di Vittorio Martone
The Knick è il medical
drama diretto da Steven Soderbergh e diffuso in agosto 2014
da Cinemax e HBO. Come M.A.S.H.,
Remedy o Dr House, anche The
Knick racconta le attività quotidiane di un
nosocomio e le pratiche cliniche applicate da medici dedicati anima e
corpo ai loro pazienti. Eppure, a differenza dei medical drama
citati, il fascino di The Knick risiede nel suo
essere anche un efficace period drama, capace di
ricostruire minuziosamente l’ambientazione, i costumi, le
tecnologie e lo stato delle conoscenze mediche nella New York di inizio
Novecento. Il merito va di certo a Howard Cummings e a Ellen Mirojnich,
che hanno curato perfettamente gli interni dell’ospedale e i
costumi dell’epoca.
“Knick”
è il nome contratto del Knickerboker, ospedale
newyorkese il cui reparto di chirurgia è guidato dal dottor
J. M. Christiansen. Il primo episodio si apre con un suo clamoroso
fallimento in sala operatoria, l’ennesimo, che cagiona la
morte di una puerpera e spinge Christiansen al suicidio.
L’episodio permette allo spettatore di comprendere, sin
dapprincipio, le atmosfere cupe e sanguinolente del mondo medico di
inizio secolo, in cui si palesa l’inefficacia della scienza
nei confronti di una Grande Mela sovrappopolata, insalubre, preda di
contagi ed epidemie. L’infrastruttura sanitaria è
agli albori; l’elettrificazione ha appena preso avvio, con
immancabili disagi; non esistono ancora gli antibiotici e non si
conosce la distinzione tra gruppi sanguigni. Gli ospedali americani
agiscono in avida competizione di mercato, vivono di finanziamenti
privati offerti da benefattori o corrisposti dai clienti bianchi della
borghesia newyorkese. Attorno alla medicina formale si dipanano
molteplici pratiche informali o illecite, come la vendita di cadaveri,
l’aborto clandestino, lo smercio di medicinali a uso ludico.
Dilaga la corruzione per l’accesso alle cure o per la
fruizione dei servizi di ambulanza a cavallo. La discriminazione
razziale e di genere è prassi ordinaria: gli ammalati di
colore sono lasciati al loro destino o curati in ospedali di
second’ordine; le donne restano relegate al margine, come
inservienti, domestiche, monache infami o tutt’al
più gestanti narcotizzate col corpo sistemato per
l’intervento di un medico maschio.
Il suicidio del
dott. Christiansen in apertura porta il suo vice, il dott. John
Thackery (il protagonista, interpretato da Clive Owen) a presiedere il
reparto di chirurgia dello Knick. Attraverso lo sguardo di Thackery,
nel corso degli episodi, si ha la possibilità di constatare
con piacere di dettaglio quanto fosse rudimentale la medicina
occidentale d’inizio secolo, traducendo la pratica
scientifica dei pionieri in camice bianco in sperimentazioni
alchimistiche talvolta scriteriate, frenetiche, sempre
dolorose.
Lo strazio del corpo è una
componente sostanziale in The Knick: i tessuti, le
interiora e il sangue copioso farciscono costantemente la scena. Il
rosso delle viscere, dei corpi sventrati, appare ancor più
vivo di fronte all’austerità dei toni freddi dei
neon dei laboratori. Non c’è censura, il corpo
umano si trasforma in oggetto dell’orrore di cui ci viene
mostrato ogni angolo, mentre una costante colonna sonora dal sapore
elettronico (curata da Cliff Martinez) che richiama un metronomo o un
elettrocardiogramma amplifica la tensione.
Ma è quando ci si immedesima nel corpo del dott.
Thackery che si può esperire un passaggio epocale della
medicina del Novecento: l’uso diffuso e compulsivo di
sostanze stupefacenti. Thackery assume voracemente cocaina e oppio,
incarnando alla perfezione l’evolversi
dell’esperienza narcotica borghese di inizio secolo, quando
medici e professionisti, farmacisti e imprenditori consumano
sollecitamente morfina o cocaina. Soffermiamoci qui sull’uso
di cocaina, che dalla seconda metà del XIX secolo diviene
oggetto di numerosi studi finalizzati a metterne a frutto le
qualità e, in particolare, riflettiamo sulla
rappresentazione della dipendenza e dell’assuefazione narrata
nella serie, che trova il culmine nell’ottavo
episodio.
La coca si diffonde nella sfera medicale
come derivato chimico, la cocaina, distillato di
residui secchi dell’estratto della pianta ideato dal chimico
tedesco Friedrich Gaedcke con il nome di Erythroxylin.
La prima vera commercializzazione della pianta di coca in Occidente
avviene a opera del noto farmacista Angelo Mariani, che predispone un
condensato in polvere della sostanza e lo distribuisce come bevanda,
misto al vino della Corsica. Sulla scorta del successo del Vin
Mariani, suggellato scientificamente dalla pubblicazione Coca
and its Therapeutic Applications (del 1890), anche negli
Stati Uniti si moltiplicano i tentativi di sfruttamento della pianta di
coca. La vicenda imprenditoriale più nota coinvolge un altro
farmacista, John Styth Pemberton, che nel 1886 brevetta la Coca
Cola mescolando noce kola, acqua gassata ed estratto di coca.
Seguono altre formule come i Metcalf’s Coca Wine,
la Coca-Bola, il Dr. Trucker’s
Specificy e altre soluzioni diffuse non solo come bevande di
svago, ma anche come rimedi per l’anemia,
l’indigestione, la tisi o come terapia per gli alcolisti.
Ma
è l’ordine medico ad aver maggiore accesso
all’alcaloide. È in questo ambito che viene usato
principalmente come anestetico in chirurgia, ma anche per uso privato via
inalazione o iniezione per goderne delle proprietà
ricreazionali, stimolanti e di piacere.
La diffusione della
sostanza in campo medico è legata a tre celebri nomi:
Theodoro Aschenbrandt, Karl Koller e Sigmund Freud. Nel 1883
Aschenbrandt, medico nell’esercito bavarese, sperimenta la
cocaina su alcuni soldati, registrando una straordinaria energia e
resistenza alle esercitazioni militari. Thackery utilizza la cocaina
come anestetico, come facevano i medici dell’epoca sulla
scorta delle sperimentazioni di Koller in anestesia locale per i
piccoli interventi chirurgici agli occhi. Dopo una dimostrazione
pubblica alla Società di Oftamotologia
di Heidelberg, nel 1884, l’applicazione anestetica della
cocaina si diffonde in vari campi, tra i quali l’urologia,
l’odontoiatria, la rinologia, la laringologia e la
ginecologia.
Nello stesso anno la pubblicazione di Über
Coca sancisce il successo della sostanza. Freud sperimenta
in prima persona gli effetti della cocaina celebrandone le
potenzialità nei suoi appunti. Egli riconosce nella cocaina
le funzioni antidepressive, anestetiche, di farmaco terapeutico della
tubercolosi, dei disturbi digestivi, dell’asma. Come nella
fase di massimo consumo del dott. Thackery, Freud assume cocaina anche
come strumento personale che amplifica la percezione, riduce la
stanchezza e il sonno, stimola la sessualità. Lo stralcio
seguente è assai indicativo:
“Nel corso di ripetuti esperimenti compiuti su di me e su di altri, ho studiato l’effetto causato dall’assunzione di cocaina da parte di un organismo sano. Manca completamente il senso di alterazione della coscienza che accompagna l’euforia generata dall’alcool. Si prova un aumento dell’autocontrollo. Ci si sente più energici e con più voglia di lavorare […]. Si ha l’impressione che l’effetto prodotto dalla cocaina, non sia tanto dovuto a un certo eccitamento diretto, quanto piuttosto al venir meno di alcuni fattori che hanno un’azione inibente sulla sensibilità generale” (Freud, in Malizia, Ponti, 1992).
Le potenzialità ricreative della cocaina vengono
rese note proprio da un chirurgo, William Stewart Halsted, uno dei casi
più emblematici e drammatici di cocainismo tra i medici del
tempo (Penfield, 1969). Pare che la figura di Thackery sia ispirata
proprio ad Halsted (Jurgensen, 2014). Ben presto i casi di dipendenza e
di effetti collaterali preoccuperanno la comunità
scientifica, così come era accaduto in precedenza con la
morfina. Dopo averne esaltato le doti, anche le pubblicazioni mediche
sottolineeranno i danni del cocainismo, che da farmaco indispensabile
diviene “il terzo flagello
dell’umanità”, dopo alcool e morfina.
L’affermazione è dell’esperto di
dipendenze da morfina Albrecht Erlenmeyer, che descrive i sintomi da
intossicazione cronica della cocaina (cfr. Karch, 2005).
La
cocainomania d’élite di inizio secolo è
stata ampiamente adoperata e descritta anche in letteratura; tra gli
esempi più noti Marcel Proust, Jean Cocteau, Maurice
Dekobra, Pierre Louis. Ma la testimonianza che rispecchia maggiormente
l’epopea del dott. Thackery resta il Diary of a
Drug Fiend di Aleister Crowley, del 1922, che permette di
riflettere sul tema della dipendenza e sul modo di rappresentarla in The
Knick. Nell’ottavo episodio della serie, il
terz’ultimo, una crisi militare nelle Filippine blocca
l’importazione di cocaina: tutta New York ne è
improvvisamente sprovvista. In un’atmosfera mistica il dott.
Thackery, sudato e rigido, presenta i primi sintomi di una astinenza
prolungata. Consapevole di non poter ottenere cocaina, Thackery viene
colto di notte e in stato confusionale, in una farmacia, a rubare
calmanti. È divenuto una giara sfondata,
richiamando un’immagine dell’antropologa Giulia
Sissa, insita nella fisicità del drogato, nel corpo del
tossico paragonato a quei recipienti che “non si possono
colmare perché sono, letteralmente, sfondati, sballati, in
sballo” (Sissa, 1999).
Thackery
è l’immagine di cocainomane in preda alla brama,
un appetito insaziabile che deriva da una “parte desiderante
della nostra anima che ha il fondo bucato” (ibidem).
L’insaziabilità si palesa nello stadio di massima
assuefazione, divenendo sinonimo di sregolatezza e devianza, di
immoralità insita nei piaceri o desideri appetitivi del
mangiare, bere, fare sesso, fare soldi, assumere droghe.
Anche
negli studi della Scuola di Chicago dei primi del Novecento la cocaina
è emblema di demoralizzazione che
colpisce i soggetti – immigrati – male integrati
nel nuovo sistema sociale americano, che per questo sviluppano
comportamenti marginali o devianti come il ricorso
alle droghe (cfr. Cooley, 1909). Ma a ben vedere l’immagine
di progressiva debilitazione del dott. Thackery segnala quanto la
cocaina dei primi del Novecento non possa essere considerata solo una
forma di svago border line, una droga legata agli scopi ricreativi,
ludici, voluttuari e trasgressivi. Il cocainismo del dott. Thackery
richiama anche una nuova domanda di senso, veicolata da un ceto di
nuovi ricchi della borghesia urbana e industriale, delle arti e della
scienza, che vive a suo modo una condizione di spaesamento, di
insicurezza identitaria, alienazione e anomia amplificata da una
trasformazione sociale (cfr. Caramiello, 2003). Una trasformazione
incalzante a cavallo del Novecento, specie per chi agisce lungo la
linea di frontiera della conoscenza scientifica, con effetti sulla
condizione esistenziale della comunità medica occidentale.
L’assunzione di cocaina per via endovenosa fornisce a
Thackery la forza della veglia e una lucidità alienata, doti
performative non al servizio della conoscenza scientifica ma
dell’affermazione individuale in una competizione incessante
e priva di scrupoli, narcisistica e ossessiva. Una competizione ben
rappresentata in The Knick: Thackery esegue le sue
operazioni al centro di una grande aula al cospetto di medici o
aspiranti tali, che osservano, prendono appunti e
all’occorrenza applaudono. Un escamotage che permette allo
spettatore stesso di far parte di quella platea accecata dai lumi della
fiducia prometeica nel dominio dell’uomo sulla patologia,
cogliendo la delicatezza di ogni piccolo avanzamento tecnologico in una
speciale esperienza in bilico tra intrattenimento e
voltastomaco. Di fronte alla platea dei dotti,
l’ultimo intervento chirurgico del dott. Thackery si
interrompe con una crisi d’astinenza, completando la parabola
dell’abuso che dall’esaltazione iniziale passa alle
paranoie, all’irrigidimento e al degrado morale e
fisico.
LETTURE
— Luigi Caramiello, La droga della modernità. Sociologia e storia di un fenomeno fra devianza e cultura, Utet, Torino, 2003.
— Charles H. Cooley, Social Organization: a Study of the Larger Mind, C. Scribner's sons, New York, Usa, 1909.
— Aleister Crowley, Diary of a Drug Fiend, Weiser Books, New York, Usa, 2010.
— Sigmund Freud, Über Coca, Moritz Perles, Vienna, Austria, 1884.
— John Jurgensen, The Knick Portrays Gilded-Age Gore in The Wall Street Journal, 24 luglio 2014
— Steven B. Karch, Brief History of Cocaine, CRC Press, FL, Usa, 2005.
— Enrico Malizia, Hilda Ponti, Coca e cocaina, Newton Compton, Roma, 1992.
— Angelo Mariani, Coca and its Therapeutic Applications, Project Gutenberg.org, 2015.
— Wilder Penfield, Halsted of Johns Hopkins, The Man and His Problem as Described in the Secret Records of William Osler,
— in Journal of the American Medical Associations, n. 12, 1969.
— Giulia Sissa, Il piacere e il male, Feltrinelli, Milano, 1999.