BUSSOLE | QDAT 61 | 2016
VISIONI / L’UOMO DAI 7 CAPESTRI
di John Huston / Golem Video, 2016
La legge all'Ovest del Rio Pecos
di Andrea Sanseverino
“Hic sunt leones” c’era scritto, secondo una certa tradizione, nelle carte geografiche del mondo antico per rafforzare l’idea che oltre i confini raggiunti da un dato popolo civile non vi fossero quelle regole che avevano determinato la grandezza e la solidità di quello stesso popolo, ma solo la barbarie rappresentata dalla ferocia inumana di grossi felini. Al di là del Rio Pecos i leoni sono per lo più ladri di bestiame, spesso omicidi, con la loro cerchia di prostitute, ruffiani e avventurieri d’ogni sorta che bivaccano fino all’arrivo di Roy Bean, come racconta L’uomo dai 7 capestri di John Huston del 1972, sceneggiato da John Milius e interpretato da Paul Newman. Ispirato al kentuckiano Roy Bean che si autoproclamò giudice in Texas, nel lavoro di Huston è presentato come ex fuorilegge, conoscitore profondo della legge per averla, a suo dire, a lungo aggirata. Giunto da bandito in un villaggio della Contea di Vinegarroon (“I messicani chiamano così uno scorpione dal morso mortale”), la redenzione del protagonista arriva a seguito di una quasi mortale aggressione nei suoi riguardi, perpetrata dai leoni del posto, uccisi poi, più per vendetta che per giustizia, da un miracolato Bean. Divenuto, da quel momento in poi, ossequioso quanto pittoresco paladino del Codice delle leggi del Texas del 1885, che faceva rispettare soprattutto attraverso l’uso della pistola e della forca, Bean adattava a propria corte di giustizia il saloon dai lui battezzato The Jersey Lilly, in onore dell’attrice inglese Lilly (o Lillie) Langtry, mentre le dimensioni del cimitero nelle vicinanze aumentavano in proporzione ai beni confiscati ai suoi giudicati, solitamente giustiziati.
Il film di Huston s’inserisce in quel filone di opere western in cui un individuo, solitamente uno straniero, giunge a spezzare antiche leggi per stabilire un ordine nuovo, incompatibile con il passato: come non pensare a L’uomo che uccise Liberty Valance del maestro John Ford, l’opera che “aprirà la porta ai cosiddetti western-crepuscolari che, specialmente attraverso la figura di Sam Peckinpah, scandiranno la cronaca della decadenza dei pistoleri outsiders” (Pérez, Balló, 1999): l’avvocato Ransen Stoddard (James Stewart) tenta di spodestare la tirannia del malvagio di turno (Lee Marvin) per sostituirvi il rispetto della legge, sebbene sia costretto a porre fine all’arroganza del cattivo attraverso un duello. La volontà di vincere certe leggi di natura, quelle della grande criminalità di casa nostra, attraverso i nostri codici ci ricorda anche bel film di casa nostra, In nome della legge di Pietro Germi, tratto da Piccola Pretura, scritto dal magistrato Giuseppe Guido Lo Schiavo: “La mafia è finita e da queste parti comanda la delinquenza […] D’ora in avanti mi rivolgerò all’autorità pubblica, almeno non mi costerà niente”, lamenta un losco barone (il regista Camillo Mastrocinque, qui attore), prima dell’arrivo, in un paese dell’entroterra della Sicilia del secondo dopoguerra, del giovane pretore Guido Schiavi (Massimo Girotti), intento a sovvertire un ordine immutato da secoli attraverso una narrazione, quella di Germi, che cede non poco al fascino dei western, basti ricordare la sequenza dei mafiosi che cavalcano sul crine del monte come esperti cowboy.
Tornando a L’uomo dai 7 capestri, che annovera nel cast Ava Gardner nel ruolo di Lillie Langtry, come dire un mito che ne interpreta un altro, ci sono anche Anthony Perkins nei panni del reverendo La Sallej e lo stesso Huston in quelli di Grizzly (Orso nella versione italiana) Adams, che abbandonerà alle cure del giudice un orso, figura non insolita nella scrittura di John Milius. Quest’ultimo fu, infatti, sceneggiatore, insieme a Edward Anhalt, di un'altra pellicola del 1972, Corvo rosso non avrai il mio scalpo di Sydney Pollack, che racconta le gesta del trapper Jeremiah Johnson: “la montagna ha le sue leggi […] Tutto quello che hai imparato giù in pianura qui non serve a niente”, confida a Johnson (Robert Redford) il vecchio Artiglio d'orso Chris Lapp (Will Geer) scaltro cacciatore di grizzly, quasi suggerendo un legame fra i due film, che esaltano l’ostilità dei luoghi in cui agiscono i protagonisti. Del resto, sempre Milius, qualche anno dopo, trarrà dall’opera più nota di Joseph Conrad la sceneggiatura di un altro film che parla di uomini segnati dall’obiettivo, raggiunto con la forza delle armi, di mettere (il loro) ordine in un mondo caotico, Apocalypse Now.
Le stesse atmosfere suggerite da Bufalo Bill cantata da Francesco De Gregori nella celebrazione della fine, anch’essa mitizzata, di un’epopea, sembrano rievocate dalla visione de L’uomo dai 7 capestri. Chi, a riguardo, diede un interessante ma, allo stesso tempo, severo giudizio sul film di Huston fu Morando Morandini, che in saggio sul regista, scrisse: “Sotto il segno del ruggente individualismo dei pionieri, nella sua contrapposizione tra l’America romantica della frontiera e l’America maledetta, dominata dal dio dollaro e da una ben ordinata ingiustizia, la parabola anticapitalistica di L’uomo dai 7 capestri è trasparente ma per quanto simpatica e suggestiva possa riuscire, non può nascondere il suo moralismo di fondo che non coglie i nessi profondi tra le due Americhe, e la logica ferrea del loro sviluppo. Con La ballata di Cable Hogue (1970) Sam Peckinpah ha compiuto un’operazione critica assai più lucida e dissacratrice” (Morandini, 1995). Anche nel film di Peckinpah, che anticipa di un paio d’anni quello di Huston, Joshua (David Warner), l’ambiguo predicatore compare di Cable Hogue (Jason Robards), vede nell’impresa del protagonista (erigere una stazione per carrozze per rifornire d’acqua uomini e bestie grazie a una fonte trovata nel deserto dell’Arizona) una spinta che conduce al progresso, così come il giudice Bean sogna l’arrivo di fattorie, fabbriche, mattatoi, treni e strade percorribili in mezzo alla terra terribilmente arida che, paradossalmente, egli stesso paragona a una giungla. E per Hogue, “interprete di un perdente dissenso nei confronti dell’ordine mercantile che si sta istaurando nel paese” (Caprara, 1995) e per Bean il nuovo giungerà a soppiantare il vecchio, segnando il loro destino in maniera inesorabile.
Va ricordato che John Huston e John Milius non furono gli unici a essere attratti dal personaggio di Roy Bean: la vita del giudice fu lo spunto di molte altre opere, compreso L’uomo del west, una pellicola di William Wiler con la fotografia di Gregg Toland, che ha come sfondo la questione delle recinzioni che scatena la dura lotta tra allevatori da un lato e coltivatori di terre assegnate loro dal governo dall’altro: qui Bean (Walter Brennan, che si aggiudicò l’Oscar per la miglior interpretazione maschile), sempre ammiratore della bella Langtry, gioca il ruolo dell’antagonista sfidando Cole Harden (Gary Cooper) che, inizialmente confuso con un ladro di cavalli, evita l’impiccagione per una ingiusta accusa fingendosi una conoscenza della venerata attrice. Il cinema, la televisione, la letteratura, inclusi i fumetti, ebbero nel corso del tempo la capacità di trasfigurare il vero Bean, ma, come ci ricorda la visione de L’uomo che uccise Liberty Valance, “siamo nel West, dove se la leggenda incontra la realtà, vince la leggenda”.
ASCOLTI
— Francesco De Gregori, Bufalo Bill, Sony Music, 2014.
LETTURE
— Jordi Balló, Xavier Pérez, I miti del cinema. Semi immortali, Ipermedium, Napoli, 1999.
— Valerio Caprara, Sam Peckinpah, Il Castoro, Milano, 1995.
— Joseph Conrad, Cuore di tenebra, Feltrinelli, Milano, 2013.
— Giuseppe Guido Lo Schiavo, Piccola pretura, Colombo in Roma Via Campo Marzio, Roma, 1949.
— Morando Morandini, John Huston, Il Castoro, Milano, 1995.
VISIONI
— Francis Ford Coppola, Apocalypse Now, Universal Pictures, 2013 (home video).
— John Ford, L’uomo che uccise Liberty Valance, Universal Pictures, 2011 (home video).
— Pietro Germi, Il nome della legge, CG Entertainment, 2008 (home video).
— Sam Peckinpah, La ballata di Cable Hogue, Warner Home Video, 2006 (home video).
— Sydney Pollack, Corvo rosso non avrai il mio scalpo, Warner Bros, 1972.
— William Wiler, L’uomo del West, Record Service, 2010 (home video).