Coltivare, da tempi remoti
allo spazio profondo


Stefania De Pascale

Piantare patate su Marte
Il lungo viaggio
dell’agricoltura
Aboca, Sansepolcro (AR), 2024

pp. 160, € 19,50


Stefania De Pascale

Piantare patate su Marte
Il lungo viaggio
dell’agricoltura
Aboca, Sansepolcro (AR), 2024

pp. 160, € 19,50


Coltivare su piattaforme orbitanti come l’ISS o il futuro prossimo venturo Lunar Gateway (una stazione spaziale NASA in fase di sviluppo in orbita lunare), per integrare l’alimentazione degli astronauti un giorno verso il Pianeta Rosso e chissà più avanti verso altre mete più lontane forse in future colonie spaziali. planetarie. Fantascienza? Non proprio a leggere quanto scrive Stefania De Pascale in un libro appassionante pubblicato da Aboca edizioni, Piantare patate su Marte. Il lungo viaggio dell’agricoltura, dedicato alla scienza oggi pionieristica che risponde al nome di agricoltura spaziale. Ultima tappa di una storia antichissima, perché se gli umani sono stati a lungo cacciatori-raccoglitori, i primi esperimenti di coltivazione sono tuttavia molto più antichi della datazione cui siamo soliti riferirci per collocare l’inizio dell’agricoltura, ovvero quell’era neolitica che 12.000 anni fa, con l’inizio dell’Olocene, coincise con un periodo di innalzamento delle temperature. Le prime tracce rinvenute di coltivazione ripetuta di cereali, nello specifico il sorgo, risalgono infatti a 110.000 anni fa e sono state scoperte nell’attuale Mozambico.
Questo genere di coltivazione non si diffuse al di là di quest’area, ma in ogni caso non è possibile stabilire una linea netta di demarcazione tra le pratiche di caccia, raccolta, allevamento e quelle di coltivazione, in quanto tutte queste pratiche, in aree diverse, per millenni si sono mescolate e sovrapposte, senza che nessuna prevalesse completamente. Sul come e perché a un certo punto l’agricoltura cominciò a prevalere e le società stanziali si imposero come modalità praticamente esclusiva, sono state elaborate numerose ipotesi. Molte ricerche oggi tendono a mettere in luce la complessità della questione, uscendo da una visione lineare e teleologica che teorizzava la rivoluzione neolitica come incipit di una serie di questioni, perlopiù problematiche, dalla proprietà privata, alle società complesse, alla fondazione delle città.

Immagine generata al computer di un’ipotetica serra portatile impiantata su Marte (Fonte: Nasa).

Ne L’alba di tutto. Una nuova storia dell’umanità, studio monumentale e controverso di David Greaber e David Wengrow, gli autori mostrano, attraverso esempi specifici, come ben prima dell’era neolitica siano esistite società complesse, città di vaste dimensioni e come i saperi dell’agricoltura fossero conosciuti e, in certi casi, venissero rifiutati. Jacques Cauvin invece, nel suo Nascita delle divinità, nascita dell’agricoltura. La rivoluzione dei simboli nel Neolitico ipotizza che la nascita dell’agricoltura sia stata una questione culturale più che tecnica. Attraverso lo studio dell’arte e delle rappresentazioni antiche, Cuvin individua la nascita di culti espressi in raffigurazioni antropomorfe antecedenti alle società neolitiche, attestanti dunque un cambiamento significativo nel modo di pensare di alcune società dell’aerea mediorientale. È questo cambiamento a rendere possibile la nascita delle società neolitiche e non viceversa. L’arte dei cacciatori-raccoglitori era zoomorfa e senza gerarchie chiare, mentre la nuova arte è antropomorfa e gerarchica, stabilisce una relazione con una divinità superiore all’umano e fa sì che questa società si autorizzi ad agire in quanto produttore attivo. Produttore, coltivatore, giardiniere, l’umano, per oltre diecimila anni, baserà la sua sussistenza e le sue società sull’agricoltura, sviluppando quella che il critico Robert Pogue Harrison definisce “vocazione alla cura” (Pogue Harrison, 2017), un’inclinazione che caratterizza molti miti antichi e moderni.

Un modellino che riproduce un contadino dell’antico Egitto che ara il terreno.

La cacciata dal giardino dell’Eden assomiglia piuttosto a una fuga, alla volontà dell’uomo di responsabilizzarsi, di uscire da un luogo troppo perfetto in cerca di qualcosa di cui potersi occupare, qualcosa da coltivare.  Successivamente, dal lavoro della terra nascono, nell’area euromediterranea, i primi trattati di agronomia, ovvero l’applicazione di principi scientifici all’agricoltura scritti dai primi agronomi. Da Esiodo, che nel VII secolo a.C. compila Le opere e i giorni, ai romani Varrone, Catone e Columella che mettono al centro della società romana la coltura della terra. Proprio da questa pratica di coltivazione della terra, Cicerone svilupperà la teoria della cultura animi, ovvero la coltivazione dello spirito come principio base dell’educazione. Come il terreno coltivato dà i suoi frutti, così lo spirito umano, se coltivato, sviluppa appieno le sue capacità. L’andaluso Ibn Al ‘Awwâm, nel XII secolo compilerà un trattato che unisce l’agronomia latina a quella araba nel Libro di agricoltura, di cui non esiste un’edizione in italiano, ma che è stato ripubblicato di recente in francese da Actes Sud con il titolo Le Livre De L’Agriculture. Kitab Al-Filaha. Dal medioevo al 1600 la scienza agronomica conoscerà un grande sviluppo, principalmente incentrata sulla “casa rustica”, la villa, con l’opera di Pietro de Crescenzi e il Trattato dell’agricoltura, fino all’apparizione del Le Théâtre d’agriculture et mesnage des champs di Olivier de Serres, pubblicato nel 1600, passando per le opere di Gabriel Alonso de Herrera, Agostino Gallo e Konrad Heresbach.

Masanobu Fukuoka in un’illustrazione.

L’agricoltura continuerà a essere al centro dell’economia di gran parte delle società per tutto il XVIII e XIX secolo e, se il XX secolo vedrà enormi trasformazioni nella meccanicizzazione del lavoro agricolo e una apparente messa tra parentesi di questo settore primario, essa continua tuttavia a rimanere una delle questioni fondamentali della nostra epoca, non solo dal punto di vista alimentare, ma anche culturale. Proprio nella seconda metà del Novecento, tra l’altro, in contrasto all’eccessiva meccanizzazione del settore, ma anche come critica alla scienza agronomica, vede la luce una nuova forma di agricoltura che oggi è ancora molto attiva e che invita non a lavorare la terra, ma a lavorare con la terra, ovvero l’agricoltura naturale o del non-fare, sviluppata da Masanobu Fukuoka in Giappone già negli anni Quaranta e portata nell’area mediterranea con l’agricoltura sinergica di Emilia Hazelip. Se la scienza agronomica si propone di ottenere il massimo della produzione dalle coltivazioni, l’agricoltura naturale, pur valorizzando la produzione, si propone di ridurre al minimo l’intervento dell’uomo sui processi naturali, nella convinzione che, se lasciata fare nel modo corretto, la terra renda a sufficienza e, anzi, maggiormente.

Spazio ultima frontiera…
La scienza agronomica tuttavia, continua a fare il suo corso e, da alcuni decenni a questa parte, non è nemmeno più solo una questione terrestre. Infatti, anche se potrebbe sembrare paradossale parlare di agricoltura senza terra, una delle frontiere dell’agricoltura contemporanea è proprio l’agricoltura spaziale di cui ci racconta. De Pascale è professoressa ordinaria di orticoltura e floricoltura presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli che dalla fine degli anni Novanta fa ricerca nel campo dell’agricoltura spaziale, oggi una delle massime esperte a livello internazionale. Oltre alla ricerca, la studiosa si occupa di divulgazione e con il libro pubblicato da Aboca dimostra un certo talento comunicativo nell’uso di una scrittura appassionata e coinvolgente, che mostra anche il lato personale della ricerca e l’entusiasmo di lavorare a progetti che sembrano sconfinare, a tratti, con la fantascienza. Che cosa sia l’agricoltura spaziale, De Pascale lo chiarisce sin dal primo capitolo del libro:

“l’agricoltura spaziale è la pratica di coltivare piante per sostenere la vita dell’uomo in un ambiente extraterrestre. Combina i principi dell’agricoltura, della biologia e dell’ingegneria per creare sistemi di produzione alimentare nello spazio, in modo che questi siano sostenibili e autosufficienti. Ma non si tratta solo di questo”.

La sola definizione dunque non basta, perché le ricadute degli studi sulla crescita delle piante in ambiente non terrestre hanno e avranno ricadute anche sull’agricoltura della terra, sulle sfide ambientali del futuro prossimo e sulla concezione del mondo vegetale e animale. Gli studi sull’agricoltura spaziale nascono con le prime missioni aerospaziali alla fine degli anni Sessanta e poi in maniera più sistematica dalla fine degli anni Novanta con l’assemblaggio della Stazione Spaziale Internazionale, operativa già dal 2000. La questione della sussistenza degli astronauti a bordo della stazione spaziale è stata da subito una questione centrale, insieme agli esperimenti condotti durante i soggiorni degli astronauti nella ISS. Le sfide che l’ambiente dello “spazio profondo”, come lo chiama De Pascale, lancia alle conoscenze umane sono enormi: la scarsità di risorse, la microgravità e la gravità ridotta, l’esposizione a diverse forme di radiazioni che possono risultare dannose per l’umano e le condizioni ambientali estreme. Insomma, vivere in quello che l’ingegnere aeronautico Gerardo Napolitano ha definito “il quarto ambiente”, ovvero quello della microgravità, oltre a terra, acqua e aria, richiede non pochi sforzi di ricerca.

Lo stato delle cose
Le stesse sfide valgono anche per gli organismi vegetali, che sulla Terra si sono evoluti grazie all’ambiente terrestre e che nello spazio sarebbero sottoposte alle stesse problematiche cui sarebbe sottoposto il mondo animale. 
De Pascale, a metà degli anni Novanta, insieme ad altre colleghe – l’agricoltura spaziale in Italia è maggioritariamente al femminile – inizia a studiare “l’effetto della microgravità simulata su sistemi vegetali semplici, come semi e calli cellulari”. Gli studi e gli esperimenti continuano oggi anche a bordo della ISS con alcuni sistemi di coltivazione e di consumo di ortaggi elaborati con il progetto Beyond Veggie. Al momento dunque alcune piante e ortaggi crescono nello spazio. Tuttavia, la distanza della Luna e ancor più di Marte è ben diversa da quella della ISS, e attualmente le ricerche si stanno spostando proprio in quella direzione, verso lo spazio più profondo. La distanza dalla Terra alla Luna è di circa 380.000 km e agli astronauti occorrono alcuni giorni per raggiungerla, mentre il Pianeta Rosso dista dai 55 ai 400 milioni di km e una missione su Marte non durerebbe meno di 500 giorni, di cui 470 di viaggio e 30 giorni di permanenza. Vivere sulla Luna sembra ormai un sogno quasi concretizzato e De Pascale ci ricorda che Howard Hu, a capo della navicella spaziale Orion, ha recentemente dichiarato alla BBC che

«entro il 2030 gli astronauti vivranno e lavoreranno sulla Luna, che le persone «ci vivranno e faranno scienza» e che questa missione è «il primo passo verso l’esplorazione a lungo termine dello spazio profondo»”.

Per Marte il discorso sembra invece ancora piuttosto complicato, ma gli studi e i finanziamenti stanno andando proprio in questa direzione. Attraverso lo studio dell’ecosistema terrestre e nell’evidenza che le piante sono il fondamento della vita terrestre, nel senso che senza le piante letteralmente non ci sarebbe la vita, l’agricoltura spaziale parte dallo studio della terra per sperimentare coltivazioni nello spazio utilizzando le stesse piante terrestri per nutrire gli esploratori spaziali.

“A oggi, diverse piante sono state coltivate con successo nello spazio, soprattutto sull’ISS. La lattuga è stata tra i primi ortaggi a essere coltivati, e ha dimostrato di adattarsi bene alle condizioni di coltivazione in microgravità. Ma anche pomodori (nani), cereali, cavoli, barbabietole e ravanelli sono stati coltivati con successo sull’ISS. È stata addirittura coltivata la zinnia (una bellissima pianta ornamentale da fiore)”.

Dimensioni e sviluppo di luoghi adatti alla coltivazione sono due fattori chiave che implicano l’utilizzo di tecniche quali l’idroponica e l’acquaponica, luci a LED, vertical farming e creazioni di serre. L’utilizzo di robot-giardinieri per le operazioni di base quali semina, monitoraggio e raccolta delle piante è un altro campo di sperimentazione in corso, e, scrive De Pascale

“in quest’ottica, nel febbraio 2024 è iniziato il progetto BIOLUNA, finanziato dall’ASI e coordinato da Thales Alenia Space Italia. Lo scopo del progetto è la realizzazione di un algoritmo di AI per il controllo multi-obiettivo di un fotobioreattore per la coltivazione di alghe e di una camera di crescita per la produzione di piante”.

Dall’invasione terrestre dei marziani di H.G. Wells, ai resistenti alla colonizzazione di Marte narrati nell’epica marziana di Kim Stanley Robinson, che lottano per mantenere il pianeta nel suo stato originario, fino ai solitari emigranti americani di Bradbury che lasciano la terra in cerca di qualcosa di meglio, la fantascienza, dopo la Luna, ha da tempo iniziato a esplorare anche il Pianeta Rosso, addentrandosi nello spazio profondo, ma a quanto pare la realtà ha deciso di stare al passo.

“Agricoltura lunare e marziana” sembrano ormai due prospettive anche più concrete di quanto fossero le aspettative della florida letteratura sorta nei secoli intorno all’astro più osservato dagli umani. Anche se a leggerla bene, parte di questa letteratura ci ha spesso messo in guardia dalle aspirazioni di una scienza sempre sull’orlo di un eccesso di ottimismo.

Lo stesso ottimismo di De Pascale, se per certi aspetti è comprensibile e ricolmo di buone intenzioni:

“come scienziata però ho una grande fiducia nel progresso della conoscenza e sono convinta che l’esplorazione spaziale non solo ci aiuterà a rispondere alle domande scientifiche sulla storia del nostro sistema solare e sulla possibilità di vita oltre la Terra, ma forse anche a risolvere importanti dubbi filosofici sul nostro posto nell’universo”.

Per altri aspetti, invece, sembra essere ben più problematico, come quando cita il caso Elon Musk e Space Economy:

“Ma come si fa a non prendere sul serio chi, come ha fatto lui nel 2018, per provare un nuovo razzo, sceglie come carico utile dimostrativo la sua Tesla Roadster personale con un manichino chiamato Starman al volante, e la invia in un’orbita che si estende oltre Marte, mentre da lassù vengono trasmesse le immagini della Terra con la colonna sonora di Space Oddity di David Bowie?”.

Adesso che il sogno lunare e quello marziani sembrano starsi concretizzando, anche se solo per pochissimi astronauti specializzati, non certo come pianeti nei quali al momento vivrà alcuna popolazione, viene da ripensare a un lontano sogno pascoliano, scritto nel 1905 e pubblicato in una prima versione sulla rivista Lettura di Giovanni Giacosa con il titolo Gli Emigranti. Giovanni Pascoli, poeta attentissimo alle cose di scienza, fa successivamente confluire il testo, nel 1909, nella raccolta Nuovi poemetti con il titolo definitivo di Gli emigranti nella luna. Il poemetto, non facilissimo ma ben analizzato da Francesca Irene Sensini, studiosa pascoliana, nell’articolo Infortunés Terriens. Utopie lunari alle soglie del Novecento in Francia e Italia: Pierre de Sélènes e Giovanni Pascoli, pubblicato negli atti di un “convegno lunare” organizzato nel 2019 dall’Università di Genova (cfr. Nicolini Beltrami Pagani, 2022), narra di un gruppo di contadini caucasici che immagina di poter emigrare sulla Luna. I contadini si ritrovano al freddo, al buio e senza più acquavite in una fredda notte caucasica, quando un brodiag, figura del vagabondo delle steppe, informa il vecchio saggio del gruppo di tutti i progressi che la scienza ha compiuto fino a quel momento, l’invenzione dell’elettricità, del treno e del volo motorizzato. Quella stessa notte arriva poi un giovane, introdotto da una fanciulla, che porta con sé un libro e che legge ai contadini la storia di alcuni uomini che vanno sulla luna, un libro che si riferisce al romanzo di Jules Verne, Dalla terra alla Luna, grande successo di quegli anni. I contadini iniziano così a sognare di poter andare anche loro sulla Luna e diventare pionieri di questa nuova terra. Al risveglio, i contadini ritrovano l’abbaiare di un cane e il brodiag che deride la loro ingenuità e che rappresenta la voce del poeta, il quale riporta i contadini alla loro dura realtà di mortali, di terrestri e di esseri viventi che sono piccoli tasselli nell’immensa varietà della vita.

“E la luna calante batté gialla
sull’impannata. Netta, senza brume,
stava, sul liscio mar di neve, a galla.

L’immensa taiga biancheggiava al lume.
Qualche betulla nuda, qualche cono
d’abete, e solchi d’ombra d’un gran fiume”.
(Pascoli, 2023)

Ascolti
  • Beethoven: Piano Sonata No. 14 “Moonlight“, Op. 27 No. 2, in Horowitz, Beethoven Piano Sonatas, Sony Classical, 2004.
  • David Bowie, Space Oddity (50th Anniversary Edition), Parlophone, 2016.
Letture
  • Ray Bradbury, Cronache marziane, Mondadori, Milano, 2020.
  • Giovanni Caprara, Lo spazio, il quarto ambiente. Storia di Luigi Gerardo Napolitano, pioniere della microgravità, Edizioni Il Sole 24 ore, Milano, 2010.
  • Jacques Cauvin, Nascita delle divinità, nascita dell’agricoltura. La rivoluzione dei simboli nel Neolitico, Jaca Book, Milano, 2010.
  • David Graeber, David Wengrow, L’alba di tutto. Una nuova storia dell’umanità, Rizzoli, Milano, 2021.
  • Fukuoka Masanobu, La rivoluzione del filo di paglia, Libreria editrice Fiorentina, collana Quaderni d’Ontignano, Firenze, 2015.
  • Lara Nicolini, Luca Beltrami, Lara Pagani (a cura di), Fly me to the Moon. La luna nell’immaginario umano, Atti del Convegno Internazionale Genova, 12-13 dicembre 2019, Genova University Press, 2022.
  • Giovanni Pascoli, Nuovi poemetti, Mondadori, Milano, 2023.
  • Robert Pogue Harrison, Giardini. Riflessioni sulla condizione umana, Fazi Editore, Milano, 2017.
  • Kim Stanley Robinson, Trilogia di Marte: Il rosso di Marte, Il verde di Marte, Il blu di Marte, Fanucci Editore, Roma, 2016-2017.
  • Jules Verne, Dalla Terra alla Luna, Mursia, Milano, 2019.
  • H.G. Wells, La guerra dei mondi, Minimum Fax, Roma, 2016.
  • Jean-Pierre Williot, Gilles Fumey, Histoire de l’alimentation, Que sais-je ?, Parigi, 2024.
Visioni
  • Stanley Kubrick, 2001 Odissea nello spazio, Warner Bros., 2007 (home video)
  • Ridley Scott, Sopravvissuto – The Martian, 20th Century Fox Home Entertainment, 2016 (home video).