Alcuni registi, giunti al culmine della carriera, non resistono alla tentazione di concedersi un film che in qualche modo racchiuda la loro opera per intero. La portata del progetto, che inevitabilmente rispecchia la grandezza dell’artefice, a volte è tale da diventare un limite intrinseco, sabotandone la fattibilità stessa: è quanto accaduto con capolavori mancati come A.I. – Intelligenza Artificiale (e prima ancora con il kolossal sulla vita di Napoleone), a cui per anni si dedicò Stanley Kubrick prima di passare il testimone a Steven Spielberg, che ne trasse un prodotto molto più convenzionale di quanto non fosse nelle intenzioni del maestro newyorkese; o con il Don Chisciotte di Orson Welles, mai completato nelle riprese e messo insieme, a partire dai novantun mila metri di pellicola girati al momento della sua morte, dal regista spagnolo Jesús Franco. Ma quando riesce, l’esito è tale da distillare in un unico lavoro la visione del mondo del suo autore, filtrata e amplificata attraverso la messa a fuoco del mestiere acquisito: è il caso di capolavori riconosciuti come C’era una volta in America di Sergio Leone, e di pietre miliari su cui si potrebbe ulteriormente argomentare come Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino o Avatar di James Cameron, con tutti i pregi e i limiti dei rispettivi marchi di fabbrica. A quale delle due categorie finiremo per ascrivere Tenet di Christopher Nolan, lo scopriremo solo con il tempo – la sua vera nemesi. Ma già adesso possiamo affermare senza tema di smentite di trovarci davanti allo stesso tipo di film: una summa filosofica e un manifesto poetico di uno dei registi più incisivi del panorama cinematografico del nuovo millennio.
Agenti segreti in un mondo crepuscolare
Tenet è un film impossibile da condensare in una sinossi. È una storia di spionaggio in cui, come viene spiegato al Protagonista (nessun nome nel copione per lui, vedremo meglio perché) interpretato da un ottimo John David Washington, già fattosi apprezzare per BlacKkKlansman (Spike Lee, 2018), nel corso del suo training ultrarapido, l’obiettivo è scongiurare la Terza Guerra Mondiale. Ma si tratta di un tipo di intrigo molto particolare, in cui la fantascienza irrompe fin da subito in maniera preponderante: infatti la spada di Damocle sospesa sulla sopravvivenza dell’umanità non è una guerra come le altre, combattuta con ordigni nucleari in un teatro geografico, ma un inedito conflitto temporale in cui un piccolo gruppo di uomini reclutati da Tenet (vedremo anche qui di cosa si tratta) rappresenta l’ultima linea di difesa per la nostra epoca contro una minaccia catastrofica sferrata dal futuro.
Il futuro che minaccia il presente è un tempo in cui la Terra è ormai allo stremo, devastata dagli effetti del cambiamento climatico che l’hanno resa quasi inabitabile, per cui i suoi signori hanno deciso di eliminarci cercando in questo modo di azzerare gli effetti delle nostre azioni e, soprattutto, delle nostre omissioni. I paradossi alla base di ogni storia di viaggi nel tempo non colgono alla sprovvista il Protagonista, che infatti ci mette poco a far notare al suo partner l’inconsistenza delle mire della posterità: in che modo, cancellandoci, gli uomini del futuro riuscirebbero ad annullare i nostri effetti sull’ecosistema? Non si originerebbe una diramazione dalla linea del tempo originale, in cui inevitabilmente i posteri non potrebbero beneficiare dell’esito del loro intervento? Neil, l’agente interpretato da Robert Pattinson che assiste il Protagonista nella sua missione, istruendolo su come destreggiarsi tra le insidie del tempo, glielo spiega laconicamente, liquidando la questione senza addentrarsi in uno degli infodump a velocità supersonica che puntellano le pellicole di Nolan (e nemmeno Tenet, in altri passaggi, fa eccezione): non dobbiamo convincerci che sia vero, è sufficiente che ci credano loro… Tra proiettili che viaggiano dal bersaglio alla canna, inseguimenti su automobili lanciate in retromarcia e colluttazioni in cui ogni colpo sembra poter essere previsto e parato, inizia così un viaggio che è allo stesso tempo un’iniziazione sulle peculiarità dell’entropia e una corsa contro il tempo per disinnescare l’Algoritmo, un congegno in grado di “invertire” l’intero pianeta, scongiurando in questo modo la fine del mondo.
Affidarsi all’entropia per procrastinare l’Apocalisse
In Tenet troviamo praticamente tutto ciò che da sempre sembra stare a cuore al Nolan regista e autore: un’escalation di paranoia post-dickiana; una trama stratificata, in cui il protagonista e i suoi aiutanti si trovano ad affrontare una missione impossibile, mentre nel frattempo succedono altre cose che sfuggono al loro controllo; un intreccio complesso, in cui ogni ingranaggio è perfettamente sincronizzato e alla fine trova il suo incastro con precisione nanometrica; ma anche una sfida tecnica che surclassa per ambizione tutte le imprese cinematografiche venute prima di questa; nonché un distillato di sensibilità e passioni che mescola alla perfezione tutti i generi in cui si è finora cimentato, dalla spy story alla fantascienza, dall’action bellico al caper movie, il tutto inserito in una cornice fortemente debitrice verso il contributo di James Bond all’immaginario contemporaneo e nella consapevolezza che il genere sia il veicolo sperimentale più adatto per continuare a sfidare la barriera delle convenzioni, tecniche e narrative. Come spesso accade con Nolan, siamo davanti a un film che è anche un rebus: ma se in Memento (2000) o Inception (2010) allo spettatore venivano progressivamente fornite le chiavi per decifrare l’enigma, qui siamo più dalle parti di The Prestige (2006) e a noi non resta che lasciarci ammaliare dallo spettacolo fuori dall’ordinario e dall’invidiabile magistero di chi lo allestisce.
È qui che s’innesta anche un discorso metacinematografico difficile da ignorare: se il Protagonista non ha nome, non è per via della copertura che richiede il suo ruolo, ma perché è un semplice vettore, una funzione narrativa al servizio di un meccanismo più vasto, che nel film è l’operazione orchestrata da Tenet, ma che potremmo identificare extradiegeticamente con il cinema stesso di Nolan. Dal gioco del regista-demiurgo non rimane escluso lo spettatore-osservatore, che inevitabilmente finisce con la sua esperienza per conferire alla visione un valore commisurato alla sua fiducia nel regista, alla propria sensibilità per le metafore (fanta)scientifiche e alla propria predisposizione a sospendere l’incredulità per lasciarsi raccontare una storia: oltre che un film sulla meccanica quantistica, potremmo quasi sostenere che Tenet è il primo esponente di un cinema esso stesso quantistico.
Nei panni del Protagonista, Washington è perfetto in un ruolo che sembra tagliato su misura per lui: le parentesi di leggerezza che è chiamato a inframezzare alle scene d’azione sono omaggi impliciti all’icona creata da Ian Fleming, che fanno toccare alla pellicola un tasso di autoironia fuori scala per il solitamente – per alcuni fin troppo – serioso cinema di Nolan, e la naturalezza del risultato finale è in larga misura merito suo. La sua interpretazione abbraccia tutta la tradizione britannica della spy story, non per ultimi Il prigioniero (1967) di Patrick McGoohan e l’anonimo agente del Secret Intelligence Service di Len Deighton. L’amalgama dei personaggi è funzionale alla resa finale: Kenneth Branagh nei panni dell’oligarca russo, un megalomane privo di scrupoli pronto a prestarsi senza pentimenti all’esecuzione di un piano genocida, è un gigante che rivaleggia con i peggiori villain visti sul grande schermo; Elizabeth Debicki, in quelli della gallerista che è stata da lui ripudiata dopo essere stata scoperta a tradirlo, è la vera rivelazione della pellicola e ruba la scena con la sua malinconica eleganza; Pattinson riesce a essere credibile e convincente nel ruolo della spalla, sia come fisico che come agente sul campo; e il cammeo di Michael Caine (già tra i più memorabili agenti al servizio segreto di Sua Maestà, proprio per la trasposizione di Ipcress diretta da Sidney J. Furie nel 1965) impreziosisce un cast di prim’ordine.
Quando l’impossibile diventa possibile
Di guerre nel tempo la letteratura di fantascienza ha saputo fornire un variegato campionario, a partire da Il Grande Tempo di Fritz Leiber (1957) e dai racconti di Poul Anderson dedicati alla Pattuglia del Tempo (1955-1960), fino all’incursione di Charles Stross con Palinsesto (2009), diversi dei quali insigniti dei maggiori premi del settore: storie di agenti temporali e di organizzazioni segrete create per preservare la coerenza storica dalle ingerenze di fazioni rivali o, come nel caso del capostipite di Leiber, storie di vere e proprie guerre combattute per il controllo della storia, un’ispirazione poi ripresa in Italia da Lanfranco Fabriani e Sandro Battisti con le storie dei rispettivi cicli dell’UCCI (Ufficio Centrale Cronotemporale Italiano) e dell’Impero Connettivo.
È una suggestione tornata recentemente alla ribalta anche con il pluripremiato romanzo breve Così si perde la guerra del tempo di Amal el-Mohtar e Max Gladstone (2019), incentrato sullo scambio epistolare tra le agenti rivali Rossa e Blu, emissarie di due fazioni in lotta per l’egemonia sul futuro attraverso il controllo del passato. Ma in Tenet rileviamo, incidentalmente e con ogni probabilità al di là delle intenzioni di Nolan, anche interessanti punti di contatto con due pietre miliari degli anni Novanta: la prima corrispondenza, del tutto fortuita, è con Cherudek di Valerio Evangelisti (1997), quinto romanzo della sua acclamata serie dell’Inquisitore Eymerich, che ancor prima di Tenet menziona diffusamente il quadrato del Sator e sviluppa il concetto di entropia negativa; e poi La Terra moltiplicata di Greg Egan (1992), in cui il protagonista si ritrova invischiato, durante le ricerche di una donna scomparsa, in una cospirazione incentrata sulla possibilità di sfruttare le applicazioni della meccanica quantistica per provocare effetti macroscopici sulla realtà: una delle organizzazioni segrete coinvolte nell’intrigo è il Canon e Tenet, oltre a essere una parola palindroma presa in prestito dal latino e dal quadrato sopra menzionato, è anche un termine che in inglese indica in un contesto religioso il dogma, la dottrina, il canone.
Il tempo palindromo
La stesura della sceneggiatura ha tenuto impegnato Nolan dalla fine delle riprese di Interstellar (2014), coinvolgendo anche stavolta il fisico Kip Thorne come consulente scientifico, ma era da almeno un decennio che l’idea si andava sedimentando tra gli altri suoi progetti. Solo pochi anni fa sarebbe stata comunque difficile, se non del tutto impraticabile, la fattibilità delle soluzioni registiche a cui Nolan ha voluto far ricorso per mettere in scena la sua storia di palindromi temporali. L’idea dell’inversione dell’entropia, e con essa della freccia del tempo, non è semplicemente accennata nel film, ma ne viene dato ben più di un saggio pratico, traducendo in immagini ciò che le parole possono solo suggerire.
Il merito del risultato finale va riconosciuto alla bravura del direttore della fotografa Hoyte van Hoytema (al suo attivo La talpa, Her, Spectre e Ad Astra, già al fianco di Nolan per Interstellar e Dunkirk), e di Jennifer Lame, chiamata qui a sostituire in cabina di montaggio il fedelissimo Lee Smith, impegnato nella postproduzione di 1917 di Sam Mendes. Per esaltarne la resa, Nolan si è affidato allo stato dell’arte dei formati disponibili per le riprese, girando in 70 mm e IMAX, riuscendo a lasciare lo spettatore a bocca aperta per lo stupore nelle scene d’azione, soprattutto quelle di massa, ma ancor di più in quelle riconducibili alle manovre che i personaggi del film definiscono “a tenaglia temporale” (in cui, cioè, diversi attori si muovono seguendo frecce del tempo opposte l’una all’altra): dal sontuoso ma ancora convenzionale assaggio dell’irruzione nell’Opera di Kiev con cui si apre la pellicola all’inseguimento “in inversione” sulle strade di Tallinn, dalla scena palindroma all’aeroporto di Oslo alla sequenza bellica finale tra le rovine della città mineraria siberiana abbandonata di Stalsk-12 – essa stessa monumento funerario dedicato all’Antropocene – in cui per dieci minuti assistiamo alla coesistenza, fotogramma per fotogramma, di due operazioni militari in corso lungo due flussi temporali opposti, la prima dal passato al futuro e l’altra dal futuro al passato. Impossibile renderne l’effetto a parole.
Dove forse la sostituzione dei collaboratori storici di Nolan non ha mantenuto il solito livello di eccellenza è nella partitura musicale, stavolta piuttosto monocorde nelle composizioni di Ludwig Göransson, chiamato a sostituire il richiestissimo Hans Zimmer, alle prese con la colonna sonora di Dune. Ma in fondo la musica ideale per Tenet Zimmer l’aveva già composta, peccato solo che fosse finita in Inception (a cominciare da Time, ri-ascoltare per credere).
- Poul Anderson, I guardiani del tempo, Mondadori, Milano, 1977.
- Poul Anderson, La pattuglia del tempo, Interno Giallo/Mondadori, Milano, 1994.
- Poul Anderson, Lo scudo del tempo, Mondadori, Milano, 2006.
- Sandro Battisti e Francesco Verso, Il sangue e l’Impero, Mondadori, Milano, 2015.
- Sandro Battisti, Olonomico, Kipple Officina Libraria, Livorno, 2016.
- Sandro Battisti, Punico, Delos Books, Milano, 2018.
- Giovanni De Matteo e Lanfranco Fabriani, Breve storia del viaggio nel tempo, Next-Station.org, 31 dicembre 2011.
- Len Deighton, La pratica Ipcress, Il Saggiatore, Milano, 2002.
- Greg Egan, La Terra moltiplicata, Editrice Nord, Milano, 1995.
- Amal el-Mohtar e Max Gladstone, Così si perde la guerra del tempo, Mondadori, Milano, 2020.
- Valerio Evangelisti, Cherudek, Mondadori, Milano, 2004.
- Lanfranco Fabriani, Lungo i vicoli del tempo, Delos Books, Milano, 2014.
- Lanfranco Fabriani, Nelle nebbie del tempo, Delos Books, Milano, 2016.
- Lanfranco Fabriani, Il lastrico del tempo, Delos Books, Milano, 2020.
- Ian Fleming, Casino Royale, Adelphi, Milano, 2012.
- Fritz Leiber, Il Grande Tempo, Mondadori, Milano, 2008.
- Charles Stross, Palinsesto, Delos Books, Milano, 2010.
- AA.VV., James Bond Collection, Warner Bros, 2020 (home video).
- James Cameron, Avatar, 20th Century Fox / Disney, 2012 (home video).
- Sidney J. Furie, Ipcress, Cult Media, 2014 (home video).
- Spike Lee, BlacKkKlansman, Universal, 2019 (home video).
- Sergio Leone, C’era una volta in America, Leone Film Group, 2017 (home video).
- Patrick McGoohan, Il Prigioniero (parti 01 e 02), Cult Media, 2014 (home video).
- Christopher Nolan, Inception, Warner Bros, 2011 (home video).
- Christopher Nolan, Interstellar, Warner Bros, 2015 (home video).
- Christopher Nolan, Memento, Eagle Pictures, 2011 (home video).
- Christopher Nolan, The Prestige, Warner Bros, 2007 (home video).
- Steven Spielberg, A.I. – Intelligenza Artificiale, Warner Bros, 2011 (home video).
- Quentin Tarantino, Bastardi senza gloria, Universal Pictures Italia, 2010 (home video).
- Orson Welles, Don Chisciotte, Terminal Video Italia, 2006 (home video).