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Due astronavi entrano nell'orbita di un pianeta da
cui partono alcuni segnali che sembrano appartenere a esseri viventi e
razionali. Scampati ad una tempesta di meteore, grazie ad un deviatore,
i due comandanti comunicano tra loro per stabilire il momento
dell'atterraggio, quando d'un tratto la comunicazione si interrompe, e
le due navi spaziali iniziano ad essere attratte dal pianeta con una
incontrollabile forza di gravità. Il comandante
della nave ammiraglia fa di tutto per evitare l'impatto con il suolo, e
inspiegabilmente l'astronave non riporta danni durante
l'atterraggio.
Primo
contatto, incontri ravvicinati, invasioni, scontri frontali di
(in)civiltà. Non sempre lo spazio è sufficiente
per due, anche quando è vasto come l’universo. Il
nemico è ovunque, sempre in agguato. Logiche imperiali e
ossessioni paranoiche. Accade l’inevitabile.
Un’immagine, ricorrente in tanta fantascienza:
accompagnata da suoni e luci rutilanti, la navicella aliena discende
fin quasi a toccare terra; dal portellone dell’astronave, un
fascio luminoso è proiettato sugli sprovveduti terrestri; i
loro corpi sono smaterializzati e catturati dal fascio di luce;
sospesi, fluttuanti, sulla soglia fra due
mondi…
Nessuna scena può essere davvero astratta dal contesto narrativo del film di cui è parte, e che contribuisce a “tessere”, né dal contesto narrativo della biografia del suo spettatore.
Is There Anybody in There?
Tre figure in tuta e casco da astronauta si aggirano sulla
superficie di un pianeta sconosciuto.
È buio; il paesaggio lavico è sferzato da venti
fortissimi. I tre – Dallas, comandante della nave commerciale
Nostromo, il suo vice Kane e la navigatrice Lambert
– individuano una “costruzione enorme che emerge
dalla roccia, chiaramente non di origine umana” (come si
legge nella sceneggiatura originale). L’ufficiale
scientifico, Ash, segue la ricognizione da un monitor dalla nave:
“Ash, lo vedi quello?”
“Sì, lo vedo. Non ho mai visto niente del
genere”
“È molto strano”
“Puoi dirlo forte!”
La curiosità del comandante è incontenibile:
“Siamo arrivati! Ora andiamo avanti, dobbiamo andare avanti!”
Mentre il contatto radio e video con il Nostromo si fa sempre più disturbato, la pattuglia raggiunge la struttura (“una specie di astronave”) e vi penetra all’interno. I corridoi fanno pensare al ventre di un enorme animale morto, o addormentato. In una grande sala scoprono una creatura aliena, dal petto squarciato, distesa su uno strano macchinario:
“Una forma di vita aliena. Sembra morta da parecchio tempo. È fossilizzata. Sembra sia tutt’uno con la sedia. Le ossa sono piegate in fuori, come se fosse esplosa dall’interno”.
Prima che i tre si allontanino, la telecamera indugia sulle
orbite vuote e sulla sagoma urlante e fossilizzata della creatura.
Kane decide di calarsi in quella che lui stesso definisce
“una caverna”, in realtà più
simile a un’enorme cavità toracica, le pareti
ricoperte di “protrusioni organiche”. Sul fondo
scopre delle uova, protette da uno strato di nebbia azzurrina. Kane ne
sfiora una, e ne illumina l’interno:
“Sembra chiuso
ermeticamente… un momento, qualcosa si muove, sembra vera
vita, vita organica…”
La mosca domestica, così come ne abbiamo esperienza
quotidiana, appartiene all’ordine dei ditteri (che significa
che posseggono due ali), ed è uno di quegli insetti
che più si è abituato a convivere con
l’uomo. Anche se non sempre ed ancora difficilmente avviene
l’inverso. Questo dittero depone le uova nei materiali
organici in decomposizione, dove si sviluppano le larve, che, dopo
qualche giorno, diventano adulte. Nella sua breve vita la mosca
può deporre anche un migliaio di uova. Fin
dall’antichità, l’insetto mosca
è stato associato a divinità e a simboli, o a
stati di malessere. Notiamo, così, che tra i vari nomi
attribuiti a Giove nella mitologia classica vi è quello di
Dio delle mosche. Si narra infatti che Ercole, nell’atto di
offrire sacrifici agli dei, fu assalito da uno sciame di mosche
attirate dall’odore delle vittime sacrificali. Per liberarsi
da questo assedio, il nostro valente personaggio dovette addirittura
indirizzare le sue offerte a Giove: con il suo favore gli insetti, si
narra, sparirono immediatamente.
Contenitori che racchiudono misteri. Sembrerebbe
che, in giro per il mondo, ve ne siano diversi: alcune volte si
tratterebbe di piccole scatole, altre volte di casse di varie misure,
altre volte ancora di interi depositi. In essi sarebbero custoditi
reperti che testimonierebbero l’arrivo sulla Terra di
creature aliene giunte da altri mondi contigui a questo: frammenti
sparsi di dischi volanti. Pur volendo mantenere un prudente
condizionale nello scriverne, nessun dubbio si può avere sul
fatto che certi contenitori, e certi contenuti, anche se
dall’incerta collocazione sulle cartine geopolitiche reali,
siano invece dotati di una collocazione più che certa nella
geografia immaginaria dei luoghi della cultura popolare, in cui dischi
volanti, dossier segreti sull’avvistamento di Ufo e storie di
contatti con forme di vita altre proliferano infatti da decenni, in
configurazioni di volta in volta differenti.
Risulta necessario porsi una domanda fondamentale: chi ha
prodotto questo testo letterario che sto leggendo e interrogando?
Tale domanda, è chiaro, non serve soltanto per rintracciare
le linee biografiche di chi ha scritto un particolare e specifico testo
all’interno del testo stesso. Al contrario. Questa domanda
intende indagare circa la natura e la funzione di un personaggio tra
gli altri all’interno di un’opera letteraria,
l’autore appunto.
Hic sunt leones.
Compariva sulle carte geografiche dell’antica Roma per
indicare territori non ancora esplorati o comunque ritenuti
particolarmente pericolosi. Ma, attualmente, crediamo tutto sia
mappato, almeno se riferito al pianeta Terra, e, soprattutto,
raggiungibile e percorribile. Fatte salve le tante e troppe zone del
mondo in cui i leones sono rappresentati da guerre
civili, etniche o religiose, si può ben dire che
‘nessun luogo è lontano’! Soprattutto
nessun luogo è lontano allo sguardo umano se di continuo
siamo sollecitati da immagini e informazioni che si riferiscono a
paesi, città, territori, isole, mari e oceani cui dobbiamo
una grande produzione di immaginario sull’oltre e
sull’altrove. E proprio rispetto a
quest’immaginario, si può ripensare alle forme di
viaggio possibili e quindi alla ricca e vasta fenomenologia del
viaggiatore, e in particolare del viaggiatore
‘globale’. Gli immaginari si mescolano e il
viaggiatore assume anche qualcosa dell’esule, del nomade, del
migrante, esibendo un’identità ibrida e
più aperta delle altre al dialogo tra culture e ai loro
possibili rimescolamenti e passaggi di confine. Insieme ai confini
(territoriali, nazionali, politici) segnati da antiche carte
geografiche, sembra svanire e dissolversi qualsiasi forma di limite
alla deriva esotica, e a tratti ancora imperialista, del
cittadino globe trotter.
L’incontro con l’Altro è sempre
avvenuto, nella storia umana, attraverso un viaggio; che si tratti di
“banali” viaggi motivati da interessi economici
(Polo), di esplorazione (Colombo) o dettati dal più
disinteressato desiderio di conoscenza (Erodoto) poco cambia,
perché è attraverso il viaggio che
l’Occidente ha conosciuto l’alterità e
ha iniziato a rappresentarla a modo proprio, finendo poi per dominarla.
Ma se l’Uomo, uscendo dai ristretti orizzonti del nostro
pianeta, decidesse di cominciare a viaggiare tra le stelle nella
speranza che la storia si ripeta? E se, nel corso di quel viaggio,
l’Uomo incontrasse sì l’Altro, ma un
altro completamente diverso da ogni sua aspettativa, la cui intenzione
è quella di assoggettarlo piuttosto che di essere
assoggettato? E se, peggio ancora, questo “altro”
lo ignorasse cordialmente, accantonando la nostra specie come
“semplicemente innocua”? Che smacco per lo
smisurato orgoglio umano!
I primi esemplari terresti di questa subdola specie sarebbero
gli Anunnaki, gli dei sumeri che nell’ufologia sono spesso
associati ad alieni, la cui provenienza viene da Icke rintracciata
nella costellazione del Dragone (Draco). Da qui
“l’origine del termine draconiano,
una parola che coniuga le loro attitudini e il loro
programma”. E la leggenda del Conte Dracula discende proprio
da quest’inquietante realtà. Infatti i Rettiliani
“amano consumare sangue umano e non sono altro che i vampiri
delle leggende…”. Il nome
‘Dracula’ richiama la provenienza astrale e la loro
natura di draghi, ossia vampiri; ‘conte’ indica
l’aristocraticità data dalla linea di sangue che
si perde nei millenni. E perché gli Ariani erano, secondo i
Nazisti, la razza superiore? Perché Hitler e i suoi
“conoscevano la storia e le loro connessioni con i
Rettiliani”. La loro base sarebbe infatti nelle montagne del
Caucaso, dove una porta dimensionale garantisce l’accesso
degli alieni dalla loro dimensione alla nostra. È infatti la
regione caucasica ad essere la patria d’origine della razza
ariana. Tutto quadra!
“Se potete combattere fatelo. Aiutate gli altri.
Siate pronti a tutto. La guerra è appena
iniziata”. Il messaggio è rivolto a coloro che
sono scampati all'epidemia: in realtà sta parlando ad una
platea di uomini e donne che stanno vivendo la
“loro” fine del mondo, o meglio, stanno avendo la
percezione di vivere in un mondo che ormai è già
definitivamente crollato, devastato dalla “grande crisi
economica” di inizio anni Dieci. E sta dicendo loro che
devono tenere duro, che i tempi sono bui ma che nonostante tutto si
può sopravvivere a tutto questo, pertanto non bisogna
arrendersi mai.
Un soldato, una guerra interplanetaria, un nemico alieno. Il
soldato si trova a cinquantamila anni luce da casa. Si trova in una
trincea e deve difenderla. Patisce per la lontananza, per la fame, per
le condizioni avverse che una guerra necessariamente comporta. Ad un
tratto si avvicina un alieno, un nemico. È ripugnante,
orrendo, un vero dolore per gli occhi. Prende la mira e spara: lo
uccide. Quel nemico proviene dal terzo pianeta del sistema solare.
Sorpresa: il protagonista è un alieno e il nemico
è un terrestre.
Ma tutte le storielle di questo breve inventario, tutti questi
epiloghi se vogliamo anche un po’ melensi (il lettore
saprà perdonare), sono solo piccole definizioni congetturali
di un evento che, alla fin fine (formula parodica che si direbbe
estremamente adeguata, a questo punto), resta di totale appannaggio di
chi lo decide. Come sono congetturali queste storielle è
congetturale anche la prossima, e ce ne scusiamo ancora.
L’alieno è tra noi, o forse addirittura dentro
di noi, senza che nemmeno siamo in grado di accorgercene. È
così, per esempio, in un indimenticabile racconto, Lo
scheletro, in cui il protagonista prende d’un
tratto consapevolezza del fatto che dentro di lui alberghi uno
scheletro con tanto di teschio ghignante. Benché sia parte
integrante del suo corpo, il signor Harris percepisce lo scheletro come
un estraneo, un nemico da distruggere. Si autoconvince che lo
scheletro, ora che è stato scoperto, cerchi di ucciderlo,
facendogli perdere peso di modo che le ossa escano allo scoperto sotto
lo strato di pelle e di grasso che le ricoprono. In un tentativo
disperato, il signor Harris si rivolge a uno specialista, il dottor
Burleigh, che conosce il problema e realizza uno spaventoso intervento
che divide per sempre i due esseri: lo scheletro da un lato,
l’essere fatto di carne e muscoli flaccidi
dall’altro, trasformato in una specie di medusa informe che
striscia sul pavimento di casa.
A causa di un’esplosione atomica, una colonia di
formiche è stata sottoposta a fortissime e micidiali
radiazioni. La conseguenza è una trasformazione incredibile:
gli insetti diventano giganteschi e cominciano a seminare il panico
prima nel Nuovo Messico e poi a Los Angeles. Qui si svolge la battaglia
decisiva, calata in un opprimente scenario: le fogne metropolitane.
Prende forma la desolazione di un angolo di terra animato dai
vivaci e socievoli felini e dall’apparire dei loro oggetti,
che, pur appartenendo alla consunta e tetra quotidianità
contemporanea, non sembrano segnati dallo scorrere vano del tempo,
mentre emerge un cumulo di immagini intaccate, infrante, spezzate,
corrispettivo esterno di emozioni individuali, di moti
dell’animo rappresentati dai segni evidenti
dell’inarrestabile corruzione, della crisi storica e della
disfatta esistenziale.
Il Situazionismo intende perseguire questi obiettivi
attraverso delle direzioni di ricerca come ad esempio il dètournement,
processo di risignificazione di un oggetto culturale (il procedimento
che utilizza anche Blob: Enrico Ghezzi per sua stessa ammissione deve
parecchio ai situazionisti), vale a dire un montaggio di elementi
preesistenti che assemblati in maniera differente
dall’originale producono un significato nuovo.
Dopotutto,
la fantascienza pone inevitabilmente un problema gravissimo
all’essenza stessa del cristianesimo: se esistono altri
mondi, Cristo si è offerto in sacrificio su ognuno di essi
per espiare i peccati dei suoi abitanti? L’immagine,
grottesca, ha urtato diverse coscienze ecclesiastiche. Sostenere, come
hanno fatto alcuni uomini di Chiesa, che gli extraterrestri potrebbero
essere privi del peccato originale, ci pone in una posizione alquanto
infamante. E poi, Cristo assumerebbe fattezze diverse su ogni pianeta
abitato? Verosimile. Ma l’immagine di Cristo con due teste e
molte braccia, per esempio, non è piacevolissima, quando non
addirittura blasfema.
Una misteriosa creatura proveniente da un altro pianeta,
dall'aspetto di una grossa massa gelatinosa, arriva sulla terra. Gli
abitanti di una piccola cittadina non credono ad un gruppo di ragazzi
che hanno assistito ad una prova del potere distruttivo della creatura,
che avanzando nel suo cammino diventa sempre più grossa.
Immaginate che diventi realtà il più
classico degli stereotipi della fantascienza: un alieno atterra sul
nostro pianeta, ma la Terra è stata da tempo abbandonata
dall’uomo. L’alieno è atterrato a
Yverdon-les-bains, nella Svizzera del Canton Vaud, nei pressi
dell’edificio che un tempo si chiama La Maison
d’Ailleurs (La Casa dell’Altrove).
Attratto dalla costruzione, il nostro extraterrestre decide di entrare,
anche per capire che fine hanno fatto gli esseri che una volta
abitavano quello strano pianeta grigio (si, ovviamente la Terra
è stata abbandonata perché l’uomo
l’ha ridotta in uno stato pietoso, con l’effetto
serra che ha devastato l’intera superficie e
l’atmosfera). Ebbene, l’alieno si ritroverebbe
davanti a manufatti e immagini del futuro: scene di battaglie spaziali,
pistole laser, libri che descrivono universi paralleli e incredibili
pianeti. Davanti a cotanta manifestazione di futuro, il nostro alieno
penserà che la razza che abitava il pianeta era
tecnologicamente avanzatissima e che probabilmente si è
trasferita in uno continuum spazio-temporale a lui ignoto e
inaccessibile. La verità è che il nostro eroe si
è semplicemente imbattuto in un museo dedicato alla
fantascienza, uno dei due esistenti al mondo. L’altro si
trova a Seattle.