“Nulla”. Non pronuncerà altro Elisabeth Vogler, l’attrice diventata afasica nel corso della rappresentazione dell’Elettra sofoclea e affidata alle cure dell’infermiera Alma. Iniziò qui la lunga relazione artistica (e per quasi un decennio anche sentimentale) tra Liv Ullmann e Ingmar Bergman. Il film è Persona (1966), pellicola che subì anche l’intervento della censura italiana all’epoca, e che è uno dei tasselli imperdibili (soprattutto per l’interpretazione) della rassegna retrospettiva messa a punto per l’edizione 2018 di Bergamo Film Meeting (la numero 36), che la vede anche protagonista del manifesto ufficiale della manifestazione.
All’attrice svedese è dedicato, inoltre, il volume monografico curato da Angelo Signorelli, completo di filmografia, saggi originali, e contributi di Ian Erik Holst, Anton Giulio Mancino, Roberto Manassero, Silvia Vincis e lo stesso Signorelli.
Dieci i film con la regia di Bergman che la vedono protagonista, tra cui vanno almeno segnalati Sussurri e grida (1972), Scene da un matrimonio (1973), L’immagine allo specchio (1976), L’uovo del serpente (1977) e Sinfonia d’autunno (1978). La retrospettiva prevede un totale di ventidue film che la vedono sia attrice con altri registi, tra cui Jan Troell (Karl e Kristina, 1971), Anthony Harvey (La rinuncia, 1974) e Mauro Bolognini (Mosca addio, 1986) sia nei panni di regista lei stessa. Un percorso che iniziò nel 1992 con Sofie e proseguita con altri quattro film, tra cui due – Conversazioni private (1996) e L’infedele (2000) – tratti da testi di Ingmar Bergman. Tra i due cronologicamente si pone Kristin Lavransdatter (1995), mentre l’ultimo, Miss Julie (2014), con Colin Farrell e Jessica Chastain, è la trasposizione della tragedia omonima scritta nel 1888 da August Strindberg. A latere la sua partecipazione al progetto/omaggio Lumière et compagnie (1995). Tutti inseriti nella rassegna dedicatale dal BFM 2018, che culminerà con la presenza della stessa Ullmann durante la seconda parte del festival. Attrice, regista e anche scrittrice, con due libri all’attivo, Cambiare e Scelte (pubblicati in Italia da Mondadori) in bilico tra riflessione artistica e ricordo biografico, Liv Ullmann, oggi ottantenne, è ammirevolmente tuttora in attività.
L’insostenibile leggerezza della Nová Vlna
Se Ullmann festeggia nel 2018 i suoi ottant’anni, ne compie a sua volta cinquanta la Primavera praghese, il Sessantotto dall’altra parte, conclusosi con l’invasione delle truppe del Patto di Varsavia nell’agosto di quel fatidico anno. L’anniversario ha fornito il destro per allestire un’altra rassegna, mirata proprio sulla nouvelle vague cecoslovacca che produsse sia innovazione stilistico-formale sia satira del potere vigente.
La rassegna intitolata I ribelli del ’68. La nuova onda del cinema cecoslovacco propone sette film realizzati tra il 1965 e il 1970. La selezione include Il negozio al corso di Ján Kádár, Elmar Klos (1965), primo lungometraggio cecoslovacco a vincere l’Oscar per il miglior film straniero, una storia tratta da un racconto di Ladislav Grosman. Sempre da opere letterarie arrivano altri quattro dei film selezionati: Treni strettamente sorvegliati di Jiří Menzel (1966) dall’omonimo romanzo di Bohumil Hrabal (altro film vincitore della statuetta) Fantasie di una tredicenne di Jaromil Jireš (1970) dall’omonimo (riferito al titolo originale) romanzo surrealista di Vitĕzslav Nezval, Valeria e la settimana delle meraviglie, L’uomo che bruciava i cadaveri di Juraj Herz (1968) tratto da Il bruciacadaveri di Ladislav Fuks, e Lo scherzo sempre di Jireš (1969) dal primo romanzo di Milan Kundera. Provengono da soggetti originali, invece, i restanti due film: La signora dei binari di Ladislav Rychman (1966) e L’orecchio di Karel Kachyna (1970).
Un’agile panoramica di qualità su una stagione stretta tra effimere speranze di libertà e censure anche pesanti. Un passaggio di testimone, inoltre, dopo l’ampia retrospettiva dedicata lo scorso anno a Miloš Forman, i cui lavori, prima del trasferimento negli Stati Uniti, sono coevi a queste opere.
La Mostra Concorso: i magnifici sette
All’oggi guarda invece in modo integrale la consueta rassegna dei film in concorso: sette lungometraggi inediti in Italia, tutti del 2017. Quest’anno una selezione molto al femminile, anzi molto materna, dal momento che ben quattro pellicole vedono come protagoniste delle moderne madri più o meno coraggiose e fallimentari al tempo stesso: Dzikie róże/Wild Roses di Anna Jadowska, Mobile Homes di Vladimir de Fontenay, Apostasy di Daniel Kokotajlo e Bába z ledu/Ice Mother di Bohdan Sláma. In realtà andrebbe almeno aggiunto Le semeur/The Sower di Marine Francen, che ci conduce nel 1852, in un paesino delle Basse Alpi francesi, dove gli uomini sono spariti a causa della repressione seguita alla rivolta repubblicana contro Luigi Napoleone Bonaparte. Tutte le donne del villaggio stringono un patto: se verrà un uomo, sarà di tutte.
Le semeur/The Sower di Marine Francen.
Una donna è co-protagonista anche di Stebuklas/Miracle di Eglė Vertelytė, mentre la relazione padre/figlio è al centro di Iscelitel/Secret Ingredient di Gjorce Stavreski, storia di un giovane che si arrangia per trovar soldi e comprare le medicine per il padre malato di cancro. Trovando per caso un pacchetto con della marijuana, se ne appropria per preparare una torta e alleviare così i dolori del padre(!).
Tre sguardi sull’Europa dell’oggi
A sua volta sempre rivolta al presente è la oramai classica sezione Europe, Now!, che offrirà le personali complete di tre cineasti in via di definitiva affermazione: l’austriaca Barbara Albert, il francese Stéphane Brizé e il rumeno Adrian Sitaru. Di quest’ultimo a fine manifestazione saranno distribuiti nelle sale i due lungometraggi più recenti, grazie all’accordo siglato con Lab 80 film. Si tratta di Illegittimo (2016) e Fixeur (id., 2016), paradigmatici del modo di fare cinema del rumeno, spesso alle prese con temi spinosissimi come, in questi casi rispettivamente, l’incesto e la prostituzione minorile, pur non disdegnando di affrontarne altri più normali come la dissoluzione della coppia, seppure con soluzioni al limite del surreale come il suo primo lungometraggio girato in rigorosa soggettiva Pescuit sportiv (2008).
Barbara Albert a sua volta aveva fatto capolino nel 2016 con due film da lei prodotti della regista bosniaca Jasmila Zbanic (Il segreto di Esma, Orso d’Oro a Berlino 2006, e Il sentiero, 2010) all’interno della personale dedicatale sempre nella sezione Europe, Now!. Anche di Albert sarà proiettata l’intera sua produzione, dai primi corti al recente Mademoiselle Paradis (2017), suo primo film in costume, ambientato nella Vienna settecentesca. Storia (vera) della prodigiosa pianista cieca, coeva di Mozart, Maria Theresia Paradis, detta Resi.
Mademoiselle Paradis di Barbara Albert.
Quanto a Brizé il suo cinema di indagine sociale anche se in senso lato, come testimoniano i lavori più recenti, che lo hanno fatto conoscere a un pubblico più ampio: La legge del mercato (2015) e Una vita (2016). Il primo racconta di un uomo in cerca di lavoro nella Parigi di oggi, il secondo è un adattamento del romanzo eponimo di Guy de Maupassant, ambientato in Normandia all’inizio dell’Ottocento.
Oltre la finzione: Visti da vicino
Se la Mostra Concorso prevede un premio, la sezione Visti da vicino dedicato al documentario ne prevede due in palio. A contenderseli ci sono quindici opere, produzioni indipendenti provenienti dal panorama internazionale, tutte inedite in Italia. Da segnalare un lavoro italiano, Lo strano suono della felicità di Diego Pascal Panarello, storia di un musicista fallito e di uno scacciapensieri, dalla cui unione nasce un percorso iniziatico che lo condurrà dalla Sicilia fin nella lontana Yakutia in Siberia. Non pochi sulla carta i lavori di grande interesse, per esempio Mzis Qalaqi/City of the Sun del georgiano Rati Oneli, che ci conduce tra le rovine di una città mineraria semiabbandonata, scenario degno dei migliori futuri perduti: oppure il viaggio tra piani confusi di realtà e finzione, tra finzione e documentario ripresi in Sans bruit, les figurants du desert del Collectif MML (Michał Mądracki, Maciej Mądracki, Gilles Lepore), viaggio nella piccola città di Ouarzazate nel sud del Marocco, location privilegiata dall’industria cinematografica hollywoodiana, che ha trasformato di fatto l’intera popolazione in comparse a vita. E poi storie di vita e attività agonistica, come Cheer Up di Christy Garland, alle prese con Miia, l’allenatrice della peggior squadra di cheerleader della Finlandia, oppure The Last Fight di Victor Vroegindewei, che riprende Marloes Coenen, una delle più forti combattenti del mondo di Mixed Martial Arts (MMA), prima del suo ultimo combattimento.
Lo strano suono della felicità di Diego Pascal Panarello.
Animazione, arte d’avanguardia e qualche chicca
Resta da dire ancora di altri due appuntamenti classici dell’edizione bergamasca. Il primo è quello con il cinema d’animazione che quest’anno farà conoscere il lavoro sulle marionette animate della giovane slovena Špela Čadež. L’altro è dedicato agli incontri tra cinema e arte contemporanea con la mostra dedicata a Jonas Mekas, poeta, artista e regista, fondatore del New American Cinema Group e creatore dell’Anthology Film Archive. Artista che oggi chiameremmo multimediale. Prova ne sia la duplice proiezione di Seasons negli spazi del Palazzo della Ragione, che ospita la mostra. Si tratta di un video composto con un cut up di frammenti della sua intera produzione cinematografica. In esposizione poi diversi frame estrapolati dai lavori video dell’artista e impressi su lastre di vetro, appartenenti alla serie In An Instant It All Came Back to Me, e quaranta fotografie di Birth of a Nation “estratte” dal suo omonimo film del 1997. Conclude la sezione fotografica To New York with Love, serie di ventuno immagini dedicate alla città che è stata il palcoscenico del lavoro di Mekas.
Boles di Špela Čadež.
Infine, in collaborazione con Bergamo Jazz verrà sonorizzato dal pianista Umberto Petrin il film di Lubitsch Die Austernprinzessin (La principessa delle ostriche, 1919), preceduto dalla proiezione di Rapina al treno postale (1967) di Peter Yates la cui colonna sonora scritta da Johnny Keating ha ritmo da vendere; invece, dalla partnership con GAMeCinema, arrivano altri due film cecoslovacchi: Mlha (1966) di Radúz Činčera e Tichá radost (1985) di Dušan Hanák.
Ancora il Kino Club per i più giovani, che ha in cartellone un autentico capolavoro, La diabolica invenzione dal romanzo di Jules Verne, Di fronte alla bandiera, nel quale Karel Zeman dispiega tutta la potenza della sua visionarietà. E per restare su lidi fantascientifici, la Fantamaratona che vede in cartellone l’inquietante I ragazzi venuti dal Brasile (1978) di Franklin J. Schaffner, dall’omonimo romanzo di Ira Levin e lo splatter film Re-Animator (1985) di Stuart Gordon dal racconto di Howard P. Lovecraft.
A latere, in collaborazione con l’Accademia Carrara di Bergamo, incrociando la mostra Raffaello e l’eco del mito allestita per il quinto centenario della morte dell’artista, sarà proiettato il provocatorio Sebastiane (1976) di Derek Jarman e Paul Humfress, mentre il Cult Movie 2018 sarà Incantesimo (1938) di Georg Cukor.
L’intero programma in dettaglio è consultabile sul sito del BFM.