I cento anni di Stanislaw Lem,
l’uomo che fuggì nel futuro

Stanislaw Lem
Universi
Traduzioni di Pier Francesco Poli,
Marzena Borejczuk, Valentina Parisi,
Richard Lewanski, Lorenzo Pompeo,
Giulia Randone
Mondadori, Milano, 2021

pp. 1.596, € 35,00

Stanislaw Lem
Ritorno dall’universo
Traduzione di Pier Francesco Poli
Sellerio, Palermo, 2021
pp. 381, € 15,00

Stanislaw Lem
Universi
Traduzioni di Pier Francesco Poli,
Marzena Borejczuk, Valentina Parisi,
Richard Lewanski, Lorenzo Pompeo,
Giulia Randone
Mondadori, Milano, 2021

pp. 1.596, € 35,00

Stanislaw Lem
Ritorno dall’universo
Traduzione di Pier Francesco Poli
Sellerio, Palermo, 2021
pp. 381, € 15,00


“Così, di nuovo, siamo ossessionati dall’ansia di indagare e, in questo modo, soddisfiamo la condizione preliminare: la limitazione, senza la quale non potremmo fare nulla, perché altrimenti saremmo tutto.”
Stanislaw Lem, Il diario (1963)

La tomba di Stanislaw Lem è una solida lapide di marmo e granito all’ombra dei grandi alberi che sorgono nel cimitero di Salwator, l’omonimo quartiere poco fuori dal centro di Cracovia che prende il nome dall’attigua chiesa del Salvatore. I cracoviani vi si recano la domenica, spesso in tenuta da trekking o da pic-nic, perché da lì si dipartono i sentieri che portano al tumulo di Tadeusz Kościuszko, l’eroe dell’indipendenza polacca, per inoltrarsi poi nel Las Wolski, il fitto bosco a ovest della città. Sulla lapide c’è un’iscrizione in latino, tratta da Le tre sorelle di Anton Cechov: Feci quod potui, faciant meliora potentes (“Ho fatto quel che potevo, chi può faccia di meglio”). Da quando lasciò la sua città natale, Leopoli, con la famiglia nel 1945, all’età di ventiquattro anni, in seguito all’annessione della città – all’epoca polacca – all’Unione sovietica, Lem non aveva più voluto tornarci, nonostante Cracovia disti dalla città poco più di trecento chilometri. Ma lì Lem aveva vissuto le sue esperienze più terribili, durante la guerra, ed era sfuggito per un mero capriccio del caso alla morte per mano delle SS. A Cracovia, invece, Lem avrebbe trovato la fama. Murali ispirati alle sue opere decorano le facciate dei palazzi, curiosi marchingegni che richiamano le fantasiose invenzioni dei suoi personaggi sorgono in un parco a lui dedicato, il Giardino delle Esperienze, e la compagnia di autobus locali prende il nome dal suo più celebre romanzo, Solaris, portato ben due volte sullo schermo, prima da Andrej Tarkovskij e in seguito da Steven Soderbergh. In occasione del suo centenario, il parlamento polacco ha decretato il 2021 Anno di Lem.

Canone lemiano
Eppure, ancora fino a poco tempo fa Stanislaw Lem è stato poco più di un nome. Schivo, riservato, misantropo, si attirò persino dal collega Philip K. Dick l’accusa di essere solo uno pseudonimo, dietro il quale si sarebbe nascosto un collettivo di spie comuniste, ovviamente intente a perseguitare il paranoico scrittore californiano. Lem stesso giocava con quell’idea: nella prefazione firmata dall’immaginario professor A.S. Tarantoga che apre le Memorie di un viaggiatore spaziale (1971), raccolta di storie che hanno per protagonista l’astronauta Ijon Tichy, scrisse:

“La stampa ha insinuato che Tichy si sarebbe valso dell’aiuto di qualcuno, e addirittura che non sarebbe mai esistito; le sue opere sarebbero state create da un fantomatico dispositivo chiamato «Lem». Secondo alcune versioni più estreme «Lem» sarebbe addirittura un essere umano. In realtà chiunque abbia una conoscenza, anche superficiale, della storia della cosmonautica sa che LEM è la sigla di LUNAR EXCURSION MODULE, cioè del modulo di esplorazione lunare che fu costruito negli USA nell’ambito del «Progetto Apollo» (il primo atterraggio sulla Luna)”.

Il centenario è diventato dunque una straordinaria occasione di riscoperta, tanto nei paesi anglosassoni – dove la MIT Press sta pubblicando diversi romanzi e saggi finora inediti – quanto  in Italia: qui, Sellerio ha prima ripubblicato L’invincibile (1964) e ora Ritorno dall’universo (1961), entrambi da tempo fuori catalogo; mentre Voland ha tradotto per la prima volta il romanzo Febbre da fieno (1975). Ma la più meritoria delle operazioni è quella realizzata da Mondadori con la monumentale antologia di racconti Universi, che include la ristampa di volumi di storie ormai introvabili (Cyberiade, Memorie di un viaggiatore spaziale, Fiabe per robot editi in passato da Marcos y Marcos, e I viaggi del pilota Pirx, pubblicati decenni fa da Editori Riuniti), e molti altri inediti, in alcuni casi mai tradotti nemmeno in inglese. Possiamo così riuscire solo oggi a fare un po’ di chiarezza sul corpus lemiano. Innanzitutto, possiamo individuare una sorta di “canone”. Così come Philip Dick individuava, tra i romanzi da lui scritti, un canone di opere legate a un filo conduttore, quello della confusione tra realtà vera e realtà falsa, anche in Lem possiamo selezionare una serie di romanzi legati tra loro dal tema dell’incontro con l’alieno, destinato inesorabilmente al fallimento; tema alla base di Solaris (1961), ma esplorato a partire dalla sua opera prima, Astronauti (o Il pianeta morto, 1951), e proseguito nell’inedito La nube di Magellano (1955), Eden (o Pianeta Eden, 1959), L’invincibile (1964), La voce del padrone (1968) e Il pianeta del silenzio (1986).

Più difficile collocare Ritorno dall’universo, dove questo tema ritorna nei ricordi del protagonista, Hal Bregg, astronauta che ritorna sulla Terra dopo una spedizione su Fomalhaut centocinquantasette anni dopo la partenza (conseguenza della dilatazione temporale descritta dalla relatività einsteiniana): per Bregg, la missione è stata non solo un’esperienza traumatica, a causa della morte di alcuni suoi compagni, ma anche una perdita di tempo, perché non è stata trovata nessuna civiltà extraterrestre, e nonostante gli scienziati della missione sostengano che non sia questo lo scopo dell’esplorazione della galassia, Bregg non riesce a fare a meno di pensare che il mancato incontro con un’altra civiltà sia la causa della fine delle missioni di esplorazione e del disinteresse per le stelle che ritrova sulla Terra al suo rientro.

Distopie, parodie, apocrifi
Ma Ritorno dall’universo è soprattutto una distopia molto simile al Mondo nuovo di Aldous Huxley, dove l’umanità del futuro è riuscita a eliminare l’istinto violento attraverso una pratica chimica, la “betrizzazione” (simile alla castrazione), che rende gli esseri umani arrendevoli e incapaci di assumersi rischi. Insieme a Il congresso di futurologia (1971, da cui il film di Ari Folman del 2013), che pure racconta di un mondo distopico dove l’impiego massivo di farmaci allucinogeni consente di nascondere dietro una facciata di benessere un futuro da incubo, a Pace al mondo (1985), che condivide con il precedente il protagonista Ijon Tichy, e all’inedito Memorie trovate in una vasca da bagno (1973), che mette in scena le conseguenze apocalittiche della paranoia americana e sovietica, Ritorno dall’universo forma un’ideale tetralogia distopica.
Abbiamo poi un “ciclo cibernetico”, dai toni esplicitamente umoristici e parodistici, che ricorda molto a noi italiani Le cosmicomiche (1965) di Italo Calvino: ne fanno parte Fiabe per robot (1964), dove Lem cerca di immaginare come potrebbero essere delle fiabe scritte da robot per robot; e Cyberiade (1965), raccolta di storie che hanno per protagonisti gli amici e rivali roboticisti Trurl e Klapaucius, le cui invenzioni quasi sempre finiscono per ritorcersi contro di loro. Ma lo stesso stile e molti temi legati alla cibernetica si trovano anche nei volumi di racconti Memorie di un viaggiatore spaziale (1957) e I viaggi del pilota Pirx (1968), dove non mancano anche paradossi temporali e incontri con bizzarre civiltà aliene.

Il dittico L’indagine (1959) e Febbre da fieno (1975) rappresenta un approccio al mystery in perfetto stile lemiano, dove gli stilemi del romanzo poliziesco vengono rovesciati in ossequio al tema portante di Lem, secondo cui esistono limiti invalicabili a ciò che come esseri umani possiamo comprendere. Infine, i cosiddetti “apocrifi” o pseudobiblia rappresentano la parte più curiosa della produzione di Lem: si tratta di recensioni di saggi inesistenti (Vuoto assoluto, 1971 e Provocazione, 1984), o di introduzioni e commenti a opere immaginarie (Grandezza immaginaria, 1973 e Biblioteca del XXI secolo, 1983), a cui si affianca Golem XIV (1978), una raccolta di “discorsi” tenuti da una superintelligenza artificiale ai suoi stessi programmatori. Qui Lem ha modo di dare libero sfogo alla sua rutilante fantasia e capacità inventiva liberandosi dagli schematismi della narrativa di finzione che oggettivamente gli vanno stretti, anche se alcuni dei temi di questi saggi fittizi saranno poi ripresi in racconti e romanzi. Di questi, in italiano erano finora usciti solo Vuoto assoluto e Golem XIV, mentre gli altri tre sono ora finalmente disponibili nell’antologia Universi.
Antologia che non racchiude, in realtà, l’intero corpus di racconti lemiani: resta fuori, per esempio, l’iconico Esiste davvero, Mr. Johns? del 1955, nel quale un robot che racchiude la coscienza di un essere umano morto in un incidente cerca di ottenere da un tribunale americano il riconoscimento del suo status giuridico di essere senziente, nonostante l’opposizione della compagnia cibernetica che lo ha prodotto. Sconcertante perché anticipa di vent’anni L’uomo bicentenario di Isaac Asimov e in forma più drammatica è stato ripreso pari pari (senza però citarlo) dall’episodio Empty Body della serie di fantascienza sudcoreana SF8 (2020). Della saggistica di Lem, infine, possediamo soltanto Micromondi (1992), da tempo fuori catalogo, traduzione italiana di una raccolta di saggi uscita in inglese come Microwolds sui temi della fantascienza (un’altra raccolta di saggi sulla cibernetica, Dialogi, è stata di recente pubblicata in inglese). Ma è impossibile capire Stanislaw Lem senza leggere due vere e proprie magnum opus, ossia Summa Technologiae (1964), dove il Lem futurologo discute di universi simulati e superintelligenze artificiali decenni prima che questi temi iniziassero a essere esplorati dalla moderna futurologia, e Filozofia przypadku (“Filosofia del caos”, 1968), seicento pagine di riflessioni su teoria della letteratura, cibernetica, logica, semiotica, che rappresentano la summa del pensiero di Lem. Il primo è stato tradotto per la prima volta in inglese dalla MIT Press nel 2014, mentre il secondo è inedito in altre lingue.

Gli universi di Lem
Questa indispensabile ricostruzione, peraltro ancora parziale (restano fuori i romanzi realistici e autobiografici L’ospedale dei dannati e L’alto castello), ci permette di apprezzare l’importanza della traduzione di tredici racconti tra i tanti inclusi nell’antologia Universi, provenienti dalla raccolta Zagadka pubblicata quest’anno per la prima volta anche in inglese. Sono racconti talmente sorprendenti per la modernità dei temi trattati da lasciare increduli. Si prenda per esempio Il martello. Il lettore si trova alle prese con il serrato dialogo tra un astronauta e un’intelligenza artificiale che gli fa compagnia durante il viaggio. Scopre poi che l’IA lo sta portando fuori rotta perché non vuole separarsi da lui e deve fare di tutto per disattivarla senza che il computer lo scopra. La prima impressione è di trovarsi di fronte a una scopiazzatura di 2001: Odissea nello spazio. Solo che questo racconto è di dieci anni precedente (1959). I falsi ricordi dell’IA e le suppliche con cui cerca di fermare il protagonista intento a disattivarlo ricordano così tanto l’analoga scena-cult del film di Stanley Kubrick tra David e HAL9000 da restare sconcertati.
Il ratto nel labirinto (1956) e Invasione (1959) ricordano in maniera inquietante Annientamento (2014) e i successivi romanzi della Trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer. Nel primo, un’astronave aliena che sembra essere tutt’una con la creatura che ospita trasforma completamente la palude in cui precipita, e in cui i due protagonisti restano imprigionati finendo per imbattersi in spaventosi loop temporali; nel secondo, strani oggetti alieni di forma sferica e trasparenti cadono sulla Terra e riproducono al loro interno le fattezze di esseri umani e animali rimasti uccisi dalla collisione con gli oggetti, ma in modo inquietante e decisamente weird, esattamente come le riproduzioni chimeriche di piante, animali ed esseri umani ospitate nell’Area X infestata da entità aliene nei romanzi di VanderMeeer.

Ancora, Muffa e oscurità (1959) immagina una specie di microbi sintetici, denominati Whisteria Cosmoloytica, che traggono energia vitale dalla distruzione della materia e che, una volta diffusi nell’ambiente, si replicano all’infinito: un tema che ricorda il “ghiaccio-nove” dell’omonimo romanzo di Kurt Vonnegut (1963) e soprattutto lo scenario del gray goo tratteggiato dal futurologo Eric Drexler nel suo saggio Engines of Creation (1986), in cui nanomacchine autoreplicanti finiscono per consumare tutta la materia del pianeta (e potenzialmente dell’universo) nel corso del loro infinito processo di replicazione.
In Centotrentasette secondi (1976), Lem immagina un computer in grado di anticipare il futuro di 137 secondi esatti, un numero che rimanda alla costante di struttura fine (1/137), la più misteriosa delle costanti fondamentali. I protagonisti possono dare al computer l’inizio di una frase, che descrive un avvenimento del presente, e ottenere che la telescrivente la concluda prevedendo ciò che accadrà poco più di due minuti dopo. Un’idea che era stata esplorata da Asimov vent’anni prima in uno dei suoi migliori racconti (Il cronoscopio, 1956), ma che nella formulazione e nelle implicazioni esplorate da Lem ricorda il film di Duncan Jones Source Code (2011) e la miniserie di Alex Garland Devs (2020).

Un sogno dentro un sogno
Ma il più sorprendente di tutti è il racconto finale di questa raccolta, dall’innocente titolo Il materassino. È anche il più recente, essendo stato scritto nel 1996, dieci anni prima della morte di Lem. Il protagonista, un ricco uomo d’affari, si reca da uno psicologo per metterlo al corrente del suo sospetto di essere stato rapito. Non un rapimento qualsiasi, ma una particolare tecnica diventata di moda all’epoca della realtà virtuale che consiste nel collegare una persona in stato d’incoscienza a un macchinario che simula la realtà, facendogli credere di essere nel mondo reale quando invece è all’interno di una simulazione creata allo scopo di carpirgli informazioni. L’unico modo per riuscire a scoprire se in quel momento si trova nella realtà o nella simulazione, gli suggerisce lo psicologo, è di verificare l’esistenza di qualcosa nota solo ed esclusivamente a lui, che i suoi sequestratori, nel costruire la realtà simulata, non sono stati in grado di riprodurre.
L’indomani il nostro protagonista va dal barbiere e prima di entrare nota un materassino a strisce rosse e azzurre in vetrina. Quando esce, il materassino ha delle strisce bianche e verdi. La sua scorta, che deve proteggerlo da tentativi di “rapimento” virtuale, sostiene che la vetrina sia stata cambiata mentre era dentro. Ma c’è un’altra possibilità: che i sequestratori siano entrati in azione mentre si trovava dal barbiere, innestandogli degli elettrodi e facendolo finire nella simulazione. Decide allora di recarsi a casa per vedere se un certo documento inserito nella sua cassaforte, noto solo a lui, sia ancora lì. Ma prima un allarme bomba gli impedisce di entrare e poi, quando riesce a far recuperare la cassaforte con una gru, un crollo la fa finire sotto le macerie di un muro. Ritorna allora al negozio, chiede di vedere il materassino rosso e azzurro, ma non è più disponibile.

Ormai convinto di essere nella realtà simulata, il nostro cerca in tutti i modi di uscirne, facendo azioni sconsiderate che possano mettere in crisi la simulazione e cercando infine, nelle ultime righe del racconto, di togliersi la vita. Il lettore che conosce un minimo il cinema contemporaneo avrà ormai intuito le forti somiglianze con Inception (2010) di Christopher Nolan. Curiosamente, nel film come nel racconto la vittima del “rapimento” onirico è un uomo d’affari da cui i sequestratori vogliono una modifica di un testamento fondamentale per il destino della sua azienda. Così come nel film la moglie del protagonista è convinta di essere ancora in un sogno e cerca di uccidersi per “svegliarsi”, così nel racconto di Lem la stessa ossessiva convinzione è nutrita dal protagonista. Eppure, si tratta di un racconto finora inedito persino in inglese!
Non si può fare a meno di provare una leggera inquietudine leggendo Stanislaw Lem. Ogni volta si ha l’impressione che ciò che stiamo leggendo non sia solo un racconto, un romanzo, un saggio, ma un frammento della realtà, forse un’immagine del futuro che attende di diventare presente. Ciò rende tanto più importante proseguire il lavoro di traduzione della sua opera, perché anche tra i testi apparentemente meno rilevanti è possibile imbattersi in idee straordinarie, come il “poliverso” a cui si accenna in Grandezza immaginaria, che Lem giustamente osserverà aver anticipato di dieci anni la moderna idea del multiverso; o come i “personoidi” di Non serviam (1971), creature di un mondo simulato che ci spingono a interrogarci sulla possibilità che il nostro stesso mondo non sia davvero reale. In tutta la sua vastissima opera, Lem ci stimola, come loro, a porci le stesse domande, destinate a ripetersi per l’eternità: “Che cosa significhiamo per il mondo? E che cosa significa il mondo per noi?”.

Letture
  • Italo Calvino, Le cosmicomiche, Mondadori, Milano, 2016.
  • Eric Drexler, Engines of Creation, Doubleday, New York, 1986.
  • Stanislaw Lem, Esiste davvero Mr. Johns?, in Futuro, n. 1, 1963.
  • Stanislaw Lem, Il pianeta morto, Baldini & Castoldi, Milano, 1963.
  • Stanislaw Lem, Solaris, Sellerio, Palermo, 2013.
  • Stanislaw Lem, L’Invincibile, Sellerio, Palermo, 2020.
  • Stanislaw Lem, Eden, Mondadori, Milano, 1996.
  • Stanislaw Lem, Il congresso di futurologia, Marcos y Marcos, Milano, 2003.
  • Stanislaw Lem, I viaggi del pilota Pirx, in Il congresso di futurologia, Editori Riuniti, Roma, 1981.
  • Stanislaw Lem, L’indagine, Rusconi, Milano, 1984.
  • Stanislaw Lem, Il pianeta del silenzio, Mondadori, Milano, 1988.
  • Stanislaw Lem, Memorie di un viaggiatore spaziale, Marcos y Marcos, Milano, 2004.
  • Stanislaw Lem, Cyberiade, Marcos y Marcos, Milano, 2003.
  • Stanislaw Lem, Pace al mondo, Mondadori, Milano, 1995.
  • Stanislaw Lem, Fiabe per robot, Marcos y Marcos, Milano, 2005.
  • Stanislaw Lem, Vuoto assoluto, Voland, Roma, 2010.
  • Stanislaw Lem, La voce del padrone, Bollati Boringhieri, Torino, 2011.
  • Stanislaw Lem, Summa Technologiae, MIT Press, Cambridge (Mass.), 2014.
  • Stanislaw Lem, Golem XIV, il Sirente, Fagnano Alto, 2017.
  • Stanislaw Lem, Febbre da fieno, Voland, Roma, 2020.
  • Jeff VanderMeer, Trilogia dell’Area X, Einaudi, Torino, 2018.
  • Kurt Vonnegut, Ghiaccio-nove, Feltrinelli, Milano, 2013.
Visioni
  • Ariel Folman, The Congress, Terminal Video, 2013 (home video).
  • Alex Garland, Devs, Hulu, 2020.
  • Duncan Jones, Source Code, Eagle Pictures, 2011 (home video).
  • Christopher Nolan, Inception, 2010, Warner Home Video (home video).
  • Steven Soderbergh, Solaris, Koch Media, 2003 (home video).
  • Andrej Tarkovskij, Solaris, General Video, 2014 (home video).