di Mario Pireddu
Ha, ha, ha, ha, ha, I must neds laughe in my selfe,
The wise men of Gotum are risen againe.
Misogonus, 1560
Tutto inizia in Crime Alley. Più precisamente,
tutto inizia in Park Row, che prenderà in seguito il nome di
Crime Alley. “The Park Row Tragedy”,
così come emerge dai resoconti giornalistici, è
l’evento che segna la vita del giovane Bruce Wayne, e per
certi versi anche la vita della città in cui è
cresciuto. Il pilot di Gotham, nei primi minuti
della serie, ci mostra l’omicidio di Thomas e Martha Wayne
attraverso lo sguardo di una giovanissima Selina Kyle, la futura
Catwoman. Una delle scene più conosciute di tutta la storia
del fumetto, rievocata sul grande schermo da Tim Burton in Batman
(1989) e da Christopher Nolan in Batman Begins
(2005), diventa l’apertura del crime-drama
del 2014 ideato e prodotto da Bruno Heller e Danny Cannon per la Fox.
La scena termina con il dolore straziante del giovane Bruce, in
ginocchio accanto ai cadaveri dei genitori e solo al mondo.
Il
protagonista della serie non è però Bruce Wayne,
come ci viene fatto capire sin dai primi trailer, ma un giovane James
Gordon che muove i primi passi all’interno del Gotham City
Police Department. Un poliziotto onesto e idealista alle prese con un
sistema corrotto e marcio: un plot noto e ben poco originale, se non
fosse che il reale protagonista di Gotham non è uno dei
personaggi interpretati dagli attori, ma la città stessa. La
timeline di Gotham scorre raccontandoci il mondo di Batman prima
di Batman. Come aveva già fatto in Rome,
serie televisiva realizzata tra il 2005 e il 2007 per BBC, HBO e
RaiFiction, Bruno Heller utilizza qui le vicende dei personaggi per
raccontare l’anima di una città: in una intervista
a Entertainment Weekly del 2014, dichiara
testualmente: “Gotham in sé mi affascina molto
più dello stesso Batman. […] Si tratta in questo
caso di un mondo che più avanti diventerà il
mondo di Batman che conosciamo, ma che qui è ancora altro,
è ancora in fase embrionale”. Non si tratta di una
scelta eccentrica: leggendo i fumetti di Batman, infatti, si ha spesso
l’impressione che al centro di ogni racconto vi sia il cuore
oscuro della metropoli. Le ricerche fatte da Heller per la preparazione
di Gotham lo hanno portato a parlare, oltre che di analogie tra il
mondo lì rappresentato e le mitologie greca e romana, di persone
e violenza duri quanto la città. Un luogo, dunque,
in cui la posta in gioco è spesso l’alternativa
tra la vita e la morte. L’ispirazione, per Buno Heller e
Danny Cannon, viene dalla New York violenta degli anni Settanta e dei
primi anni Ottanta: sono gli anni in cui i due autori e produttori
inglesi si stabiliscono nella città americana.
“Ecco che tipo di Gotham è questa”,
afferma Heller, “intesamente visiva e tridimensionale; e,
ancora, stratificata, audace, sporca, sexy, pericolosa”.
Heller
e Cannon non sono i primi autori britannici ad aver contribuito nel
tempo a riplasmare l’universo creato dalla DC: The
Dark Knight Trilogy, opera di maggior successo commerciale
nella storia del brand Batman, è stata realizzata dal
londinese Cristopher Nolan; The Killing Joke, uno
dei graphic novel più apprezzati di sempre, è
stato scritto dal britannico Alan Moore. Gotham City, tra tutte le
città del fumetto supereroistico statunitense, è
sicuramente quella che mantiene con l’Inghilterra e con
l’Europa un legame del tutto particolare. Per Danny Cannon
lavorare alla serie Gotham ha significato la creazione di un tipo di
mondo “romantico, gotico, dickensiano” (
www.ign.com/articles/2014/07/03/gotham-creators-discuss-their-version-of-the-history-of-batman):
“Doveva quindi trattarsi [di un mondo] vero; il che vuol dire un clima vero, una vera esperienza viscerale del posto. Per questo abbiamo usato così tanto spesso vapore e pioggia… La cosa più importante era che tutto l’insieme doveva sembrare perfettamente realistico, senza dare segno di artificialità alcuna. Feci così una ripresa dall’elicottero, tenendo ben a mente i disegni. Aggirando un po’ le regole, riuscii, a New York, a realizzare tutte le riprese di cui avevo bisogno. Tutto quello che restava da fare, ora, era togliere qualche pezzo di palazzo qui e lì ed aggiungervene altri; e lo facemmo «rubando» elementi da fotografie reali, da fonti documentarie reali: cattedrali, edifici gotici, Londra, Parigi, Barcellona – è tutto lì dentro. Il che vuole dire che Gotham è in effetti un pout-pourri di tante grandi città” (ibidem).
Come
la città che lo ospita, lo stesso Batman può
essere considerato una fusione riuscita di diversi archetipi:
l’eroe mascherato, il detective, il vampiro. Più
nel dettaglio: l’eroe mascherato è Zorro, il
detective è Sherlock Holmes, il vampiro è Dracula.
In
diverse versioni della nascita di Batman, The Mark of Zorro (Il
segno di Zorro, 1920) – il film che porta al cinema
il personaggio apparso per la prima volta nelle pagine di The
Curse of Capistrano, racconto scritto da Johnston McCulley
nel 1919 – è il film che la famiglia Wayne vede al
cinema poco prima della tragedia in Crime Alley. Le analogie con il
Cavaliere Oscuro sono evidenti: la mascherina viene sostituita da
cappuccio e mantello (rimarrà invece per Robin), ma resta la
figura del nobile dall’identità segreta, vestito
di scuro, astuto e preciso nel combattimento, che nasconde il suo
cavallo nero in un antro inaccessibile, combatte le ingiustizie con il
nome di un animale (zorro in spagnolo è
“volpe”) e lascia il proprio marchio
inconfondibile. Potrebbe apparire la componente più
americana del personaggio, ma lo stesso personaggio di Zorro viene
ricollegato solitamente – oltre che ad altri Californios
– a figure europee più antiche e misteriose come
Robin Hood e Reynard The Fox, o il vittoriano Spring Heeled
Jack.
La rappresentazione nell’immaginario
vittoriano da penny dreadful di
quest’ultima figura – una sorta di essere diabolico
avvistato a Londra, a Liverpool, nelle Midlands e in Scozia –
ha prodotto un prototipo di spaventoso personaggio steampunk
armato di artigli metallici e occhi fiammeggianti, vestito con un
mantello nero e un elmetto, in grado di compiere eccezionali acrobazie,
dotato di grande abilità nel combattimento e identificato
anche come Rossian Bear. La leggenda di Jack il Saltatore –
noto per l’abitudine di scolpire la lettera S sui muri con la
spada o l’artiglio, e identificato intorno al 1840 da alcuni
testimoni con il Marchese di Waterford – per alcuni autori
avrebbe funzionato anche da ispirazione per i casi di Jack lo
Squartatore.
Una diabolica figura della notte, in
alcuni racconti non priva di caratteristiche nobili, proprio come il Dracula
di Bram Stoker, pubblicato nel 1897 e tra gli ultimi grandi romanzi
gotici. Il Vampiro di Stoker è un nobile transilvano, ma il
set di buona parte del romanzo è la Londra di fine
Ottocento: una metropoli cupa che si rivela terra d’elezione
per la creatura oscura immortale capace di scomparire e riapparire
altrove, o di trasformarsi in nebbia, lupo e pipistrello.
La sagoma di Batman nel nero della notte rimanda deliberatamente
all’immagine di questo chirottero, da sempre così
potentemente associato all’oscurità e al terrore:
è lo stesso Bruce Wayne a dirlo, nel numero 22 di Detective
Comics del novembre 1939, nelle vignette che seguono la prima
rappresentazione dell’uccisione dei coniugi Wayne. Se
l’obiettivo è vendicare l’omicidio dei
propri genitori iniziando una guerra spietata contro il crimine, quale
è il modo migliore per incutere terrore ai criminali stessi?
“I criminali sono per la maggior parte vigliacchi e
superstiziosi”, afferma Wayne, dunque la maschera scelta deve
essere in grado di provocare una reazione di orrore violenta, quasi
primaria: “il mio camuffamento dovrà riuscire a
suscitare terrore nei loro cuori”. Nella maggior parte delle
rappresentazioni un pipistrello entra in casa Wayne dalla finestra
suggerendo a Bruce il tipo di camuffamento da adottare: è
così nel numero 22 di Detective Comics
del 1939, è così nella miniserie Batman:
Year One del 1987 (Batman: Anno Uno) di
Frank Miller e David Mazzucchelli, ed è così
anche nel Batman Begins (2005) di Nolan.
“In che modo posso farlo?”, si chiede il Bruce Wayne di Frank Miller, “Cosa posso usare…per mettere loro paura?”. “Un simbolo…”, risponde il Bruce Wayne di Nolan, “qualcosa di primordiale…qualcosa di terrificante”.
Il ragionamento del futuro eroe è di tipo
scientifico: per diventare Batman, infatti, Bruce Wayne segue un lungo
percorso di studio ed esercizio. Studia le più disparate
tecniche di combattimento e arti marziali, e allo stesso tempo studia e
allena la mente fino a diventare “il Più Grande
Detective del Mondo”. A Zorro e Dracula si aggiunge Sherlock
Holmes: il Detective e la scienza contro la superstizione. Logica e
ordine sono le armi di Bruce Wayne, le uniche in grado di aiutarlo a
sopravvivere in una Gotham che coincide con caos e corruzione, una
città infetta fin dalle sue fondamenta. Le radici europee e
decadenti della città si mostrano nel procedere di detective
stories che diventano via via sempre più noir. Se
è vero che il primo racconto poliziesco della storia della
letteratura, I delitti della Rue Morgue (1841), si
deve a Edgar Allan Poe, è vero anche che lo stesso Poe aveva
studiato in Inghilterra e che decise di ambientare il racconto a
Parigi. Lo scozzese Conan Doyle farà preferire a Sherlock
Holmes il primato dell’intelletto sulla forza fisica, mentre
Bruce Wayne è un personaggio che sceglie – per
combattere il crimine e risolvere i propri casi – di spingere
all’estremo sia la mente che il corpo (caratteristica
peraltro condivisa dallo Sherlock Holmes
cinematografico di Guy Ritchie del 2009, interpretato da Robert Downey
Jr, che in alcune scene di lotta sembra agire e combattere ricalcando
il Bruce Wayne di Gotham by Gaslight del 1989).
Naturalmente, le fonti di ispirazione per il personaggio di Batman
possono essere ritrovate anche in altri pulp heroes come Dick Tracy,
Doc Savage, The Shadow, e via di questo passo, così come
quelle per il Joker possono essere rintracciate persino in film come L’uomo
che ride (The Man Who Laughs, 1928),
adattamento da Victor Hugo del regista espressionista tedesco Paul
Leni. Vale qui la pena di ricordare che l’ideatore della
serie tv Gotham, oltre ad aver prodotto una serie
sulla più celebre delle metropoli corrotte
dell’antichità, ha anche prodotto la serie The
Mentalist, che ha per protagonista quello che è
stato definito “un detective ispirato a Sherlock
Holmes”.
Il gioco di rimandi letterari tra Vecchio e
Nuovo Mondo produce nel fumetto popolare quella che nel tempo diventa
la metropoli più scura e avvelenata di sempre, specchio
rovesciato della solare Metropolis di Clark Kent, così
congeniale all’idea di sogno americano e ai suoi valori. Si
attribuisce sia a Frank Miller che a John Byrne la frase
“Metropolis è New York di giorno. Gotham City
è New York di notte”, che rende perfettamente
l’idea archetipica della dicotomia tra le due
città nel DC Universe e nell’immaginario
contemporaneo. Bruce Wayne non ama la luminosità e la
rotondità degli edifici di Metropolis (un “incubo
Art Deco”), così come Clark Kent non si trova a
suo agio tra i vecchi edifici di Gotham (un “incubo fatto di
metallo e pietra”). Con le parole di Dannis O’Neil,
a lungo Group Editor di Batman per la DC: “Gotham
è Manhattan al di sotto della 14a
strada alle 3 di note del 28 novembre di un anno freddo. Metropolis
è Mahattan tra la 14a e la 110a
nel più luminoso e assolato giorno di luglio”.
Gotham
è una città gotica, fatta di guglie e gargoyle,
una città dall’anima ancora ottocentesca eppure
proiettata nel suo presente a suo modo ipertecnologico. Il legame con
la Londra vittoriana e l’Europa è reso ancora
più esplicito in storie come Gotham by Gaslight
(1989): qui gli autori Brian Augustyn e Michael Mignola danno vita a
una Gotham steampunk in cui un misterioso uomo-pipistrello viene
collegato ad alcuni omicidi e alla figura di Jack lo Squartatore. Lo
stesso Bruce Wayne viene incarcerato con l’accusa di essere
Jack lo Squartatore. Tra le pagine si legge: “Gotham City
è un frutto troppo maturo... Grasso, fetido e pronto a
esplodere. Come Londra, è una mostruosità
brulicante, sudaticcia e rumorosa. Un miasma corrotto e decadente
riempie l’aria”.
La serie di Bruno Heller e Danny Cannon è girata a
New York, con l’ausilio mirato di effetti in fase di
postproduzione e di precise scelte estetiche e architettoniche. Da un
articolo del Guardian:
“Generalmente
evitiamo le belle giornate di sole piene di luce”, dice lo
scenografo della serie, Doug Kraner. “E se proprio dobbiamo
filmare in un giorno di sole con il cielo azzurro terso, nella fase di
post-produzione quel cielo verrà rimosso e al suo posto
verranno messe le nuvole. […] Abbiamo ovviamente fin da
subito previsto di girare a New York City, che è il posto
perfetto per questo lavoro. Dovevamo quindi riflettere su quali parti
di New York fossero più in linea con quella visione precisa
che avevamo davanti a noi sulle story boards, e su come
«aumentare» la città così da
renderla il più possibile somigliante a Gotham. [...] Quel
che non volevamo era realizzare una versione contemporanea e
ultra-realistica di questo mondo – e così abbiamo
deciso di abbandonare completamente tutto ciò che
c’è di contemporaneo nella città:
dall’architettura, alle automobili, ai telefoni
cellulari” (
www.theguardian.com/tv-and-radio/2014/oct/06/designing-gotham-production-designer-doug-kraner).
La
sede del commissariato di polizia appare come un open space
dall’architettura mista: per il luogo di lavoro di James
Gordon e Harvey Bullock i designer della serie si sono ispirati alle
cattedrali e alle grandi stazioni storiche come la Old Penn Station di
New York e la London St Pancras.
Che
città è dunque Gotham? Nonostante il lavoro
scenografico di Tim Burton e le numerose riprese a Chicago di
Christopher Nolan, Gotham sembra essere in definitiva, come si
è visto, una versione cupa e imputridita di New York con
echi europei. Bill Finger, cocreatore di Batman con Bob Kane, ha
dichiarato che la scelta del nome della città si deve a un
consulto casuale dell’elenco telefonico di New York: dopo
l’abbandono di proposte come Civic City, Capital
City e Coast City, l’occhio di
Finger cadde sulla scritta Gotham Jewelers, e da
lì la decisione di chiamare Gotham City
la città di Batman. Ma quel “Gotham
Jewelers” si trovava nell’elenco perché
Gotham è uno dei nomi attribuiti nel tempo alla
città di New York sin dal diciannovesimo secolo: nel
novembre del 1807, lo scrittore statunitense Washington Irving
associò i due nomi in uno dei suoi testi satirici pubblicati
nei Salmagundi Papers. Il riferimento esplicito
è alla cittadina inglese di Gotham: gli abitanti di questo
piccolo borgo del Nottinghamshire (una delle regioni tradizionalmente
ricondotte alla figura di Robin Hood) sono infatti al centro di
racconti del folklore britannico per la loro presunta
stupidità o follia. Le storie più condivise
rimandano al medioevo (per la precisione ai tempi di King John, noto in
Italia come Giovanni Senzaterra), e raccontano
dell’ostilità degli abitanti di Gotham verso le
decisioni reali in materia di strade e caccia, ostilità che
conduce a una sorta di dissimulazione collettiva. Gli abitanti di
Gotham, all’arrivo dei messaggeri di King John, si fanno
trovare impegnati in attività del tutto assurde e senza
senso, il che induce lo stesso re – spaventato da un
possibile contagio della follia – a desistere e a tenersi
alla larga da quel luogo. Nel racconto popolare The Fools of
Gotham sono quindi allo stesso tempo “i saggi di
Gotham” (“the wise men of Gotham”),
ambiguità celebrata anche da una antica nursery rhyme
inglese (nel 2000 poi richiamata sulle pagine dei comics
perché recitata dal Joker in The Batman of Arkham
di Alan Grant e Enrique Alcatena):
“Three Wise Men of Gotham
Went to sea in a bowl.
If the bowl had been stronger
My tale had been longer”.
“Tre saggi di Gotham
si misero in mare in una scodella.
Se la scodella a galla restava,
qui la storiella non terminava”.
I “folli di Gotham” (“foles of
Gotham”) sono menzionati anche tra i Wakefield
Mystery Plays, serie di trentadue misteri appartenenti a un
genere teatrale medievale codificato, basati sulla Bibbia e
verosimilmente rappresentati durante i riti del Corpus Domini. Dal
sedicesimo al diciannovesimo secolo alcuni elenchi di storie e gesta
degli abitanti di Gotham vengono dati alle stampe con i titoli Merrie
Tales of the Mad Men of Gotham e Merrie Tales of
the Wise Men of Gotham. Three Wise Men of Gotham
è anche un racconto breve di Lyman Frank Baum, contenuto
nella raccolta Mother Goose in Prose del 1897.
La correlazione tra Gotham City e Gotham
è stata esplicitata nei fumetti DC soltanto in Batman
Chronicles n. 6 (1996): in Cityscape di
Dennis O’Neill si fa riferimento alle origini di Gotham City,
inizialmente concepito come luogo per un ospedale psichiatrico
costruito poco lontano dalla città di Blüdhaven, e
definito Gotham per l’associazione con la cittadina inglese
in cui tutti sono “privi del loro ingegno”. In My
Dark Architect (Detective Comics n.
880), il Joker dice a Batman che Gotham è “un
posto sicuro per le capre”, facendo riferimento
all’etimologia del nome inglese della cittadina del
Nottinghamshire. Il nome viene infatti dall’unione di due
parole della lingua inglese antica (Old English): gāt
(goat) e hām (home), “luogo in cui si
tengono le capre”, ed è pronunciato goat
’em. Neanche Bruce Wayne vive e agisce sin da
subito a Gotham City: per qualche tempo – dal suo debutto nel
1939 su Detective Comics fino al Batman n. 4 del 1940 – la
città di Batman è inizialmente una anonima
“metropoli brulicante”, e in seguito è
identificata come New York. Celebre e riutilizzata molte volte
è anche la versione di Alan Moore, che in Swamp
Thing n. 53 colloca la fondazione di Gotham – opera
di un mercenario norvegese – nel 1635. In questa versione,
Gotham sembra seguire quello che è stato il destino di molte
altre città statunitensi, passate negli anni sotto il
controllo di diverse fazioni e diversi eserciti in lotta, su tutti
quello inglese. Durante la Guerra d’Indipendenza, Gotham City
sarebbe stata però non soltanto il teatro di grandi
battaglie, ma anche luogo di antichi riti occulti: città
violenta, città dei folli, città oscura.
In
Batman Begins, prima del macabro evento nel vicolo,
la famiglia Wayne non esce da un cinema in cui si proietta The
Mark of Zorro, ma da un teatro in cui viene rappresentato il Mefistofele
di Arrigo Boito (1868), ispirato al Faust di
Wolfgang Goethe. Il giovane Bruce Wayne rimane sconvolto dalla visione
della seconda scena del secondo atto, il Sabba delle Streghe in cui
Mefistofele conduce Faust al grido di “Rampiamo, rampiamo,
che il tempo ci gabba [...] È notte fatale”: le
attrici che impersonificano le streghe, vestite con costumi mostruosi
da pipistrello, spaventano Bruce fino a spingerlo a uscire dal teatro
con i genitori al seguito.
In merito al suo Batman,
il regista Tim Burton ha definito il film e l’intera
mitologia del personaggio “a complete duel of the
freaks”: una lotta tra due persone disturbate, che incarnano
in modi diversi il lato oscuro della libertà. Gotham
è in questo senso la città ideale per una figura
come il Joker: un uomo completamente libero di fare quel che desidera,
così come qualsiasi personaggio che si trova a operare ai
margini della società. Per Burton Gotham è la
città dei folli: la follia è, in qualche
terribile modo, il massimo della libertà che si
può avere, perché non si è soggetti
alle leggi della società.
Si tratta della stessa Gotham City che vediamo rappresentata in Gotham? Dell’idea di metropoli di Heller e Cannon si è detto, così come del loro considerare la città del giovane Bruce Wayne una sorta di embrione della Gotham di Batman. In sintesi, la Gotham della serie televisiva è in nuce la Gotham del Bruce Wayne adulto. In entrambi i casi i tratta di una metropoli violenta, corrotta, cupa, che marcisce dal di dentro: la più pericolosa delle città, metafora della degenerazione umana e del caos. Nella Gotham City del giovane detective Gordon esiste già l’Arkham Asylum, ma questo elemento non sembra sufficiente per considerarla a tutti gli effetti una città dei folli come la Gotham di Batman. Quel che manca sono i folli in costume: i vigilantes, i freaks, i criminali mascherati. In più di un albo, e in alcuni casi anche nelle versioni cinematografiche, Bruce Wayne si chiede se non sia stata la comparsa di Batman a far esplodere la follia della città in modo incontrollato. Se lo chiede anche in Death Mask, ormai celebre manga realizzato da Yoshinori Natsume e Katsushiro Otomo:
“La mia battaglia ha epurato il male da questa città?
Da quando sono comparso, una miriade di criminali in costume è emersa dall’anonimato… criminali che hanno provocato sofferenze a innumerevoli cittadini innocenti.
Alcuni ritengono che sia stata proprio la comparsa di Batman a generarli...come se fossi stato un faro per la loro follia.
Hanno ragione?
E se Batman non fosse Bruce Wayne che indossa una maschera?
E se esistesse come personalità completamente separata?
E se la vera maschera fosse Bruce Wayne?”.
La parte più tenebrosa del Cavaliere Oscuro,
concepita per spaventare i criminali ordinari, ha finito con
l’attrarre – forse persino con il produrre
– le menti più instabili, supervillain del tutto
singolari anche all’interno del variegato universo dei
comics. La Gotham di Heller e Cannon è una città
criminale e spietata, ma non è ancora una città
delirante. È una città in cui, a detta degli
autori, una delle figure più significative è il
detective Harvey Bullock, un uomo che racchiude in sé
l’ambivalenza morale e la “corruzione
divertente” (“corrupt-but-fun quality”)
tipiche di Gotham. Una città tutto sommato ancora quasi
ordinaria nella sua violenza, controllata dalle famiglie rivali di
Carmine Falcone e Salvatore Maroni, non ancora impazzita
perché in uno stato di follia solo embrionale. Una
città dunque diversa anche dal mondo post-vigilantes del The
Dark Knight Returns di Frank Miller (1986): un mondo
– caotico ma paradossalmente comprensibile
– in cui un Bruce Wayne cinquantenne elimina alcuni dei suoi
storici antagonisti e si trova alle prese con i mutanti, un nuovo
soggetto sociale figlio di un’epoca pienamente televisiva e
distopica.
Gotham è una serie
che, memore della lezione di Nolan, riporta il mondo di Bruce Wayne a
un realismo che spinge a chiedersi se non sia la città
stessa ad aver prodotto – per necessità o per uno
scherzo senza senso – il proprio vigilante mascherato:
è stato annunciato di recente che nella seconda stagione
della serie il giovane Bruce comincerà a sviluppare alcune
delle qualità che caratterizzano il futuro Batman. In ogni
caso, quel che viene presentato come protagonista della serie
è l’emblema del fallimento di un sistema: lo
spettatore sa sin dall’inizio che il detective James Gordon,
futuro commissario, non riuscirà a correggere le storture di
Gotham. Le vicende del giovane detective Jim Gordon sono raccolte in Gordon
of Gotham (1998) di Dennis O'Neil e Dick Giordano, che
funziona da prequel per Batman: Year One, e la
conclusione sembra essere la stessa: proprio perché
diventerà progressivamente una città delirante,
Gordon per sopravvivere non potrà fare altro che
abbracciarne la follia e trovare in essa un alleato. Un detective che
è insieme soggetto razionale e ordinatore, ma anche persona
dalla doppia personalità, vigilante folle e imprevedibile
che si muove nella città vestito da animale, creatura della
notte. Nella prima stagione della serie, il detective Gordon impara a
sue spese che uno dei modi più efficaci per contrastare il
crimine, in alcuni casi, è quello di diventare criminali
(glielo fa capire quella perfetta “Gotham figure”
che è il collega Bullock). È qui che emerge la
sintonia con il più maturo Commissario Gordon, poliziotto
costretto ad accettare quello che Alberto Abruzzese, in uno dei
più lucidi testi sull’etica ordinatrice di Gotham
City, chiama “oltrepassamento positivo della
Giustizia” (Abruzzese, 2006). Per potersi confrontare con
ciò che Gotham sta diventando, Gordon è costretto
a vivere – con sofferenza – il doppio ruolo di
artefice e vittima dell’Ordine, tra mascheramento e
dissimulazione, tra legalità e illegalità, tra
“deviazione barocca e meccanica linearità delle
azioni di polizia” (ibidem).
L’unico
vero dubbio che resta allo spettatore di Gotham
riguarda la tragedia rappresentata nei primi minuti del pilot: Gordon
riuscirà a capire chi e perché ha ucciso i
genitori di Bruce Wayne? L’aver messo Jim Gordon sulle tracce
dell’assassino dei coniugi Wayne è in fin dei
conti la vera novità della serie creata da Heller e Cannon,
al di là di tutte le riscritture sulla nascita dei vari
villain. Christopher Nolan aveva tracciato sul grande schermo una prima
connessione, mostrando il giovane poliziotto prendersi cura del piccolo
Wayne subito dopo l’omicidio dei suoi genitori. Heller e
Cannon costruiscono invece l’intera serie Gotham
sull’indagine di Gordon in merito ai Wayne Murders, e sulla
relazione tra il futuro commissario e il futuro vigilante. Con questa
scelta continuano a dirci sommessamente che il vero protagonista della
serie è la città, un’entità
capace di produrre autonomamente i propri momenti di svolta e le
proprie catastrofi. Una città folle, sull’orlo del
baratro, che per salvarsi dalla propria mostruosità non
potrà fare altro che generare un altro mostro.
LETTURE
— Alberto Abruzzese, La grande scimmia. Mostri, vampiri, automi, mutanti. L'immaginario collettivo dalla letteratura al cinema e all'informazione,
— Luca Sossella Editore, Roma, 2008.
— Alberto Abruzzese, “Sfigurare il moderno”, in L'occhio di Joker. Cinema e modernità, Carocci, Roma, 2006.
— Les Daniel, Batman - The Complete History: The Life and Times of the Dark Knight, Chronicle Books, 1999.
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— Alan Moore, The Killing Joke, DC Comics, 2008.
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— Dennis O'Neil e Dick Giordano, Gordon of Gotham, DC Comics, Usa, 1998.
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— Scot Snyder, My Dark Architect, in Detective Comics n. 880, DC Comics, Usa, 2011.