ASCOLTI / CAMEMBERT ELECTRIQUE
di Gong / Charly Records, 2015
Viaggio psichedelico da Canterbury a Parigi
di Romina Baldoni
Pur non potendo eludere un personalismo e un de gustibus nella valutazione, non è difficile trovare unanimemente concordi sia i critici che gli estimatori, nel considerare l’album dei Gong, Camembert Electrique, tra i migliori del loro intero repertorio. La grande spontaneità e fluidità con le quali vengono proposti i suoi originali episodi visionari e parodistici, magnificamente in equilibrio tra burlesque cabarettistico e bizzarria surreale, consegnano alla storia un disco seminale, destinato a non essere scalfito dal tempo, autenticamente ispirato. Era il lontano 1971 quando lo scalmanato baraccone guidato da Daevid Allen, ancora in fase di assemblaggio e ancora con le idee per il futuro piuttosto confuse, decide di dare ufficialmente alle stampe uno dei loro rocamboleschi e goliardici impro show. L’inizio dell’epopea più creativa e sagacemente non allineata della storia del rock. Charly Records rimette quindi mano sui nastri originali della BYG Records e con un prezioso lavoro di rimasterizzazione offre una valida edizione di cd e vinile per il mercato europeo, con release al 13 marzo 2015. Una ghiotta occasione per riscoprire le magiche atmosfere di questo disco davvero stupefacente ma anche per approfondire il contesto storico in cui fu realizzato. Per capire o provare a indagare i complicati sogni nel cassetto della beat generation di quegli anni ma anche gli equivoci inesorabilmente cuciti addosso al target iconografico della cultura hippie; la musica psichedelica, e l’imporsi di un mercato discografico pronto a cavalcare e speculare su mode e tendenze.
Christopher David Allen arriva da Melbourne, Australia, la sua formazione culturale e il suo spirito onnivoro di ricerca e sempre attenta curiosità, sono in parte dovuti a un’eredità diretta (la mentalità molto aperta tramandatagli da suo padre, la fortuna di aver potuto girare il mondo già da giovanissimo ed essere entrato in contatto con tradizioni e visioni del mondo piuttosto varie) ma anche a una serie di fortunate coincidenze verificatesi perfettamente in tempo. La prima di queste fu senz’altro l’arrivo nella Wellington House, la casa di Canterbury che i genitori di Robert Wyatt mettevano a disposizione degli studenti per poter arrotondare la propria economia familiare. Da qui parte in modo del tutto inconsapevole la leggenda dei Soft Machine che lo vedranno primo protagonista di assoluto rilievo (nel 1964 partirono come Wilde Flowers, gruppo formato con Robert Wyatt, dai fratelli Hugh e Brian Hopper, da Kevin Ayers e Richard Sinclair ma che subirà continui cambi di line up fino al definitivo scioglimento del 1967, nel frattempo Allen si esibiva anche con i Mister Head e il Daevid Allen Trio).
La seconda delle coincidenze fortuite fu il suo incontro con William Burroughs, uno degli scrittori da lui più amati, che acconsentirà a concedere il diritto di usare il titolo di un suo romanzo per nominare ufficialmente la band nascente. Siamo nel 1966, l'anno che vede l'imporsi di un nuovo genere musicale che fa riferimento alla “scena” cosiddetta di Canterbury. Il terzo colpo di fortuna si lega invece ad una vicenda davvero rocambolesca, l’abbandono forzato dei Soft Machine a seguito di un tour in Francia, nell’agosto del 1967, per un problema burocratico legato alla scadenza del visto sul suo passaporto. Inconveniente che lo costringerà a prolungare la sua permanenza in Francia ma che, nello stesso tempo, gli darà la possibilità di vivere pienamente il fermento parigino, l’accoglimento molto più aperto e sensibile dell’influenza del minimalismo, dell’improvvisazione in connubio con arte e sperimentazione. Del resto la grande sagacia di Daevid Allen, fin da prima di conoscere Wyatt – e anzi andando proprio ad influenzarne ed incanalarne le peculiarità che poi forgeranno il suo stile e quello della “macchina molle” – era sempre stata quella di recepire la portata innovativa e comunicativa, anche in ambito rock, di linguaggi meno convenzionali, tecnologicamente legati allo sfruttamento di nuove strumentazioni in grado di ampliare le capacità creative e sperimentali. Tra le sue maggiori ispirazioni: la sintesi elettronica che Karlheinz Stockhausen aveva proposto in Kontakte, rinnovando e rivoluzionando il senso di percezione spaziale e timbrica; lo sconvolgimento che Luigi Nono porta nell’ambito della musica contemporanea con opere quali Intolleranza (1960); Terry Riley e gli artisti Fluxus, che diffondono l’idea di ripetitività e stratificazione nei processi compositivi; Luciano Berio e Bruno Maderna con i loro montaggi su nastro magnetico operati presso lo Studio di Fonologia della Rai a Milano; l’approccio cosmico di Sun Ra. Questi sono i grandi idoli di Allen che si vanno ad affiancare ad un’altra fitta schiera di personaggi legati all’underground, alla poesia beat, al manifesto contemporaneo della sua epoca: Allen Ginsberg, Gregory Corso, Robert Graves, Lawrence Ferlinghetti, Brion Gysin e naturalmente il già citato Burroughs.
L’idea attorno alla quale Daevid Allen vuole lavorare è una rappresentazione performata, un allestimento visivo in cui si inseriscono senza nessuna regola precostituita degli stimoli, delle intuizioni estemporanee. La prima esibizione del collettivo proto Gong è al Théâtre de la Vieille Grille. Ma solo a maggio parigino iniziato, dopo il ritorno di Allen da Deya, nell’isola di Maiorca, c’è l’incontro con l’uomo della BYG, Jean (Georga) Karakos. La BYG nasce nel 1967 e prende il nome dai suoi tre fondatori: Georga Karakos, Jean Luc Young e Fernand Boruso. Sicuramente sull’onda dell’entusiasmo suscitato in Francia dai Soft Machine e probabilmente con una certa leggerezza negli accordi presi, il produttore legherà i neonati Gong e Daevid Allen, a una serie di vincoli e oneri contrattuali con la BYG che saranno poi la causa di anni di contenzioso con l'inglese Virgin (di Richard Branson) e del conseguente invio di tutte le royalties ai rispettivi uffici legali delle due etichette in questione per molti anni a venire. La firma del contratto di tre anni avviene nel luglio del 1968, e nel collettivo ci sono: il bassista Christian Tritsch, il sassofonista parigino Didier Malherbe, amico comune di vecchia data di Wyatt, Ayers e Allen e conosciuto nel buen retiro di Deya (Maiorca), il batterista Pip Pyle, altra vecchia conoscenza canterburiana, nonché presente – insieme a Wyatt – all’entourage del primo disco solista di Allen, uscito sempre nel 1971 per BYG, Banana Moon, Gilli Smyth, allora compagna di Allen e altre militanze altalenanti.
Per la precisione, la prima versione del 1971 uscì per BYG/Actuel, una sussidiaria della BYG che faceva riferimento alla rivista “Actuel” del batterista Claude Delcloo, subentrato nel 1969 al socio Boruso. Tra le iniziative uscite per il catalogo Actuel vanno ricordate le registrazioni in ambito free jazz seguite al Festival della musica Pan Africana di Algeri e quelle facenti capo all'omonimo Actuel Festival di Amougies in Belgio, di cui Camembert Electrique costituiva la 53ma ed ultima uscita della serie.
Camembert Electrique arriva dopo Magic Brother (BYG 1969) e pur portando avanti alcuni atteggiamenti freak del primo album, suona molto meno approssimativo. L’idea di costruire scenari a forte tasso psichedelico attorno a canzoni naif e straniate, viene in parte dall’influenza di Syd Barrett, che Allen conosceva benissimo e con cui si era esibito all’UFO Club, ma anche dai fermenti acid blues che in quei tempi animano lo scenario della baia di San Francisco. Nell’album ci sono anche i prodromi del “viaggio cosmico”, quei germi psycho progressivi che delineeranno lo stile inconfondibile del gruppo così come la grande coerenza degli intenti, seppur spesso mascherati da gags clownesche. Altra precisazione importante è che proprio con questo album prende il via la saga di Radio Gnome, anche se la Virgin saprà cogliere la spassosa trovata per rilanciare la celebre trilogia con Flying Teapot, Angel’s Egg e You. Nei primi ventisette secondi gli gnometti verdi (Pod Head Pixies) inviano i primi segnali, le prime prove tecniche di trasmissione sul pianeta Terra, Radio Gnome.
La contorta e flessuosa You Can’t Kill Me è un primo magnifico esempio di calderone free form a fisionomia del tutto autonoma e magnificamente delineata, con gli space whisper di Gilli Smyth, il sax caracollante di Malherbe e gli assalti di batteria di Pyle. La costruzione di I’ve Bin Stone Before ha invece un flusso assolutamente nebuloso e dilatato che ci riporta ai raga indiani, alle pratiche dei dervisci Sufi, ma anche ad un nuovo concetto di espansione musicale, legato all’idea filosofica di espansione di coscienza che va a trascendere e superare ogni stereotipo di canzone pop. Prova di una raggiunta maturità compositiva da parte di Allen, che culmina nella trasognata, eterea e delicatissima Tropical Fish: Selene.
Ben assemblate e coese con l’armonia di fondo sono anche le articolazioni più propriamente jazzistiche di Dynamite/I Am Your Animal che si trascolorano in un pregnante climax ondivago e sfumato, sospeso tra sballo e lirismo onirico di grande intensità. Cosa che forse non accadrà con la stessa disimpegnata leggerezza in alcuni lavori successivi, come lo stesso You, in cui si possono cogliere alcune sintomatologie di un calo di creatività che porterà i Gong ad essere orfani del suo stesso guru. Del tutto visionarie e intinte nello sballo da acid trip Mister Long Shanks / O Mother / I Am Your Fantasy e Wet Cheese Delirium, tra nonsense, dadaismo e sinestesia allo stato puro. Questo album è sicuramente figlio legittimo delle atmosfere della controcultura del Sessantotto, ne incarna lo spirito ribelle e allo stesso tempo ingenuamente ottimista e illusorio.
Brani come Squeezing Spongs Over Policemen’s o Fohat Digs Holes In Space sono imbevuti dei sogni avventati, delle spavalde speranze di quella stagione piena di pregi e di limiti. La nuova generazione si convince che è possibile una coesione sociale dettata da ideali puri di fratellanza e solidarietà, prende le distanze da ogni tipo di interferenza istituzionale agganciando, con sempre maggiore leggerezza, l’aspirazione alla libertà con un individualismo sempre più strumentalizzato e disincarnato. Le aspirazioni anarcoidi diventeranno la vera fucina che, in un nuovo contesto globalizzato, alimenterà l’omologazione di massa, la propensione a cavalcare le tendenze transfughe per dirottarle verso qualcosa che finisce poi per essere a sua volta moda e tendenza, business su cui speculare. Camembert Electrique è un sogno con il valore autentico e la spontaneità di un sogno che ha visto la luce quando ancora ai sogni non veniva assegnato un valore economico per la vendita al mercato. È apprezzabile e godibile proprio per lo spirito dilettantistico e spensierato che lo anima. Il mondo favolistico e giocosamente dissacrante che ci offre non reca ancora sulle spalle quel velo di cupezza e inquietudine di chi sta saggiando il processo di profondo cambiamento epocale in atto. A Parigi c’è ancora euforia ed entusiasmo, il travestimento e la parodia sono delizie dell’intrattenimento e forme artistiche a tutti gli effetti. Già con Radio Gnome Invisible – invece – diventeranno evasione più consapevole, rappresentazione di simulacri che enfatizzano aspirazioni ormai sempre più lontane e irraggiungibili. Il 1971 sarà per i Gong un anno davvero ricco di esperienze e progetti fuori dai canoni. Il 1971 sarà l'anno di Daevid Allen che potrà dare libero sfogo alla sua fantasia e al suo genio creativo, animando ogni sua trovata di tutte le reminescenze che costituiscono il suo complesso bagaglio di saperi. Oltre all'album in questione e all'uscita solista, vanno ricordati Continental Circus, colonna sonora per l'omonimo film di Jerome Laperrousaz e il progetto Obsolete, in collaborazione con lo scrittore e musicista francese Dashiell Hedayat, che ne scrive testi e musica e in cui figurano i camei di William Burroughs e del figlio di Robert Wyatt, Sam Ellidge. Certamente i dischi della trilogia (dove meriti non da poco ebbe anche il supporto dell'abilissimo Giorgio Gomelsky) possono considerarsi più consolidati nella produzione, più rifiniti nelle sfumature al sostegno armonico e timbrico (date anche dall'introduzione di sintetizzatori modulari e di una piattaforma tecnologica all'avanguardia). Ma i siparietti di Camembert Electrique, poliedrici ed eclettici, seppur ottenuti da ispirazioni e riferimenti eterogenei, saranno il vero marchio di fabbrica dei Gong. Quei Gong che, malgrado il ripetersi del logo alla maniera di un “copyleft” anti litteram, finiranno per diventare la creatura “squadrata” di Pierre Moerlen ai danni di Allen. Ma Daevid Allen ha sempre dimostrato carisma e grande compattezza di intenti e con Zero to Infinity (2000) ha rimesso in piedi e ridato nuova foga e nuovo vigore alla sua creatura e alla sua famiglia allargata. Con lo splendido 2032 del 2009 (che ha visto il rientro di Hillage) e l'ultimo I See You (2014), con il figlio Orlando e i suoi University of Errors, la Gong Family ha consegnato alla storia il testamento definitivo di Daevid Allen e ha ritrovato una unità inscalfibile che riconsegnerà intatto al mondo il genio assoluto di Allen per sempre.
Il figlio, Orlando Monday Allen, saluta la dipartita del suo amato padre, avvenuta il 13 marzo 2015, in concomitanza con l'uscita di questa indispensabile ristampa, con queste belle parole: "And so dada Ali, bert camembert, the dingo Virgin, divided alien and his other 12 selves prepare to pass up the oily way and back to the planet of love. And I rejoice and give thanks,” ... “Thanks to you dear dear daevid for introducing me to my family of magick brothers and mystic sisters, for revealing the mysteries, you were the master builder but now have made us all the master builders. As the eternal wheel turns we will continue your message of love and pass it around. We are all one, we are all gong. Rest well my friend, float off on our ocean of love. The gong vibration will forever sound and its vibration will always lift and enhance. You have left such a beautiful legacy and we will make sure it forever shines in our children and their children. Now is the happiest time of yr life. Blessed be". La Charly Records, che nel 1974 nacque direttamente dalle ceneri della BYG, o meglio da uno dei suoi tre fondatori, Jean Luc Young, provvede ad integrare l'edizione con note di copertina completamente riscritte da un fan di vecchia data del gruppo, Mark Paytress, con foto e memorabilia. Che la vibrazione Gong ci accompagni sempre.
ASCOLTI
— Daevid Allen, Banana Moon, Charly Records, 2005.
— Daevid Allen Trio, Live 1963, Blueprint/Voiceprint, 1993.
— Soft Machine, At The Beginning, BYG Records-Charly-Spalax, 1972.
— Daevid Allen, Banana Moon, BYG-Charly, 1971.
— Gong, Magick Brother, Charly Records, 2004.
— Gong, Flying Teapot, Charly Records, 2005.
— Gong, Angel’s Egg, Charly Records, 2006.
— Gong, You, Virgin, 2004.
— Gong, Zero to Infinity, Snapper Music, 2000.
— Gong, 2032, G-Wave, 2009.
— Gong, I See You, Madfish, 2014.
LETTURE
— Graham Bennett, Soft Machine, Out-Bloody- Rageous, SAF Publishing, London, 2006.
— William Burroughs, La morbida macchina, Adelphi, Milano, 2003.
— Allen Ginsberg, Urlo & Kaddish, ilSaggiatore, Milano, 2015.
— Allen Ginsberg, Kaddish and Other Poems, City Lights Books, San Francisco, 1961.
— Steve Henwood, It’s The Time Of Our Life - The Daevid Allen Interview, in Strange Things Are Happening n.6, Summer, 1989.
VISIONI
— Jérôme Laperrousaz, Continental Circus, Openfilm, Filmanthrope, Service de la Recherche de l’ORTF, France, 1971.