Ma le pecore sognano
androidi erbivori?

 

 

di Gennaro Fucile

 

Esistono altre dimensioni oltre le quattro che conosciamo? Cos'è la vita e com'è nata? Esiste una teoria del tutto in grado di unire relatività generale e meccanica quantistica? Grandi domande. Gli scienziati si interrogano, continuano a farlo, si pongono domande, grandi domande, sofisticate, elaborate sulla base di un sapere cresciuto a dismisura, una crescita che ha ingrandito in modo esponenziale anche la nostra ignoranza nei confronti delle questioni che in fondo ci poniamo da sempre. In altre parole, siamo ancora nella condizione delle scimmie antropomorfe che in 2001, Odissea nello spazio sfiorano impaurite il monolite che le sovrasta, la più cruda ed essenziale rappresentazione che l’età contemporanea ha espresso riguardo all’interrogarci sui misteri che ci circondano sin dai primordi del genere umano. 

 

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Con analoga ritualità, ogni anno uomini di scienza e intellettuali tout court si vedono rivolgere una cosiddetta grande domanda dalla Edge Foundation (chiaro l’omaggio a Isaac Asimov) di cui è presidente John Brockmann, noto agente letterario americano di molti illustri scienziati (tra cui diversi premi Nobel). La fondazione è stata una sua idea e lavora per promuovere il “Progetto della terza cultura” la cui missione è quella di oltrepassare le tradizionali divisioni tra umanisti e scienziati, costruendo un unico soggetto intellettuale in grado di chiedersi (divulgando) chi e cosa noi siamo. 

Alle domande annuali della fondazione risponde un’élite di altissimo profilo, scrittori e scienziati come Ian McEwan, Richard Dawkins. Bruce Sterling, Daniel C. Dennett, Marc D. Hauser, Nassim N. Taleb. Si vola alto sul ciglio dell’ignoto dentro la Edge Foundation, si tenta di rispondere a quesiti che nei fatti sono la frontiera della conoscenza umana. Perché la matematica riesce a spiegare le leggi di natura? Perché le costanti fondamentali hanno certi valori e non altri? La coscienza è un fenomeno emergente del cervello? Il tempo è una proprietà dell'universo o una percezione? Il nostro universo è parte di un multiverso? 

Impossibile resistere al fascino dello sconosciuto. È la molla che “tutto move”, a iniziare dalle scimmie impaurite ma curiose del capolavoro kubrickiano. Anche il sapere divulgato dalla rete si spinge dentro queste grandi domande: ad esempio, per ciascuna, Wikipedia vi dedica un’ampia voce. Le grandi domande investono anche la sfera etica, riesaminano questioni come responsabilità, concetti come bene e male, faccende che anche in pillole, come nel Breviario minimo: piccole lezioni per grandi problemi del filosofo polacco Leszek Kołakowski, scuotono la nostra coscienza. Non solo la nostra…:  “Sai, ultimamente sto riflettendo molto su alcune grandi domande. Per dire, ora stavo pensando a una cosa: secondo te in che misura siamo responsabili dei nostri destini? Cioè voglio dire, devo impegnarmi personalmente per ottenere una vita piena e soddisfacente oppure invece basta che me ne stia buono buono ad aspettare che le cose seguano il loro corso?” A parlare è un uccellino che si rivolge a un suo simile, facendo una pausa durante la ricerca di vermi in mezzo all’erba. Sono soli in una pianura desolata, appena qualche basso cespuglio e un albero qui, un altro là. È un passaggio dal fumetto Big Questions di Anders Brekhus Nilsen, un volume altrettanto big, 600 pagine, due chili di peso e uno spessore di quasi sei centimetri, che raccoglie i 15 capitoli pubblicati originariamente dall’autore dal 1996 al 2011. Merito della Drawn and Quarterly. I due uccellini fanno parte di una comunità di pennuti la cui esistenza cambia quando nel loro territorio precipita un aereo in avaria con un pilota a bordo che prima dell’impatto sgancia una bomba che non esplode.

 

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Intorno a questo evento, gli uccellini, essendo di natura esseri filosofici, avviano un dibattito a partire dalla domanda (grande): la bomba – somigliante a un grande uovo – è un dono divino o una maledizione? La comunità si divide in due fazioni: gli adepti dell’uovo metallico e gli scettici, originando una spirale di domande, tutte grandi, naturalmente. E ben vengano, anche quelle in apparenza più fumose, se poste in relazione con gli affanni della vita quotidiana. Domande come: è possibile creare un'intelligenza artificiale identica a una mente umana? Come per gli altri quesiti finora elencati, la bontà di questo interrogativo, la qualità profonda, il segno dell’intelligenza umana risiede proprio nel suo limite, nella parziale sconfitta che comporta l’assenza di una vera risposta finale. Se lo chiedeva anche Philip K. Dick, ricordate il suo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Do Androids Dream of Electric Sheep?) da cui fu tratto Blade Runner? Seppur rovesciata come un guanto, la domanda è la medesima.

Altra big question: può essere nata vita al di fuori del nostro pianeta? Ci interroghiamo da un po’, in modo serio, ma di recente, qualcuno ha pensato bene di tagliar corto con la questione e in generale con le grandi domande, che tali non possono più essere se gli alleghiamo una pronta risposta.

“Chissà se nello spazio siamo soli. Oppure c’è qualcuno che non vediamo… alieni…” Se lo chiede nel bel mezzo di una festa in terrazza, una giovane donna con lo sguardo rivolto al cosmo, assumendo, per la verità, un’espressione che non suggerisce tanto lo smarrimento nei confronti dell’infinito, ma piuttosto quello di un pesce appena lessato. Lei alza il tiro e si chiede: … ma la vera domanda è… perché devo pagare quando prelevo col bancomat. Le grandi domande sono cambiate”. Voilà.  Pronta arriva anche la risposta della banca online committente la serie degli spot sulle grandi domande, poiché in realtà sono ben tre, tutti giocati nello stesso modo. 

Fare dell’ironia sarebbe una facile scorciatoia, ma poco interessante. Dobbiamo invece prendere tutto sul serio. In fondo anni fa, un altro spot sembrava enunciare solo un claim accattivante, ma in realtà annunciava l’ingresso definitivo nella tarda modernità. Ricordate? “Potevamo stupirvi con effetti speciali e colori ultravivaci, ma noi siamo scienza, non fantascienza”. Allora a parlare era una delle maggiori aziende di elettronica, oggi è il turno di una banca e non poteva essere altrimenti considerato il ruolo attuale del capitale finanziario nelle nostre vite, al punto che il nostro orizzonte si misura con i valori dello spread, il presente sul tasso di interesse, sulle quotazioni in Borsa, le stagioni si chiamano deflazione, recessione, inflazione, stagflazione e poi per forza che non sono più quelle di una volta. Le banche vendono prodotti e come le patate al supermercato la spuntano sul concorrente se offrono servizi, se legano a sé il cliente; ecco allora che lo sbriciolamento delle grandi domande ad opera di quelle più pragmatiche relative ai prodotti bancari, diventano la … cifra … del nostro tempo. Torna a farsi avanti, però, un grande quesito posto all’inizio del secolo scorso: che fare? Soprattutto: quanto potremo tollerare la grossolana arroganza del capitale finanziario? Sono grandi domande proprio perché, ahinoi, non hanno ancora una risposta. Nel frattempo continuiamo a porcene altre, inutili, come gli uccellini, le scimmie, gli scienziati, le pecore e gli androidi. 

Una compagnia migliore di quella dei banchieri.

 

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