Fabbricanti d’universi:
ruoli, regole e fantasie

Ian Cheng
Fare Mondi
Vademecum per emissari
Traduzione di Assunta Martinese

Timeo, Palermo, 2024
pp. 100, € 16,00

Ian Cheng
Fare Mondi
Vademecum per emissari
Traduzione di Assunta Martinese

Timeo, Palermo, 2024
pp. 100, € 16,00


Fare Mondi di Ian Cheng si presenta come un manuale di scrittura. Ma in certi punti l’artista losangelino le cui opere sono esposte tra l’altro al MOMA, al Whitney Museum, alla Fondazione Louis Vuitton di Parigi, alza davvero alto il tiro quando punta ad applicare il suo metodo niente di meno che alla condizione umana. Un viaggio introspettivo scritto da un artista che indaga non solo la psiche del creativo, ma anche le complesse dinamiche della vita mentale di chiunque cerchi di dare un senso o una prospettiva al proprio universo. In pratica il libro di Cheng spiega un metodo per capire, progettare e comunicare interi universi di significato.

Che cos’è il worlding
Nella visione di Cheng, il mondo è “la realtà onnicomprensiva in cui siamo inglobati” (fisicamente e mentalmente inglobati), mentre un Mondo (con la M maiuscola) è il frutto dell’arte del “worlding”, ovvero la progettazione di un intero universo di significati in cui abitare nel tempo. Il Mondo è uno speciale tipo di universo in cui i significati sono disposti in una rete organica di giochi e di interazioni finalizzate alla sopravvivenza del Mondo stesso.

“Un futuro in cui è possibile credere, perché promette di diventare un gioco infinito. […] In un gioco finito si gioca per vincere. Ci sono regole chiare e un finale definito. In un gioco infinito si gioca per continuare a giocare. Se c’è il rischio che finisca, le regole devono essere modificate affinché il gioco prosegua”.

L’arte “innaturale” del worlding è la capacità di costruire un universo finito che scatena un gioco infinito di significazioni. Il termine concepito da Cheng si differenzia dalla comune accezione del termine world building per il fatto che tratta di Mondi come artefatti non necessariamente narrativi. Proprio come per il world building, un Mondo non si lega a una specifica destinazione o a una modalità di trasmissione e può assumere come medium (Cheng lo chiama container) qualunque forma. Può avere svariate dimensioni e i Mondi più grandi e socialmente significativi travalicano la compiutezza del singolo atto comunicativo come per esempio un film, un nuovo prodotto lanciato da un’azienda o un evento storico. Un universo di significati che tende a scriversi da solo, o meglio a lasciarsi scrivere da chi vi abita. Per questo è importante che l’atto generativo sia in grado di suggerire l’illusione che ci sia molto altro da vedere o dire rispetto a quanto esposto in una singola opera o in un singolo evento. Per intenderci, come la trovata (forzata da esigenze produttive ma comunque felice) di far cominciare la saga di Star Wars dall’episodio 4. Sempre fedele all’idea di cominciare le narrazioni in media res, tutti i film di Star Wars cominciano con scene ricche di azione, dando l’idea di aver colto un frammento temporale da un mucchio di possibilità.
Un Mondo va oltre la presa del suo creatore-demiurgo. Va anche oltre il pubblico radunato durante uno specifico incontro. Esistono universi narrativi o valoriali ancora vivi che si distendono in abbracci multigenerazionali: le grandi saghe di Tolkien, Star Wars, Star Trek, Scientology. Le religioni e i costrutti ideologici rientrano senz’altro nella definizione di Mondo, così come le impronte valoriali che distinguono grandi aziende globali come la Apple.

Le maschere che aiutano a vivere
Lo scopo di Fare mondi è quello di offrire un metodo per affrontare tanto un’espressione artistica quanto la vita in generale. È un approccio creativo basato su quattro “maschere” ovvero la personificazione di quattro punti di vista specifici che l’artista dovrebbe sempre essere in grado di sviluppare facendoli dialogare tra loro. Cheng arriva alle maschere citando le “voci interiori” dello psicologo Julian Jaynes, ovvero vestigia di una certa fase dell’evoluzione umana (cfr Jaynes, 1996), un “adattamento neurologico in virtù del quale nei momenti di stress una figura immaginaria agisce attraverso di noi”, chiarisce Cheng. Facciamo così la conoscenza del Direttore, del Fumettista, dell’Hacker e dell’Emissario. Ciascuna di queste anime del creativo ha specifici obiettivi e metodologie. La missione del Direttore è garantire che il singolo atto comunicativo veda la luce e che abbia una trasmissione efficace, possibilmente lasciando il segno traghettando un significato.

“Il Direttore si sforza di capire quali siano il container, la mappa, l’energia ispiratrice e la narrazione migliori per inquadrare il Problema Complesso. Ancora più importante, il Direttore convoca un team di esperti per farsi aiutare a portare avanti la dura impresa di trarne un significato”.

Ed ecco il Fumettista che riempie il Mondo di personaggi e oggetti, vale a dire il cuore pulsante dell’universo, i vettori che creano emozione e immedesimazione.

“Un personaggio non è una persona, ma un insieme di credenze e comportamenti”.

Il Fumettista cura l’immersività del Mondo scegliendo dettagli caratterizzanti e piccole metafore rivolte a quella parte della mente umana “sintonizzata in modo particolare sulle sfumature dei personaggi, e che di conseguenza è in grado di accettare la complessità che un personaggio potenzialmente racchiude in sé”. L’Hacker ricontrolla tutto il lavoro degli altri e prova a scompigliare un po’ tutto cercando di estrarre momenti magici: dettagli apparentemente insignificanti che, se declinati in variazioni inedite, possono creare sorprese e novità e quindi trasformare tutto ciò che accade nel Mondo. Nelle narrazioni gli hack sono spesso personaggi che cambiano improvvisamente personalità, oppure oggetti familiari che vengono usati in maniera inconsueta. Il problema dell’Hacker è che non capisce le mappe e non sa usare la bussola, offrendo solo divertimento senza contesto. Quando hanno hackerato il suolo per estrarne il petrolio, tutti guardavano sbalorditi lo zampillo (magia, sorpresa, novità), senza sapere come sarebbero cambiate le loro vite. Fumettista e Hacker sono sempre tenuti a bada dal Direttore, che si preoccupa di tenere i tempi di gestazione di un Mondo entro limiti accettabili. E poi arriva l’Emissario, la maschera che svolge un ruolo cruciale nel worlding perché si occupa di preservare e far evolvere il Mondo, garantendone la crescita e il benessere a lungo termine. L’Emissario è colui che piazza un gancio per un sequel alla fine di un film. Più in generale cura quel “generatore di movimento in grado di creare complessità – e quindi sorprese” indipendentemente da chi sia al comando. Per Cheng, nella mente di un artista completo Hacker e Fumettista (divinità istintive) dovrebbero convivere con Direttore ed Emissario (divinità razionali).

Distopie e Mondi che non vogliono morire
Sebbene in Fare mondi non se ne discuta, le distopie sono degli esempi piuttosto interessanti di Mondi perché mettono in scena tecniche di serializzazione dell’esistere e del comunicare finalizzate alla preservazione dello status quo. Il potere (con l’aiuto della tecnologia) scrive le sceneggiature di dittature e Mondi distopici perché detiene la matrice di qualsiasi Mondo. I grandi romanzi che hanno definito e continuano a definire questa particolare forma di fantascienza esaltano l’operato di Direttore ed Emissario (il potere che si autorigenera), mostrando col contagocce quelli lasciati da Fumettista e Hacker (l’immaginazione che si ribella). In 1984 di George Orwell, il dittatore staliniano, i suoi monitor e il suo pervasivo stato di sorveglianza costituiscono la personificazione del Direttore. Ma il Grande Fratello è anche un ottimo Emissario che si preoccupa di controllare gli strumenti per comunicare non solo nel breve ma anche nel lungo periodo. Il dittatore è attento non solo al contenuto dei messaggi ma anche al veicolo utilizzato. La Neolingua (la lingua ufficiale parlata in Oceania) è una diretta espressione dell’ideologia dominante. A ben vedere qui vi è anche una profetica anticipazione del linguaggio pubblicitario fatto di slogan e di neologismi ripetuti in forme meccanizzate e pervasive.
In definitiva 1984 è un libro che spiega molto bene un sistema ideologico che si fa Mondo rendendo sempre freschi e vitali i propri dogmi. Ma mette anche in evidenza un curioso processo generativo: nella Neolingua non c’è nulla di sicuro, tutto può cambiare da un giorno all’altro a seconda delle convenienze (o delle paranoie) del potere. Woody Allen ne fece una gag esilarante nel suo Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971), ambientato nel cuore di un’immaginaria guerra civile sudamericana.

“Nuovo presidente: Io sono il vostro nuovo presidente. D’ora in avanti la lingua ufficiale del Bananas sarà lo svedese. Silenzio! A partire da ora tutti i cittadini saranno tenuti a cambiarsi la biancheria ogni trenta minuti”
(Allen, 1971; 2000).

Il Grande Fratello, che sia leader di Oceania o di Bananas, agisce sulla lingua perché, da buon Emissario, ha in mente il futuro e le future forme di interazione sociale. La lingua è una matrice ideale per generare giochi potenzialmente infiniti e quindi costituisce uno strumento cruciale per il worlding.

Matrix e le matrici di matrici
Ian Cheng non menziona direttamente il film Matrix (1999) delle sorelle Lana e Lilly Wachowski ma, a proposito di matrici, vi sono interessanti parallelismi tra il concetto di worlding e le doti di scrittura delle intelligenze artificiali. Nel plot del film i computer soggiogano gli umani. Matrix narra proprio di ciò che cerca di fare il libro di Cheng: proporre una tecnica per creare una impeccabile matrice di Mondi. È interessante notare come il film si interroghi su quali possano essere le ragioni politiche e psicologiche che spingono parte della collettività a rinnegare il Mondo della realtà fisica originaria per assumere un determinato universo di significato come nuova realtà in cui vivere. La sconvolgente rivelazione viene condensata nella metafora della scelta tra pillola rossa (uscire dal sogno/Mondo) e pillola blu (continuare a sognare e abitare il Mondo imposto dai computer). Vi sono dunque umani che non rifiutano l’orribile realtà della condizione di batterie viventi al servizio delle intelligenze artificiali e desiderano prendere la pillola blu. Così, insieme al narratore, impariamo a saltare da un universo all’altro. Film come Matrix si presentano in pratica come meta-Mondi.

Attenzione: pericolo religioni!
In un oscuro romanzo breve di Brian W. Aldiss pubblicato a puntate su Science Fantasy nel 1962, ci sono le radici del film delle Wachowski. Il titolo originario è Matrix, trasformato poi, nelle pubblicazioni successive, in un più commerciale (per l’epoca) Danger: Religion! Il racconto sembra anticipare le idee delle Wachowski con numerosi dettagli, anche visivi. Anzitutto la parola “matrice” che rilancia subito l’idea di un campo da gioco costruito artificialmente da qualcuno. Vi è poi l’incontro con il misterioso Apostolic Rastell del Matrix Investigation Corps, un amalgama tra Morpheus e l’agente Smith. Rastell sembra conoscere molto bene Sheridan Meacher, nonostante non si siano mai incontrati. L’uomo che porge la pillola a Neo si presenta con una tunica, proprio come Rastell, colui che introduce il protagonista in un gioco di universi che si confrontano. Il plot di Aldiss parte da un 2041 di guerre e devastazioni. Radiazioni e offensive batteriologiche hanno reso l’Europa invivibile. L’unica città in piedi è la nuova capitale Edimburgo. Sheridan Meacher, professore di Storia, torna a casa dopo una guerra civile scatenata dalla fine delle riserve di combustibili fossili. Dopo l’iniezione di un siero, Sheridan Meacher si ritrova in una Edimburgo apparentemente identica a quella del suo mondo, in cui però domina un’istituzione denominata La Chiesa, depositaria di un potere secolare e religioso basato sulla sottomissione di schiavi. Tra le attività dei Sottomessi vi è quella di pedalare per far muovere dei taxi-ciclo usati come trasporti di massa, qualcosa che ricorda lo sfruttamento energetico degli umani in Matrix. I Sottomessi di Aldiss cominciano a ribellarsi. Rastell si rivela essere un ministro della Chiesa che ha sfruttato la tecnologia matriciale per spostarsi da una matrice (un universo creato e gestito tramite un artefatto tecnologico) all’altra. Purtroppo il racconto non si sofferma molto sulle origini e sullo scopo di queste matrici. La matrice di Rastell, denominata AA541, diventa presto un incubo per Meacher, che insieme a uno schiavo e a un altro ospite extra-matriciale di nome Gale riuscirà a fuggire. Dopo una fuga rocambolesca dalla Church Police, Meacher e Gale si ritrovano in un centro pieno di poltrone per effettuare il viaggio trans-matriciale. Ma qui Gale rivela di voler imporre a tutte le matrici (tra cui anche l’universo di Meacher) il culto del Dio Mitra che caratterizza la sua matrice di provenienza. Lo scopo di un Mondo è sempre quello di espandersi, anche a scapito di altri Mondi.

Frame da Emissary in The Squat Of Gods (2015), di Ian Cheng.

È quasi irrilevante che uno di quei mondi è la realtà dei fenomeni fisici da cui tutti i Mondi hanno origine. Qui veniamo all’elemento decisivo di quelli che Cheng chiama “giochi infiniti”: gli abitanti devono scegliere volontariamente di abbandonarsi a essi scommettendo sugli sviluppi futuri di un determinato groviglio di significati. La spietata evangelizzazione evidenziata dal racconto di Aldiss e l’esistenza di umani che non vogliono abbandonare il 1999 simulato in Matrix sono esempi perfetti delle mire espansionistiche di un Mondo in salute e in grado di acquisire consenso. Le matrici di Aldiss e di Matrix condividono con Fare Mondi l’idea di un consenso che si basa sulle credenze e sull’importanza del lasciare agli individui una scelta (o almeno l’illusione di una scelta). La tecnologia funge contemporaneamente da mezzo per uscire dalla caverna del mito di Platone e da gabbia per tenervi segregati i più. In Matrix gli umani diventano parti organiche al Mondo dei computer in quanto fonti di energia. Più sottilmente, gli umani, accettando di prendere la pillola blu, tengono in vita un segnale vitale per il benessere delle macchine a discapito di qualsiasi assunzione di responsabilità nei confronti del degrado ambientale. Le allucinazioni collettive proposte dalla narrativa sono spesso potenti allegorie sulla condizione umana o comunque riflessioni sulla natura del reale tra percezione e simulazione. Il risveglio di Neo e la sua trasformazione in un leader politico e religioso rappresentano il potenziale umano di trascendere le limitazioni imposte dalle credenze. Il racconto di Aldiss punta più esplicitamente il dito verso le religioni. Come spiega Cheng, sono proprio la fede e la fiducia a tenere le persone dentro a uno specifico Mondo.

Fare Mondi con l’intelligenza artificiale
Fare worlding non è solo un agire artistico, ma un vero e proprio modello di pensiero utile per affrontare la crescente complessità del mondo reale. Ian Cheng si spinge a prevedere un futuro in cui l’intelligenza artificiale consentirà a chiunque di gestire con semplicità i propri Mondi e di crearne di nuovi interrogando le proprie maschere in qualsiasi momento. Il metodo di Cheng ci allena ad abbracciare l’ignoto, a saltare come in Matrix perdendoci in infiniti nuovi Mondi. Ma perdersi nelle simulazioni in compagnia delle intelligenze artificiali (la cui matrice è pur sempre una sintesi statistica dell’Altro da sé) potrebbe anche servire a trovare nuovi modi per chiudersi, per rendere la propria mente sempre più complessa e autonoma rispetto ai Mondi degli altri e alla necessità di contaminazioni. Miti, matrici narrative e meta-Mondi sono palestre per il pensiero che ci lasciano sempre con una domanda aperta: siamo davvero pronti a uscire dalla caverna di Platone e ad affrontare il Mondo dei Mondi?

Letture
  • Brian W. Aldiss, Pericolo: Religione!, in AA.VV., L’albero della vita, Fantapocket n.23, Longanesi, Milano, 1968.
  • Julian Jaynes, Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Adelphi, Milano, 1996.
  • George Orwell, 1984, Mondadori, Milano, 2016.
Visioni
  • Woody Allen, Il dittatore dello stato libero di Bananas, MGM, 2000 (home video).
  • Andy e Larry Wachowski, Matrix, Warner, 2008 (home video).