Agli inizi del cinema c’era cinema ovunque potesse esserci una proiezione. Poco importava dove si sistemasse lo schermo. Un paesaggio mutevole, talvolta improvvisato; modi di vedere che poi sono sopravvissuti underground, scorrendo in parallelo alla disciplina della sala standardizzata, ai suoi codici di comportamento, alla sua etichetta. Modi di vedere che oggi un poco ritornano, in forme diverse e con diversi supporti e tecnologie.
Il cinema si vede ovunque, curvi sugli scherminimi dei cellulari, viaggiando in treno, distesi a letto, visitando una mostra in cui schermi piatti attestano con vecchi o nuovi documenti cinematografici il tema dell’esposizione. Cinema esteso, espanso, ma anche cinema ristretto, personale. Il digitale ha reso agevoli non solo le visioni ma anche le proiezioni ubique, liberate dalla fragilità e dalle complicazioni della pellicola.
Così, ecco una piccola valle, o piana, nelle terre etrusche, e una rassegna, e un modo di trovarsi intorno a pitture, fotografie e cinema e musica, performance e pubblicazioni. Ecco lo schermo innalzato all’aria aperta, fra gli ulivi, nel caldo luglio, abbastanza piccolo da lasciar vedere le stelle oltre la sua cornice, abbastanza grande da far gustare le immagini al meglio, mentre i gatti scivolano fra le sedie e inizia a fare fresco.
Il mare non è poi così lontano, qui a Tuscania, anzi a Piane di Bronzo, poco distante, dove si svolge Moby Dick. Avventure, divagazioni e altre strategie sul tema di Melville: atto secondo, perché il viaggio è iniziato nel 2016, sempre in estate.
Da podere ad associazione culturale e luogo d’incontro: la nuova vita del territorio di Piane di Bronzo vicino Tuscania.
Viaggio promosso dal Centro culturale “La Camera Verde” e dall’Associazione culturale Piane di Bronzo e curato fin dal 2010 da Giovanni Andrea Semerano e Luigi Francini, quest’ultimo artefice con la moglie Anna della sapiente e artistica rinascita del podere ora trasformato in centro culturale e di residenza. Certo è strano trovare il Pequod nella piana d’erba, con la vela-schermo, col profilo dell’onda-collina lì intorno.
Il luogo, dove si svolgono varie attività anche formative nel corso dell’anno, è un piccolo gruppo di case per gli ospiti degli incontri, con uno stare insieme intorno al grande tavolo esterno davanti alla cucina, fra cespugli di rosmarino, e arrivi e partenze di una sorta di piccola e resistente famiglia estesa di organizzatori, cinefili, autori e artisti delle serate, scrittori, curatori e amici e persone del paese che da anni conoscono l’appuntamento e lo aspettano.
Quest’anno le iniziative si sono svolte dal 21 luglio al 14 agosto, e poi di nuovo in settembre. Intanto una mostra di pittura, con opere di Luc-François Granier, su Moby Dick. Poi le serate. Sono arrivati fra gli altri Adriano Aprà, studioso e promotore del cinema sperimentale e non-fiction; e Franco Brocani, filmmaker; Olimpia Carlisi attrice, Pino Bertelli fotografo. Bella mostra di sue foto, ritratti in bianco e nero di Enrico Ghezzi (uno dei frequentatori delle serate), allestita nella sala più grande, che quando è meno caldo serve anche per le proiezioni, e dove si tengono i concerti: quest’anno Massimiliano Viel, Alessandra Guerini, Matias Guerra. Di Guerra anche l’installazione permanente (2016), dietro la sala delle esposizioni, con le sue sonorità ritmate, evocative. Una sorta di cenacolo, insomma, quello di Piane di Bronzo, un cenacolo esteso e mutevole di anno in anno, che si autofinanzia (con le tessere e con qualche socio sostenitore).
Un reticolo di attività, incontri ed eventi ne La Camera Verde
Dalle campagne a Roma, dagli ulivi a Piramide: l’idea di un gruppo esteso di appassionati che si incontrano, discutono e progettano la ritroviamo nelle stanze de “La Camera Verde”, aperta assai prima, nel 1999, da Andrea Semerano. Una stradina tranquilla a due passi da Roma Ostiense, due stanze che accolgono quadri, o fotografie, o proiezioni, o musica, e oggetti, e libri. Perché si va, qui, oltre i bordi e gli steccati: si deborda (verrebbe facile il gioco con Guy Debord, autore frequentato e amato dai cameraverdiani, che gli hanno dedicato alcune pubblicazioni). E, come nella piana etrusca con la sua vela-schermo, il cinema è fatto di tutto ed è una cosa sola: che sia un film-saggio su Rossellini o un documentario su Pino Bertelli, un film di Straub-Huillet o di Glauber Rocha: e ancora Buster Keaton accanto a John Huston, Orson Welles e il Renoir del muto, fino alle metamorfosi della videoarte.
Sul sito de “La Camera Verde” i ritratti e i ricordi di Jeanne Moreau e di Jerry Lewis, recentemente scomparsi. Insomma, cinefilia (quasi) totale, quella vera e pura, underground e overground, formati e durate e generi diversi sottobordo o fuoribordo, fuori norma e fuori dagli steccati, di successo o di insuccesso. Intendiamoci: con rifiuto deciso e netto di altri cinema, ritenuti compiacenti, asserviti o anche solo non necessari.
Il grande oceano del cinema con i suoi cavalloni, le sue ondine e tutto il sommerso e tutto il salvato. La filosofia delle iniziative estive di Piane di Bronzo si ispira a questa consolidata tradizione de “La Camera Verde”, applicandola e ricreandola diversamente, en plein air: un sapere senza steccati, appassionato anche nella sua base volontaria e di autosostentamento, una cura disposta all’ascolto, a captare proposte, intercettare novità, accogliere idee, abbracciare iniziative azzardate e indisciplinate.
A Roma, da quasi vent’anni, mostre, presentazioni, concerti; una collezione, chiamata “il museo” della Camera Verde, che cura l’Archivio storico del Centro Culturale “Il Fotogramma” (migliaia di fotografie), la Fondazione Antonio Semerano, e altri archivi d’artista. Ma anche una intensa, vulcanica, debordante attività editoriale fra poesia, narrativa, saggistica.
La rivista The Shootist, stampata in grande formato, ma che vive anche on line (è ora in preparazione il secondo numero). “The Shootist è il tentativo di fare un viaggio, di mettersi a cavallo e vedere il cinematografo, così come esso giunge, fuori e dentro le città. The Shootist è anche andare a caccia di quelli che rapinano il cinematografo. The Shootist ha licenza di sparare e di portare in cella i ladri di galline”, si afferma nella presentazione del progetto. Un piccolo assaggio, questa citazione, dello stile sempre galoppante, batticuore e metaforico dei testi che accompagnano le scelte e le iniziative di questo Centro culturale che porta il nome del celebre film di François Truffaut, fra conservazione e cura della memoria e rivincita del futuro con le sue incognite e il suo azzardo. Con una frase di Robert Bresson, che risale al 1975, a indicare lo sguardo del Centro: “Creare non significa deformare o inventare persone e cose. Vuol dire stringere fra persone e cose che esistono, così come esistono, rapporti nuovi” (Bresson, 2008).
Per un’editoria altra, “non codificata”
All’insegna dei rapporti, delle relazioni per iniziative e idee, anche le pubblicazioni. I rapporti che si stringono devono generare qualcosa che resti oltre il cosiddetto evento, o l’attività che si progetta. Pensare quindi subito non solo ai “film che producono film”, come auspicato da Dziga Vertov, ma anche ai film (alle mostre, ai concerti) che producono libri, o a incontri che lasciano una traccia di carta e inchiostro, un oggetto da meditare, un contributo al pensiero di quel che si fa nelle stanze de “La Camera Verde”. Con slancio vulcanico e generoso, e sempre con il metodo dell’autofinanziamento (i libri non hanno ISBN e si possono ordinare attraverso il sito), e con cura editoriale, attenzione alla carta e al formato, ai caratteri e all’eleganza dell’insieme.
Uno spazio di La Camera Verde (spartito: Massimiliano Viel, quadri: Matias Guerra, foto: Zeno Tentella).
Un’enorme quantità di collane, cui partecipano autori vicini alle attività del Centro, artisti, ma anche studiosi e critici italiani e stranieri. Collane di fotografia, varie collane di cinema, la collana di poesia, quella di teatro, le cartelle e le cartoline d’artista, e altre dai nomi affascinanti, da esplorare. Ci sono musicisti, pittori, poeti, narratori, c’è la collana “Locandina d’artista” che conta oltre cento titoli; c’è il libro di Nicole Brenez su Jean-Luc Godard théoricien des images, il libro di Pino Bertelli su Guy Debord, il libro di Franco Brocani su Mario Schifano e Tano Festa con introduzione di Enrico Ghezzi. Molti i volumi in corso di stampa nel 2017. E poi le mostre a venire: EGH – Statue fatue di Pino Bertelli, con Enrico Ghezzi (e un libro omonimo, con introduzione di Bernardo Bertolucci e la postfazione di Franco Maresco).
Le foto e il cinema di Peter Hutton, a cura di Tony D’Angela; la torrentizia personale di Gerard Courant che vedrà proiezioni nel corso dell’intero anno (Courant è autore di migliaia di cortissimi ritratti di personaggi internazionali del mondo della cultura e dello spettacolo). L’omaggio a Roland Topor a cura di Giacomo Carioti. E molte altre iniziative fra foto, libri, cinema, video, musica, performance di confine fra le arti. Viaggi. Come quello del Pequod.
Camera come camera oscura e come camera chiara. Stanza ma anche vela, isola, barca fra Roma e le Piane. Vi ruotano e vi nuotano intorno tante persone, attirate nel suo piccolo e costante vortice, brulicanti fra una rassegna serale e una esposizione, la proposta di un libro e una musica insolita.
Una camera indipendente, saldamente esposta ai venti.
- Robert Bresson, Note sul cinematografo, Marsilio, Padova, 2008.