ASCOLTI / MOON GAS


di Dick Hyman & Mary Mayo / Captain High records, 2015


 

Spazio, ultima frontiera... laddove...


di Gennaro Fucile

 

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Dick Hyman è un signore quasi novantenne che da settant’anni scrive ed esegue musica. Nella sua lunga carriera si contano un centinaio di dischi, solo per restare a quelli firmati come padrone di casa. È un pianista a suo agio con qualsiasi strumento a tastiera. Tuttora se ne va in giro per gli States a dare concerti concedendosi di dare libero sfogo alla sua passione originaria, il jazz, quello delle origini, il ragtime, lo stride, il boogie-woogie, i capitoli della sua formazione musicale (è stato allievo di un pianista con i fiocchi come Teddy Wilson), le pagine di Scott Joplin, Jelly Roll Morton e Fats Walter, per arrivare poi a Duke Ellington e finanche al bebop, perché Hyman, che ha anche registrato con un altro gigante del jazz, Lester Young, era con Charlie Parker e Dizzy Gillespie agli inizi degli anni Cinquanta. Lo si scorge appena in un filmato del 1952 alle prese con The House, riuscendo anche a occupare la scena con una parte solistica, dopo “Bird” e “Dizzy”, ma l’inquadratura si restringe e sono soltanto le mani a essere inquadrate (https://www.youtube.com/watch?v=EKiyq1VoAZs).

Hyman è un compositore di musiche che molti conoscono, che hanno ascoltato ignorandone la paternità, quelle di tanti film di Woody Allen, che si affiancano ai brani presi a prestito dal regista per le colonne sonore di diverse sue pellicole, tra cui Zelig (1983), La rosa purpurea del Cairo (1985) e Radio Days (1987), ma ha lavorato anche per altri registi per film di successo, Norman Jewison, ad esempio, in Stregata dalla luna (1987). La luna… in realtà Hyman c’era già stato parecchi anni prima sul satellite terrestre. L’anno era il 1963 e Hyman aveva alle spalle un hit clamoroso che aveva piazzato in classifica nel 1956: una versione per clavicembalo e sezione ritmica della celeberrima Moritat da L’opera da tre soldi di Bertold Brecht e Kurt Weil.

La scossa tellurica con epicentro a Liverpool non aveva ancora del tutto cancellato la precedente civiltà musicale, mentre Gene Roddenberry iniziava appena a concepire l’interminabile serie di viaggio nello spazio dell’astronave Enterprise, quando Hyman concepì l’album Moon Gas coinvolgendo nell’avventura la cantante Mary Mayo, con la quale aveva già avuto a che fare, proponendole qualcosa di radicalmente diverso dalle sue, anzi, loro esperienze precedenti. Scrisse nelle note di copertina Leonard Feather, presentando il disco come uno sguardo sui possibili suoni del XXII secolo (!): “Il disco contrasta fortemente con quanto Mary Mayo ha sempre conosciuto fin dalla nascita, avvenuta in una casa in stile coloniale di Stateville, N.C., da due cantanti d’opera. La sua vita musicale si è sviluppata in tutt’altro ambito. La sua specialità sono le canzoni irlandesi, un’eredità familiare, e il suo primo successo è stato un disco di Molly Malone. Tuttavia questo cambiamento radicale ha una sua logica. Mary, che ha studiato canto, pianoforte e teoria musicale alla Juilliard, ha un’esperienza variata di musica popolare, avendo lavorato in orchestre da ballo (Tex Beneke), teatri, club, televisione (Frank Sinatra, Perry Como, Jackie Gleason, Jack Paar e il defunto Ernie Kovacs) e avendo registrato con Ray Conniff, Kirby Stone e innumerevoli altri”.

Mary Mayo se ne è andata nel 1985. Era la moglie dell’arrangiatore e direttore d’orchestra Al Ham e con lui nel 1971 mise a segno un colpo memorabile registrando per Coca-Cola (su richiesta dell’agenzia McCann Erickson) il tormentone I'd Like to Give the World a Coke che grazie al clamoroso successo dello spot si tradusse anche in un singolo ribattezzato I'd Like To Teach The World To Sing In Perfect Harmony (https://www.youtube.com/watch?v=ASe7ioPis6I) con la formazione degli Hillside Singers. Il brano è da allora l’inno della bevanda che vanta Babbo Natale tra i testimonial. La proposta che gli fece Hyman le piacque immediatamente, come ricorda lei stessa, sempre nelle note dell’album: “L’idea mi è subito piaciuta: la ragazza spaziale, ovvero, canzoni d’amore fra duecento anni. Ed è stato un piacere speciale, dopo tante registrazioni in cui dovevo solo fare ooh e aah e cantare degli obbligati, poter finalmente pronunciare delle parole!”. Senso del futuro, oggi smarrito, che spiega la diffusa retromania nella quale siamo immersi per ricorrere all’indovinata definizione di Simon Reynolds. (cfr. "Quaderni d'Altri Tempi" n. 51). Un futuro perduto al quale occorre rifar breve visita prima di ripercorrere i solchi di Moon Gas.

La data fatale è ragionevolmente quella del 20 luglio 1969, quando l’incanto si ruppe e una tozza figura, più un bozzolo ruzzolante che un umano, iniziò a calpestare il suolo lunare. Quella goffa creatura era Neil Amstrong, aviatore e astronauta, ed è storia arcinota (cfr. "Quaderni d'Altri Tempi" n. 18). Meno risaputa, piuttosto confusa e ambigua è invece, la vicenda delle precedenti missioni spaziali, in particolare quelle con destinazione Luna, effettuate con l’immaginazione prima e durante i progetti allestiti in Usa per la conquista dello spazio. È risaputo dei tentativi letterari più o meno fantasiosi dei secoli precedenti, dall’Astolfo ariostesco al sogno kepleriano e alla cronaca di Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac da Parigi, per far cenno di alcuni. Arrivò la fantascienza e le spedizioni si fecero assai più frequenti e infine venne l’era atomica. All’ombra del fungo si concepirono incubi di ogni misura e taglia, si avvistarono visitatori rigorosamente non terrestri e a bizzeffe, ma al contempo crebbe un grande desiderio di benessere, che si consumava sorseggiando Martini, relax e avventura, meglio se davanti a uno stereo con della musica di contorno come un’oliva. Decenni più tardi quella stagione musicale venne ribattezzata acutamente Space Age Bachelor Pad Music, un po’ lungo ma capace di rendere appieno l’idea. Giovanottoni, scapoli, bianchi, classe media, residenti in monolocali: questo il target. Un mix di easy listening e piccole grandi sperimentazioni con gli strumenti elettronici che iniziavano a far capolino negli studi di registrazione: questa la musica. Un matrimonio perfetto. A ribattezzare così il fenomeno fu l’artista Byron Werner, che si occupava di effetti speciali a Hollywood, tra i primi a notare negli anni Ottanta la ricomparsa nei negozi dell’usato di vinili del passato (remoto? prossimo?, incertezze della post modernità). Il gioco era fatto, in due ondate successive, la musica spumeggiante che per un decennio e più sollazzò, intrattenne e solleticò il pubblico statunitense e per estensione quanti che di quella cultura ne iniziavano far parte. Il grande ritorno avvenne a metà degli anni Novanta, con la riscoperta dei capofila del genere a iniziare da Juan Garcia Esquivel, un ritorno sospinto dalle vendite cospicue di una antologia a lui dedicata, messa a punto da Irwin Chusid, intitolata a mo’ di manifesto Space-Age Bachelor Pad Music (1994).

Ecco che cosa scriveva nelle note di copertina di un trittico antologico dedicato al genere, Space-Age Pop Volumes 1-3 (1996), il curatore, ancora Chusid, uno dei grandi sacerdoti che ne hanno celebrato la rinascita: “Perché riscoprire un genere così datato come lo Space-Age-Pop? (Irwin qui opera un remix del conio originale, nda). Principalmente perché si tratta di un antidoto alla musica contemporanea. Siete pieni fino alle adenoidi delle pose da rockstar? Vi sentite assediati dal «boltonismo» ampolloso? La musica country è sempre la stessa vecchia roba? Le ritmiche potenti della dance e la sfrontatezza dell’hip hop vi danno il mal di testa? Siete stanchi delle ultime incarnazioni punk, degli imitatori di Bon Jovi e dei minchioni del brit-pop? Annoiati dei cantautori depressi e delle ballate pop? Benvenuti di nuovo nell’universo lussureggiante della Space-Age, accompagnati da melodie spumeggianti, da cocktail «on the rocks» e dal calore del partner. Trentacinque anni fa facevano così e questo anche il modo migliore per passare una serata di relax… fuori dal mondo” (Gazzarra, 1999).

La Space-Age Music (si noti il trattino, tendente a cadere in vari testi successivi, come accadde alla science fiction) è uno dei due grandi filoni fioriti all’epoca della guerra fredda, di cui la conquista dello spazio è un corollario. L’altro con cui spesso copula, o quantomeno si titilla è l’exotica, che anche di mondi lontani, ignoti e da scoprire racconta, perché il Pacifico e la Via Lattea sono fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni dell’uomo bianco occidentale. La musica che li anima è confezionata come un cocktail, ha dentro vari ingredienti, suoni proto elettronici, jazzy, afro-caraibici, polinesiani, con spruzzatine di polke, valzer e così via; il tutto “Shaken, not stirred” con mano creativa, come chiedeva l’agente segreto più famoso del mondo che aveva esordito sul grande schermo appena un anno prima dell’uscita di Moon Gas. È questa l’atmosfera che si respira nel disco, nel quale Hyman si propose cimentarsi con la musica elettronica (il senso del futuro), sganciandosi dalle logiche sperimentali della sperimentazione colta, che, come annotò nelle note: “Viene creata praticando indici o tagli sul nastro di registrazione, una tecnica della «musique concréte», nonché usando macchine che producono sonorità sintetiche, o ancora registrando suoni diversi e modificandoli poi con espedienti come variare la velocità del nastro, suonarlo a ritroso, aggiungervi dell’eco, eccetera. Il prodotto finale risulta da un gran lavoro di editing e splicing (cucitura, ndr) di piccole porzioni di nastro.

Qui l’approccio è un altro. Abbiamo deciso che potevamo ottenere gli stessi risultati suonando strumenti elettronici. Questa, dunque, è musica elettronica eseguita dal vivo, con l’aggiunta della voce di Mary e di una sezione ritmica jazzistica”.

Alla seduta di registrazione parteciparono Dick Hyman (organo Lowrey, AOC e pianoforte), Nick Tagg (organo Lowrey, organo Hammond, AOC e pianoforte), Vinnie Bell (“superchitarra elettrica”), Bob (Rosie) Rosengarden (bongo, tamburello, Onde Martenot, oscillatore, campanello elettrico e altri attrezzini), Osie Johnson alla batteria e Joe Benjamin al contrabbasso, tranne che in due brani dove è all’opera Milt Hinton. Salta all’occhio la strumentazione poco ortodossa, futuristica, space-age, appunto, sulla quale lo stesso Hyman dettaglia scrupolosamente: “L’organo Lowrey ha un effetto di riverbero incorporato e un pedale ‘glide’ con cui si può alterare l’altezza delle note. Poi c’è l’AOC, Accompaniment Orchestra Control, presente su un piccolo modello domestico di organo Lowrey, che consente di suonare un accordo completo abbassando un solo tasto; in questo modo è possibile suonare sequenze rapidissime di block-chords. Poi ci sono le Onde Martenot, che oltre alla tastiera hanno un nastro regolabile per generare suoni che ricordano quelli del Theremin, e l’Ondioline, strumento a tastiera con una grande varietà di timbri. Abbiamo usato anche un oscillatore a toni puri provvisto di un quadrante controllato da un pulsante da telegrafo. In aggiunta a tutto ciò, ho avuto l’aiuto di Vinnie Bell, che ha aggiunto alla sua chitarra dei complicati aggeggi che si è costruito e che controlla con quattro pedali, generando così una quantità di fruscii, cigolii, rombi e altri rumori indistinti”.

Voilà, ecco che a bordo di questa navetta spaziale il viaggio andò liscio. Il barman propose due terzi di standard e uno di originali, anche se tra gli otto brani non firmati da Hyman, era incluso uno che sarebbe diventato solo in seguito un classico, ma che allora semplicemente pagava pegno all’irresistibile richiamo della bossa, lanciato da un anno o giù di lì da Ipanema. Si tratta di Desafinado, che Mary Mayo canta in portoghese, firmato da Antonio Carlos Jobim come The Girl from Ipanema.

Anche nella porzione firmata Hyman, c’è un’eccezione o quasi: Space Reflex (https://www.youtube.com/watch?v=i2-uL6Z6sjk), scritto a quattro mani proprio con Feather e uscito anni prima con il titolo Bass Reflex. Annota Feather: “È il primo blues in 5/4 che sia mai stato composto e registrato, su un disco che Dick e io facemmo nel 1956 dal titolo Hi Fi Suite, MGM E3494. Io scrissi il tema […] Dick ha aggiunto il passaggio in minore, in cui esegue un obbligato con un suono di clarinetto basso sotto i vocalizzi di Mary. I rumori sono della chitarra di Vinnie; l’assolo blues, molto funky, è di Dick al Lowrey”.

Il disco va subito fuori dall’orbita terrestre, mostrando quanto Hyman già allora fosse capace di creare atmosfere, espressive colonne sonore della mente. Il brano eponimo, un blues futuristico, come lo definisce Feather, crea subito stupore, i vocalizzi di Mary Mayo sono la traduzione in musica del sense of wonder sempre inseguito dagli scrittori di fantascienza e la sua voce fa faville per l’intera durata dell’album (https://www.youtube.com/watch?v=gvg_NSPsyVk). Una vera delizia è sentirla in Stella by Starlight, che forse si sarebbe stata meglio intitolare Stella By Moongaslight suggerisce Feather e in effetti tutto suona come se la forza di gravità non fosse quella terrestre (https://www.youtube.com/watch?v=Pn3gI67QJF4). Certo questo è il satellite Luna e non il grande pianeta Saturno di Sun Ra, ma qualcosa di alieno vi aleggia leggiadro.

Tornati sulla Terra Hyman, Mayo e l’intero equipaggio non si ritrovarono più insieme. Hyman frequentò ancora per un po’ di anni le elettroniche al passo con i tempi, pubblicando nel fatidico 1969 Moog - The Electric Eclectics Of Dick Hyman e l’album di cover The Age Of Electronicus (sempre con il moog), poi avviò sistematicamente i lavori per il cinema e il rientro nei territori del jazz.

Moon Gas segna un passaggio da un’epoca a un’altra e basterebbe l’avviso che Feather manda al termine delle sue note scritte per farci orientare “in questo viaggio spaziale con Mary e Dick”, a rendercelo chiaro: “Mi raccomando: attenti ai dischi volanti!”.

 


 

ASCOLTI

  AA.VV. The History of Space Age Pop vol. 1, Melodies and Mischief, RCA/Bmg, 1995.
AA.VV. The History of Space Age Pop vol. 2, Mallets in Wonderland, RCA/Bmg, 1995.
AA.VV. The History of Space Age Pop vol. 3, The Stereo Action Dimension, RCA/Bmg, 1995.
AA.VV. Ultra-Lounge, Vol. 3: Space Capades, Capitol, 1996.
Esquivel, Space-Age Bachelor Pad Music, Bar/None Records, 1994.
Dick Hyman, Moog - The Electric Eclectics Of Dick Hyman, Varese Sarabande, 1997.
Dick Hyman, The Age Of Electronicus, Command, 1969.

 


 

LETTURE

  Francesco Gazzarra, Lounge Music, Castelvecchi, Roma, 1999.