L’occhio del Purgatorio (L’oeil du Purgatoire, 1945) di Jacques Spitz.

Romanzo francese del 1945, anno della fine della seconda guerra mondiale, alla quale J. Spitz partecipò attivamente, vivendo da vicino le atrocità dei suoi scenari e da cui forse mutua le scenografie del suo romanzo.
Quest’opera si presenta come originale dal punto di vista del viaggio che propone di effettuare… Non è il “solito” viaggio nel tempo o nello spazio,ma un viaggio nuovo: un viaggio nella causalità.
La causalità è il rapporto che unisce causa ed effetto, superare questo rapporto comporta l’uscita dalla realtà e “un’escursione della cosa in sé” come sostiene Christian Dagerloff, inserviente di laboratorio all’istituto Pasteur di Parigi. Per effettuare questo viaggio Dagerloff alleva un parabacillo estratto dalla lepre siberiana sostenendo la tesi che uomini ed animali non vivono lo stesso tempo: gli animali vivono con un’anticipazione rispetto al tempo umano. Inserendo il parabacillo nel nervo ottico dell’uomo, è possibile osservare il “presente invecchiato”. Sarà il protagonista, Jean Poldonski, la cavia dell’esperimento di Dagerloff.
Poldonski è un pittore squattrinato e misantropo, e più ancora misogino. La sua avversione verso tutti  lo porta ad  essere una persona solitaria che non sopporta la lunga compagnia: in particolare vede le donne come “funebri puttane”, il suo odio verso le donne è forse il riflesso di un mancato rapporto con la madre. L’incontro tra Poldonski e Dagerloff avviene per caso. Dagerloff si presenta come “genio” attirando l’attenzione del pittore. Il semi-rapporto che si instaura tra i due personaggi è puramente strumentale: Dagerloff studia Poldonski come possibile cavia del suo esperimento cercando di convincerlo delle sue strane teorie, mentre Poldonski vede Dagerloff come modello per un suo dipinto. Non appena si presenta l’occasione Dagerloff sottopone con un inganno Poldonski all’esperimento, approfittando di un suo momento di debolezza. Poldonski decide di suicidarsi.
Allora, nella mente malata di Dagerloff una vocina crudele sussurra: quale personaggio e quale situazione migliori per mettere a punto il progetto di una vita? Così Poldonski comincia il suo viaggio nella causalità senza avere la minima idea di cosa stia accadendo. Poco dopo Dagerloff raggiungerà il suo compagno di sventura nella causalità. Poldonski sarà in seguito messo al corrente della sua strana situazione da una lettera di Dagerloff, mentre nel frattempo i giorni che si susseguono tendono ad aggravare lo stato della sua psiche, che non riesce a comprendere cosa accade al mondo, non potendo immaginare né sapere che quello che sta mutando è il suo nervo ottico e non ciò che il suo occhio vede. Inizialmente  Poldoski prende in odio il genio, poi riflette sulla singolarità dell’esperienza.
Il parabacillo comincia a proliferare nel suo nervo ottico e Poldonski vede le cose invecchiate prima di giorni poi di anni e poi di decenni, arrivando al punto di vedere solo scheletri per strada. Afferma di vedere le cose con  “l’occhio del purgatorio” ovvero vede  “ciò che non dovrebbe vedere poiché sono le cose dopo la sua morte”. Nella sua situazione quasi di non vedente Poldonski abbandona la pittura e comincia a scattare fotografie, ed il suo cuore “canta un inno di riconoscenza a Niepce e a Deguerre”.
Questa affermazione delinea in un contesto più ampio la crisi della pittura dinanzi alla nascita della fotografia: attraverso le foto Poldonski può vedere le cose come sono realmente, così comincia a fotografare tutto anche sé stesso.
Un giorno la visita di Dagerloff, il modo con cui l’autore dà voce al protagonista in una macabra descrizione, richiama le immagini simboliche de La ballade de pendu di F. Villon: “…adesso si dimenava nella poltrona, come un impiccato in un giorno di vento…”.

I due viaggiatori si ritroveranno di lì a poco nella stessa situazione ed inizieranno a vedere le “forme”, quali altro non sono che le idee,  i pensieri che sopravvivono alla morte, una sorta di  platonico mondo delle idee.

Centrale nel romanzo è il tema della morte, il tentativo di superarla, di scoprire dopo di essa cosa ci aspetta. Il tempo è sconfitto, ma l’apertura della porta della quarta dimensione porta ad intraprendere un viaggio terrificante. Poldonski diventa un povero inetto, incapace di muoversi in un realtà popolata da sole “forme”.
J. Spitz nasce a Nemours, in Algeria, nel 1896. suo padre era un militare di carriera di origine alsaziana. Spitz partecipò attivamente alla prima e alla seconda guerra mondiale. Le sue opere sono state molto influenzate dal surrealismo. Personaggio solitario, i suoi romanzi partono da uno spunto scientifico per poi proseguire verso l’ironia amara e verso la critica del costume. I suoi capolavori sono i romanzi: L’oeil du purgatoire (1945); La guerre des mouches e L’homme elastique (1939), gli ultimi due appena pubblicati per la prima volta in Italia da Urania Mondadori.