Aggiornamento è il sottotitolo del nuovo libro di Valeria Parrella, il titolo essendo Enciclopedia delle donne. È sul senso di questo “aggiornamento” che qui si vorrebbe ragionare. L’idea da cui il libro prende spunto è presto detta: nel 1964 uscivano in edicola, per l’editore Fabbri, i fascicoli settimanali di un’enciclopedia al femminile che illustrava alle giovani donne come si diventa ciò che si è. Amanda, la protagonista di questo racconto lungo, ricorda così l’ingresso dell’Enciclopedia nella sua vita:
“L’Enciclopedia della donna uscí in fascicoli settimanali tutti i sabati a 150 lire, e mia nonna ne nascose ogni numero dentro Il Mattino, che acquistava per mio nonno, perché per quattro anni (tanti ne servirono agli esperti della Fabbri per sentirsi esaurienti rispetto alle nozioni necessarie alle donne) lei, con una pazienza che oggi sarebbe patologica, stipò di nascosto il sogno di regalare il prezioso vademecum alla sua primogenita femmina. Mia madre. Il 16 marzo del 1963, Anno I n. 20 bis, per 100 lire mia nonna aveva comprato anche gli indici del volume II e un folio che sarebbe servito da occhiello, con il sottotitolo all’opera: Enciclopedia della donna – Grande enciclopedia di nozioni pratiche e di cultura generale per la donna”.
Un lungo e ostinato esercizio pedagogico insegnava alle donne quale fosse il loro posto nel mondo e in che modo abitarlo. L’Enciclopedia insegnava alle donne come vestirsi, cosa cucinare e quando mangiare, cosa leggere, come fare il corredo e così via. Naturalmente non si trattava di un insegnamento in senso proprio, non si imponeva alcunché. Piuttosto, come si conviene a un testo enciclopedico, quell’opera scomponeva l’idealtipo di una vita di donna e lo ricomponeva descrivendone e archiviandone un aspetto dopo l’altro. Un’analisi dell’immaginario dato si imponeva con forza cogente, la descrizione diventava prescrizione. Il libro di Parrella inizia notando che a questa immane opera pedagogica mancava una voce fondamentale: “la fica”. Paradossalmente la donna lì descritta (e prescritta) non era donna, semplicemente non era sessuata. L’Aggiornamento proposto da Parrella consiste nell’integrazione di questa voce fondamentale. E siccome la voce da integrare è precisamente ‘fica’ (non ‘eros’, ‘amore’, ‘relazioni’ et similia) Amanda, la protagonista di questo racconto lungo, narra i suoi esercizi sessuali come tali, al di fuori di qualunque aura sentimentale.
Un catalogo di esperienze ricco di dettagli
Una donna prende parola e racconta sé stessa a partire dai suoi genitali: di questo è fatto il ‘Volume di aggiornamento’ inventato da Parrella. È un lungo monologo diviso in brevi capitoletti, quello di Amanda, che espone le tantissime esperienze sessuali accumulate nei suoi primi cinquant’anni, il matrimonio fallito, il suo mondo professionale, le relazioni familiari. Non c’è alcun esercizio introspettivo, nessuna ricostruzione di sé: come nel Diario del seduttore di Søren Kierkegaard, l’ego di Amanda si scompone nell’elenco dei tanti uomini che ha incontrato. Ma a differenza dell’autobiografia di Don Giovanni, qui non c’è nessun compiacimento, e tanto meno una mistica del sesso. L’Aggiornamento è una descrizione asettica e fredda dei comportamenti e gusti sessuali di una donna. Amanda spiega cosa preferisce negli uomini sia in termini di modi di fare sia in termini anatomici: alla lunghezza, dice, preferisce la larghezza.
Quello di cui si incarica Parrella, è un lavoro di demistificazione della sessualità. Un lavoro che, anche dopo Sex and the city e tutte le Sfumature di nero e grigio, forse è ancora necessario, perché dalla femmina ci si aspetta ancora che per lei sia impossibile vivere il sesso al di là di una finalità che non sia immanente al sesso stesso. La donna che parla di sesso senza parlare di riproduzione né di affetti fa ancora notizia.
La bellezza del pamphlet di Parrella sta innanzitutto nel fatto di aver scansato ogni tipo di narrazione vitalista, ogni immersione in un mondo arcaico e sensuale. L’eros di Amanda resta in sé, non si supera in niente, non accede ad alcuna eccedenza pasoliniana o sadiana. Non si carica di valori metafisici né politici.
Ottima anche la composizione del libretto: come sempre nei lavori di Parrella, non c’è l’evoluzione di un plot complesso, tutto è affidato alla scrittura, a una prosa vivace e ben costruita, che sa mescolare registri diversi, aulici e volgari, e spesso incrocia anche slanci lirici.
Infine è originale non solo l’idea di ripescare un prodotto editoriale vintage, ma anche quella di giocare con la forma del romanzo enciclopedico: il racconto è corredato da diversi indici analitici, che non mancano di un certo umorismo.
Tuttavia c’è forse qualcosa che non va in questo libricino.
Certo si potrebbe indugiare sull’inefficacia politica o emancipativa di una presunta liberazione del desiderio. Michel Foucault ci ha insegnato, nel bel mezzo degli anni Sessanta, come il neoliberalismo solleciti le confessioni più scabrose dei soggetti proprio per governarli impugnando il loro desiderio (cfr. Foucault, 2013). Ma un’opera letteraria non deve rispondere a strategie politiche, né una voce di donna giustificarsi per la sessualità che espone. Piuttosto nel criticare questo libro, si vorrebbe qui mettere da parte la tematica sessuale, per quanto possibile. C’è qualcosa che non va in questo libro, questa almeno la tesi qui proposta, che prescinde del tutto dall’argomento più o meno pruriginoso.
Sul concetto di aggiornamento ieri e oggi
È il concetto stesso di “aggiornamento” a fare problema. In un tempo ormai lontanissimo, si diceva, per esprimere la grande fama e il prestigio di qualcuno, che costui “stava nelle enciclopedie”. Queste ultime, in effetti, includevano una nuova voce quando la persona o la cosa corrispondente aveva ampiamente dato prova del suo valore: quando si era inscritta nel senso comune. Oggi le cose sono molto diverse: la più importante enciclopedia al mondo, Wikipedia, non certo Treccani, include in sé il mondo nella sua interezza, senza discriminare alcunché. Essere presenti su Wikipedia non è un gran titolo di merito. I cultural studies hanno legittimato tutto, eroso ogni gerarchia, sicché tutto compare su un unico piano orizzontale. L’enciclopedia 2.0 riflette l’universo simbolico come la paradossale mappa in scala 1.1 immaginata da Borges: essa è il mondo stesso nella sua duplicazione rappresentativa. Ma nell’uno o nell’altro caso l’enciclopedia lavora a conservare lo status quo, a frenare il divenire, a coartare la produttività del desiderio. L’enciclopedia sancisce il senso comune, lo porta a sistema, ne fa episteme. L’impresa illuministica di Denis Diderot e compagni era rivoluzionaria perché divulgava il sapere, estendendolo a ceti cui era interdetto l’accesso alla conoscenza. Oggi, evidentemente, illuminismo e conoscenza non possono confondersi con la divulgazione.
Ebbene il monologo di Amanda non fa che affastellare logori luoghi comuni. Il suo approccio al mondo è sempre e solo tattico: riduce sé stessa e gli altri a delle funzioni. Non sono esseri umani, col novum di cui ciascuno è capace, a comparirle davanti, ma pure funzioni: l’impiegato, il collega, il marito, l’amante, il toro da monta, il figlio, il fratello eccetera, ciascuno declinato per sottofunzioni (ricco, colto, povero, sposato, single). Amanda incontra curricula, non singolarità. Ma questo approccio all’esistenza non è la cifra di una donna cinica e disincantata, sensuale e desiderante come forse è Amanda: è il modo in cui la maggior parte delle persone interagiscono, ovvero attraverso un’interfaccia interpersonale che riduce l’altro a un’identità funzionale al riconoscimento reciproco. Non c’è attrito tra Amanda e il mondo che si incontra finito il libro, perché il suo è il mondo del senso comune, il mondo della moda, ovvero di quella omologazione raggiunta tramite lo sforzo compiuto da ciascuno per distinguersi.
Ne sono esempio alcuni passaggi del libro, nei quali apprendiamo che i muratori lo fanno meglio degli intellettuali; a metà strada stanno gli impiegati e i camerieri, e in ogni caso un idraulico può permettersi di essere gentile a letto, ma un intellettuale diventerebbe solo sdolcinato. Il colmo di queste figurine stilizzate è raggiunto quando Amanda introduce la figura del fratello, che vive in India, fa meditazione e usa erbe particolari per entrare in armonia col mondo. Come previsto da un copione consumato, è lui a consigliare alla sorella di vivere il sesso in maniera più spirituale (inutile dire che il consiglio non verrà recepito).
Insomma il libertinaggio che racconta Amanda non è in alcun modo altro, come quello messo in scena per esempio da Tondelli, pur senza alcuna enfasi metafisica. In tal senso il suo monologo è davvero un’Aggiunta a un’enciclopedia: è una integrazione e una corroborazione del senso comune. Sicché in questa prospettiva appare del tutto pretestuoso il riferimento, nell’ultimo capitolo, a Carla Lonzi: “sputare su Hegel” per costei ha significato far esplodere il sistema del senso comune, far proliferare le differenze e distruggere ogni identità chiusa in sé. Qui invece si ha a che fare con una stuzzicante lettura adatta a un salotto borghese e ai suoi modi stilizzati. La disinibizione di Amanda è il collante di un senso comune portato a sistema.
Chiuso il libro, compare lo stesso mondo quotidiano (sociologico e stilizzato) compresso nelle pagine. Di questo libro si può dire, parafrasandone un passaggio, “che è solo un presente. Esiste finché c’è, poi svanisce”. Non lascia tracce, non scalfisce il mondo.
- Michel Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano, 2013.
- Søren Kierkegaard, Diario di un seduttore, Giunti, Firenze, 2010.
- Georg Simmel, La moda, SE, Milano, 1996.
- Pier Vittorio Tondelli, Altri libertini, Feltrinelli, Milano, 2013.