I suoni di domani annotati
da Karlheinz Stockhausen

Karlheinz Stockhausen
Testi sulla musica elettronica
e sperimentale
A cura di Massimiano Viel
Traduzione di Irina Scelsi
Shake Edizioni, Milano, 2024
pp. 260, € 29,00

Karlheinz Stockhausen
Testi sulla musica elettronica
e sperimentale
A cura di Massimiano Viel
Traduzione di Irina Scelsi
Shake Edizioni, Milano, 2024
pp. 260, € 29,00


Dopo aver pubblicato, nel 2011, La musica sperimentale di Michael Nyman e, più recentemente, nel 2023, Un anno, a partire da lunedì, di John Cage, con il quale ha inaugurato la collana Classici della nuova musica, Shake Edizioni continua nella sua meritoria opera di ri/costruzione in lingua italiana dell’ampio dibattito avvenuto nel secondo Novecento riguardo le prospettive e gli sviluppi della musica contemporanea, il ruolo delle avanguardie, le sperimentazioni, i contrasti tra i compositori, la serialità, l’improvvisazione e la nascente musica elettronica. E lo fa con un denso e interessantissimo volume, curato abilmente dal compositore e responsabile della collana Massimiliano Viel, che raccoglie una (certamente piccola) parte dell’ampia mole di scritti di Karlheinz Stockhausen e in aggiunta delle bellissime foto: Testi sulla musica elettronica e strumentale.

 “Le città sono state rase al suolo e dunque si può ricominciare da zero, senza dover tenere conto delle rovine e degli avanzi insipidi. Cerchiamo di non fare, quindi, quello che stanno facendo in questo periodo gli architetti…”.

Il compositore tedesco è stato, insieme a John Cage, non solo tra i protagonisti dei corsi estivi di Darmstadt, il centro più importante per la musica contemporanea e sede di dibattito ed elaborazione, ma anche colui che più ha riflettuto e teorizzato intorno e dentro la nuova musica, fornendo un lascito concettuale, oltrechè ovviamente compositivo, di assoluto valore. I diciassette volumi di Texte sur Muzik, dai quali sono stati tratti questi primi scritti, sono la testimonianza di una profonda e accurata riflessione teorica non soltanto dal punto di vista prettamente musicale ma sul ruolo dell’avanguardia nelle società europee impegnate nella difficile ricostruzione economica, politica e, per l’appunto, artistica.

Un’eredità fondamentale
Il particolare momento storico nel quale sono stati pubblicati queste riflessioni attraversa il tono generale di tutti gli scritti, che contengono quella forte tensione innovativa che circolava in molti campi del sapere, in quel magma ricostruttivo che caratterizza il secondo dopoguerra in Europa e negli Stati Uniti.  La volontà di rompere definitivamente con il passato, l’idea di costruire una nuova estetica, e la volontà di sfuggire a una sempre incombente restaurazione, porta Stockhausen ad immaginare, teorizzare e infine praticare nuove forme musicali nelle quali poter organizzare unitariamente tutti gli elementi sonori senza alcuna contraddizione. Soltanto l’utilizzo di materiali nuovi può portare a forme nuove, che superino le gabbie compositive nelle quali la musica contemporanea dell’epoca si era rinchiusa producendo un isterilimento non più tollerabile dall’ampia platea di giovani compositori attivi subito dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. Da questo punto di vista fondamentale è l’inclusione, nel nuovo materiale a disposizione, dell’elemento rumoristico, così come della nascente musica elettronica, nella quale Stockhausen è uno dei precursori e primi sperimentatori.

“Ciò che finora è stato definito con il termine generale «rumore», questa moltitudine sconfinata di forme acustiche, potrebbe essere utilizzata come materiale di una composizione tanto quanto un suono del violino, se fosse appropriato alla idea del compositore e alle condizioni di ascolto della sua musica. Ancora di più: un materiale sonoro di questo tipo sarebbe molto più compatibile con le nuove idee sull’armonia e sulla melodia, secondo cui tutti gli intervalli possono essere trattati allo stesso modo e non c’è più bisogno di rispettare la gerarchia degli intervalli di suoni naturali che troviamo negli spettri acustici dei suoni strumentali usati finora”.

Tuttavia, nelle riflessioni di Stockhausen, l’elaborazione di una nuova musica passa soprattutto nell’organizzazione dei suoni, in un’idea coerente, basata su princìpi preparati e sviluppati dal compositore. Non basta ricorrere a nuove sonorità se queste non vengono organizzate in un ordine efficace, privo di contraddizioni o di estemporaneità. Nella temperie musicale del secondo dopoguerra, quando tutto viene messo in discussione, rivoltato, trasformato, in una continua ricerca di nuove forme e suoni, Stockhausen è tra i compositori e pensatori più aperti, ugualmente attento a ciò che veniva dall’ambito contemporaneo così come dall’ambito jazzistico. Una delle sue prime composizioni, Kreuzspiel (1951), mostra già uno Stockhausen sensibile a influenze e suggestioni extracolte: un paesaggio sonoro fluente, ricco di spazi ed altezze, con lontane reminiscenze per l’appunto jazzistiche. Con il suo arrivo presso lo studio di musica elettronica della radio della allora Germania Occidentale, a Colonia, nel 1953, Stockhausen ne individua immediatamente le grandi potenzialità. Alla base del suo entusiasmo c’è sempre la riflessione sulla costruzione di una nuova estetica:

“Il musicista, per il quale la questione della ricerca sonora diventava per la prima volta pressante, dipendeva in larga misura dai propri esperimenti pratici. Per potere meglio comprendere il suo materiale, egli era quindi costretto ad ampliare le sue competenze e a studiare acustica. Ciò diventa indispensabile per tutti quei compositori che non si accontentano di accettare i fenomeni acustici come dati, ma si oppongono alla dittatura del materiale e vogliono spingere, nei limiti del possibile, le proprie idee formali nei suoni, con l’obiettivo di giungere ad una corrispondenza tra materiale e forma, tra microstruttura acustica e macrostruttura musicale. I suoni strumentali tradizionali sono un qualcosa che è predeterminato, che dipende dalla costruzione degli strumenti e dal modo di suonarli: essi sono “oggetti”. Sono forse i compositori di oggi ad aver costruito il pianoforte, il violino o la tromba? Sono loro ad aver definito il modo in cui devono essere suonati?”.

Ovvio che la possibilità di costruire nuovi suoni grazie all’elettronica lo trovi pronto a sfruttare questa grande novità e a cercare di integrarla con la musica strumentale, ponendosi fin da subito problematiche sia di natura filosofica che artistica, fisica e musicale. L’entusiasmo e il vigore, la curiosità e l’ardore con i quali Stockhausen porta avanti le sue riflessioni e la sua musica lo rendono uno spirito aperto, permeabile; abile nel cercare una sintesi tra le due diverse scuole, la tedesca e la francese, in ambito elettronico, così come nell’interpretare e sviluppare gli insegnamenti di Olivier Messiaen o trarre spunti ed idee dalle discussioni con Pierre Boulez, o  ancora cogliere immediatamente le novità introdotte da John Cage, Stockhausen costruisce a tutti gli effetti un nuovo mondo sonoro ricco e multiforme, che produrrà nel tempo innumerevoli frutti, non solo in ambito accademico.

Riletti ora, molti di questi stimolanti scritti sembrano ancora terribilmente attuali, se solo ci fosse un corpo sociale pronto e in grado di afferrarne le intuizioni e le idee. Valgano per tutti le importanti (e ancora futuristiche, va detto) considerazioni sulla spazialità, sulla disposizione dell’orchestra e su come e dove ascoltare la nuova musica. La serie di suggerimenti e riflessioni che accompagna Gruppen, opera per tre orchestre scritta tra il 1955 e il 1957, è una sorta di manuale su come sperimentare e innovare la fruizione e l’esecuzione musicale, rimasto sostanzialmente inattuato e, a oggi, assai lontano dalla realtà:

Gruppen per tre orchestre si ascolta al meglio in un ampio spazio, che permetta di percepire la contemporaneità dei diversi spazi di tempo e movimento. Al momento, la difficoltà più grande consiste, come per la musica elettronica, nel trovare o costruire le sale adatte a questo tipo di musica strumentale spazializzata, Per poter soddisfare le richieste della musica spazializzata elettronica e strumentale – attualmente stiamo lavorando ai primi progetti che combinino strumenti e altoparlanti – si dovrà pensare fin da subito a spazi convertibili. Le caratteristiche più importanti di questi spazi sarebbero le seguenti:

1 Uno spazio circolare o quadrato per consentire la disposizione dell’orchestra in ogni spazio a piacere intorno o – e – in mezzo al pubblico;

2 Nessun podio fisso, ma un grande numero di piccole pedane mobili (praticabili);

3 Pavimento in piano;

4 Disposizione dei posti a sedere modificabile a piacere, nessun sedile fissato al pavimento;

5 Collegamenti per altoparlanti e microfoni intorno alle pareti e sul soffitto;

6 Nicchie a parete o – e – balconate su diverse altezze per piccoli gruppi strumentali;

7 Porte che non pregiudicano la disposizione a cerchio dei gruppi orchestrali lungo le pareti (possibilmente molte porte distribuite nello spazio circolare a raggiera);

8 Riverbero controllato elettricamente, in grado di adattarsi di volta in volta alle condizioni dell’esecuzione;

9 Postazione di controllo per la riproduzione sonora attraverso gli altoparlanti o per la registrazione, posta al di fuori della sala;

10 Luci di sala indipendenti dalle luci per i leggii;

11 Sedie di legno al posto di poltrone comode”.

Ascolti

  • Karlheinz Stockhausen, Chöre Für Doris – Choral – Drei Lieder – Sonatine – Kreuzspiel, Stockhausen-Verlag, 1991.
  •  Karlheinz Stockhausen, Gruppen / Carré, Stockhausen-Verlag, 1992.