Locum Sacrum è il nome di un festival jazz organizzato all’interno del Convento di San Francesco di Paola, situato a Spezzano della Sila in Calabria. Un luogo magico, dove spiritualità e sacro accompagnano i visitatori e, nel nostro caso, caratterizzano la musica di un affascinante disco alla cui regia ci sono i sassofonisti Francesco Caligiuri e Nicola Pisani. Musica profondamente spirituale quindi, che avvolge l’ascoltatore e lo proietta in una dimensione altra, dove melodie dal sapore antico vengono attraversate e arricchite da slanci improvvisativi e dialoghi meditativi. Artefici di questo particolare progetto sono il quartetto Monastère Enchanté e il sestetto L’ensemble Créatif che si dividono quasi equamente i 14 brani del disco. Il quartetto, oltre a Francesco Caligiuri (sax soprano e baritono, clarinetto basso) vede la presenza di Michel Godard al serpentone (antico strumento francese del XVI secolo), Paolo Damiani al violoncello e Luca Garlaschelli al contrabbasso.
L’ensemble Créatif è costituito invece da Nicola Pisani al sax soprano, Eugenio Colombo al flauto, Francesca Donato alla voce, Giuseppe Oliveto al trombone, Checco Pallone ai tamburi a cornice e strumenti a corde pizzicate e Francesco Montebello alle percussioni. Come si può facilmente notare, oltre ai due sassofonisti, Caligiuri e Pisani, il primo responsabile delle composizioni originali e degli arrangiamenti del quartetto mentre il secondo autore degli arrangiamenti dell’Ensemble, la lista dei musicisti presenti è di assoluto valore, cosa che risulta evidente sin dal primo ascolto. E se di Colombo, Godard e Damiani, storici esponenti dell’improvvisazione europea, si era pur certi delle loro capacità e sensibilità, altrettanto va detto degli altri musicisti, con una menzione speciale per Luca Garlaschelli, notevole al contrabbasso sia pizzicato che con l’arco.
La musica, come si accennava all’inizio, è stata registrata all’interno del Convento e l’aurea sacrale, un senso di trascendenza e ascetismo pervadono ogni brano. Talmente forte è l’estetica generale da rendere omogeneo l’intero lavoro, come se fosse suonato da un solo unico ensemble di volta in volta mutato nella composizione ma uguale nel risultato. E così le composizioni originali di Caligiuri, di chiaro stampo rinascimentale e barocco, non sfigurano certo di fronte alla bellissima Che si può fare della compositrice (e soprano) veneziana del XVII secolo Barbara Strozzi, oppure al ¾ di Henry Purcell (compositore inglese anch’egli del XVII secolo) Strike the viol, a conclusione del disco e caratterizzato da una libera improvvisazione, tenue e sofisticata, condotta dai tre fiati dell’Ensemble Créatif. In generale le delicate atmosfere create dalle linee melodiche ispirano con intelligenza l’aspetto improvvisativo, come se questo fosse insito nel brano, una sua naturale evoluzione. Così accade per esempio nell’originale Sombre mystérieux IV, con l’ammaliante e misteriosa improvvisazione di Godard al serpentone, che sfocia delicatamente in una breve e soave melodia. O anche gli splendidi soli di Colombo, Pisani e Oliveto, sempre contrappuntati dalle percussioni di Montebello, in quel gioiello dal fascino antico eppur moderno qual è O Let Me Weep (The Plaint) di Henry Purcell.
Notevole è anche il lavoro dei due archi: Damiani e Garlaschelli dialogano con maestria e rara sensibilità, per esempio in Les fleurs de la tentation o nel finale di Lumière, creando spesso un terreno fertile per gli interventi di Caligiuri (bello il sax baritono in Sombre mystérieux II) e Godard. Di grande fascino la voce soprano di Francesca Donato, le cui melodie sono spesso commentate e attraversate dall’incisivo e vellutato flauto di Colombo, come nella già citata Che si può fare, così come il delicato lavoro percussivo di Montebello che sostiene discretamente tutte le composizioni suonate dal sestetto. Arricchito, questo, anche dal complesso lavoro svolto da Pallone agli strumenti a corda, che talvolta danno un leggero sapore orientale, e intrigano sapientemente l’ascoltatore.
In questo ispirato corto circuito tra antico e moderno, scrittura e improvvisazione, danze e meditazioni, le due composizioni di Charlie Haden, Our Spanish Love Song e soprattutto Silence, brillano particolarmente non soltanto per la scelta di inserire in questo programma uno tra i grandi protagonisti della storia del jazz ma anche per l’arrangiamento e l’esecuzione. In particolare, la struggente Silence, con un assolo di Pisani di assoluto livello ad arricchire l’intero brano. Una scelta che, giustamente, chiude un cerchio: la pratica improvvisativa, patrimonio di tanta musica europea per molti secoli e poi affossata dall’affermarsi, tra il XVIII e il XIX secolo, dei grandi organici orchestrali e delle figure del compositore e del direttore, ritorna protagonista negli Stati Uniti con le musiche afroamericane, blues e jazz principalmente. E questo disco ha il grande merito di far fluire in maniera armoniosa e spontanea l’estro improvvisativo, delineando un percorso che dall’antico giunge al contemporaneo, unisce sapientemente scrittura e improvvisazione e riannoda il filo tra la composizione estemporanea europea rinascimentale e barocca con la tradizione afroamericana. Scrive Caligiuri:
“Questo disco nasce come produzione originale del nascente Festival Jazz Locum Sacrum che si pone come obiettivo la documentazione e la divulgazione della musica antica intrecciata con l’improvvisazione. A far da cornice alla magia musicale è stato il Convento di San Francesco di Paola, terzo eremo costruito dal Santo Taumaturgo e situato a Spezzano della Sila in Calabria. Un luogo di culto e di profonda spiritualità: un luogo sacro. Nicola, Paolo, Eugenio, Michel, Luca, Francesca, Giuseppe, Checco e Francesco sono le persone coinvolte nella realizzazione di questo disco: musicisti con una profonda sensibilità artistica e improvvisativa capaci di far entrare in simbiosi l’antichità, la sacralità e la libertà dell’improvvisazione.”