di Fiorenza Gamba
Che cosa c’è di più
tradizionale di una famiglia intesa come istituzione chiamata a dare
stabilità, ordine e sicurezza alla società? Una
famiglia che si accinge a festeggiare il Natale, la festa familiare e
tradizionale per eccellenza? Si tratta infatti di un incontro
– quello tra famiglia e Natale – fatto di certezze,
di conferme e di tradizioni a qualsiasi latitudine ciò
avvenga.
Sembrerebbe dunque che il compimento di questo rito
non presenti nessuna novità, nessuna sorpresa o, per restare
nell’ambito del linguaggio rituale, nessuna variazione (cfr.
Rappaport, 1999). Soprattutto, sembrerebbe che la celebrazione del
Natale sia destinata a confermare la rappresentazione del ruolo della
famiglia e dei ruoli dei suoi componenti : genitori, figli, nonni,
parenti, mogli, madri, padri e mariti.
Eppure,
talvolta anche delle rappresentazioni stereotipate di questo tipo, che
tendono ad essere confermate (seguendo più una condizione di
staticità che una dinamica del cambiamento) possono
cambiare, non fosse altro che per il breve tempo della durata di un
episodio di una serie televisiva… Ma si tratta
effettivamente soltanto di questo? Nel decimo episodio dal
significativo titolo Tradizioni e contraddizioni,
della prima stagione di Modern Family, una
fortunata serie trasmessa dal canale statunitense ABC a partire dal
2009 e ancora in produzione e presente nella programmazione italiana
dal 2010, tanto il Natale che la famiglia vengono frammentati,
scomposti e ricomposti in una Gestalt che non conserva quasi nulla
delle loro rispettive rappresentazioni tradizionali, tramite un
processo di contaminazione che dalla famiglia si estende alla
celebrazione natalizia.
È la struttura
stessa di Modern Family ad essere frammentaria,
perché questa famiglia moderna è il risultato
dell’incontro, talvolta anche dello scontro, di differenze.
Jay Pritchett, il padre sessantenne di Mitchell e Claire, si
è appena risposato con Gloria, una colombiana dalla bellezza
esplosiva di molti, molti anni più giovane di lui, e che ha
un figlio avuto dal primo matrimonio, Manny, un bambino paffuto e
placido. Claire Pritchett, figlia di Jay, è la moglie
perfezionista e casalinga di Phil, un agente immobiliare, e madre di
tre figli – Haley, Alex e Luke – molto diversi tra
loro.
Infine Mitchell Pritchett, figlio di Jay e
fratello di Claire, vive con il suo compagno Cameron con il quale ha
appena adottato una bambina vietnamita, Lily. Malgrado la famiglia
Pritchett sia anche una normal family come tante,
affetta dai problemi, dalle idiosincrasie e dalle meschinità
di tutte le famiglie – gelosie, preoccupazioni,
incomprensioni, rivalità – essa è
soprattutto una modern family dove convivono
culture e stili di vita diversi che quotidianamente si trovano a fare i
conti con i pregiudizi non solo – esterni – della
società, ma anche con quelli – interni –
dei suoi stessi componenti.
Per essere chiari, il
padre Jay mostra spesso insofferenza per l’universo
omosessuale a cui appartiene il figlio Mitchell, così come
Claire fatica a celare il risentimento nei confronti di
Gloria, la moglie del padre sua coetanea. Eppure, sugli stereotipi e
pregiudizi generali prevalgono sempre, talvolta anche a costo di
elaborazione complesse, l’affetto nutrito per un particolare
individuo, appartenente alla famiglia.
L’intreccio di normalità e differenza,
meglio di normalità nella differenza rende la serie al tempo
stesso leggera e profonda. Leggera nella fruizione, poiché Modern
Family è una comedy il cui
risultato immediato è quello di strappare un sorriso, di
distrarre. Eppure profonda, poiché si rivela potente nel suo
lavoro silenzioso, ma continuo, atto a destabilizzare proprio usando lo
strumento della leggerezza, luoghi comuni, pregiudizi, quando non vere
e proprie ideologie sulla normalità e sulla
naturalità della famiglia, perché in Modern
Family al di là di tutti i dubbi è
normale essere omosessuali ed avere dei figli, così come
è normale il meticciamento delle differenze tra cultura
ispanica e cultura americana, tra età diverse o tra stili di
vita diversi, come ad esempio quello di Cameron che preferisce
rinunciare al lavoro per stare con la figlia Lily, da quello di
Mitchell che invece è impegnato nella sua professione
d’avvocato.
L’intreccio
sviluppato in Modern Family offre allo spettatore le
facilità e difficoltà che le differenze portano
nella vita quotidiana. Un intreccio che è particolarmente
evidente nell’episodio dedicato al Natale, in cui non solo
due tradizioni diverse si scontrano e s’incontrano: da un
lato quella colombiana di Gloria e Manny fatta di scherzi e di fuochi
d’artificio, dall’altro quella americana,
appartenente a tutti gli altri componenti della famiglia, centrata
sulla profondità degli affetti e dei legami e
sull’albero di Natale. In maniera del tutto analoga la festa
natalizia è il pretesto per mostrare come si scontrano
l’atteggiamento ansioso e iperprotettivo di Cameron e
l’attenzione e il rispetto delle regole di Mitchell;
così come il ruolo di genitore severo di Claire contrapposto
all’approccio più amichevole adottato da Phil.
Secondo
lo schema classico delle serie, la struttura narrativa di un episodio
si riproduce in tutti gli episodi, che si concludono sempre con un happy
end. Nel caso di Modern Family a partire da un tema centrale,
nell’episodio scelto il Natale, derivano racconti secondari e
paralleli, ognuno per ogni nucleo della estesa famiglia Pritchett, i
quali vengono sviluppati attraverso i caratteri dei personaggi e le
loro interazioni in modo tale che alla fine della puntata essi trovano
una soluzione o una conclusione, per poi confluire tutti nella chiusura
del tema centrale. Così, il Natale ormai prossimo
è un’occasione per Jay di scoprire che le
tradizioni colombiane dei fuochi d’artificio e degli scherzi
da fare agli inocentes, gli ingenui, a cui la
moglie Gloria e il figlio Manny tengono molto, non hanno nulla in
comune con il rito dello scambio dei doni sotto l’albero, un
rito a cui tutti i componenti della famiglia sono chiamati a
partecipare, ed è una scoperta che non lo rende entusiasta.
Cameron e Mitchell, genitori alle prime armi la cui inesperienza
produce spesso un effetto comico, sono invece alle prese con il primo
Babbo Natale di Lily in un affollato centro commerciale, rifiutato dai
due genitori per la foto di rito in quanto privo di barba e quindi non
abbastanza tradizionale e non adatto alla loro bambina. Infine, Phil
trascinato da Claire decide di privare i propri figli
dell’albero di Natale fino a quando non confesseranno chi dei
tre ha danneggiato il divano del salotto. L’episodio si
conclude con l’immancabile happy end: Jay
integrerà le tradizioni natalizie colombiane in quelle
americane, convinto che si tratti di un supplemento di festa a cui
tutti possono partecipare; Cameron e Mitchell sentendosi in colpa,
inviteranno a cena Babbo Natale, licenziato dal centro commerciale
proprio a causa del loro rifiuto; Claire e Phil, toccati dal
comportamento dei figli che confessano tutti la colpa non commessa,
riporteranno il grande albero di Natale nel salotto, per potere
festeggiare insieme ai figli. E l’episodio si chiude,
complice il clima californiano, con tutti i personaggi in giardino ad
ammirare i fuochi d’artificio.
Se il successo di Modern Family
è indiscusso (nella settimana di programmazione del 24
maggio 2015 viene data al primo posto negli Stati Uniti,
benché in calo, con 7milioni e 200mila spettatori) quali
sono gli elementi mediali che lo determinano? Non il ritmo e la
struttura che rispondono a canoni ampiamente collaudati,
benché in questo caso ben realizzati. Gli elementi
innovativi, che probabilmente hanno decretato il successo della serie,
sono due: uno formale, se di innovazione si può parlare,
riguarda l’espediente narrativo di far raccontare e
commentare ai personaggi in maniera corale, come se fossero gli
intervistati di un documentario, la storia di ogni episodio;
l’altro riguarda il soggetto, e mai come in questo caso
è il soggetto a fare la fortuna di una serie, in altri
termini è la famiglia Pritchett, alternativa eppure
così vicina alle storie quotidiane del pubblico, che piace.
Infatti in Modern Family ciò che produce
la mimesis nel pubblico non è tanto la family,
quanto la sua condizione modern. Cadute ormai in
“disuso” le serie Tv sulla famiglia, soppiantate
nel gradimento del pubblico da altri generi, ad esempio dalle crime
stories come una versione rivista e serializzata del
più antico genere noir, non sarebbero
più in grado in forza del proprio oggetto di posizionarsi in
cima alla classifica degli ascolti e dei gradimenti se riproposte
semplicemente in forma di remake della formula
tradizionale. La forza innovativa di Modern Family
non risiede infatti in questo aspetto, la serie non è
l’evoluzione di altre serie di successo del passato come I
Robinson (1984-1992), Il mio amico Arnold
(1978-1986) o Willy, il principe di Bel Air
(1990-1996), per citarne solo alcune, dove la famiglia e le sue
tematiche sono in ogni caso lo sfondo su cui risaltano le vicende del
personaggio principale.
Ma Modern Family
non rappresenta una novità assoluta nemmeno per quanto
riguarda la trasformazione delle rappresentazioni
dell’omosessualità, già presenti in
serie antecedenti, si veda ad esempio Will & Grace
(1998-2006).
Se essa coglie
un’eredità dalle serie precedenti, in particolare
quelle prodotte negli anni Novanta, è senz’altro
quella della crisi della famiglia, della fragilità che essa
mostra in contrasto con il ruolo di struttura forte che è
sempre stata chiamata a svolgere. Tuttavia, a differenza delle
produzioni precedenti che hanno rappresentato “nuclei
familiari esplosi da tempo e non più
ricomponibili” (Brancato, 2011), Modern Family
rappresenta una costellazione di proposte familiari molteplici e
sostenibili attraverso le quali il concetto di famiglia si trasforma e
diventa non più uno spazio a cui è ascritta una
sacralità indiscussa, ma un luogo d’incontro a
geometrie variabili e dai confini identitari non predefiniti, siano
questi sessuali, etnici o culturali.
Questo
è per lo spettatore il vero punto di forza e di attrazione
della serie: una rappresentazione di famiglia smart,
agile, veloce, intelligente, ironica, complicata ma spontanea. Un
processo sicuramente facilitato anche dal setting socio-culturale
e geografico della serie, dal momento che i Pritchett, grazie ai meriti
del patriarca Jay, sono una ricca famiglia che vive a Los Angeles e
come si sa, il clima mite, l’agiatezza economica e non ultimo
il livello culturale, fanno miracoli nello stemperare tensioni,
superare incomprensioni, favorire integrazioni. Ma questa
semplificazione è l’unico neo della serie proprio
a volerne ricercare uno e non considerare che di serie si tratta e che
la fiction è tale e ha successo proprio perché
unisce in maniera indistinguibile elementi di narrazione riferita alla
ricostruzione reale, o verosimile, come era già chiaro ad
Aristotele nella sua Ars Poetica, ed elementi di
narrazione di esclusiva dimensione fittizia (cfr. Ricœur,
1991).
LETTURE
— Aristotele, Dell'arte poetica, Fondazione Valla/AME, Milano, 1990.
— Sergio Brancato, Le narazioni post-seriali. Il mondo nuovo della fiction, in Idem (a cura di), Post-serialità. Per una sociologia delle tv-series.
— Dinamiche di trasformazione della fiction televisiva, Liguori, Napoli, 2011.
— Roy A. Rappaport, Ritual and Religion in the Making of Humanity Cambridge University Press, Cambridge, 1999.
— Paul Ricœur, Temps et récit III, Éditions du seuil, Paris, 1991.
VISIONI
— Bill Cosby, I Robinson (Nbc, Tv Land, 1984-1992).
— David Kohan, Max Mutchnick, Will & Grace, Universal Pictures, 2011 (home video).
— Bernie Kukoff, Jeff Harris, Il mio amico Arnold (Nnc, Abc, 1978-1986).
— Christopher Lloyd, Steven Levitan, Modern Family, 20th Century Fox Home Entertainment, 2015 (home video).
— Benny Medina, Jeff Pollack, Willy, il principe di Bel Air (Nbc, 1990-1996).