Sogno cammina sempre
con me, David Lynch

David Lynch, Kristine McKenna,
Lo spazio dei sogni
Mondadori, Milano, 2018

pp. 563, € 25,00

David Lynch, Kristine McKenna,
Lo spazio dei sogni
Mondadori, Milano, 2018

pp. 563, € 25,00


Conosciuto perlopiù nelle sue vesti di regista, Lynch torna ancora una volta come scrittore per un libro realizzato a quattro mani sulla sua vita artistica e personale. Il testo incarna un botta e risposta poco convenzionale con la sua amica Kristine McKenna. L’intreccio tra i due scrittori avviene mediante un’alternanza di parti sullo stesso tema che, di volta in volta, si configura come un capitolo della vita di Lynch. Da un lato c’è McKenna che, da giornalista, raccoglie e verifica fonti intervistando le persone che hanno gravitato e gravitano intorno a Lynch; dall’altro, lo stesso Lynch che interviene con le proprie impressioni e arricchimenti sulle medesime vicende.
A questa sorta di retrospettiva sulla vita di Lynch hanno partecipato ex-partner della vita coniugale e/o lavorativa, due dei suoi quattro figli, amici di lunga data e attori più e meno importanti che rimarcano la straordinarietà che anche una singola esperienza può essere quando c’è di mezzo Lynch.
Le parole di ogni partecipante alle interviste danno modo di approfondire i contesti che hanno influenzato l’opera di Lynch regista: “Il quartiere di Velluto blu somiglia moltissimo al nostro quartiere di Boise, e a mezzo isolato da casa nostra c’era un condominio inquietante come quello del film” dice John Lynch. La sequenza di apertura con i quadretti di idilliaca vita americana, è tratta da Good Times on Our Street, un libro per bambini che David non ha dimenticato. “Anche la scorribanda in auto è tratta da un aneddoto di Boise. Una volta David e altri suoi amici finirono su un’auto con un ragazzo più grande che diceva di voler andare a centosessanta all’ora su Capitol Boulevard. Faceva paura, questo tizio che guidava come un pazzo un’auto fighissima, e a David è rimasto impresso. Nel suo lavoro si ispira sempre molto alla sua infanzia”.

Sebbene lo stesso Lynch abbia detto più volte che le sue opere, soprattutto quelle cinematografiche, non debbano necessitare di spiegazioni e commenti di contorno, conoscerne la vita attraverso i toni concilianti di una corrispondenza tra amici tende inequivocabilmente a chiarire molti aspetti della particolare estetica lynchiana. Si tratta di aspetti che emergono anche in altri testi scritti da Lynch, come In Acque Profonde. Tra gli elementi che possono incuriosire anche i meno esperti della sua filmografia ci sono la sensibilità per la vita di periferia e un forte interesse per il chiaro-scurale, ampiamente riscontrabili in tutta la carriera cinematografica del regista americano. Il rapporto tra luce e tenebre, oltre che fattore cromatico presente nelle pellicole girate da Lynch, è anche nelle tele da lui dipinte e nelle atmosfere cupe dei brani composti in collaborazione con diversi musicisti, da Angelo Badalamenti a Lykke Li, passando per gli Sparklehorse.

Più che negli altri libri di e su Lynch, emerge finalmente una personalità che non è possibile racchiudere nell’unica definizione di regista: dai tempi in cui era studente all’Accademia di Belle Arti della Pennsylvania Lynch è stato innanzitutto un pittore, poi successivamente anche regista, fotografo, musicista e designer, come dimostrano diversi oggetti di scena presenti nei suoi set e dalle idee ben definite degli interni architettonici di alcune opere:

“La Stanza Rossa ha una parte importante in Fuoco cammina con me, e io la adoro. Innanzitutto, ha le tende, che a me piacciono tantissimo. Mi piacciono perché sono già bellissime come oggetto in sé, e in più nascondono qualcosa. C’è qualcosa dietro le tende, e tu non sai se è una cosa bella o brutta. E gli spazi delimitati? Niente è più bello di uno spazio delimitato. Senza arredamento lo spazio è aperto, ma con l’arredamento puoi creare uno spazio, puoi renderlo bellissimo oppure così orribile da far venire voglia di uscire”.

Una carriera artistica così prolifica e varia è molto probabilmente dovuta a un approccio secondo cui si può realizzare un’idea anche se gli strumenti a disposizione dovessero essere pochi o di scarsa qualità. L’adattabilità di Lynch e l’attenzione a tutte le arti emerge anche in prodotti di poca durata, come nel caso delle pubblicità.

La poliedricità di Lynch permette al testo di non essere solo l’ultima uscita editoriale biografica e, a detta del regista, la più completa, ma anche la possibilità di confronto con temi quali l’evoluzione della tecnologia, vista sempre come fonte di nuove potenzialità e non come perdita di cose fatte “alla vecchia maniera”. Dall’apprezzamento del cinema e della fotografia rispettivamente come quadro in movimento e ulteriore possibilità espressiva circa alcune atmosfere, nel corso del testo Lynch arriva a discutere delle tecnologie più recenti. Quasi tutte le novità sono accolte come uno strumento in più per ottimizzare i tempi o rendere possibile ciò che prima lo era eventualmente solo faticosamente. Oltre che l’apprezzamento per le telecamere compatte, spicca l’interesse per la potenzialità dello streaming.
All’interno del dibattito sulle nuove tecnologie, Lynch risulta ancora una volta fuori dal coro rispetto a chi concepisce il cinema come fruibile al massimo solo nella apposita sala, proponendo la concezione di streaming come nuovo cinema d’essai. La dimensione domestica, se attrezzata di uno schermo adeguato e di un buon impianto stereo, basta a garantire ciò che è centrale per il regista: la possibilità di immergersi in un altro mondo mediante la visione di un film.

La bontà di Lo spazio dei sogni è da riscontrare certamente nello stile leggero e coinvolgente e soprattutto nella sincerità con cui si riportano diversi successi e fallimenti di una vita. Inevitabilmente, punti fondamentali del racconto della vita di Lynch sono già noti ad ammiratori e appassionati del regista, tra cui il flop di Dune, la casualità delle idee di alcuni dettagli di Twin Peaks, la ricerca di Velluto Blu. Non mancano i riferimenti a incontri che hanno segnato la vita del regista, come quello della famiglia del produttore Dino De Laurentis e con l’attore Kyle McLachlan, entrambi presentati allo stesso tempo sia umanamente che professionalmente:

“Se ripenso al periodo in cui conobbi Dino, posso dire che ne rimasi come ammaliato. Dino era un tir che non si fermava mai. Aveva un’energia tremenda, un vero incantatore, e faceva la bella vita, circondato da cibo prelibato, posti magnifici, maniere splendide di viaggiare, e con un grande entusiasmo per i progetti. […] Una donna di Seattle mi raccomandò Kyle e mi mandò una foto. Poi, una cosa tirò l’altra, finché Kyle non si presentò da me, e devo dire che, rispetto agli altri candidati, spiccava nettamente. Il fatto è che Kyle è un’ottima persona, ma anche un grande attore. Insomma, ha due grandi qualità”.

Come accade nella quotidianità di tutti, anche la narrazione della vita di Lynch per il proprio pubblico parte da episodi principali, sempre gli stessi, che vengono gradualmente arricchiti da dettagli. Ciò che dà maggiore spessore a questo nuovo vecchio racconto è l’intervento delle altre persone coinvolte. In più, tutti i partecipanti hanno uno sguardo temporalmente più distante dall’accaduto e maggiormente consapevole.

Letture
  • David Lynch, In acque profonde. Meditazione e creatività, Mondadori, Milano, 2017.
  • David Lynch, Chris Rodley, Io vedo me stesso. La mia arte, il cinema, la vita, il Saggiatore, Milano, 2016.