il termine filosofo è improprio: l’attualità di Cioran consiste proprio nel tentativo di costruire un discorso filosofico lontano dalle ambizioni sistematiche dei grandi costruttori di illusioni di cui lui stesso, ex insegnante di filosofia, si era imbevuto ed esaltato. Questi brani o frammenti ricordano più lo stile di un poeta in prosa e l’asciutta saggezza dei moralisti francesi, una fonte sapienziale prediletta da Cioran. Brani fortemente lirici come i seguenti:

“Quando le stelle si muteranno in pugnali e il mio cuore si alzerà in volo versi di essi, tutti insieme non riusciranno a lacerarlo quel tanto che basta perché l’amarezza non tracci la sua ribellione sull’azzurro del firmamento. Vorrei perire in ogni astro, schiacciarmi contro ogni altezza, e costruire in stelle putride una nicchia mortuaria, per un cadavere decomposto nell’incantesimo delle sfere”

“Se potessi divenire una fontana di lacrime nelle mani di Dio! Che io mi lamenti in lui, e lui in me!”

“In una teologia seria, che tentasse di salvare assolutamente Dio, il male non trova una spiegazione plausibile. Le teodicee si sono dimostrate insoddisfacenti davanti a questo ostacolo essenziale. l’esistenza del male trasforma l’Onnipotente in un Assoluto decrepito. Il divenire gli ha eroso il mistero e la potenza. Il Male non è paragonabile che a un Dio…laico”.

“La mediocrità della filosofia si spiega col fatto che si può riflettere solo a bassa temperatura. Quando si controlla la propria febbre, si ordinano i pensieri come fossero marionette; si tirano le idee con il filo e il pubblico non si sottrae all’illusione. Ma quando ogni sguardo su se stessi è un incendio o un naufragio, quando il paesaggio interiore diviene una sontuosa devastazione di fiamme che danzano sull’orizzonte dei mari -allora si dà libero sfogo ai pensieri: colonne tormentate dall’epilessia del fuoco interiore”.

A questi pensieri che escono temprati da un crogiolo bollente e dorato di poesia e riflessione, si alternano a frammenti più apodittici o da diario esistenziale come:

“La gente esige che si abbia un mestiere. Come se vivere non lo fosse già un mestiere – e anche il più difficile!”.

“Lo spirito fiorisce sulle rovine della vita”.

Molto cioraniano, invece, questo pensiero sulla differenza tra i filosofi antichi e quelli moderni, definiti “Ingegneri attorno a Dio”:

“Ciò che distingue i filosofi antichi dai moderni – differenza così vistosa, e così sfavorevole ai secondi – deriva dal fatto che questi hanno filosofato al loro tavolo di lavoro, alla scrivania, mentre quelli in giardini, mercati o in riva a chissà quale mare. Inoltre gli antichi, più oziosi, trascorrevano molto tempo sdraiati, ben sapendo che l’ispirazione viene stando orizzontali. Così stavano in attesa dei pensieri, che i moderni forzano e provocano invece con la lettura, dando l’impressione di non avere mai conosciuto il piacere dell’irresponsabilità meditativa, ma di aver organizzato le loro idee con un talento da imprenditori. Ingegneri attorno a Dio. Molti spiriti hanno scoperto l’Assoluto per aver avuto in canapè accanto a sé. Ogni posizione della vita offre una diversa prospettiva. I filosofi immaginano un altro mondo perché, solitamente curvi, ne hanno abbastanza di guardare questo”.

La maggior parte dei filosofi da cattedra e di professione è illeggibile. La poesia raramente riesce a pettinarsi in una più ordinata modalità speculativa. Molte riflessioni che trovate in questo libro sono scaldate dal fuoco lirico in una temperie notturna dell’anima ed esposte al sole di un ragionamento sempre vitalmente disperato. Dio e la creazione, l’amore e il male, l’arte e la musica, la solitudine e l’afflizione sono al centro di queste pagine che testimoniano il confronto di Cioran con quella malattia mortale che affligge gli uomini caduti nelle tenebre del Tempo. Agli occhi di Cioran il mondo sembra definitivamente stonato, privato delle ultime armonie possibili. Niente ha più senso, a parte l’illusione e il sogno, le lacrime e la lotta.

“Potete tranquillamente dire che l’universo non ha alcun senso. Nessuno se la prenderà. Ma provate ad affermare la stessa cosa di un individuo qualsiasi; questi protesterà, e si adopererà per non farvela passare liscia. È così per tutti: finché si tratta di un principio generale, ci mettiamo fuori causa e, senza alcun imbarazzo, ci ergiamo a eccezione. Se l’universo non ha senso, può qualcuno sfuggire alla maledizione di questa condanna? Tutto il segreto della vita si riduce a questo: essa non ha alcun senso, eppure ognuno di noi gliene trova uno”.

All’inizio del capitolo III s’incontra questa definizione epigrafica e così vera da risultare superbamente apodittica: “Io e la vita: due linee parallele che s’incontrano nella morte”. Lo spirito tragico che aleggia su Il crepuscolo dei pensieri o, come scrive il filosofo, “il pensiero immerso nella luce notturna della disperazione”, permette di riconoscere nella sofferenza e nella stanchezza, sorte dalla lotta con la tentazione di esistere, dei sentieri di conoscenza, percorribili, però, solo entro una presa di coscienza dei propri limiti ontologici prima ancora che esistenziali. “In definitiva, la filosofia è la meditazione poetica dell’infelicità” sentenzia l’«amico lontano», come lo chiamava Constantin Noica.

“Chi crede nell’uomo e nella ragione come fa a non impazzire di delusione, a mantenere l’equilibrio davanti alla continua smentita dei fatti?”.

E forse in quella lotta si aprono spiragli di eternità che Cioran stesso intravedeva quando, sempre in Il crepuscolo dei pensieri, osserva che:

“più perdo la fede nel mondo, più sono in Dio, senza credere in lui. Sarà una malattia misteriosa o un’onestà della mente e del cuore a farci essere a un tempo scettici e mistici?”.

Eppure, alcuni pensieri sono vere e proprie preghiere. Come questa:

“Signore! Non mi resti che tu! Tu -residuo del mondo, e io di me stesso. Schiuma dei miei abbandoni, in te vorrei porre fine al mio spirito e smetterla con le vane agitazioni. Tu sei la tomba di cui si sogna nelle ore sfavorevoli dell’essere, la culla suprema di immani stanchezze. Spandi odori soporiferi sulle mie ribellioni sconsiderate, assorbimi in te, sopprimi il mio slancio verso le albe e i richiami, annega l’elevazione demente del mio pensiero e radi al suolo le mie vette illuminate dalla tua vicinanza! Stendi le tue ombre, coprimi di tenebre ostili, io non ti chiedo la grazia degli istanti misericordiosi, ma l’avvizzimento eterno e aspro e la munificenza della tua notte. Falcia le mie speranze, affinché, deserto, in te, assente a me stesso, non abbia più terre nelle tue distese!”.

D’altronde se non così non fosse saremmo di fronte a un pensiero lineare, piatto, sterile, non a quello di Cioran.

Letture
  • Emil Cioran, Costantin Noica, L’amico lontano, Il Mulino, Bologna, 1993.
  • Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza, Adelphi, Milano, 1993.
  • Emil Cioran, Sommario di decomposizione, Adelphi, Milano, 1996.
  • Emil Cioran, Il funesto demiurgo, Adelphi, Milano, 1997.
  • Emil Cioran, Al culmine della disperazione, Adelphi, Milano, 1998.
  • Emil Cioran, L’inconveniente di essere nati, Adelphi, Milano, 1999.
  • Emil Cioran, Quaderni 1957-1972, Adelphi, Milano, 2001.
  • Emil Cioran, Un apolide metafisico (Conversazioni), Adelphi, Milano, 2004.
  • Emil Cioran, Taccuino di Talamanca, Adelphi, Milano, 2011.
  • Emil Cioran, Breviario dei vinti, Voland, Milano, 2019.
  • Emil Cioran, Ultimatum all’esistenza, Conversazioni e interviste (1949-1994), a cura di Antonio di Gennaro, La Scuola di Pitagora, Napoli, 2020.
  • Emil Cioran, Finestra sul Nulla, a cura di Nicolas Cavaillès, Adelphi, Milano, 2022.
  • Emil Cioran, Il nulla per tutti. Lettere ai contemporanei, a cura di Vincenzo Fiore, Mimesis Ediziono, Milano, 2024.
  • Gabriel Liiceanu, Emil Cioran. Itinerari di una vita. L’apocalisse secondo Cioran (ultima intervista filmata), a cura di Antonio Di Gennaro, Mimesis Edizioni, Milano, 2018.
  • Bernd Mattheus, Cioran. Ritratto di uno scrittore estremo, Lemma Press, Bergamo, 2019.