Quando la poesia italiana
viene chiamata a raccolta…

Francesco Napoli
(a cura di)
Poeti italiani nati negli anni ‘60
Letteratura come condizione
Interno Poesia

Latiano (BR), 2024
pp. 380, € 20,00

Alessandro Manca
(a cura di)
Uccello nel guscio
La letteratura beat italiana
La Nuovacarne edizioni,

Pistoia, 2024
pp. 520, € 18,00

Tommaso Di Dio
(a cura di)
Poesie dell’Italia
contemporanea
1971-2021
ilSaggiatore, Milano, 2023

pp. 1.085, € 35,00

Francesco Napoli
(a cura di)
Poeti italiani nati negli anni ‘60
Letteratura come condizione
Interno Poesia

Latiano (BR), 2024
pp. 380, € 20,00

Alessandro Manca
(a cura di)
Uccello nel guscio
La letteratura beat italiana
La Nuovacarne edizioni,

Pistoia, 2024
pp. 520, € 18,00

Tommaso Di Dio
(a cura di)
Poesie dell’Italia
contemporanea
1971-2021
ilSaggiatore, Milano, 2023

pp. 1.085, € 35,00


Le antologie sono il primo e più importante strumento di studio e conoscenza della letteratura. In senso orizzontale o diacronico (cioè in un’ottica storica) e nell’accezione verticale del termine, focalizzata, cioè, su un singolo scrittore o poeta o su un movimento. È un’affermazione scontata? No. Si tende spesso a sottovalutare l’importanza delle crestomazie (sinonimo più elegante e snob di antologia) dimenticando che sin dai banchi di scuola tutti noi approcciamo gli scrittori e le epoche letterarie guidati attraverso quella scelta di autori e brani costitutiva dell’ossatura di un’antologia. Che già nella sua etimologia (“anthos” in greco vuol dire fiore) e ancor più nella radice “chrestòs” di crestomazia, contiene implicitamente una gerarchia e quindi l’istituzione di un canone.
In questo senso, qualunque antologia rischia di porsi, spesso volontariamente, nello status selettivo (con tutto quello che di antidemocratico può esserci anche nel processo di selezione) di scrematura sovente più pregiudiziale e ideologica che obiettiva, dell’offerta: donde il mai demonizzato pericolo di buttare insieme alla presunta acqua sporca anche tanti bambini belli e sani. Le antologie, in ispecie quelle contemporanee e più recenti, tendono invariabilmente alla replicazione monocorde di un modello, alla ecolalia del o di un canone, alla sua passiva reiterazione che si tramuta in tormentone inciso nel marmo pario dei sempre-presenti, degli immancabili, ribadendo la coazione al qualunquismo, al diktat del Salotto o della Conventicola eretta a neo-Pantheon eliconio.

A scanso di equivoci, quello di antologia è comunque già un concetto classico, così come l’idea del canone, elaborata in epoca alessandrina. E non dimentichiamo che la gran parte delle opere della letteratura classica – greca e latina – sono studiate e lette in forma antologica; pensiamo soprattutto ai poemi, da quelli omerici a Lucrezio e Virgilio (per citare due confini ben noti al grande pubblico). Quindi la bravura del curatore è tanto più discriminante nell’accuratezza e nella qualità dello strumento antologico. Il più ambizioso progetto di questo genere è l’Antologia Palatina, il manoscritto che ha conservato la più ricca collezione di poesia greca antica, una raccolta di quasi quattromila epigrammi composti nell’arco di quindici secoli. È da vedere se le antologie contemporanee sfideranno anch’esse la prova del tempo. Fatto sta che di recente ne sono apparse diverse, in parte proseguendo una tradizione oramai prossima al mezzo secolo, e in parte cercando di trovare nuove logiche compilative.

Il canone novecentesco
Raramente accade che le antologie del canone novecentesco brillino per originalità di scelte, per squarci innovativi su autori grandi ma poco letti, o sconosciuti o emarginati. Due esempi: all’Antologia della poesia del Novecento di Edoardo Sanguineti, una delle migliori ancora oggi, dobbiamo la valorizzazione di un poeta originalissimo quanto ignorato, come Gian Pietro Lucini, l’autore di Revolverate e Nuove Revolverate, un, se non il, padre del verso libero novecentesco. Secondo esempio, l’Antologia della poesia italiana, curata da Cesare Segre e carlo Ossola, è l’unica che campiona dei testi di Sandro Sinigaglia, un poeta che andrebbe rivalutato a partire dalla bella edizione Garzanti delle sue poesie, corredata dal glossario di Paola Italia. Scendendo qualche gradino nella scala delle ambizioni editoriali, si possono rivelare utili, a fini non solo d’evasione, anche le antologie “instant” o balneari, come Poesie da spiaggia a cura di Nicola Crocetti e Jovanotti (2022), che a contemporanei italiani come Pierluigi Cappello (mancato nel 2017), Milo De Angelis, Antonella Anedda, Chandra Livia Candiani, Aldo Nove, Cesare Viviani e Mariangela Gualtieri, affiancano i classici Giovanni Pascoli (Mare, poesia anodina, assolutamente irrisoria rispetto alle heart-throbbing e insuperabili Digitale Purpurea, e soprattutto La Tessitrice, assenti da questa silloge), Gabriele D’Annunzio de L’Onda – scelta più originale della scontatissima Pioggia nel Pineto – Eugenio Montale (Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida, opzione non scontata, complimenti), dimenticando, però, Giacomo Leopardi. Presenti Marina Cvetaeva e Antonia Pozzi, due autentiche poete. Non manca la prezzemola Wisława Szimborska. C’è pure Edoardo Sanguineti, scelta coraggiosa per una raccolta destinata al grande pubblico. Così come non è banale l’inserimento di Adam Zagajewsky; e di Velimir Chlebnikov accanto a Carlo Michelstaedter.

Segmentazione dell’antologia: le tipologie principali
A questo punto dobbiamo analizzare le principali forme che assume l’antologia della poesia contemporanea dal punto di vista editoriale. Ci sono almeno quattro o cinque-tipologie prevalenti, senza considerare le antologie tematiche (come quelle dedicate alla natura, agli animali, e così via), quelle autoriali, e quelle più “instant” e commerciali concepite dal marketing per un pubblico non specializzato e con obiettivi di cassetta.

→  Antologie classiche novecentesche – integrative a quelle scolastiche – che offrono una panoramica della poesia italiana ormai considerata acquisita nel Pantheon delle letture obbligate. Quello che cambia in questo tipo di lavori è soprattutto (ma non solo) il punto di partenza e quello di arrivo. Prendiamo due esempi fra i più illustri e ancora validi: Poeti italiani del Novecento a cura di Pier Vincenzo Mengaldo e Poesia italiana del Novecento di Edoardo Sanguineti (per entrambe l’ultima edizione è del 2018). Nel primo caso il curatore (Mengaldo) parte da Corrado Govoni e arriva ai più recenti con Giovanni Giudici, Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Antonio Porta, Giovanni Raboni e Franco Loi che chiude l’antologia. Ovviamente, non mancano Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Cesare Pavese, Leonardo Sinisgalli, Giorgio Caproni, Sandro Penna, Vittorio Sereni, Pier Paolo Pasolini, Franco Fortini, Tonino Guerra, Andrea Zanzotto; tutti poeti nati nei primissimi anni Venti, tranne Penna (1906), Sereni (1913), e Porta, Pagliarani, Sanguineti, Raboni, Amelia Rosselli e Loi, che sono nati negli anni Trenta.
L’antologia sanguinetiana è ancora più particolare e originale perché si apre con il capitolo “fin de siècle” e cioè con Pascoli e D’Annunzio, per proseguire organizzando la scelta in altre otto sezioni didatticamente utili: il verso libero (dominato da Gian Pietro Lucini), Tra liberty e crepuscolarismo (che è anche il titolo di uno dei libri più belli di Sanguineti), e cioè Govoni e Aldo Palazzeschi; i poeti crepuscolari, i futuristi, i “vociani” (Camillo Sbarbaro, Dino Campana e Arturo Onofri, per esempio), i lirici nuovi (da Umberto Saba a Montale), i poeti ermetici (da Salvatore Quasimodo a Giorgio Caproni e Luciano Erba), “sperimentalismo realistico”, dove troviamo Pavese, Pasolini ed Elio Pagliarani, e infine (IX sezione) la nuova avanguardia (Alfredo Giuliani, Antonio Porta, Nanni Balestrini). Quella di Sanguineti è una delle antologie più originali, perché la scelta di iniziare con Pascoli e D’Annunzio equivale a una dichiarazione critica evidente: la poesia del Novecento è un fiume, o meglio una complessa idrografia, che nasce da quelle due vette-sorgenti. Ed è così.

La seconda categoria è quella delle antologie verticali, specializzate e focalizzate su movimenti, epoche, poetiche e gruppi: per esempio I poeti del futurismo 1909-1944 a cura di Glauco Viazzi. L’antologia de I novissimi, i poeti della Neo-avanguardia, rientra in questa categoria. Per venire ai giorni nostri, un esempio originale è Letto, latrina e cantina, la poesia verista in Italia, a cura di Giuseppe Iannaccone (2022) che raccoglie per la prima volta i versi di autori noti, meno noti e sconosciuti protagonisti di una tendenza poetica finora ignorata o appena citata nelle storie letterarie. A parte Olindo Guerrini (la sua raccolta Postuma esce nello stesso anno delle carducciane Odi Barbare (1877), i poeti sono tutti outsider, per quanto originalissimi. Un ottimo lavoro, che dovrebbe ispirare anche i pigri e conformisti curatori delle attuali antologie di poesia contemporanea.

La terza categoria è quella delle antologie generazionali. E qui possiamo citarne tre che hanno fatto scuola nei tempi più recenti: Poesia degli anni Settanta, a cura di Antonio Porta (1979); La parola innamorata, i poeti nuovi 1976-1978 a cura di Giancarlo Pontiggia e Enzo Di Mauro (1978) con poeti nati fra il 1939 (Nanni Cagnone e Tomaso Kemeny) e il 1957 (Valerio Magrelli) con robusta presenza di autori nati tra il 1945 e il 1952. E infine Poesia italiana oggi a cura di Mario Lunetta (1981), una delle migliori antologie anche per l’organizzazione tematica dei materiali e dei poeti, secondo me ancora attuale come schema concettuale.

La quarta tipologia è rappresentata dalle antologie che abbracciano un periodo storico che si aggira dai quaranta ai cinquanta anni, come la recente Poesie dell’Italia contemporanea a cura di Tommaso di Dio (ilSaggiatore 2023) che passa in rassegna cinquant’anni di poesia, dagli anni Settanta a oggi, 220 poeti e 600 testi. O quelle, molto più omologate, curate da Daniele Piccini, La poesia italiana dal 1960 a oggi (2005), ed Enrico Testa, Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000, (2005). Meriterebbe un discorso a parte Parola Plurale, sessantaquattro poeti italiani fra due secoli, a cura di Gianni Alfano (2005).Fondamentale la sua prefazione all’antologia, dal titolo 1975-2005: Odissea di forme. Prima dell’antologia Poesie dell’Italia contemporanea 1971-2021, a cura di Tommaso Di Dio, Parola plurale è la più importante, anche in termini dimensionali, rassegna di poesia contemporanea, non di taglio autoriale o settario, come la maggior parte delle spesso inutili e faziose antologie italiane. Ottime l’introduzione generale (1975-2005 Odissea di forme) e le premesse ad ogni poeta antologizzato. L’organizzazione del vastissimo materiale poetico ricorda Poesia italiana oggi (1981) di Mario Lunetta, nella quale gli autori sono rubricati nell’indice per gruppi definiti in base allo stile o alle poetiche.

Possiamo aggiungere un’altra tipologia, rappresentata dalle collettive come i Quaderni di poesia contemporanea di Marcos y Marcos o la serie in più volumi dei nuovi poeti italiani (Einaudi) a cura di Maurizio Cucchi e giunta al settimo volume nel 2023, e dai volumi legati ad anniversari, come i 50 anni di bianca, 1964-2014 pubblicata anch’essa da Einaudi.

Una rassegna articolata delle principali antologie è stata realizzata da Sandra Bardotti, che cita anche altri importanti lavori rientranti nella prima categoria (cfr. Bardotti, 2011), come quelli di Segre-Ossola (Antologia della poesia italiana. Novecento) e di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi (Poeti italiani del secondo Novecento), che vuole rappresentare mezzo secolo di poesia (1945-1995).

Le antologie autoriali
Un discorso a parte meritano le antologie autoriali, che sono di tre tipi: la selezione di brani e poesie ritenute più rappresentative, secondo l’idea e i criteri del curatore esterno; le autoantologie, create dagli stessi autori; e le scelte operate da un altro autore che predispone determinate collane. Un esempio storico e illustre di quest’ultimo caso è la Biblioteca di Babele edita da Franco Maria Ricci, nella quale il volumetto dedicato, per esempio, a Edgar Allan Poe vede raccolti un numero limitato (cinque) di racconti selezionati da Jorge Luis Borges sotto il titolo di La lettera rubata, che è anche uno dei racconti prescelti. È chiaro che siamo di fronte a una micro-antologia che però, nonostante l’esclusione di racconti non meno famosi e importanti di quelli selezionati, costituisce una buona introduzione alla lettura di Poe, confermando la sua funzione propedeutica alla conoscenza di uno scrittore. Questo tipo di antologia o scelta può poi condurre il lettore alla ricerca dell’opera completa, in questo caso di tutti i racconti. Bisogna però sottolineare che spesso la selezione del materiale non è sempre convincente e comporta esclusioni discutibili. Per esempio, uscendo un attimo dall’ambito strettamente letterario, in Francesco Guccini, Canzoni, con introduzione e commento di Gabriella Fenocchio, fra i testi selezionati e chiosati manca quello più iconico del cantautore emiliano, l’Avvelenata… È come pubblicare il meglio di Rino Gaetano senza mettere Nun te reggae più o i the best di Lucio Dalla escludendo Disperato erotico stomp, o un greatest hits di De André senza Via del Campo. È il rischio della censura soft frutto dell’imperante politically correct, virus pericolosissimo per chi cura le antologie.

Le antologie generazionali
La nuova antologia di poesia contemporanea, focalizzata su autori nati negli anni Sessanta, curata da Francesco Napoli (2024), appartiene alla terza categoria e conferma due dati di fondo: primo, che l’antologia come format, includendo le raccolte/miscellanee di scritti anche in prosa, funziona, ha senso, non solo in quanto strumento didattico e conoscitivo, ma anche come prodotto editoriale; secondo dato, le sigle editoriali piccole, micro, o nano, fiorite e pullulate come conseguenza del crollo di credibilità registrato dalle storiche collane (è una delle tesi di Napoli) tendono ad allinearsi sugli stessi principi o criteri degli editori storici e quindi dell’establishment, realizzando progetti spesso carenti in materia di coraggio, innovazione, senso del rischio. Anche nell’antologia curata da Napoli, sotto altri aspetti pregevole, e che comunque rimane innovativa per alcune ragioni che spiegheremo fra poco (la prima delle quali è l’aver riconosciuto indirettamente una generazione di scrittori storicamente un po’ in ombra), non si avverte un lavoro originale di scouting che possa arricchire il materiale core attraverso ripescaggi, riscoperte, rivalutazioni. Inoltre, a proposito di scelte coraggiose, è invece innovativa l’antologia sulla letteratura beat italiana (Uccello nel guscio) di cui cui poco o nulla si sapeva. La copertina è di per sé icastica sul piano della sintesi concettuale e della profezia: ritrae insieme, mentre parlano, Allen Ginsberg e Gianni Milano in Piazza San Carlo a Torino nel 1967. Del primo, l’autore di Urlo, il più famoso e influente capofila dei beatnicks insieme a Lawrence Ferlinghetti, sappiamo tutto, anche grazie al lavoro di intermediazione culturale e promozionale di Fernanda Pivano. Di Gianni Milano anche molti boomer nati nei primi Sessanta nulla sapevano. Il beat italiano è un fenomeno ignoto ai più.
Scrive Alessandro Manca nella presentazione del libro:

“In Uccello nel guscio. La letteratura beat italiana (titolo ispirato da quello della prima opera pubblicata da Aldo Piromalli) si renderà conto di alcune produzioni letterarie sondando dal di dentro la prospettiva underground che la ha partorite e che darà alla luce un movimento fluttuante e radicale. Poeti furono ragazzi che disdegnarono il commercio editoriale, il denaro, le fabbriche, l’industria. Preferirono l’autosussistenza, e l’economia della loro vita. Furono, in questo, filosofi. L’orizzonte fu quello di un grande fuoco dal crescendo veloce: nel giro di pochi anni, dal 1965, alcuni, scrivendo, cominciarono a mettere in discussione vita e società, immaginarono e crearono alternative praticabili, per poi ri-immergersi nell’anonimato (che caratterizzò già i primi anni Sessanta). Alcuni vissero lontano dall’Italia degli anni di piombo, chi in Nord Africa, chi in India, chi in Nord Europa (come Aldo Piromani ad Amsterdam). Alcuni di loro si dedicarono giorno per giorno, ad altre sfide (come il maestro di scuola elementare Gianni Milano). Alcuni morirono (Eros Alesi, per esempio), di altri, molti, si persero le tracce”.

Uccello nel guscio è il naturale seguito de I figli dello stupore. La beat generation italiana (2018), pubblicato dalla Sirio Film arricchito da un documentario del regista Francesco Tabarelli. Il documentario e il libro avevano il compito di sondare gli anni attorno al Sessantotto attraverso delle interviste e materiali letterari provenienti da riviste underground e fogli vari degli anni 1965-’67 e una carrellata di testi dei primissimi anni Settanta. La quasi totalità dei contributi – aggiunge Alessandro Manca – provengono da progettualità editoriali totalmente autogestite, libere da censure e pastoie tecniche. Queste fanzine, come del resto alcune case editrici underground (una su tutte la Pitecantropus di Torino), sapevano per tempo a chi parlare e come farlo accrescendo la quota di libertà e autonomia.

La generazione che scrive ma non c’è
La generazione che scrive ma non c’è. È il titolo della recensione di Roberto Galaverni (Corriere della Sera, 12 maggio 2024) all’antologia Poeti italiani nati negli anni ’60. Letteratura come condizione. Un titolo azzeccato, aderente alla realtà. L’antologia, curata da Francesco Napoli, passa in rassegna trenta poeti italiani, nati quasi tutti negli anni Sessanta, tranne Antonella Anedda (Roma, 1955) e Mario Benedetti (Milano, 1955-2020). Fra l’altro, Roberto Galaverni, anch’egli poeta nato negli anni Sessanta (1964), ha curato un’antologia (Nuovi poeti contemporanei, Guaraldi) che include alcuni autori antologizzati da Francesco Napoli: Antonella Anedda, Andrea Gibellini, Davide Rondoni, Gianmario Villalta e Antonio Riccardi. L’idea di un’antologia dedicata ai poeti degli anni Sessanta è buona perché mancava un prodotto di questo tipo sul mercato: la generazione degli scrittori e in particolare dei poeti di quel decennio non ha avuto molta visibilità per ragioni che in parte e indirettamente spiega anche il curatore nell’introduzione.

“Una progressiva perdita di visibilità e di rilevanza collettiva della poesia in Italia paradossalmente inizia a farsi più visibile quando alcuni dei poeti maggiori quali Vittorio Sereni, Attilio Bertolucci, Giovanni Raboni, e Antonio Porta si trovano in una posizione di forza all’interno dell’industria culturale, ricoprendo ruoli di vertice presso editori come Mondadori, Bompiani, Guanda e Feltrinelli. […] Il ruolo più vistosamente cresciuto è quello dell’editoria minore che si è via via mostrata sempre più incisiva. Qualche nome? Senza far torto a nessuno, e ricordando un po’ random: Clichy, Donzelli, Eliot, Fazi, Interlinea, Interno Poesia, La vita felice, Marcos y Marcos, Passigli, Samuele editore con la gialla di Pordenonelegge, ma sono davvero tante le sigle impegnate in questo ambito”.

Nell’antologia curata da Francesco Napoli, mancano, ma è inevitabile, parecchie voci: due per tutte, Michele Brancale e Marco Tornar, per esempio. La scelta dei poeti appare nel complesso giusta, ma scontata. Non ci sono sorprese. L’antologia è strutturata con un criterio geografico: dieci capitoli, che organizzano i poeti in aree metropolitane (per esempio, Milano, Triveneto, Bologna e l’Emilia Romagna, Toscana, Marche, Roma, voci più lontane dai centri), con un capitolo dedicato al dialetto e alla sperimentazione (l’unico poeta qui appresentato è Aldo Nove). Nota Francesco Napoli, il curatore:

“Negli ultimi decenni, sulla scia della forza propulsiva della linea neodialettale consolidata da Pier Vincenzo Mengaldo nella sua antologia Poeti italiani del Novecento – dove inserisce Virgilio Giotti, Delio Tessa, Biagio Marin, Giacomo Noventa, Albino Pierro, Tonino Guerra, e con Franco Loi chiude e viene restituita al dialetto pari dignità rispetto all’italiano – si è assistito a un nutrito fiorire di raccolte poetiche nelle «lingue d’Italia»”.

Il criterio generazionale
Fra gli addetti ai lavori (poeti e critici letterari in primis) non c’è unanime consenso sulla validità del criterio generazionale. La principale obiezione è questa: non conta quando si è nati, ma quando si è pubblicato. Al di là della sensatezza di questa convinzione, c’è un fatto che di per sé rende ancora più stringente la necessità di rafforzare l’inquadramento storico su basi generazionali: oggi, e per oggi intendiamo gli ultimi venti, venticinque anni, l’offerta editoriale è talmente stipata di autori, che è facile imbattersi in multiple sovrapposizioni generazionali; sicché, i trenta autori che trovate nell’antologia dei poeti nati nei Sessanta hanno cominciato a pubblicare spesso dalla seconda metà degli anni Novanta, e veleggiando verso i Duemila compaiono sulla scena i poeti nati nei Settanta e negli Ottanta. E c’è chi, nella malandata industria culturale italiana, vorrebbe fare antologie di poeti dodicenni o quindicenni per sfruttare il treno commerciale dei kidz. Quindi è importante, anche a fini didattici, inquadrare anagraficamente un autore per evitare macedonie e frullati o la proverbiale notte dove le vacche sono tutte nere.

E siamo alla settima generazione?
Ecco perché è utile riprendere un saggio di Stefano Verdino (Appunti sulla poesia 1975-1990) che nei Colloqui sulla Poesia (1991) sviluppa e aggiorna la classificazione generazionale dei poeti contemporanei italiani: tutti gli autori che citiamo ora sono anche nell’antologia de ilSaggiatore (2023) a cura di Tommaso Di Dio, tranne ovviamente quelli della prima e della seconda generazione (con l’eccezione di Montale). Dopo l’aureo tridente della poesia italiana (Giosuè Carducci, Pascoli, D’Annunzio), abbiamo la prima generazione dei poeti nati tra l’Ottanta e il ‘Novanta del XIX secolo che esordiscono/pubblicano i primi libri entro i primi quindici anni del Novecento, con alcuni che proseguono e rimangono produttivi e influenti fino agli anni Cinquanta, come Govoni. Alcuni dei principali: Guido Gozzano (nato nel 1883), Arturo Onofri (1885), Campana (1885), Clemente Rebora (1885), Sbarbaro (1888), Govoni (1884), Palazzeschi (1885), Ungaretti (1888), Saba (1883), Cardarelli (1887).

La seconda generazione di poeti comprende i nati tra l’ultimo decennio del XIX secolo e i primi dieci anni del XX: ne fanno parte Montale (1896), Salvatore Quasimodo (1901), Penna (1906), Sinisgalli (1908), Pavese (1908), Alfonso Gatto (1909).

La terza generazione comprende i poeti nati tra 1910 e il 1920: per esempio, Attilio Bertolucci (1911), Caproni (1912), Antonia Pozzi (1912), Sereni (1913), Fortini (1917). Tranne la Pozzi, questi poeti li troviamo anche nella mega-antologia de ilSaggiatore.

La quarta generazione comprende poeti nati tra il 1922 e il 1930 e include Piero Bigongiari, Giorgio Barberi Squarotti, Bartolo Cattafi, Giovanni Giudici, Giancarlo Maiorino, Alda Merini, Elio Pagliarani, Pasolini, Maria Luisa Spaziani, Andrea Zanzotto.

La quinta generazione abbraccia poeti nati dal 1930 al 1941: fra i quali, Fernando Bandini, Nanni Cagnone, Franco Loi, Iolanda Insana, Attilio Lolini, Porta, Raboni, Silvio Ramat, Amelia Rosselli, Edoardo Sanguineti, Adriano Spatola, Valentino Zeichen; generazione che debutta tra il 1956 (anno in cui esce Laborintus di Sanguineti), e il 1965.

La sesta generazione (1944/1957-58) va da Dario Bellezza a Valerio Magrelli e Gabriele Frasca, e include autori come Antonella Anedda, Franco Buffoni, Roberto Carifi, Patrizia Cavalli, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Gianni D’Elia, Eugenio De Signoribus, Umberto Fiori, Alessandro Fo, Vivien Lamarque, Dante Maffia, Franco Marcoaldi, Roberto Mussapi, Renzo Paris, Umberto Piersanti, Paolo Ruffilli, Patrizia Valduga, Cesare Viviani, e altri, in esordio dal 1971 (anno di pubblicazione di Invettive e licenze di Dario Bellezza (mentre Il disperso di Cucchi esce nel 1976) alla metà degli anni Ottanta. Tutti i poeti qui citati, dalla quarta alla sesta generazione non mancano nell’antologia de IlSaggiatore (tranne poche eccezioni).

Questa classificazione ci dice anche una cosa importante: che ancora nei primi anni Novanta del secolo scorso i nati negli anni Sessanta non esistevano poeticamente, pur avendo già una trentina d’anni, età in cui magari si sono già scritte e pubblicate una-due raccolte.

Continuità e discontinuità
Tutte le antologie uscite negli ultimi quarantacinque anni sono accomunate dalla difficoltà di fissare un canone omogeneo. Una prova, per così dire matematica di tale disagio compilatorio, emerge facendo la classica conta del chi c’è e chi non c’è, prendendo come riferimento l’antologia di poesia contemporanea più recente e corposa, quella a cura di Tommaso Di Dio, Poesie dell’Italia contemporanea 1971-2021 (2023) e raffrontando le presenze/assenze rispetto a le principali che l’hanno preceduta. Ebbene, in Di Dio compaiono soltanto tredici dei sessantaquattro poeti censiti da Alfano per Parola Plurale, mentre vi troviamo ben quarantacinque degli ottantacinque dell’antologia di Porta (Poesia degli anni Settanta, 1979). Dei diciassette compresi in La parola innamorata, i poeti nuovi 1976-1978 (Pontiggia, di Mauro), ne sono inclusi una decina, ma soltanto tredici degli ottantadue raccolti in Poesia italiana oggi a cura di Mario Lunetta; e appena quattordici dei cinquanta poeti della silloge 50 anni di Bianca (1964-2014). Quanto all’antologia curata da Francesco Napoli, Poeti italiani nati negli anni ’60, soltanto tredici dei trenta selezionati compaiono anche in Di Dio.
Se ne deduce che Poesia degli anni Settanta e Parola Plurale sembrano aver offerto al curatore di 2023 un punto di riferimento per elaborare un canone più stabile, rappresentando perciò una continuità tra prodotti editoriali usciti nel 1979, nel 2005 e nel 2023. Questa stabilità non è per forza un fattore solo positivo: può essere anche assunto come indice di ripetitività.

Letture
  • Andrea Afribo, Poesia contemporanea dal 1980 a oggi. Storia linguistica italiana, Carocci, Roma, 2007.
  • Gianni Alfano, (a cura di), Parola Plurale, sessantaquattro poeti italiani fra due secoli, Luca Sossella, Roma, 2005.
  • Sandra Bardotti, Antologie di poesia italiana contemporanea, Maremosso, 10 febbraio, 2011.
  • Alfonso Berardinelli, Franco Cordelli, Il pubblico della poesia, Castelvecchi, Roma, 2015.
  • Nicola Crocetti, Jovanotti (a cura di), Poesie da spiaggia, Crocetti Editore, Milano, 2022.
  • Maurizio Cucchi, Stefano Giovanardi (a cura di), Poeti italiani del secondo Novecento, Mondadori, 2004
  • Roberto Galaverni, Nuovi poeti contemporanei (a cura di), Guaraldi, Rimini,1996.
  • Paolo Giovannetti, Gianfranca Lavezzi, La metrica italiana contemporanea, Carocci editore, Roma, 2023.
  • Alfredo Giuliani (a cura di), I Novissimi. Poesie per gli anni ’60, Torino, Einaudi, 2003.
  • Giuseppe Iannaccone (a cura di), Letto, latrina e cantina. La poesia verista in Italia, Interlinea, Novara, 2022
  • Mario Lunetta, Poesia italiana oggi (a cura di), Newton Compton, Roma, 1981.
  • Pier Vincenzo Mengaldo (a cura di), Poeti italiani del Novecento, Mondadori, Milano, 2003.
  • Daniele Piccini (a cura di), La poesia italiana dal 1960 a oggi, Rizzoli Bur, Milano, 2005
  • Giancarlo Pontiggia, Enzo di Mauro (a cura di), La parola innamorata, i poeti nuovi 1976-1978, Feltrinelli, Milano, 1978.
  • Antonio Porta (a cura di), Poesia degli anni Settanta, Feltrinelli, Milano, 1979.
  • Laura Pugno, Mappa immaginaria della poesia contemporanea, ilSaggiatore, Milano, 2022
  • Edoardo Sanguineti, Poesia italiana del Novecento (a cura di), Einaudi, Torino, 2018.
  • Cesare Segre, Carlo Ossola (a cura di), Antologia della poesia italiana. Novecento, Einaudi, Torino, 2018.
  • Enrico Testa (a cura di), Dopo la lirica poeti italiani 1960-2000, Einaudi, Torino, 2005.
  • Glauco Viazzi (a cura di), I poeti del futurismo 1909-1944, Longanesi, Milano, 1978.
  • Isabella Vincentini (a cura di), Colloqui sulla poesia, Book Time, Milano, 2013.