L’invenzione letteraria
e il suo doppio, il plagio

Alberto Laiseca
Per favore, plagiatemi!
A cura di Federica Arnoldi,
Luca Mignola, Alfredo Zucchi
Traduzione di Loris Tassi
Wojtek, Napoli, 2023
pp. 234, € 20,00

Alberto Laiseca
Per favore, plagiatemi!
A cura di Federica Arnoldi,
Luca Mignola, Alfredo Zucchi
Traduzione di Loris Tassi
Wojtek, Napoli, 2023
pp. 234, € 20,00


Nessun creda a Laiseca! Nessuno escluso e la ragione è presto detta: il plagiario è un fingitore, lo è nel cuore e nell’anima. Meglio non dar retta a quella preghiera affissa a mo’ di titolo sulla copertina dell’immaginifico testo pubblicato per la prima volta in Argentina nel 1991 dalla casa editrice Beatriz Viterbo: Per favore, plagiatemi! Ora quel fiume esorbitante di parole diventa la terza uscita della sklovskijana Ostranenie, la collana di Wojtek Edizioni dedicata alla saggistica letteraria inaugurata nel 2021 da Teoria della prosa  di Ricardo Piglia, un’analisi acuta assai dell’opera di Juan Carlos Onetti. La seconda uscita, a sua volta, L’ultimo bastione del buon senso di Danilo Kiš, è una raccolta di saggi dello scrittore jugoslavo (serbo) sulle funzioni stesse della scrittura. La coerenza editoriale del progetto è confermata dal testo di Alberto Laiseca, che è però al tempo stesso felicemente incongruente rispetto ai due compagni di strada che lo hanno preceduto, perché è inclassificabile e sfuggente a qualsivoglia categoria come l’intera opera dello scrittore argentino. Per favore, plagiatemi! è un saggio, ma deformato, abnorme, che possiede i tratti di una squisita finzione ribaltata a sua volta in una delirante riflessione saggistica, senza mai assumere una forma stabile, mantenendosi in uno stato gassoso e per questo ciascuna anima, ogni stile e voce coinvolta, stipata, ammucchiata, presente nel testo, tende a occupare tutto lo spazio disponibile. 
Nessun creda ad Alberto Laiseca, quindi, perché è inimitabile e in questo testo se ne trova una pirotecnica conferma. D’altronde, si può plagiare il plagiario se questi è inventore di un genere di cui è l’unico esponente, il “realismo delirante”, come recita l’ossimoro da lui pronunciato in diverse interviste e in vari racconti? A sentire lo stesso Laiseca, la risposta è un irriverente sì perché il punto d’arrivo del plagiario è plagiare sé stessi e dunque, per la proprietà transitiva il plagiario è plagiabile da chiunque, da tutti coloro a cui è rivolto l’appello, ovvero i lettori di questo manifesto letterario straripante di senso, “gli studenti di plagio” ai quali Laiseca si rivolge direttamente nella prima parte concepita a mo’ di proemio adottando (plagiando?) uno stilema tipico del poema epico-didascalico, come sottolineato dai curatori della collana, Federica Arnoldi, Luca Mignola e Alfredo Zucchi.


Alberto Laiseca disegnato da Mateo Lopez (immagine pubblicata per gentile concessione dell’autore).

L’invito è un’esagerazione, sia chiaro, d’altra parte c’è una sola unità di misura che si addice a Laiseca ed è l’esagerazione, appunto, l’eccesso spropositato. Lo sono anche i suoi ossimori (“realismo delirante” parla chiaro in tal senso) e tutte le manifestazioni del laisechismo, perché l’argentino è inventore di un genere che potremmo dire di fattura sartoriale, concepito a misura di sé stesso, affine in questo a quei musicisti che hanno preferito autocostruirsi nuovi e personali strumenti, come il Quadrangularis Reversum di Harry Partch, oppure i Sonambient di Harry Bertoia, mezzi su misura per dare forma a visioni altrimenti inesprimibili, per narrare, nel caso di Laiseca, non tanto l’irruzione del fantastico nel reale o la migrazione del reale nel fantastico quanto far di quest’ultimo l’approdo del reale, il suo compimento in quanto sua estremizzazione radicale.
L’opera di Alberto Laiseca iniziò ad essere pubblicata nel 1973, sul quotidiano di Buenos Aires La Opinión del 19 agosto, dove comparve il racconto Mia moglie firmato con lo pseudonimo Dionisios Iseka. Il primo romanzo, È il tuo turno, vedrà la luce sei anni dopo, seguito nel tempo da un’altra dozzina, tra cui il mastodontico Los Sorias, e da uno sciame di racconti. È diventato celebre in patria per le sue apparizioni (tali sono, letteralmente) in un programma televisivo intitolato Cuentos de terror (2002) nel quale raccontava storie di Edgar Allan Poe, Stephen King, Joe Lansdale et similia in un ambiente buio, senz’altra presenza che quelle di una sedia e di un ventilatore, oltre che dei suoi baffoni rigogliosi, nietzschiani, del fumo e della brace delle sue sigarette. 
Aveva concesso il bis nell’audiovisivo raccontandosi nel documentario Deliciosas perversiones polimorfas (2004) di Eduardo Montes-Bradley e in seguito partecipando al film di Mariano Cohn e Gastón Duprat, El Artista, una storia poi rielaborata dallo stesso Laiseca ricavandone un omonimo romanzo e sempre con i due cineasti partecipando a un film tratto da un suo racconto: Querida, voy a comprar los cigarillos y vuelvo (2011). Ciò nonostante, Laiseca continua a essere prigioniero del rango di autore di culto, quindi poco noto e letto da pochi. Un autore che esige venerazione, altrimenti lo si rigetta del tutto. 
Quanto all’Italia, oggi, si sottolinea nella prefazione dei curatori:

“si comincia a intravederne la portata: per quanto il suo capolavoro, Los sorias, resti in gran parte inedito, negli ultimi anni sono apparsi i volumi Avventure di un romanziere atonale (2013, trad. Loris Tassi), Uccidendo nani a bastonate (2016, trad. Lorenza Di Lella e Loris Tassi), È il tuo turno (2017, trad. Francesco Verde), per Edizioni Arcoiris, e Grazie Chanchúbelo (2022, trad. Loris Tassi) pubblicato da Wojtek. Ad essi si aggiungono i racconti “La madre e la morte”, illustrato da Nicolás Arispe (Logos 2016, trad. Federico Taibi), e “La morte del padre” («Cadillac», aprile 2016, trad. Luciano Funetta). Inoltre, la rivista «CrapulaClub» ha dedicato alla figura dell’autore l’approfondimento monografico Alberto Laiseca, autore de «Los sorias» (novembre 2019, a cura di Anna Di Gioia, Luca Mignola e Alfredo Zucchi), in cui compare “I nemici di stanza”, primo capitolo di Los sorias (trad. Raul Schenardi)”.

Tornando al suo saggio/non saggio/finzione/non finzione/manifesto/anti manifesto, prototipo e al tempo stesso modello avanzato di theory fiction, un lettore ideale sarebbe stato di sicuro il pittore Scorcelletti. A un certo punto dell’esilarante Totò, Eva e il pennello proibito (1959), l’effervescente autore di falsi sbottava, sentenziando “Creare è facile, è copiare che è difficile!” (Steno, 2023), che par ben più che riecheggiare Laiseca, il quale in apertura del suo saggio/finzione afferma: “Chiunque può creare. Plagiare è per gli eletti” e insiste, spingendosi oltre: “Il plagio è la tentazione perpetua dell’uomo di genio”. Da qui in avanti, nella maniera tipica di Laiseca, tutto si sviluppa sotto il segno dell’iperbole, si traveste da manuale di istruzioni, da libro d’aforismi e da bizzarro vaneggiamento, come illustra questo passo:

“Giusto è plagiare il plagiario, ma ancora più giusto è plagiare il proprio plagio. Questo forse è uno dei metodi più interessanti ed efficaci per plagiare. Plagio una cosa e dopo plagio quello che ho plagiato. A meno che il lettore non sia il Dio del Grande Medicamento zulù, non potrà mai scoprire la fonte. Questo metodo ha il vantaggio, rispetto a quello di plagiare il plagio altrui, che le trasformazioni subite dall’originale saranno tutte opera di un’unica persona. È un atto molto più individualistico. Più artistico”.

Si resta senza fiato nell’inseguire la ramificazione abnorme di paradossi e di eccessi anche linguistici che prendono vita perpetrando deliberatamente l’esercizio dell’esagerazione, lasciando intuire, talvolta dichiaratamente, talora con accenni facili da equivocare e non afferrare, il suo amore per autori come Franz Kafka, Howard P. Lovecraft,  Ray Bradbury, James Joyce, Edgar Allan Poe, Gustav Meyrink, José Lezama Lima, per la fantascienza, per l’horror,  esibendosi in una serie di acrobazie letterarie dedicate alla “Chiesa Battista Plagiaria”, all’«Apostolato Super Buddistico della Gru Risplendente», alla “divina dottrina marxista rivelata dal nostro santo Pin Il Chun, detta anche dottrina Accuccia o Cuccia”, alla “Dottrina caoista”, in una girandola di citazioni, elucubrazioni, deliri, parodie, sberleffi ed enunciazioni assortite di teorie d’ogni genere e chi più ne ha più ne metta, perché l’enciclopedia di Laiseca è sterminata e si estende in ogni dove. Un posto di riguardo è riservato a quel totem argentino chiamato Jorge Luis Borges. Rapporto conflittuale risolto qui da Laiseca che lo omaggia/plagia con invenzioni vertiginose.

“Laiseca introduce una parodia, una sorta di revisione delirante di svariati racconti di Borges: “La memoria di Shakespeare”, “L’altro”, “Il mago rimandato” (di Don Juan Manuel, tuttavia incluso da Borges nella Storia universale dell’infamia con altro titolo), “La morte e la bussola”, “Pierre Menard, autore del «Chisciotte»”, “L’accostamento ad Almotasim” e “I teologi”. Per mezzo di questo potpourri intertestuale Laiseca non solo si appropria dei testi parodiati (distorti fino a raggiungere la forma estrema e degradata tipica del suo realismo delirante), ma finisce anche per riconoscere l’influenza di Borges su sé stesso”
(Conde De Boeck, 2019).

Il lavoro di Laiseca è in gran parte metaletterario e intertestuale, non va mai dimenticato, e qui l’attitudine si fa maniacale, impazza, esplode in una pirotecnia di senso, evidente nella prima parte, esplicita nelle appendici che tali non sono, ma un’abile mascherata di Laiseca, perché costituiscono parte integrante del suo appello, frutto di una scrittura monstre e d’altra parte Laiseca era noto anche con il soprannome di Monstruo. 
Tale era la sua scrittura, una creatura mostruosa, prodigiosa, come da etimo, analoga al plundephonic (in italiano, pressappoco, saccheggiofonia) di John Oswald, ovvero il campionamento e il conseguente riassemblaggio di materiali musicali altrui, citandone la fonte. Frankenstein sonori che paiono la cosa più affine a questa creatura laisecana nel prelevare, tagliuzzare, giustapporre, incollare e mescolare assieme, nel caso del musicista canadese, Ludwig van Beethoven e Michael Jackson, Beatles, Johann Sebastian Bach, James Brown, U2, Igor Stravinskij e altro ancora. Quando uscì Dab (si badi bene a come si pronuncia) trattando da par suo Bad di Michael Jackson, la CBS non la prese bene, scatenò l’ufficio legale, vinse la causa e il dischetto andò al rogo. D’altra parte, come scrive Laiseca in Per favore, plagiatemi!:

“Visto cosa può accadere quando ti metti in testa un’idea delirante?”.

Non che recensire Laiseca sia un’idea da meno e per giunta condannata al fallimento, a fallire ancora, fallendo meglio.

Ascolti
  • John Oswald, 69 Plunderphonics 96, Seeland, 2001.
  • Harry Partch, Delusion of the Fury – A Ritual of Dream and Delusion, Wergo, 2022.
Letture
  • José Agustín Conde De Boeck, Parodia, esasperazione e degradazione: Alberto Laiseca, lettore di Borges, in Alberto Laiseca, autore de «Los sorias», Crapula Edizioni, 20 novembre 2019.
  • Alberto Laiseca, Avventure di un romanziere atonale, Edizioni Arcoiris, Salerno, 2013.
  • Alberto Laiseca, La madre e la morte (con Alberto Chimal, La perdita), illustrazioni di Nicolás Arispe, Logos, Modena, 2016.
  • Alberto Laiseca, La morte del padre, Cadillac, 1° aprile 2017.
  • Alberto Laiseca, Uccidendo nani a bastonate, Edizioni Arcoiris, Salerno, 2017.
  • Alberto Laiseca, È il tuo turno, Edizioni Arcoiris, Salerno, 2017.
Visioni
  • Mariano Cohn e Gastón Duprat, El Artista, Costa Films, Barter Films, 2008.
  • Mariano Cohn e Gastón Duprat, Querida, voy a comprar los cigarillos y vuelvo, Aleph Media, Costa Films, Televisión Abierta, 2011.
  • Eduardo Montes-Bradley, Deliciosas perversiones polimorfas, Soledad Liendo (producer), 2004.
  • Steno, Totò, Eva e il Pennello proibito, Ripley’s Home Video, 2023.