BUSSOLE | QDAT 63 | 2016
VISIONI / BOTTICELLI INFERNO
di Ralph Loop / TV Plus, Medea Film, Nexo Digital, 2016
Il mistero di un'opera incompiuta
di Roberto Pacifico
A distanza di secoli l’opera di Sandro Botticelli
continua a destare interesse e curiosità. E a irradiare
mistero. Come accadde anche per Dante Alighieri, nella vita di
Botticelli si possono riconoscere, a grandi linee, due fasi
contrastanti, secondo un copione antitetico alle rags-to-richies
stories: prima l’ascesa, il successo, le grandi
committenze nel campo artistico; poi la caduta, l’onta, la
povertà. Per Dante la disperazione cominciò con
l’esilio da Firenze, ma, a differenza di Botticelli, che non
si spostò quasi mai dalla novella Atene sull’Arno,
l’Alighieri ramingò per il Nord Italia come
profugo di lusso, condizione disagevole, ma in qualche modo
provvidenziale, perché lo spronò a sviluppare la
più grande visione dell’aldilà mai
realizzata nella storia della letteratura occidentale moderna.
Seppur eclissato dal multiforme e sovrabbondante genio di Leonardo e
Michelangelo, Botticelli è comunque il più noto
pittore rinascimentale italiano nel mondo, un marchio di fabbrica del
genio fiorentino all'estero, proprio come Dante lo è nel
campo della poesia e della letteratura. I suoi quadri più
celebri, come la Nascita di Venere e l'Allegoria
della Primavera, visibili agli Uffizi, attirano nei musei e
nelle mostre di tutto il mondo migliaia di visitatori ogni anno. Molto
meno conosciuto è invece uno dei suoi lavori più
importanti, commissionatogli dal cugino di Lorenzo il Magnifico: il
commento illustrato, e quasi completo, alla Commedia
di Dante, un'opera incompiuta, della quale l'immagine sinottica della
voragine infernale resta la tavola più famosa ed
emblematica.
Rimasta chiusa nei depositi climatizzati del Vaticano, la sintesi
topografica dell'Inferno, con la sua forma d’imbuto
rovesciato che si stringe sempre più a mano a mano che si
procede dai cerchi superiori a quelli più bassi fino al
centro della terra, dove Virgilio e Dante trovano l’enorme e
orrenda figura di Lucifero, è protagonista del film
documentario, Botticelli Inferno di Ralph Loop,
realizzato per il progetto della Grande Arte al Cinema, e proiettato
nelle sale cinematografiche italiane poche settimane dopo
l’uscita del film di Ron Howard tratto dal romanzo Inferno
di Dan Brown, presentato dallo stesso Howard, insieme all'attore Tom
Hanks (che interpreta Robert Langdon, protagonista del romanzo di Dan
Brown), a Firenze nella prima settimana di ottobre 2016.
Firenze e Dante superprotagonisti, dunque, anche nel 2016. Diversamente da Inferno di Ron Howard, basato su un romanzo che è tutto fuorché una trasposizione dell'Inferno dantesco, nonostante i molti riferimenti alla Commedia, Botticelli. Inferno ha uno stile decisamente documentaristico con focus quasi esclusivo sui disegni botticelliani della Commedia. Le testimonianze narrative e critiche di studiosi italiani ed europei, ma anche di studenti e turisti, si alternano alle riprese di Firenze e di altri luoghi, come la Scozia e la Germania, sorprendenti per chi non conosce la storia di quest'opera. In ogni caso, al di là delle differenze tecniche e di stile, i due film confermano quanto Dante e il suo viaggio ultraterreno continuino a ispirare il cinema, l’illustrazione (cfr. "Quaderni d'Altri Tempi" n. 57). A questo proposito, è doverosa la citazione della recente mostra Il volto di Dante a Ravenna.
L’esposizione, frutto di un progetto organizzato da Bonobolabo di Marco Miccoli e curato da Maria Vittoria Baravelli, ha presentato nella Biblioteca di Storia Contemporanea “Alfredo Oriani”, opere di 33 artisti (numero chiave della Divina Commedia, le cui cantiche sono composte di 33 canti più uno di Proemio), tra cui diversi fumettisti e illustratori che hanno utilizzato svariate tecniche, dalla grafica al fumetto, dal mosaico all’uso del Technogel, fino alla Tape Art.
Anche l’editoria nel 2016 non è stata avara di titoli danteschi, in primis Dante Vivo di Giovanni Papini ripubblicato a distanza di settant’anni dall’ultima edizione (1943), un'opera unica nel suo genere nella quale lo scrittore e intellettuale fiorentino ritrae un nuovo profilo di Dante, spogliandolo dai paludamenti dell'accademia e della retorica, calandolo dalle secolari pose statuarie, per rivelarlo nella sua più autentica muscolare, nervosa e contraddittoria realtà di uomo e di poeta.
Non meno innovativo, benché per altre ragioni, è stato anche l'approccio botticelliano al Dante della Commedia. I disegni dell'artista fiorentino, allievo di Filippo Lippi e del Verrocchio, rappresentano, per quanto non esplicitamente, una sorta di superamento della tradizione, sulla falsariga di quanto già compiuto dal ferrarese Guglielmo Giraldi verso la metà del Quattrocento. Le illustrazioni di Botticelli divennero una sorta di vulgata figurativa del poema dantesco, facendo da modello alle xilografie delle prime stampe illustrate, come quella fiorentina del 1481, la bresciana del 1487, e le due veneziane del 1491.
Per alcuni studiosi la modernità di Botticelli nella tecnica complessiva della raffigurazione sembra anticipare addirittura il fumetto. Nel film di Ralph Loop diverse inquadrature su alcune tavole dell'Inferno mettono in luce la precisione e il realismo del disegno. Le immagini botticelliane della Commedia che più s'imprimono nella memoria sono, infatti, quelle della prima cantica: un esempio è la rappresentazione della prima e
seconda bolgia. La matita di Botticelli segue dettagliatamente l'arrivo di Dante e Virgilio dal momento in cui si allontanano da Gerione, la mostruosa e triforme fiera che li ha condotti sulla sua groppa dal cerchio VII al cerchio VIII, in una famosa discesa aerea, fino all'incontro con il ruffiano Venedico Caccianemico che "celar credette/ bassando il viso, ma poco li valse" (Inf. XVIII, vv. 46-47) e ai successivi movimenti sugli scogli del ponte che unisce le due bolge, per osservare, dopo Giasone, gli altri adulatori della seconda bolgia, "attuffati" nello sterco, mentre i due poeti parlano con Alessio Interminelli. In questa tavola (canto XVIII, ruffiani e seduttori, lusingatori e adulatori), si vedono Virgilio e Dante scendere lungo i ponti rocciosi che sovrastano le bolge: lo sguardo del pittore coglie dinamicamente le diverse reazioni di fronte alle pene dei dannati; Dante indossa un mantello rosso su un vestito verde, e Virgilio, a differenza dei canti X e XV, ma come nel cratere infernale, ha un mantello violetto su vestito blu. Questa è una delle più belle tavole del commento, e una delle poche a colori.
La maggior parte delle pergamene è costituita,
infatti, da disegni. Nel complesso siamo di fronte a un'opera
incompiuta: per esempio, nella stessa tavola succitata, che ritrae i
due poeti all'inizio di Male Bolge, la figura di Gerione, la creatura
triforme – volto d'uomo benigno, corpo di drago e coda di
scorpione – che ha trasportato Dante e Virgilio dal VII
all'VIII cerchio, appare in alto a sinistra, nell'atto di dileguarsi
"come da corda cocca" (Inf. XVII, 136), senza colore, come se il
pittore non avesse avuto tempo o modo di completarla; è un
piccolo mistero anche questo: i disegni di Botticelli erano forse
abbozzi preparatori a un'opera più grande e ambiziosa, come
l'affresco di una cattedrale o di un battistero? Forse: è
l'ipotesi avanzata da Alessandro Parronchi, secondo il quale i disegni
botticelliani dovevano servire come modello per l'interno della tribuna
di Santa Maria del Fiore, il Duomo costruito dal Brunelleschi, un altro
ammiratore di Dante (cfr. Risset in Dante, 2011).
Ma vale pure l'ipotesi che i disegni di Botticelli servissero da
modello per un commento illustrato di un prezioso codice della Commedia
sulla falsariga dei non pochi commissionati dai principi italiani e
decorati da bellissime miniature: sarebbe una tesi plausibile, se non
ci fosse un particolare tecnico, e cioè che i disegni di
Botticelli riflettono un modo di concepire l'immagine e la
rappresentazione, e soprattutto la loro funzione in rapporto al testo,
molto più vicina ai pittori moderni che ai miniatori
dell'epoca. Basta confrontare un famoso codice coevo a Botticelli,
l’Urbinate latino 365 della Biblioteca Vaticana, illustrato
per Federico di Montefeltro con le miniature del ferrarese Guglielmo
Giraldi e della sua bottega nel 1478. Questo raffronto tra i disegni
botticelliani e le illustrazioni giraldiane per l’Urbinate
viene proposto anche nel film di Ralph Loop, per evidenziare la
differenza funzionale tra la miniatura, che è al servizio
del testo, come se fosse una didascalia, e i disegni di Botticelli che
non obbediscono soltanto a esigenze descrittive e di mera
visualizzazione, ma vogliono anche rappresentare
l'immaginario dantesco in modo personale ed espressivo, con soluzioni a
volte espressionistiche, se si pensa alla raffigurazione di
Lucifero.
Botticelli ha realizzato con il suo commento figurativo alla Commedia di Dante quello che solo circa quattrocento anni dopo faranno William Blake e Gustave Dorè. L'opera dantesca del Botticelli segna uno spartiacque fra la tradizione degli incisori e dei miniatori del XIV e XV secolo e gli sviluppi pittorici di Luca Signorelli e Michelangelo che aprono la strada all'interpretazione cinquecentesca del Poema.
La rappresentazione simultanea e dinamica della voragine infernale con tutta la sua articolata divisione in cerchi e gironi digradanti fino al centro della Terra, dove Virgilio e Dante incontreranno il gigantesco e terrificante Lucifero, non è solo la più celebre delle circa 92 carte disegnate rimaste, ma anche il primo tentativo di trasmettere in modo preciso e ricco di dettagli sia la struttura complessiva sia le principali figure e situazioni descritte nell’Inferno.
Botticelli si appassionò alla Commedia di Dante anche in seguito a una profonda crisi esistenziale e mistico-spirituale. Verso il 1490 si può collocare l’inizio della curva discendente nella vita del pittore allora fra i più stimati a Firenze: subentrarono poi fattori scatenanti come le alterne vicissitudini della potenza medicea, l’avvicinamento di Botticelli alle posizioni estremistiche del Savonarola (che non era proprio amico dei Medici), e persino un’accusa di sodomia. Tuttavia, la passione botticelliana per Dante non si può ricondurre solo a vicende o fattori esterni e contingenti.
Al commento figurativo della Divina Commedia Botticelli si dedicò per moltissimi anni, dal 1481 al 1495-97, anche se la datazione precisa è materia ancora in discussione, soprattutto sul termine alto: in genere si fissa al 1497 perché il committente di Botticelli, Piero di Lorenzo de’ Medici, il cugino di Lorenzo il Magnifico, dovette fuggire da Firenze per ragioni politiche con il fratello Giovanni (il futuro Papa Leone X) per opera del quale, un anno più tardi, secondo la cronaca di Simone Filipepi, il frate ferrarese Gerolamo Savonarola fu catturato. Pare, quindi, improbabile che Botticelli, simpatizzante del Savonarola, lavorasse ancora per i Medici dopo quella data. Ma secondo uno studioso americano, Toby Huen, le architetture del disegno per il canto X del Purgatorio, relative ai versi 67-69, attesterebbero la conoscenza botticelliana di palazzi romani della prima decade del Cinquecento, fra i quali la loggia del Belvedere del Bramante.
Una cosa è certa: Botticelli attese lungamente e
faticosamente a questo lavoro, come testimonia Giorgio Vasari che si
sofferma sui disegni per la Commedia dopo aver
parlato degli affreschi per la Cappella Sistina. Ritornato da Roma,
Botticelli avrebbe cominciato a lavorare sull'Inferno commentandone una
parte e pubblicandola; un'attività, quella sulla Commedia
dantesca, che, secondo il Vasari, avrebbe richiesto molto tempo a
Botticelli causando "infiniti disordini alla sua vita". È
una tesi non accettata da tutti gli studiosi: secondo Lamberto Donati,
Vasari allude a una rappresentazione figurativa dell'Inferno che non ci
è giunta e della quale la veduta d'insieme conservata nella
Biblioteca Vaticana (la "Mappa dell'Inferno") non è di mano
botticelliana.
Il film di Loop accenna soltanto alla biografia vasariana, senza
però sollevare dubbi sull'autenticità della Mappa
infernale. Le riprese del film sono state realizzate durante l'estate
2016 a Firenze, in Vaticano, a Londra (e in particolare alla Courtlauld
Art Gallery, dove si è tenuta, dal 18 febbraio al 15 maggio
2016, una mostra di trenta disegni botticelliani della Divina
Commedia), a Berlino e in Scozia.
Che cosa c’entrano la Scozia e Berlino con le tavole dantesche di Botticelli? C’entrano eccome, perché il 10° Duca di Hamilton, ricchissimo collezionista di opere d'arte e libri preziosi, dovette, causa bancarotta, privarsi di quasi tutto il suo favoloso patrimonio artistico-culturale, compreso il capolavoro dantesco del Botticelli che il Duca aveva probabilmente rilevato in Francia o direttamente per intercessione del libraio parigino, di origine fiorentina, Giovanni Claudio Molini; così, il tedesco Friedrich Lippmann, per conto del Gabinetto delle Stampe di Berlino, allettato da quella straordinaria vendita all’asta, convinse un pool di finanziatori, e con un’offerta di 80.000 sterline dell’epoca (stiamo parlando del 1882) pari a 10 milioni di euro di oggi, propiziò il passaggio in terra tedesca di quel capolavoro botticelliano. Dei 92 disegni giunti fino a noi, su 102, la maggior parte (85) sono dunque conservati al Kupferstichinstitut di Berlino, e il resto (sette) nella Biblioteca Apostolica Vaticana presso la quale si trova la Mappa o sintesi topografica, dell’Inferno, da alcuni studiosi (il Donati, in particolare) ritenuta una fedele riproduzione dell'originale botticelliano.
Fra le pergamene perdute vi sono quelle relative ai canti II-VII-XI-XIV dell'Inferno, mentre quelle dei canti XXXI e XXXIII del Paradiso non furono mai realizzate.
Una ventina di disegni ispirati all'opera del Botticelli corredano una delle prime edizioni a stampa della Commedia, quella del 1481, per i tipi di Niccolò della Magna commentata da Cristoforo Landino. Le incisioni di Baccio Baldini, molto affini ai disegni botticelliani, indicano "una doppia serie di opere botticelliane per la Commedia, la prima iniziata prima del 1481 e realizzata dal Baldini, e la seconda dopo il ritorno a Firenze [di Botticelli], e di questa farebbero parte i fogli che sono ora a Berlino o alla Vaticana" (Bonicati, 2005). Ricordiamo che Cristoforo Landino, membro fra l'altro di quell'Accademia fiorentina fondata da Marsilio Ficino, che ebbe fra i suoi rappresentanti anche Pico della Mirandola, è uno dei più autorevoli esegeti della Commedia, sensibile al neoplatonismo che permeava il pensiero rinascimentale fiorentino (caposcuola ne fu Marsilio Ficino) alla cui influenza Botticelli non dovette restare indifferente. I neoplatonici, come Ficino, vedevano nella tripartizione del viaggio ultraterreno di Dante la proiezione o trasfigurazione narrativa del simbolico percorso ascetico dell'anima che si libera gradualmente dal carcere della materia e del corpo per ritornare a Dio attraverso i cieli del Paradiso. L'amore è, per i neoplatonici fiorentini, il veicolo di questo viaggio ascensionale e spiritualmente catartico, l’eros sublimato che Botticelli forse idealizza nella sua Venere.
È in tale temperie filosofico-spirituale che matura nella mente di Botticelli l'idea di illustrare la Commedia dantesca? Qual è il suo segreto? E in che modo rivela il lato oscuro e meno noto del pittore fiorentino?
Domande che il regista si pone, ma alle quali non dà, o non può dare, risposte definitive.
Guardando le opere più note di Botticelli, come l'Allegoria della Primavera o la Nascita di Venere, si può notare l'attrazione esercitata sul pittore fiorentino dalla bellezza sia terrena sia spirituale, due livelli inseparabili: sensualità e mito sono tutt'uno, la realtà non viene disciolta astrattamente nella dimensione mitica, che anzi nobilita in chiave estetica e simbolica la natura e l'uomo. In questo senso, la Divina Commedia fornisce all'artista un materiale completo, un amplissimo spazio nel quale la fantasia può correre dalla dimensione della più gretta materia alle più elevate sfere celesti.
Ma nel film di Ralph Loop si mettono anche in luce, giustamente, le graduali difficoltà tecniche incontrate dall'artista a mano a mano che la rappresentazione si allontana dal reale per ascendere ai gradi della beatitudine spirituale, in un processo figurativo che, conscio della crescente astrazione del tema, si rarefa sempre più anche nei dettagli. Con la terza cantica, il Paradiso, il disegno diventa più etereo e astratto, per concentrarsi quasi esclusivamente, a scapito di altri personaggi ed episodi specifici dei canti, solo su Dante e Beatrice, la coppia intorno alla quale tutto il giro delle alte sfere, delle stelle e dei santi sembra ruotare in un leggerissimo, eterno e felice tripudio. E forse Botticelli mentre disegnava Beatrice pensava alla sua Simonetta Vespucci, la donna protagonista di uno dei suoi più celebri ritratti femminili.
LETTURE
— Dante Alighieri, La Divina Commedia, illustrazioni di Sandro Botticelli (prefazione di Jacqueline Risset e presentazione e commenti
— ai disegni di Botticelli di Peter Dreyer), Le Lettere, Firenze, 2011.
— Maurizio Bonicati, Sandro Botticelli, in Enciclopedia Dantesca, Biblioteca Treccani, Milano, 2005.
— Lamberto Donati, Il Botticelli e le prime illustrazioni della Divina Commedia, Leo S. Olschki, Firenze, 1962.
— Giovanni Papini, Dante vivo, La scuola di Pitagora, Napoli 2016.
— (a cura di) Giovanni Morello e Annamaria Petrioli Tofani, Sandro Botticelli pittore della Divina Commedia, Skira, Milano, 2000.